domenica 31 agosto 2008

BOLZANO. Rana crocefissa. «Io, cattolico, difendo l'arte libera»

BOLZANO. Rana crocefissa. «Io, cattolico, difendo l'arte libera»
Marisa Fumagalli
Corriere della Sera 29/8/2008

«Il Papa, sollecitato ad intervenire sullo scandalo della rana di Kippenberger, come poteva esprimersi se non stigmatizzando il vulnus al sentimento religioso? Ciò detto, si sono fatti troppi schiamazzi attorno a questo caso».
Il professor Giuseppe Barbieri, docente di Metodologia della ricerca storico-artistica a Ca' Foscari e dal prossimo anno Direttore del Dipartimento di Storia delle Arti, non concede nulla al fanatismo. Per chiarire, lui è cattolico, praticante. Ma difende «la libertà espressiva dell'arte». Con qualche paletto: «Sta bene tutto purché sia frutto di un autentico percorso di ricerca personale, e non un facile espediente per farsi pubblicità, per finire sui media».
Sulla scultura di Kippenberger qual è il suo pensiero?
«Premetto che non conosco l'artista e le sue opere. Dalla foto della statua, vedo che si tratta di una rana un po' romanica, per cultura e per segno».
La rana crocefissa, lo sberleffo. Che ne pensa, professore?
«Mi sembra un soggetto in linea con il morboso interesse per il sacro della società d'oggi. Popolata dai cosiddetti atei-devoti che non credono a niente, ma si stracciano le vesti ogniqualvolta si mette in discussione una virgola della religione cattolica».
E gli artisti?
«Gli artisti ci marciano, cavalcano il trend, fanno a gara a chi dà più scandalo. Insomma, se l'intento di Kiippenberger era blasfemo, dissento. Se invece voleva dimostrare come oggi tutto viene messo in croce, non batto ciglio. Evviva la libertà. Fatte le debite proporzioni, non dimentichiamo che Michelangelo subì attacchi molto duri per il suo Giudizio Universale».
Nulla di nuovo.
«Infatti. Pietro Aretino, ateo-devoto dell'epoca, andò avanti per anni ad attaccare il capolavoro dell'artista».
Protesta insensata quella di Bolzano?
«Direi di sì. Non mi aspettavo dall'Alto Adige (che ben conosco), evoluto culturalmente, una reazione così scomposta».

BOLZANO. Il consiglio del museo vota: la rana in croce resta dove sta

BOLZANO. Il consiglio del museo vota: la rana in croce resta dove sta
Il Gazzettino 29/8/2008

Nonostante le critiche del Papa e quelle del ministro Bondi. Il clima incide sulle imminenti elezioni amministrative

Le sorprese non finiscono mai con la rana crocifissa esposta al Museion di Bolzano che resta al suo posto nonostante le critiche di Papa Ratzinger - «ha ferito il sentimento religioso»- a cui ieri hanno fatto eco, sulla stessa lunghezza d'onda, quelle del del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi.
In consiglio della fondazione Museion ha deciso a maggioranza - 6 a 3, con due componenti che hanno votato via telefono - di non cambiare l'allestimento della mostra in corso e così anche di lasciare dov'è la rana del tedesco Martin Kippenberger, una sorta di autore maledetto che rappresentava se stesso come una brutta rana messa in croce e con nelle zampe un uovo ed un boccale di birra.
Tutto questo avviene mentre resta sullo sfondo una campagna elettorale tesissima, quella per le provinciali del 26 ottobre prossimo in cui la Sudtiroler Volkspartei rischia di perdere la maggioranza assoluta per la prima volta da 60 anni. E la Svp, con il governatore Luis Durnwalder, è la Provincia, quella che ha voluto e che finanzia il Museion che ora le sta dando tanti problemi. Nel Consiglio della Fondazione sono cinque su nove i rappresentanti della Provincia. Sono gli stessi che avevano annunciato di voler chiedere una modifica dell'allestimento per contrastare le forti strumentalizzazioni politiche che hanno trovato vasta eco soprattutto sulla stampa di lingua tedesca locale: sono stati offesi i sentimenti religiosi dei sudtirolesi. Il tutto - con gli interventi della diocesi e poi del papa - ha creato una miscela polemica esplosiva senza precedenti nella storia altoatesina. Ebbene, ieri nel consiglio della fondazione Museion due dei cinque consiglieri che rappresentano la Provincia hanno cambiato idea ed hanno votato per non modificare l'allestimento. E, dunque, la rana resta al suo posto.
Tre mesi fa, all'apertura di Museion, la rana era quasi al posto d'onore, proprio sopra ì'ingresso. Un paio di mesi dopo era stata coperta di giornali, una sorta di totem mediatico, a significare le polemiche scoppiate. Poi è stata trasferita al terzo piano. Non è bastato. Il colpo di grazia l'ha dato Franz Pahl, presidente del Consiglio regionale e uomo della destra Svp. Ha fatto prima uno sciopero della fame - in gioventù lo « faceva contro il monumento alla Vittoria di Bolzano ritenuto «fascista» - poi ha reso nota la lettera del papa annunciando che se la rana non se ne andrà lui l'1 settembre ritirerà la propria candidatura alle prossime provinciali. Il tutto mettendo sotto accusa il suo stesso partito, attaccato anche dalla destra che gli vuole portare via voti, e soprattutto la Provincia amministrata da Luis Durnwalder. Così adesso si aspetta la prossima mossa di Pahl: la storia della rana in croce non è finita.

BOLZANO. Ignorato il Papa. La rana in croce resta al museo

BOLZANO. Ignorato il Papa. La rana in croce resta al museo
Il Giornale 29/8/2008

Le sorprese non finiscono mai con la rana-crocifìssa esposta al Museion di Bolzano che resta al suo posto nonostante le critiche di Papa Ratzinger - «ha ferito il sentimento religioso» - a cui ieri hanno fatto eco, sulla stessa lunghezza d'onda, quelle del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi.
Il consiglio della fondazione Museion ha deciso a maggioranza - 6 a 3, con due componenti che hanno votato via telefono - di non cambiare l'allestimento della mostra in corso e così anche di lasciare dov'è la rana del tedesco Martin Kippenberger, una sorta di autore maledetto che rappresentava se stesso come una brutta rana messa in croce e con nelle zampe un uovo ed un boccale di birra.
Tutto questo avviene mentre resta sullo sfondo una campagna elettorale tesissima, quella per le provinciali del 26 ottobre prossimo in cui la Sudtiroler Volkspartei rischia di perdere la maggioranza assoluta per la prir ma volta da 60 anni. E la Svp, con il governatore Luis Durnwalder, è la Provincia, quella che ha voluto e che finanzia il Museion che ora le sta dando tanti problemi. Nel Consiglio della Fondazione sono cinque su nove i rappresentanti della Provincia. Sono gli stessi che avevano annunciato di voler chiedere una modifica dell'allestimento per contrastare le forti strumentalizzazioni politiche che hanno trovato vasta eco soprattutto sulla stampa di lingua tedesca locale: sono stati offesi i sentimenti religiosi dei buoni sudtirolesi. Il tutto - con gli interventi della diocesi e poi del Papa - ha creato una miscela polemica esplosiva senza precedenti nella storia altoatesina. Ebbene, ieri nel consiglio della fondazione Museion due dei cinque consiglieri che rappresentano la Provincia hanno cambiato idea ed hanno votato di non modificare l'allestimento. E, dunque, la rana resta al suo posto.
Tre mesi fa, all'apertura di Museion, la rana era quasi al posto d'onore, proprio sopra l'ingresso. Un paio di mesi dopo era stata coperta di giornali, una sorta di totem mediatico, a significare le polemiche scoppiate. Poi è stata trasferita al terzo piano. Non è bastato. Il colpo di grazia l'ha dato Franz Pahl, presidente del Consiglio regionale e uomo della destra Svp. Ha fatto prima uno sciopero della fame - in gioventù lo faceva contro il monumento alla Vittoria di Bolzano ritenuto «fascista» - poi ha reso nota la lettera del Papa annunciando che se la rana non se ne andrà lui l'1 settembre ritirerà la propria candidatura alle prossime provinciali.

BOLZANO. Sfida museo: la rana dei crocifissa resta

BOLZANO. Sfida museo: la rana dei crocifissa resta
M. Fu.
Corriere della sera, 29-08-2008

Verdetto a sorpresa nonostante la condanna del Papa. Cda diviso. Sei componenti votano a favore dell’opera del tedesco Kippenberger, tre contro

La direttrice dei Museion vince la sua battaglia. L’opera rimarrà esposta fino alla fine della mostra, il 21 settembre

La «rana crocefissa» resta dov’è. Le proteste, i sit in, le invocazioni alle massime autorità, la lettera di Benedetto XVI, non hanno piegato il Consiglio di Amministrazione del Museion di Bolzano. La decisione è stata assunta a maggioranza: 6 contro 3. Dunque, l’opera dell’artista tedesco Martin Kippenberger, contestata duramente secondo logiche incrociate - spirito religioso al limite del fanatismo e convenienze politiche - rimarrà esposta fino alla scadenza naturale. Cioè il prossimo 21 settembre, quando chiuderà la mostra «Sguardo periferico e corpo collettivo». E la direttrice del Museion, Corinne Diserens, che ha difeso a spada tratta
la scultura, non è stata sconfessata. Le sue dimissioni paventate non ci saranno. Al contrario, Franz Pahl, presidente del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige, non ha raccolto i frutti di 9 giorni di sciopero della fame anti-blasfemia, uscendo sconfitto.
II fatto è che il verdetto favorevole alla rana non era scontato. Anzi. La composizione del Cda del Museion lasciava prevedere altri comportamenti. I membri sono 9 in tutto; 5 dei quali a nomina provinciale, 4 nominati dall’Associazione Museion. Questi, come da previsioni, hanno votato a favore della permanenza dell’opera.
La sorpresa è arrivata dalla spaccatura dei 5 «provinciali», in odore di compatta adesione alla linea del Consiglio. Non è stato così. Due di loro - il museologo Dieter Bogner e l’imprenditore Heinrich Gasser si sono smarcati. Fatto sta che il clamoroso 6 a 3 ha dimostrato che l’arte può battere la politica. Al di là del valore intrinseco della statua raffigurante una rana crocefissa che stringe in una zampa un boccale di birra e nell’altra un uovo. Kippenberger, scomparso nel 1997 a soli 44 anni, sosteneva di voler combattere l’ipocrisia di chi bada più all’apparenza che all’essenza delle cose. Questo era, secondo lui, il significato profondo della sua rana messa in croce. Ma a Bolzano l’effetto è stato di segno diverso. Anche se, dietro la contestazione dell’opera, emerge una prosaica battaglia elettorale. Sono indette per fine ottobre le elezioni provinciali, e il clima appare incerto. La Svp, partito di maggioranza assoluta, teme di perdere voti. Allora anche la «rana» da sfrattare può far gioco nel recupero dei consensi tra i cattolici-integralisti.
Contro l’opera «blasfema» si sono schierati il sindaco, il presidente della Provincia Durnwalder e il vescovo Wilhem Egger. A favore della scultura di Kippenberger, invece, si sono pronunciati la Direzione del Museion e i partiti di sinistra.

Creazioni.
Nudo volante. Nel 2007, nel parco Sempione di Milano, Pawel Althamer espose il proprio autoritratto volante (foto sotto): un bambolotto nudo con le intimità ben in vista
Il ricciolo. Nel 2005 di fronte alla, Triennale di Milano venne installata la scultura «ricciolo di donna» di Silvia Ferradini:
una riproduzione dell’intimità femminile
Gli impiccati. Nel 2004 Maurizio Cattelan appese a un albero di piazza XXIV maggio a Milano tre bimbi di plastica impiccati (foto sopra): un uomo danneggiò l’opera. L’opera ha ferito il sentimento religioso dì tante persone

BOZANO. «Rana crocifissa, lascio». Svp in crisi

BOZANO. «Rana crocifissa, lascio». Svp in crisi
Marisa Fumagalli
Corriere della Sera 30/8/2008

A Bolzano Pahl, presidente del consiglio provinciale non si candiderà a ottobre: defezione da 11 mila preferenze

MILANO — La rana di Kippenberger si prende gioco della politica. Lo sberleffo della statua «blasfema» (l'anfibio crocifisso con la lingua fuori) potrebbe mettere in crisi la Svp, granitico partito di maggioranza dell'Alto Adige: il consigliere Franz Pahl, punta di diamante della battaglia per la rimozione della scultura esposta al Museion di Bolzano, è stato sconfitto dal verdetto del Cda. La rana resta dov'è e lui, come aveva annunciato alla vigilia (sicuro del trionfo, però), dice che non si candiderà più alle elezioni provinciali di ottobre. Risultato? La defezione lascerebbe scoperta l'ala conservatrice, ultracattolica della Svp, rappresentata da Pahl. Che, alle precedenti consultazioni, ottenne 11.439 preferenze. E oggi ricopre la carica di presidente del Consiglio provinciale. Fatto sta che, senza il suo nome in lista, il partito del gran capo della Svp Luis Durnwalder rischierebbe di perdere voti a favore di formazioni più radicali, a destra.
«Sono profondamente deluso del comportamento zigzagante e subdolo che ha tenuto la Provincia di Bolzano», fa sapere Pahl. È accusa i vertici del museo di arte moderna di arroganza e poca trasparenza, deplorando «la tacita copertura ricevuta dalla Giunta all'intera operazione». Insomma, pare di capire che i big del governo altoatesino non avrebbero fatto il possibile per condizionare almeno i membri di nomina politica del Cda. Tant'è vero che a su 5 hanno seguito nella votazione la linea dei 4 rappresentanti dell'Associazione Museion, bocciando la proposta di togliere la rana di Kippenberger, in anticipo rispetto alla chiusura della mostra, il 21 settembre. In verità, Pahl — che ha fatto lo sciopero della fame e ha invocato l'intervento (ricevuto) dal Pontefice contro la statua dell'artista tedesco — avrebbe tirato troppo la corda. Per attribuirsi tutto il merito della prevista vittoria. La carta non ha funzionato, due membri del Cda non gliel'hanno data vinta. «Anch'io ero d'accordo per la rimozione della scultura, ma avrei preferito una soluzione meno traumatica evitando il braccio di ferro — osserva il presidente Durnwalder —. C'è da dire che il caso dell'opera di Kippenberger si inserisce in un contesto più generale di malessere, che si respira al Museion. Certo — precisa — non avevo alcuna intenzione di fare pressioni sui membri del Cda, le cui scelte sono libere». Ma a Bolzano, la sinistra ha alzato gli scudi denunciando il clima di ricatto creatosi attorno alla «rana» contestata. Senza Pahl quali riflessi ci saranno sulle prossime elezioni? «Perderemo un po' di voti — taglia corto Durnwalder — Amen». Ma il segretario della Svp Pichler Rolle sta già facendo pressing su Pahl affinchè torni sui suoi passi, mantenendo la candidatura.

Le polemiche
II consigliere svp Franz Pahl, a capo della battaglia per la rimozione della rana crocifissa di Kippenberger esposta al Museion di Borano, è stato sconfitto dal verdetto del Cda che ha deciso di lasciare la scultura dov'è. Pahl ha annunciato che non si candiderà più alle provinciali di ottobre

giovedì 28 agosto 2008

Salerno, sequestrato l'8 per mille alla Curia, LA SOMMA NON ERA DESTINATA A OPERE DI CARITA'

Corriere della Sera, 23 agosto 2008
LA SOMMA NON ERA DESTINATA A OPERE DI CARITA'
Salerno, sequestrato l'8 per mille alla Curia
Un'ex colonia per ragazzi poveri trasformata in un hotel a cinque stelle. Indagato anche il vescovo, Gerardo Pierro

SALERNO - La Guardia di Finanza ha sequestrato alla Curia di Salerno una parte dei fondi dell'otto per mille: 509 mila euro. L'Arcidiocesi è accusata di aver trasformato un'ex colonia per ragazzi poveri in un hotel a cinque stelle, l’Angellara Home. Il tutto con finanziamenti pubblici pari a 2,450 milioni di euro. Gravi le accuse mosse dal pm Roberto Penna: si va dalla truffa e tentata truffa, al falso, abuso d'ufficio e violazione delle norme edilizie. Tredici gli indagati tra cui il vescovo di Salerno, monsignor Gerardo Pierro. La somma sequestrata, che rappresenta quasi un terzo dei fondi destinati dalla Cei alla Curia salernitana, non è destinata a opere caritatevoli, in modo da non pregiudicare l’attività della Curia in favore delle fasce deboli della popolazione. Si tratta di denaro stanziato per lavori di piccola manutenzione sull'edilizia ecclesiastica. Lo rivela il settimanale Panorama.

TRUFFA E ABUSIVISMO EDILIZIO - Il mese scorso il vescovo di Salerno, monsignor Gerardo Pierro, era finito nel mirino degli inquirenti accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato, abusivismo edilizio e abuso d'ufficio. Il provvedimento appena eseguito dai finanzieri fa seguito al sequestro del 15 luglio, quando furono apposti i sigilli al villaggio «Angellara Home», già Villaggio San Giuseppe, di via Allende, sulla litoranea di Salerno: struttura, del valore di 10 milioni di euro, composta da 40 stanze, sale congressi, ristorante, cucina e stabilimento balneare di recente ristrutturazione. Era finito sotto sequestro anche un finanziamento di un milione e 900mila euro che la Regione Campania, parte lesa nella vicenda, aveva già stanziato per completare i lavori di ristrutturazione. Nel corso del tempo la Regione aveva erogato 2 milioni 500 mila euro al villaggio San Giuseppe, che aveva nel totale beneficiato di quattro finanziamenti, di cui due andati a buon fine. Sequestrato anche un conto bancario, intestato alla curia salernitana sul quale erano depositati 192 mila euro. Il 28 luglio scorso, infine, venne eseguito un altro sequestro di un milione e 200 mila euro, somma depositata su alcuni conti correnti bancari nella disponibilità della Curia di Salerno. Nell'occasione non furono sequestrati i fondi destinati alle scuole del capoluogo e della provincia gestiti dalla Curia salernitana. La vicenda vede indagati anche l'amministratore del villaggio, monsignor Comincio Lanzara e alcuni responsabili del comune di Salerno, che avallarono la realizzazione dei lavori all'interno del villaggio.


28 agosto 2008

Pedofilia: Australia, incriminato ex sacerdote

Fonte della notizia AGR.
Pedofilia: Australia, incriminato ex sacerdote
27 Agosto 2008, 10:38

SYDNEY - La radio nazionale australiana Abc ha rivelato oggi che un ex sacerdote di 65 anni è stato incriminato di 33 reati connessi ad abusi sessuali. Le vittime sono 13 ragazzi di età fra 10 e 18 anni che frequentavano il St. Stanislaus a Bathurst, un prestigioso collegio cattolico a 200 km a ovest di Sydney, fondato nel 1867. I fatti risalirebbero a oltre venti anni fa. La polizia ha avviato le indagine dopo una serie di denunce presentate da alcuni ex alunni. Il sacerdote accusato è stato incriminato lo scorso maggio e rinviato a giudizio. (Agr)

Il Papa condanna la «rana crocifissa»: è un'offesa

Il Papa condanna la «rana crocifissa»: è un'offesa
Bruno Bartoloni
Corriere della Sera 28/8/2008

Benedetto XVI ha condannato senza mezzi termini la «rana in croce» dell'artista tedesco Martin Kippenberger esposta al nuovo Museo di Bolzano. Ha scritto una lettera, il 7 agosto, a Franz Pani, il presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, candidato Svp alle prossime provinciali. L'opera, scrive il Papa, «ha ferito il sentimento religioso di tante persone che nella croce vedono il simbolo dell'amore di Dio e della nostra salvezza che merita riconoscimento e devozione religiosa».
La lettera peserà come un macigno stamane sul voto della fondazione del museo che si riunisce per decidere sul destino dell'opera, considerata da alcuni un affronto nei confronti del pontefice venuto a trascorrere le vacanze a Bressanone.
La rana crocefissa era stata prima coperta da giornali e poi spostata dall'ingresso in un angolo più nascosto. La lettera del Papa rischia non solo di avere delle conseguenze sulla futura sistemazione dell'opera ma anche sulla campagna elettorale in corso. A renderla nota è stato infatti lo stesso Pahl, che aveva fatto anche uno sciopero della fame contro la rana in croce. Franz Pahl ha ora minacciato di ritirare la propria candidatura se la rana non verrà tolta entro lunedì prossimo. Stamane la direttrice del museo, la ginevrina Corinne Diserens, decisissima nella sua difesa dell'opera di Kippenberger, rischia di trovarsi isolata o quasi di fronte ai rappresentanti del comitato di fondazione del Museo, tutti nominati dalla Provincia che finanzia l'ente, i quali si sono già espressi a grande maggioranza per la rimozione dell'opera.
«Non è previsto — ha affermato la direttrice — nessun cambiamento nell'allestimento della mostra inaugurale del Museo, fino al giorno della chiusura il 21 settembre prossimo».

BOLZANO. Il Papa: la rana crocifissa offende la fede

BOLZANO. Il Papa: la rana crocifissa offende la fede
Toni Visentini
Il Mattino 28/8/2008

Lettera di Ratzinger sull'installazione esposta a Bolzano. Scoppia la polemica

BOLZANO. Sembrano ormai contate le ore della rana in croce, la contestata opera dell'artista tedesco Martin Kippenberger esposta al nuovo Museion dì Bolzano, che ha addirittura suscitato una reazione negativa di papa Ratzinger.
Il destino della rana si deciderà questa mattina in una riunione della fondazione del museo. L'opera «ha ferito il sentimento religioso di tante persone che nella croce vedono il simbolo dell'amore di Dio e della nostra salvezza che merita riconoscimento e devozione religiosa»: ha scritto Benedetto XV] in una lettera del 7 agosto scorso, mentre era in vacanza a Bressanone.
La lettera era indirizzata a Franz PahI, Presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, candidato Svp alle prossime elezioni provinciali del 26 ottobre, che ha reso noto il passaggio,
II dibattito, in atto da tre mesi e cioè da quando il Museion è stato aperto, sì è protratto sino ad oggi, nel pieno della campagna elettorale perle provinciali in Alto Adige.
Pani, esponente della destra del partito, aveva anche fatto uno sciopero della fame contro la rana. Ora ha minacciato di ritirare la propria candidatura se la rana non verrà tolta entro il primo settembre prossimo. Il tutto è accompagnato da una forte campagna mediatica soprattutto sulla stampa tedesca con temute conseguenze proprio per la Svp, partito di maggioranza assoluta, sul piano elettorale.
Nel frattempo i rappresentanti del comitato di fondazione del Museion, che sono in maggioranza e sono stati nominati dalla Provincia che finanzia l'ente, si sono espressi per la rimozione dell'opera per «evitare una strumentalizzazione» in campagna elettorale.
La direttrice del museo, la ginevrina CorinneDjserens, invece non vuole saperne di rimuovere l'opera. «Non è previsto -ha ribadito - nessun cambiamento nell'allestimento della mostra inaugurale "Sguardo periferico e corpo collettivo" fino al giorno della chiusura, il 21 settembre 2008».
A sua volta, il presidente della fondazione del Museion di Bolzano, Alois Lageder - notissimo vignaiolo e cultore dell'arte contemporanea - non esclude le sue dimissioni. «Sono convinto che l'autonomia sia indispensabile per una istituzione culturale come il Museion. Si tratterebbe comunque - ha detto Lageder - di una decisione sofferta dopo tanti anni investiti per la realizzazione della nuova sede del Museion che è di fondamentale importanza per la società altoatesina. Anche il dibattito in corso lo dimostra».
Nelle scorse settimane il verde ranocchio era stato prima coperto da giornali, a significare le accese polemiche, e poi spostato dall'ingresso in una zona più defilata.
I curatori del Museion hanno sempre respinto l'accusa di blasfemia definendo l'opera di Kippenberger «autobiografica»: è lui in momento di grande crisi quella brutta rana verde in croce che tiene in una zampa un boccale di birra e nell'altro un uovo.

Paladino: l'opera d'arte è sempre religiosa

Paladino: l'opera d'arte è sempre religiosa
Fabrizio Coscia
Il Mattino 28/8/2008

«L'OPERA d'arte, come diceva Matisse, quando è autentica è sempre religiosa, anche se può sembrare blasfema». Così Mimmo Paladino, maestro della Transavanguardia e artista di rilievo internazionale che più volte ha frequentato nella sua opera il tema della Via Crucìs - come nella recente installazione al Museo Madre, nella mostra "Napolincroce" - commenta la polemica sulla "Rana crocifissa" esposta al Museion di Bolzano e l'intervento diretto del Papa.
Paladino, che cosa pensa della lettera di Benedetto XVI sull'opera di Kippenberger?
«Non critico né di difendo la posizione del Papa. Mi pare abbastanza ovvio che un Papa possa pensare che se un artista realizza un crocefisso lo debba fare rispettando i canoni liturgici e iconografici tradizionali. Il problema, però, è che il vero artista i canoni li ha sempre rifiutati. Bisognerebbe uscire da questa logica e capire che anche una rana crocefissa può avere un sentimento religioso, per quanto possa apparire blasfema».
In che senso?
«Nel senso che l'opera contiene comunque, seppure stravolto o rovesciato, il riconoscimento di un simbolo universale. La mancata comprensione del valore intrinsecamente religioso di quest'opera, e di qualunque opera d'arte, è sicuramente il segno di una certa miopia da parte della Chiesa, che nel suo rapporto con l'arte contemporanea mi pare stia facendo un passo avanti e quaranta indietro».
Si ripropone in questa polemica, alimentata dal presidente del consiglio regionale del Trentino Alto-Adige Franz Pahl, il tema della libertà d'espressione e della censura.
«Sì, ma banalmente, in malo modo, e anche nell'ignoranza del fatto che stiamo parlando di un'opera vecchia di quasi vent'anni di cui si sono accorti solo adesso, con un certo ritardo. E un presidente del consiglio regionale, poi, dovrebbe occuparsi di tutt'altre questioni».
Ma per lei che cosa rappresenta la croce? «È un simbolo di universalità dello spirito dell'uomo. Per me rappresenta non solo giustamente quello che storicamente e religiosamente ha sempre rappresentato, ma anche un segno ancestrale, il più antico che l'uomo primitivo ha inciso sulla pietra».

Si apre oggi il convegno "Laicità e religioni di fronte alla violenza dei fondamentalismi"

Si apre oggi il convegno "Laicità e religioni di fronte alla violenza dei fondamentalismi"

Europa del 27 agosto 2008, pag. 6

Si apre oggi e proseguirà fino a sabato a Bruxelles, nella sede dell`Europarlamento il convegno "Laicità e religioni di fronte alla violenza fondamentalista". Promosso dal Partito Nonviolento Trabnsnazionale e Transpartito, insieme al gruppo parlamentare dei Liberaldemocratici dell`Alde, vedrà a confronto politici, religiosi, intellettuali, riuniti per misurare l`impatto e l`evoluzione del pontificato attuale e soppesare le conseguenze della politica e delle politiche dei Vaticano. Tra gli altri, interventi di: Mustafa Akyoll, Angiolo Bandinelli,



Bernard Besret, Dora Bognandi, Emma Bonino, Santiago Castellà, Chéref-Khan Chemsi, Gilberto Corbellini, Giuseppe Di Leo, Felix Duque, JisoForzani, Pierre Galand, Frans Goetghebeur, Anka Grzywacz, Guy Haarscher, Jacqueline Herremans, Francois Houtart, jean-Francois Husson, Sophie Int`veld, Bob Kabamba, Kok Ksor, Rabbi David Meyer, Marco Pannella, Salvatoree Rapisarda, Fatoumata Fathy Sidibé, Emmanuel Sivan, Gianfranco Spadaccia, Attilio Tamburrini, Luigi Vero Tarca e Alejandro Torres Gutierrez


Stato della laicità

Stato della laicità

Il Foglio del 28 agosto 2008, pag. 2

di m.l.

La chiacchierata radicale di Bruxelles, su laicità e religioni - cominciata ieri - debutta come il proseguimento di un discorso, era il 2004, quando sempre i radicali organizzarono un dibattito dal titolo "Laicità e religioni nell’Unione europea: le emergenze Francia, Italia e Spagna". Il prologo di ieri ha invece il nome di Graham Watson, deputato europeo e presidente dell’Alde, che sottolinea "le tre questioni di confronto scontro tra laici e religioni, nel XXI secolo: eutanasia, aborto e ricerca sulle cellule staminali". Ma è nelle parole di Sophie In’t Veld, la deputata europea liberaldemocratica, che emerge la malinconia per un dialogo mai cominciato su laicità e religione, con un grande colpevole: l’Unione europea. "Dopo richieste ripetute - sottolinea Sophie nel suo intervento - siamo stati invitati a riunioni tra pochi intimi sulla religione dal Presidente della Commissione Barroso, senza troppa copertura mediatica e pubblica. Non si capisce perché devono essere aperte al pubblico quelle ambientali e sulla religione no". La tesi è che l’Unione sia poco laica. "Nel 2006 - dice la In’t Veld - durante la riunione con i maggiori leader religiosi, due giorni dopo la manifestazione del Gay pride a Mosca, dove c’erano stati pestaggi e molti di quelli che pestavano erano guidati da sacerdoti, abbiamo chiesto a Barroso di intervenire ma nulla. Questo è rivelatore dei tipo di rapporti che la Commissione vuole avere con le chiese". Perché il diritto di parola e di religione - secondo Int’veld - dovrebbe arrivare con "una direttiva che preveda un divieto globale a ogni forma di discriminazione". "Ma la chiesa - lamentano i liberali - si oppone". Per non parlare delle lobby religiose. Per queste, i liberali hanno proposto un registro ma i socialisti si sono astenuti e il Parlamento ha respinto la proposta. Per la In’t Veld è la dimostrazione di come "l’Ue abbia sancito uno status privilegiato e a parte delle religioni" nonostante abbia bocciato ogni riferimento alle radici giudaico-cristiane. "E meno male" - dicono i Radicali - mentre Emma Bonino modera prima che comincino a parlare i buddisti.

Il papa non vuole la rana in croce

La Repubblica 28.8.08
Benedetto XVI ha scritto alle autorità del Trentino Alto Adige
Il papa non vuole la rana in croce
Ma la direttrice del museo difende l'opera. E oggi verrà costretta alle dimissioni

BOLZANO. La Rana Crocifissa è stata scomunicata dal papa in persona. Reduce da nove giorni di sciopero della fame anti-blasfemia, con i diavoli tentatori che gli organizzavano sotto il naso la sagra del canederlo, ieri mattina il presidente del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, Franz Pahl, ha divulgato un passo della lettera che Benedetto XVI gli ha inviato mentre si trovava in vacanza a Bressanone. La Rana di Martin Kippenberger, esposta al museo di arte moderna di Bolzano, «ha ferito il sentimento religioso di tante persone che nella croce vedono il simbolo dell´amore di Dio e della nostra salvezza, che merita riconoscimento e devozione religiosa», scrive Ratzinger.
Forti dell´appoggio papale - sollecitato anche da manifestazioni in piazza degli Schutzen - i fautori dell´allontanamento della Rana hanno deciso ora di giocarsi il tutto per tutto, convocando per questa mattina il consiglio della Fondazione Museion, a soli tre mesi dall´inaugurazione dello scintillante museo nel centro di Bolzano, che ha avuto finora 26mila visitatori. I componenti di nomina provinciale, che sono la maggioranza, hanno già fatto sapere che voteranno contro la Rana, sconfessando la direttrice, Corinne Diserens. Che risponde: «La Rana resterà suo posto». Probabile, quindi, il braccio di ferro, con le dimissioni della direttrice e del comitato artistico del Museion. Nonostante il motivo del contendere sia ormai solo di principio: la statua raffigurante una rana crocifissa che stringe in una zampa un boccale di birra e nell´altra un uovo, opera dello scomparso artista tedesco Martin Kippenberger, se ne sarebbe comunque tornata a casa sua, in Svizzera (una collezione privata), il 21 settembre, quando si concluderà la mostra «Sguardo periferico e corpo collettivo».
La contesa può apparire surreale, ma sono ormai tre mesi che in Alto Adige ci si accapiglia intorno all´opera di Kippenberger, che voleva simboleggiare l´ipocrisia di una società la quale, corrotta nel suo profondo, mantiene un´immagine irreprensibile all´esterno. La chiave sta tutta nelle prossime elezioni provinciali di fine ottobre, con il partito di maggioranza assoluta, la Svp, che teme di perdere la decennale supremazia e cerca di riacquistare credibilità nelle frange integraliste. L´eroe della lotta contro la Rana è l´esponente riconosciuto di questa frazione della Svp, Franz Pahl, che in realtà dovrebbe baciare il ranocchio, perché potrebbe tramutarsi in un bel gruzzolo di voti.
Dalla sua parte il sindaco di Bolzano, il presidente della Provincia Durnwalder, il Pdl, il vescovo Wilhelm Egger. A favore della Rana in croce la direzione del Museion e i partiti di sinistra. A inizio giugno le prime bordate: «La Rana deve essere inserita in un costruttivo dialogo socio-politico. L´opera non deve essere estrapolata dal contesto», suggerisce l´assessore alla Cultura, Kasslatter Mur. Pahl inizia lo sciopero della fame. Il museo reagisce fornendo ai visitatori dépliant informativi sull´opera di Kippenberger. Il 28 luglio arriva in Alto Adige il Pontefice e immediatamente il vescovo gli espone la «questione». Il senatore centrista Gubert annuncia un esposto in procura, mentre la stampa locale - soprattutto quella di lingua tedesca - attacca ad alzo zero l´opera «blasfema». Il museo fa una piccola, ma non sufficiente ritirata: sposta la statua al terzo piano, accanto a opere dello stesso artista, e la copre in parte con gli articoli di giornale usciti in quei giorni. Pahl interrompe lo sciopero della fame, ma promette: «La mia battaglia non è conclusa». E quando ha in mano la lettera del Papa, scatena l´ultima offensiva.

martedì 26 agosto 2008

Messa per Nietzsche, il vescovo è d’accordo

Il Centro 25.8.08
Iniziativa all'Aquila di Padre Quirino
Messa per Nietzsche, il vescovo è d’accordo
Molinari: ma evitiamo di beatificarlo
In pochi alla celebrazione a San Bernardino
di Giampiero Giancarli

L’AQUILA. L’idea di celebrare una messa in ricordo del filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche, clamorosa sotto il profilo culturale, non ha riscosso l’interesse dei fedeli. Non più di trenta persone, infatti, hanno partecipato alla funzione officiata da padre Quirino Salomone, nella basilica di San Bernardino. Il vescovo Molinari è d’accordo sull’iniziativa: ma evitiamo di beatificare il filosofo.
Anzi, a dire il vero, sembrava che dopo l’uscita dal luogo di culto della gente che aveva partecipato della precedente messa, la basilica fosse destinata a restare deserta ma poi, alla spicciolata, sono arrivati alcuni fedeli che hanno assistito alla funzione religiosa. L’orario delle 19,30, del resto, non era certo quello più adatto per attendersi una gran folla nella grande basilica bernardinana.
Tra i presenti anche persone che nulla sapevano del pur famoso filosofo tedesco, morto nel 1900, e ancora meno del clamore suscitato dall’iniziativa di padre Salomone. E qualcuno, forse, è rimasto inizialmente spaesato dalla lunga e appassionata omelia del sacedote, in parte intrisa di contenuti filosofici di spessore, ma poi tutti sono stati coinvolti dalle indubbie facoltà oratorie di padre Quirino.
«Se questo filosofo con le sue opere è stato un male per la Chiesa», ha detto padre Quirino «io invoco la pietà di Cristo anche per lui». E questo, come ha tenuto a precisare il frate francescano, rientra perfettamente nel messaggio del Perdono celestiniano.
«Il Padre», ha aggiunto inoltre il rettore della basilica, «ama tutti i suoi figli e ha una particolare predilezione per chi si allontana da lui e quindi per chi ne ha più bisogno. Questa è una provocazione per risvegliare la fede. Non dimentichiano che i martiri non hanno mai maledetto i loro carnefici, semmai ne hanno chiesto al Padre la salvezza. Dobbiamo ricordarci che nessuno è mai escluso dalal misericordia di Dio».
Sull’iniziativa di una messa in onore del filosofo si registra anche una presa di posizione dell’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari. «C’è una discussione sull’ateismo di questo filosofo, e alcune pagine delle sue opere sembrano contrarie alla religione cattolica» ha commentato il prelato «ma sono stati molti coloro che hanno visto del positivo in queste dissertazioni. La sua avversione non è nei confronti di Dio e della Bibbia ma contro alcune forme di religione che non sono autentiche. Questo deriva da esperienze personali difficili».
«In fondo» prosegue «la Chiesa non deve fare altro che predicare la misericordia divina. Anche Giuda, qualora si fose pentito, sarebbe stato perdonato. Nessuno, per il Signore, è perduto. Pregare per una persona che ha avuto tanti legami con questa città è sempre giusto specie se ha sbagliato. L’importante è non strumentalizzare il messaggio evitando il rischio di una “beatificazione” del filosofo in questione. Conosco bene il professor Arturo Conte e sono certo che non volesse dire nulla di contrario alla fede».
Padre Quirino, infine, non ha escluso in futuro un convegno su queste tematiche.

Bioetica, a chi spetta decidere?

l’Unità 26.8.08
Bioetica, a chi spetta decidere?
Di fronte alle continue ingerenze nelle libertà dei cittadini si assume che l’etica religiosa abbia «una marcia in più» e si trascura la presenza di voci laiche e indipendenti

Se proviamo a fare il punto sulle politiche pubbliche riguardo ai cosiddetti temi eticamente sensibili lo scenario è sconfortante per chi creda nell’importanza dei valori laici e secolari. Viviamo in un Paese a sovranità (morale) limitata e come cittadini siamo oggetto di continue ingerenze nei nostri stili di vita da parte di autorità o istanze di ordine religioso e confessionale. La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, non rinunciando all’idea che solo uno sia il modo naturale e consacrato di avere figli, è più un elenco di divieti che uno strumento di garanzia e regolamentazione degli accessi. L’idea da Torquemada di una moratoria dell’aborto spacciato per omicidio ha fatto fiasco, ma quella di un “tagliando” restrittivo alla legge sull’interruzione volontaria di gravidanza è lì sempre pronta al decollo. I genitori di Eluana Englaro, nonostante due pronunciamenti giudiziari favorevoli alla volontà della figlia di non essere tenuta in vita nell'eventualità fosse caduta, come poi accadde, in stato vegetativo permanente, sono costretti per l’ennesima volta ad attendere gli esiti dei ricorsi promossi dalla Procura Generale di Milano e dal Parlamento che con fervore degno di miglior causa cercano di opporsi alle due sentenze. È poi bastato ventilare l’ipotesi che con la loro approvazione si sarebbero aperte le porte all’eutanasia che undici progetti di legge sul Testamento biologico sono stati affossati nella precedente legislatura; gli annunci di una ripresa del dibattito e dell’approvazione di una legge in materia per la fine dell’anno devono fare insospettire, perché sembrano solo un modo per mettere la mordacchia a una magistratura indipendente che interpreta norme e leggi già esistenti (caso Englaro docet) per tutelare diritti di libertà e di autodeterminazione costituzionalmente garantiti. I “patti di unione civile” (Dico, Pacs, Cus) sono da tempo sul viale del tramonto, consegnati a difesa della unicità della famiglia e del matrimonio alla mera curiosità degli storici. Riguardo alla Ru 486, la pillola che consente l’aborto chimico, nonostante l’Agenzia italiana del Farmaco abbia espresso parere favorevole alla sua commercializzazione anche in Italia, per una ragione o l’altra slitta di continuo l’atto autorizzativo finale. Usufruire della “pillola del giorno dopo” continua a essere per molte donne una corsa a ostacoli a causa di quei medici - ultimi quelli del Sannio - che, spacciandola per pillola abortiva, oppongono obiezione di coscienza alla sua prescrizione. Il Comitato Nazionale di Bioetica e il Consiglio Superiore di Sanità, in nome della sacralità della vita umana, si sono espressi per rianimare sempre e comunque infanti nati a bassissima età gestazionale, anche senza o contro il parere dei genitori e nonostante la previsione di vite segnate in futuro da gravi handicap e acute sofferenze.
Ultimo in ordine di tempo è l’attacco sferrato da un gruppo di neonatologi e ginecologi vicini al movimento Scienza e Vita e ad Avvenire, il quotidiano della Cei, contro la diagnosi prenatale (amniocentesi e villocentesi), accusata tra l’altro di fare da battistrada ad una società “eugenetica” che avrebbe in disistima i disabili e i genitori che decidessero, nonostante una diagnosi infausta, di farsi carico del prodotto del concepimento.
Al fondo di tutti questi tentativi di restringere opportunità e diritti sta un unico progetto: limitare e comprimere il più possibile la sovranità degli individui sul proprio corpo e sugli atti che all’uso del corpo conseguono. Esemplare al proposito proprio il tentativo di scoraggiare, complicandolo, l’accesso delle donne gravide alla diagnosi prenatale, una tecnica che, pur tra qualche rischio tipico di tutti gli atti medici, sottrae la nascita al caso e al mistero e rafforza la libertà di scelta riproduttiva. L’idea dei proponenti è di non dichiarare conclusa la diagnosi prenatale senza la previsione (o l’obbligo?) di una consulenza post-diagnostica da parte di uno specialista così da stimolare la donna a portare comunque a termine la gravidanza…
Di fronte a queste continue ingerenze nelle libertà dei cittadini in nome di astratte ideologie, lo sconcerto non viene solo dal constatare l’arrendevolezza o la sfiducia del Legislatore riguardo alla possibilità di far valere principi morali autonomi dai decreti delle autorità confessionali o dai pregiudizi e dai tabù antiscientifici. Lo sconcerto viene dal fatto che si dà fatalisticamente per scontato che le cose debbano andare così. Si assume direttamente o indirettamente l’idea (che già fu di un ex autorevole primo ministro della Repubblica) che l’etica religiosa - e quella cattolica in particolare - abbia una “marcia in più” e sia forse l’unica o comunque più prestigiosa voce capace di esprimersi su temi di grande rilievo morale. Si trascura che in Italia non mancano affatto voci ed elaborazioni autonome e indipendenti dall’etica religiosa, tutte ispirate a una linea di pensiero che fa leva su valori secolari come la tolleranza e la centralità dell’autodeterminazione degli individui in merito a decisioni che riguardano le loro proprie vite. Ignorare queste voci (e soprattutto i loro argomenti) significa ridurre le questioni bioetiche - che sono questioni eminentemente private, interessando il singolo individuo e le ricadute che gli atti di cura e di rifiuto delle cure hanno su di sé - a questioni di biopolitica, e soprattutto di una biopolitica nutrita di principi religiosi. Con tali principi si suole ripetere che i processi vitali sono indisponibili, che nascere malati e danneggiati è un sacro verdetto della natura e perciò è arrogante volerlo rovesciare, che il cittadino medio è sempre un po’ inetto e impreparato a affrontare materie così delicate, che la volontà individuale è “mobile” e inaffidabile, che meglio è affidarsi a esperti che intrattengono relazioni speciali con autorità morali superiori ecc. Il risultato che si ottiene è espropriare le persone della loro responsabilità decisionale.
Sarà difficile che il ceto politico italiano contribuisca alla modernizzazione del nostro Paese se non decide come affrontare, nel complesso, la cosiddetta “questione cattolica”. Anche l’intellettualità dovrà fare la sua parte. Alcune ispirate sirene della provincia filosofica italiana annunciano ad esempio acriticamente e con entusiasmo l’avvento di una società “post-secolare” prima ancora che nel nostro Paese si sia compiuta una effettiva, primaria, elementare secolarizzazione delle istituzioni. La posta in gioco è alta: si tratta di decidere a quale autorità fare riferimento nelle questioni bioetiche, se a quella laica di uno Stato di diritto che cerca al suo interno di contemperare l’esercizio di tutti gli orientamenti di valore, o a quella di uno Stato etico (e teocratico) che impone a tutti il modo di comportarsi che solo una tradizione religiosa ritiene giusto. Frange di opinione pubblica più informate, indocili e combattive riusciranno nell’impresa che sembra preclusa alla classe politica?
Dipartimento di Filosofia Università di Pisa - Consulta di Bioetica, Pisa

venerdì 22 agosto 2008

Costruita su un antico palazzo del Vaticano. E ora oscura la vista di San Pietro

ROMA - Pantheon, sui tetti spunta una nuova casa
RENATA MAMBELLI
VENERDÌ, 22 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Costruita su un antico palazzo del Vaticano. E ora oscura la vista di San Pietro

L´edificio Maffei Marescotti ospita anche l´Opera Romana Pellegrinaggi
La risposta: lavori di ristrutturazione e manutenzione delle capriate e delle terrazze

I tetti di Roma, si sa, non sono più quelli di una volta. Se si sale su una delle tante terrazze si scoprono, tra i profili di palazzi e chiese, sfiatatoi dell´aria condizionata, roof garden di alberghi, canne fumarie di ristoranti, gabbie di ascensori. Tutti, o quasi, fatti però con attenzione ai vincoli fissati dalla soprintendenza oppure, è forse la maggioranza dei casi, condonati. Fa un certo effetto però scoprire a poche decine di metri alla cupola del Pantheon una sopraelevazione che la eguaglia in altezza, e, soprattutto, affianca alle linee perfette del tempio romano un manufatto che sembra una pizzeria di quelle che sbucano all´improvviso sui litorali italiani, con finestroni, tettoia e un comignolo da friggitoria. Non è bello, non è senz´altro nei canoni che sarebbero da rispettare, visto che questi sono i tetti del centro di Roma, ma non è neppure abusivo. La "pizzeria", infatti, è una sopraelevazione appena costruita - i lavori sono stati fatti quest´estate - nell´antico palazzo Maffei Marescotti, di proprietà del Vaticano, che ospita, all´indirizzo di via della Pigna 13 a, uffici del Vicariato di Roma tra cui l´Opera Romana Pellegrinaggi, che proprio qui ha la sua prestigiosa sede.
Ad accorgersi dell´obbrobrio nato come un fungo nell´arco dell´estate sono stati gli abitanti delle case di via del Gesù e di piazza della Pigna. Anche perché da tempo tengono d´occhio il complesso di via della Pigna 13 a. «Ogni anno ne cresce un pezzo nuovo», ci dice una delle inquiline che ha denunciato la cosa al nostro giornale e che ci chiede l´anonimato, «comincio ad essere davvero preoccupata: cosa altro si inventeranno in futuro?» L´assalto al cielo da parte dei proprietari di palazzo Maffei Marescotti infatti non è di oggi. Già nel 2001 gli abitanti della zona erano insorti contro l´innalzamento, sopra il tetto del palazzo, di un nuovo piano sormontato da una grande terrazza, un giardino pensile. Lettere di protesta sono partite all´indirizzo del cardinale Ruini, allora vicario del Papa, di mons. Liborio Andreatta, amministratore delegato dell´Opera Romana Pellegrinaggi, addirittura del Papa. Senza nessun riscontro. I lavori del giardino pensile sono continuati, una parte degli abitanti di via del Gesù ha visto per sempre tagliata a metà la cupola di San Pietro di cui godevano la vista.
Alle nostre domande si è risposto, da parte dell´amministrazione del palazzo di via della Pigna 13 a, che effettivamente questa estate sono stati fatti lavori nel complesso Maffei Marescotti: si è trattato, ci hanno detto, di lavori di ristrutturazione e manutenzione delle capriate e delle terrazze. Ma non ci è stato spiegato se questi lavori hanno portato alla modifica della cubatura degli ambienti da ristrutturare.
Palazzo Maffei Marescotti fa parte del patrimonio della Santa Sede che, con il nuovo Concordato, ha ottenuto l´extraterritorialità per le sue proprietà nella capitale, che è come se fossero, per quanto riguarda leggi e regole, all´interno delle mura vaticane. Questo palazzo è oggi del Vicariato di Roma che vi ha collocato, negli anni, una grande quantità di associazioni, centri diocesani e organizzazioni. Tra le altre associazioni della scuola cattolica, come la Fidae e la Fism, il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica, l´Associazione Amici della Caritas di Roma, l´Unitalsi, la Ctg, la Federazione Società di San Vincenzo De Paoli, gli uffici commerciali del quotidiano Avvenire, l´Ucai, cioè gli artisti cattolici, e una galleria d´arte da loro ispirata, la Galleria La Pigna. E, soprattutto, l´Opera Romana Pellegrinaggi, che dell´intero palazzo occupa tre piani. Racconta la vulgata degli abitanti di via del Gesù che quella terrazza con giardino pensile sia usata proprio dall´Opera Pellegrinaggi nelle notti romane per party e incontri di lavoro. Non siamo in grado di confermare queste dicerie. Ma resta comunque una domanda: quella specie di pizzeria che si staglia a pochi metri dal Pantheon, a qualunque uso sia destinata, bisognava proprio costruirla? Questo schiaffo al panorama di Roma andava proprio dato?

martedì 19 agosto 2008

Pedofilia: arrestato sacerdote a Sydney, accusato 30 reati

2008-08-14 10:32
Pedofilia: arrestato sacerdote a Sydney, accusato 30 reati
(ANSA) - SYDNEY, 14 AGO - Un prete cattolico ancora in servizio è stato arrestato oggi a Sydney accusato di 30 reati di aggressione a sfondo sessuale su minori risalenti agli anni '70 e '80. Lo ha reso noto la polizia del Nuovo Galles del sud precisando che il sacerdote, John Sidney Denham di 65 anni, è accusato di abusi contro 18 ragazzi di età fra 11 e 17 anni, commessi nell'area di Newcastle, 160 km a nord di Sydney.

La speciale task force della polizia del Nuovo Galles del sud aveva indagato sulle accuse mosse contro il sacerdote dopo una prima denuncia presentata lo scorso aprile. Padre Denham, a cui é stata negata la libertà su cauzione, è stato rinviato a giudizio al primo ottobre davanti al tribunale centrale di Newcastle.

Secondo la polizia, gli abusi sono stati commessi nella scuola media S. Pio X di Adamstown e successivamente in due parrocchie rurali dello stato. Gli investigatori hanno ricevuto valida assistenza dalla diocesi di Newcastle della chiesa cattolica, ha sottolineato un portavoce della polizia.

Domenica scorsa nella cattedrale di Newcastle, davanti a una congregazione di 500 persone che comprendevano vittime e loro familiari, esponenti politici e religiosi, il vescovo dell'arcidiocesi Michael Malone, applaudito dai fedeli, aveva chiesto perdono alle vittime. Anche, aveva detto, per i suoi propri errori nell'affrontare la questione. L'iniziativa, che non ha precedenti in Australia, ha fatto seguito alle scuse del pontefice, Benedetto XVI, alle vittime, il mese scorso a conclusione della Giornata mondiale della gioventù a Sydney.

lunedì 11 agosto 2008

"Mobbizzati perché applichiamo la 194" e i ginecologi fondano un’associazione

La Repubblica 9.8.08
Sono medici non obiettori. Si lamentano: non sappiamo quanti siamo e ci isolano sempre più
"Mobbizzati perché applichiamo la 194" e i ginecologi fondano un’associazione
di p.co.

"Siamo pronti a presentarci come parte civile a sostegno di chi si trova in difficoltà"

ROMA - Pochi, liquidati come quelli che si occupano di "un lavoro sporco", isolati e in alcuni casi persino mobbizzati. I ginecologi non obiettori in Italia si contano e sono sempre meno. Ancora meno quelli tra loro che sono disposti a fare un aborto terapeutico.
«Quanti siamo e chi siamo noi ginecologi ospedalieri che affrontiamo le tematiche dell´aborto terapeutico in ospedale? Non lo sappiamo, perché non esiste una lista delle regioni, né all´istituto superiore di sanità, né al ministero della Salute», denuncia in una lettera la ginecologa Silvana Agatone. Anche per questo motivo, a giugno scorso, è nata l´associazione L.A.I.G.A. (Libera associazione italiana ginecologi per l´applicazione della legge 194/78) che si propone di mettere insieme i medici che si occupano di garantire alle pazienti in tutto il paese il diritto di abortire.
Il caso dell´aborto terapeutico, chiarisce Agatone, è particolarmente spinoso: se viene diagnosticata una malformazione del feto «la coppia deve migrare da un ospedale all´altro in cerca del luogo dove possa sottoporsi ad aborto perché, come si evince dall´ultima relazione del ministero della Salute sulla 194 del 21 aprile 2008, non esiste una rete di collegamento su questo punto».
Poi, come è accaduto alla donna ricoverata al San Camillo di Roma, la situazione può anche peggiorare durante i periodi di vacanza. Il centro dove sottoporsi ad aborto lo si trova ma a causa delle ferie manca chi può fare l´intervento.
Oltre a essere un lavoro gravoso e penalizzante per i medici, la ginecologa romana denuncia che le lacune della 194 (ovvero il fatto che non specifici su quali malformazioni agire) può esporre i medici non obiettori anche al rischio di denunce.
«Sostenere psicologicamente una coppia in questo percorso ti svuota, anche a noi piace di più essere in sala operatoria per far nascere una vita piuttosto che compiere questo lavoro che trovo compassionevole», aggiunge Agatone e chiarisce che per discutere e affrontare anche questi problemi è nata l´associazione L.A.I.G.A. che servirà «a difendere noi stessi e le donne e poterci presentare come parte civile a sostegno di chi si dovesse trovare in difficoltà».

L’intervento terapeutico negato a una donna ricoverata al San Camillo

La Repubblica 9.8.08
L’intervento terapeutico negato a una donna ricoverata al San Camillo
È estate, vietato abortire
di Laura Serloni

Aborto terapeutico: anestesista obiettore donna bloccata in corsia
Roma, al S. Camillo: gli altri tutti in ferie
"Finora non mi hanno dato dei tempi certi e il termine per effettuare l´intervento scade giovedì"

ROMA - Da quattro giorni in attesa di un medico che pratichi l´aborto terapeutico. Accade a Roma a una donna che è rimasta bloccata nell´ospedale San Camillo aspettando l´arrivo di uno dei pochi ginecologi non obiettori, che al momento risultano tutti in ferie. «Sono stata ricoverata martedì scorso e al momento mi hanno rimandata a lunedì prossimo», ha raccontato la paziente. Aggiungendo: «Ma non mi hanno dato alcuna certezza. Eppure la questione è urgente visto che giovedì prossimo scade il termine per l´intervento. Il dramma è che dovrò proseguire la gravidanza e tenere il bambino, che però nascerà comunque morto».

Tutti in ferie gli anestesisti non obiettori del centro per le Interruzioni volontarie di gravidanza dell´ospedale San Camillo-Forlanini. E una donna resta bloccata quattro lunghi giorni in astanteria, aspettando l´aborto terapeutico. Dolori lancinanti e stress, ma nessuno interviene. Tutto rimandato a lunedì. Nella speranza che, nel pieno della settimana ferragostana, si trovi un medico non obiettore disponibile a infilarsi il camice.
La diagnosi, stilata da un centro di Verona specializzato in analisi prenatale, è chiara. Parla di "feto idrocefalo e displasia renale bilaterale". In altre parole il cervello del piccolo sarebbe pieno di liquido amniotico e proprio per la malformazione ai reni non riuscirebbe a respirare fuori dal grembo materno. La patologia è stata riscontrata solo al quinto mese di gravidanza. E l´unica soluzione prospetta dai sanitari è l´aborto terapeutico, ma i tempi sono strettissimi. Per la legge 194, l´interruzione di gravidanza non può essere eseguita oltre la ventiduesima settimana. Restano quattordici giorni, durante i quali bisogna riuscire a trovare un centro per l´intervento.
L´ospedale più vicino per la donna è quello di Borgo Roma nel veronese. «Nonostante i numerosi referti che indicano la gravissima patologia - racconta il marito - volevano far fare a mia moglie altri accertamenti e protrarre i tempi. Ma le condizioni erano così critiche che rimandare ulteriormente l´intervento mi sembrava una follia. Così ci hanno consigliato di venire al San Camillo, ma qui la nostra via crucis continua».
La paziente martedì arriva a Roma. Non ci sono stanze. O meglio, nel reparto di Ostetricia è disponibile un solo letto per l´interruzione volontaria di gravidanza. Per la carenza di infermieri non c´è posto nel padiglione di Ginecologia. Il giorno dopo la trentenne viene ricoverata con urgenza. Passano le ore. Niente. Le vengono somministrati farmaci per indurre il parto, ma l´utero non si allarga. Nel sangue è alta la concentrazione di medicinali. La pressione arteriosa è flebile. Per i sanitari, l´unica soluzione è l´intervento chirurgico. Occorre l´epidurale per garantire l´effetto sedante. Ma nell´ospedale non si trovano anestesisti, sono in vacanza e sul piano delle presenze la scritta "in ferie" corre sui vari nomi. L´unico di turno, obiettore di coscienza, si rifiuta di procedere. Quindi, l´operazione è rinviata. A quando non si sa. Gli spasmi sono lancinanti. Gli antidolorifici fanno effetto, ma la donna è costretta a restare sdraiata, immobile nel letto, ancora per giorni. Il fine settimana è off limits. Si ferma anche la somministrazione di farmaci per indurre il parto perché il sangue si depuri. «Se ne riparlerà lunedì», tagliano corto i medici.
«Non mi hanno dato nessuna certezza - si sfoga la paziente - e la cosa assurda è che sono in balia del caso e delle vacanze dei sanitari. Finora mi sono solo sentita ripetere "si vedrà". Non mi hanno dato dei tempi certi e il termine per eseguire l´aborto scade giovedì, poi sarò costretta a tenere il bambino fino al nono mese, ma nascerà comunque morto. Se volessi cambiare ospedale dovrei ricominciare tutto daccapo: altri accertamenti, nuove visite, ancora impegnative e ulteriori affanni. Così molte donne sono costrette ad andare all´estero, dove tutto sembra più semplice». Insomma, gli stessi problemi sono rimandati all´inizio della settimana prossima, sperando che allora scendano in campo anestesisti non obiettori. Altrimenti bisognerà aspettare ancora.

«Ritardi e anestesisti obiettori: la mia Odissea per un aborto terapeutico»

l’Unità 10.8.08
«Ritardi e anestesisti obiettori: la mia Odissea per un aborto terapeutico»
di Gioia Salvatori

La storia di Cinzia: il feto era idrocefalo, la scelta di intervenire. «Se hai un figlio malformato non importa a nessuno»
Martedì le analisi, solo ieri l’operazione dopo giorni di dolori. «La lista dei non-obiettori? A ostetricia non c’è»

VENERDÌ PRIMO agosto, venerdì 8 agosto. La settimana più lunga di Cinzia, nome di fantasia, è iniziata quando in un centro privato del veronese un uomo in camice bianco le ha consegnato l'ecografia morfologica del suo primo figlio, quello che da 20 settimane era nella sua pancia. Idrocefalo e con i reni displastici, «incompatibile con la vita», come si dice in gergo medico. Cinzia e il suo compagno non hanno dubbi: il bambino non sopravviverebbe, portarlo fino al nono mese non ha senso. Optano per l'aborto terapeutico. Il tempo c'è, due settimane, ma i giorni passano tra Verona e Roma in un ordinario calvario di informazioni sbagliate, ferie d'agosto, medici e anestesisti obiettori che non praticano neppure l'aborto terapeutico. Solo ieri all'ora di pranzo, dopo 8 giorni dalla diagnosi e un viaggio da Verona a Roma, Cinzia ha espulso il feto, morto, all'ospedale romano San Camillo-Forlanini. È successo in un reparto di maternità, tra mamme felici, neonati e papà con i mazzi di fiori: il reparto di ginecologia di uno dei più grandi ospedali romani, infatti, è chiuso dal 4 agosto al 7 settembre per mancanza di infermieri. Appena tornata dalla sala parto, dopo tre giorni passati tra contrazioni e vomito, Cinzia si sente serena ma racconta di una settimana dura: «Anche se al San Camillo mi hanno accolto e coccolato per quanto potevano - racconta - ho pensato più volte che se nella pancia hai un figlio malformato, di quel bambino non importa niente a nessuno». L'ordinario calvario di Cinzia è iniziato lunedì al nosocomio veronese Borgo Roma: «Mi hanno prospettato uno scenario devastante: mi hanno detto che, come da prassi, avrei dovuto fare risonanza magnetica al bambino più due visite psichiatriche e che la mia fertilità futura era a rischio. Mi hanno chiesto anche perché avevo fatto la villocentesi». Cinzia, 33enne con un buon lavoro nel terziario e una relazione stabile, quel figlio lo vuole. Ma non per farlo nascere e vederlo morire. Così sfrutta un contatto a Roma, città di cui è originaria, e, passato lo scorso weekend, va dritta al San Camillo. «Martedì ho fatto le analisi, mercoledì pomeriggio hanno iniziato a indurre il parto ma il mio corpo non reagiva e io pensavo di cavarmela in due giorni, volevo cavarmela in due giorni perché ogni ora, quando sei in questo stato, è un'eternità. Quando venerdì mattina mi hanno detto che non c'era l'anestesista non obiettore sono andata in tilt». Così la donna contatta i giornali e i vertici dell'ospedale. Solo alle 21 si trova un anestesista che fa l'epidurale a Cinzia che, nel frattempo, è stata portata in sala parto. «Venerdì mattina non c'erano le condizioni cliniche per fare l'epidurale alla donna - racconta Giovanna Scassellati, medico responsabile del reparto per la 194 del San Camillo - Ciò non toglie che il problema degli anestesisti obiettori (4 su nove anestesisti del reparto ostetricia n.d.r.)ci sia, e non solo durante l'estate ma anche d'inverno. Nel reparto per la 194 mi è capitato di non poter praticare aborti fino a mezzogiorno perché non c’era l’anestesista».
Eppure nell'ospedale ci sono in tutto 152 anestesisti. Però in ostetricia, dove sarà ricoverata fino a domani Cinzia, non hanno la lista dei non obiettori: «Pur avendola richiesta da due anni» - come racconta il primario Claudio Donadio. Non solo obiezione di coscienza, dunque, il calvario di Cinzia è una storia fatta anche di disorganizzazione ospedaliera, di reparti chiusi per ferie e reparti che non comunicano. Eppure l'ordinario calvario di Cinzia si sarebbe potuto evitare se in Italia fosse stata disponibile la pillola abortiva Ru 486: «Induce il parto in 6 ore - spiega la Scassellati - le prostaglandine possono agire anche dopo una settimana. Questa pillola ha passato l'esame della commissione farmaco all'Aifa, quanto dovremo ancora aspettare per poterla usare negli ospedali? Per altro non dà gli effetti collaterali portati dalle prostaglandine, vomito e dolori in primis». Ma questo è un altro capitolo. In attesa che qualcuno si ricordi di scriverlo le donne continueranno ad espellere i loro figli malformati e destinati alla morte dopo tre giorni di contrazioni, dolori e pensieri devastanti. Forse sotto anestesia, sempre che ci sia il medico non obiettore, forse nel reparto giusto, a meno che non sia chiuso per ferie.

mercoledì 6 agosto 2008

Lo spot costò il triplo degli aiuti alla gente

Lo spot costò il triplo degli aiuti alla gente
La Stampa del 4 agosto 2008, pag. 9

In 17 anni, nemmeno una pubblicità progresso o una comunicazione per spiegare come lo Stato ha utilizzato o utilizza i fondi dell’8x1000. E se la pubblicità è l’anima del commercio, forse si comprende perché i cittadini italiani destinino sempre meno la loro quota dell’Irpef allo Stato. Lo pensa la Corte dei Conti che, nella sua relazione sull’utilizzo dei fondi dell’8x1 000 di competenza statale tra il 2001 e il 2006, sottolinea che la disaffezione dei contribuenti non è estranea «alle carenze nella pubblicizzazione degli impieghi e dei risultati raggiunti». Quella disaffezione, tuttavia, galoppa. Nel 1990 quasi un contribuente su quattro (il 23%) aveva destinato la propria quota di Irpef allo Stato. Nel 2007 si è scesi al 7,74%. Ma fare pubblicità sul proprio 8x1000, in Italia, è difficile. Lo sa bene la Tavola Valdese che nel 2005 si è vista rifiutare dalla Sipra, la concessionaria pubblicitaria della Rai, la propria réclame radiofonica. Alla Rai non era piaciuto lo slogan «Molte scuole, nessuna chiesa» e nemmeno la frase «non un euro viene speso per le attività di culto». I funzionari della televisione pubblica avevano tirato in ballo l’articolo 7 del codice deontologico della Rai che recita: «La pubblicità non deve esprimere o comunque contenere valutazioni o apprezzamenti sui problemi aventi natura o implicazioni di carattere ideologico, religioso, politico, sindacale o giudiziario». Solo dopo le proteste della Tavola Valdese, che si era rifiutata di modificare lo spot, e quelle provenienti da varie parti, la Sipra aveva fatto dietrofront: pubblicità accettata e messa in onda.



Sulla pubblicità continua a giocarsi lo scontro tra confessioni religiose. L’europarlamentare dei radicali Maurizio Turco, insieme al commercialista Carlo Pontesilli, ha collaborato a un articolo di Curzio Maltese nel quale si dava conto di una di queste pubblicità. II caso vuole fosse proprio quella del 2005 imperniata sulla tragedia dello tsunami. Quell’anno, come i precedenti, la pubblicità del1’8x1 000 alla Chiesa cattolica era stata affidata alla multinazionale Saatchi & Saatchi. Costo: 9 milioni di euro. Il triplo di quanto poi la Chiesa aveva effettivamente destinato alle vittime dello tsunami.

8x1000, più soldi al Molise che al Terzo Mondo

8x1000, più soldi al Molise che al Terzo Mondo

La Stampa.it del 4 agosto 2008

di Raphael Zanotti
La televisione, dove l’unico spot circolante è quello della Chiesa Cattolica, ci ha abituati a pensare all’8x1000 come a una magnifica occasione per aiutare i derelitti della Terra. Nelle pubblicità compaiono bambini di Paesi poveri, fame e miseria. Far tornare un sorriso su quei volti emaciati è facile: basta apporre una firma sulla dichiarazione dei redditi e si destina una quota dell’Irpef a quelle popolazioni in difficoltà.

Una bella favola. Peccato che resti, appunto, una favola. La Chiesa Cattolica destina solo il 20% di quello che riceve con l’8x1000 per fare della carità (fonte Cei). Il resto lo incamera. Le istituzioni laiche non fanno meglio. Tra il 2001 e il 2006 lo Stato italiano, attraverso l’8x1000, ha destinato all’Africa 9 milioni di euro per combattere la piaga della fame: un quinto di quanto ha dato per la regione Lazio (43 milioni). E pensare che il Continente Nero, con i suoi oltre 800 milioni di abitanti, ha preso più degli altri. All’Asia, 4 miliardi di individui, è arrivato un milione e mezzo: il prezzo di una villa in Sardegna. O se si preferisce un quarto di quanto il governo ha stanziato - prelevandolo dallo stesso fondo - al solo Molise (7,2 milioni di euro). Seguono l’America Centrale con 610mila euro e quella Meridionale con 560mila, poco più e poco meno di 10mila euro all’anno.

E sarebbe andata ancora peggio se nel 2006 tutta la quota statale, ovvero 4,7 milioni di euro, non fosse stata completamente destinata a progetti contro la fame nel mondo. Evidentemente la beneficenza va di moda solo negli spot. Secondo la sezione di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti dal 2001 al 2006 lo Stato italiano ha elargito 272 milioni di euro grazie all’8x1000 degli italiani. Ma se si vanno a guardare le aree di intervento, le differenze sono enormi: 179 milioni (il 66%) sono serviti per finanziare progetti di conservazione di beni culturali; 59 milioni (il 22%) per affrontare calamità naturali; 22 milioni (l’8%) per l’assistenza ai rifugiati; solo il 4% è andato a progetti contro la fame nel mondo.

Una scelta difficile da spiegare, a meno che non si entri nel dettaglio e s’intuiscano alcuni meccanismi che governano la classe politica italiana. Se si scorrono i progetti finanziati nei sei anni presi in esame, si scopre che il 40% circa ha riguardato il restauro di chiese, abbazie, conventi e parrocchie. Un aspetto che non è sfuggito alla Corte che, in adunanza pubblica, ha chiesto conto alla rappresentante del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali di tanti finanziamenti a enti religiosi. La risposta è stata che il patrimonio artistico, culturale, storico e architettonico degli enti religiosi in Italia è di grande eccellenza. Vero, ma la Corte non ha potuto che richiamare alle norme che regolano la distribuzione dell’8x1000 e che parlano di bilanciamento nella scelta dei progetti e di urgenza degli stessi.

La disparità di trattamento, invece, è evidente. Tanto più se si tiene conto di altri dati. I numeri parlano da soli: i 315 milioni di euro attribuiti allo Stato dal 2001 al 2007 impallidiscono di fronte ai 6.546 milioni ricevuti dalla Chiesa Cattolica. È il ritorno dello spot televisivo? I creativi sono bravi, ma non così tanto. A meno che non si voglia annoverare in questa categoria (e il personaggio di sicuro lo merita) anche l’attuale ministro delle Finanze Giulio Tremonti. È sua l’idea del meccanismo di redistribuzione che tanti mal di pancia fa venire ai laici che siedono in Parlamento ma non solo.

Non tutti gli italiani dichiarano a chi deve andare il loro 8x1000. Solo il 40% lo fa scegliendo tra Stato, Chiesa Cattolica, Valdesi, Luterani, Comunità ebraica, Avventisti o Assembleari. E il restante 60%? In altri Paesi, dove la donazione deve rispecchiare una volontà esplicita del contribuente, questa quota rimane allo Stato e quindi a disposizione di tutti. In Italia viene invece ridistribuita secondo le proporzioni del 40%, dove i cattolici vanno forte. Alla fine circa il 90% dell’intero gettito va alla Chiesa. Si tratta di quasi un miliardo di euro all’anno, 991 milioni nel 2007.

E pensare che quando nacque l’8x1000, la sua funzione era quella di sostituire la congrua per il pagamento dello stipendio ai sacerdoti. Lo Stato era anche disposto a mettere di tasca propria il denaro necessario per arrivare alla cifra di 407 milioni di euro nel caso i fondi fossero risultati insufficienti. Oggi gli stipendi dei preti rappresentano un terzo dell’8x1000 che va alla Chiesa, ma nessuno ha mai osato mettere in discussione la cifra, nemmeno la commissione bilaterale italo-vaticana che aveva il compito di rivedere le quote nel caso il gettito fosse stato eccessivo.

Del fiume di denaro che va alla Chiesa Cattolica, la Cei destina il 20% per opere caritatevoli, il 35% per pagare gli stipendi dei 38mila sacerdoti italiani e il resto, circa mezzo miliardo di euro, viene ufficialmente utilizzato per non meglio precisate «esigenze di culto», «catechesi» e «gestione del patrimonio immobiliare». Forse anche per questo lo slogan scelto dai Valdesi per un loro spot radiofonico di qualche tempo fa era: «Molte scuole, nessuna chiesa». La pubblicità in questione è stata vittima di una sorta di censura: per mesi non è stata mandata in onda. Non è l’unica disparità che lamentano le altre confessioni religiose.

Diversamente dai cattolici, infatti, Valdesi, Luterani, Comunità Ebraiche, Assembleari e Avventisti ottengono i fondi (volontariamente sottoscritti dagli italiani) solo dopo tre anni. Alla Cei, invece, lo Stato versa un anticipo del 90% sull’introito dell’anno successivo. Le vie del Signore, in alcuni casi, si fanno scorciatoie. Ma le disparità tra religioni diverse non sono le uniche che si possono riscontrare tra i finanziamenti statali dell’8x1000.

Nonostante i criteri di scelta dicano che, per finanziare i progetti, è necessario tener conto di vari fattori, tra cui anche quello della maggiore o minore popolazione presente sul territorio su cui insiste il progetto, ci sono regioni che paiono baciate dalla fortuna. In sei anni all’Abruzzo sono andati 13 milioni di euro, quanto la Sicilia e la Toscana, e quattro volte l’Umbria (3 milioni di euro). E che dire delle Marche (22 milioni di euro), che ha ricevuto più del doppio di una regione come il Piemonte? Capire perché questo accade è praticamente impossibile.

Il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio, che si occupa della distribuzione dei fondi, dichiara di aver tenuto conto dei criteri scelti dalla Presidenza, ma anche «della commissione tecnica di valutazione», dei «pareri non vincolanti delle Camere», di imprecisate «indicazioni arrivate da autorità politiche» e dei suggerimenti delle «commissioni parlamentari». Come dire: di tutti. Il risultato è stata la solita guerra tra lobby, che però ha provocato un effetto perverso: l’enorme frammentazione dei finanziamenti.

Se ognuno vuole la sua fetta di torta, per quanto piccola, l’esito è scontato: l’8x1000 si perde in una serie infinita di rigagnoli. Il 78% dei finanziamenti erogati, ovvero tre su quattro, è inferiore a 500.000 euro. Quasi la metà (43,22%) è compreso tra i 100 e i 500 mila euro. Chi dovrebbe evitare tutto questo è la Presidenza del Consiglio. Per legge dovrebbe essere il filtro che dà unitarietà e razionalità agli interventi, ma non accade.

La Corte rileva che i ministeri si rivolgono direttamente al dicastero delle Finanze per i progetti. Questo ha un ulteriore conseguenza: se si elimina la responsabilità della Presidenza del consiglio, chi controlla gli esiti dei lavori? Il regolamento stabilisce che, passati 21 mesi, se questi non sono iniziati, il finanziamento viene revocato. Sarebbe dovuto accadere per esempio per la Chiesa della Martorana di Palermo, per il Complesso di Santa Margherita Nuova in Procida o per la Chiesa di santa Prudenziana a Roma. Non è avvenuto.

Di fronte a questi risultati non stupisce la disaffezione dei cittadini. Nel 2004 il 10,28% dei contribuenti aveva affidato il suo 8x1000 allo Stato. La percentuale è scesa all’8,65% nel 2005, all’8,38% nel 2006 e al 7,74% nel 2007. Forse avranno contribuito le leggi che in questi anni hanno decurtato la quota statale senza tener minimamente conto delle finalità per cui era stato istituito l’8x1000. Nel 2001 sono stati prelevati 77 milioni di euro per finanziare la proroga della missione dei militari italiani in Albania e nel 2004 il governo Berlusconi ha deciso una decurtazione di 80 milioni di euro anche negli anni successivi per sostenere la missione italiana in Iraq. Le decurtazioni dal 2001 al 2007 sono ammontate a 353 milioni di euro, più dei 315 milioni rimasti nel fondo 8x1000. Siamo lontani anni luce dai bambini dello spot in tv.