sabato 28 febbraio 2009

BELLOCCHIO, SITUAZIONE PEGGIORA. Oggi non mi farebbero girare 'ora di religione'

Ansa 26.2.09
BELLOCCHIO, SITUAZIONE PEGGIORA. Oggi non mi farebbero girare 'ora di religione'
(ANSA) - ROMA, 26 FEB - 'La situazione attuale e' peggiore di qualche anno fa, oggi non mi lascerebbero girare un film come 'L'ora di religione', afferma Bellocchio. 'Oggi il cinema - spiega il regista a 'Left' - e' totalmente dipendente dalla tv che ogni tanto 'elargisce' qualcosa ma pretende, con il suo orrendo conformismo, di imporre il proprio linguaggio'.Il suo prossimo film 'Vincere' racconta la relazione segreta tra Mussolini e Ida Dalser: 'Mi interessava il rapporto violento di Mussolini con una donna'.

Englaro indagato per omicidio «Me l'aspettavo, sono sereno»

Corriere della Sera 28.2.09
Englaro indagato per omicidio «Me l'aspettavo, sono sereno»
Sotto inchiesta 14 persone. La Procura: atto dovuto
Anche l'anestesista e la moglie nel mirino dei pm di Udine. A Bologna un fascicolo per un esposto di Carlo Taormina
di Grazia Maria Mottola

UDINE — Tutti in procura, a Udine. Dalle 9 alle 13. Per l'elezione di domicilio e la nomina del difensore. Da Beppino Englaro ad Amato De Monte con la moglie Cinzia Gori, in mezzo gli altri 11, finora nell'ombra ma non meno presenti nella triste storia di Eluana. Si incroceranno, ogni venti minuti, negli uffici di polizia giudiziaria, non più volontari chiamati all'appello per i turni nella stanza di Eluana, ma nell'amaro ruolo di indagati in un'inchiesta annunciata e non certo temuta: omicidio volontario. Sfileranno alla luce del sole: Dino Buiatti, Rita Maricchio, Maria Marion (consigliere comunale pd), Erika Mazzoccato, Maria Vendramini, Loris Deffendi, Elena Della Negra, Stela Fejzolli, Teresa Zanier, Caterina Degano, Cinzia Moreale. A testa alta, «perché ognuno di noi sapeva quello che faceva, conoscendo le conseguenze». Ma avrebbero preferito restare in silenzio, non far conoscere nomi e volti, mantenere il segreto su quanto accaduto nei sette giorni più drammatici della loro vita, dal 3 al 9 febbraio, fino alla morte di Eluana. Forse, invece, saranno costretti a parlare, contro se stessi e contro le promesse a papà Beppino. Ma ormai è fatta.
All'iscrizione nel registro degli indagati, seguirà una memoria difensiva dell'avvocato Giuseppe Campeis. Poi arriveranno i risultati completi dell'autopsia; nel frattempo gli interrogatori. Infine la speranza: che tutto finisca, meglio se con un'archiviazione.
Morta Eluana, la vicenda continua in procura. Non che le inchieste non fossero già iniziate (in corso quelle su presunte irregolarità delle stanze a «La Quiete», sulle cause di morte, poi sugli esposti). Eppure mercoledì il procuratore Antonio Biancardi arriva a una svolta. Forse a causa di denunce più dettagliate, come quella di «Verità e vita », forse per l'attenzione della procura di Bologna con un fascicolo aperto in base a un esposto dell'avvocato Carlo Taormina che riguarda anche l'operato dei giudici. Certo è che il gruppo Englaro viene indagato. «Un atto dovuto», precisa Biancardi. Dure le reazioni, in un senso e nell'altro. In prima linea Massimo D'Alema: «La persecuzione nei confronti di Englaro è stato uno degli eventi più incivili del nostro Paese». Di segno opposto il cardinale Barragan, ministro della Salute vaticano: «Secondo il quinto comandamento chi uccide un innocente commette un omicidio. Se Englaro ha ammazzato, è un omicida». Per il ministro Sacconi, che ieri ha ricevuto la notifica del trasferimento degli atti dell'inchiesta per violenza privata che lo riguarda al tribunale dei ministri di Trieste, «la dimensione penale, in questi casi, è molto discutibile. Dovrebbe intervenire la legge a regolare questo ambito sregolato». Tranquillo papà Beppino: «Ho lottato per 17 anni. Se vogliono tenermi in ballo per altri 17, facciamo pure, ma mi devono dimostrare cosa c'è che non va».

giovedì 26 febbraio 2009

Corrado Augias: «Ci sono troppi macigni sulla strada della laicità»

Liberazione 26.2.09
Corrado Augias: «Ci sono troppi macigni sulla strada della laicità»
di Valerio Venturi

Corrado Augias il moralizzatore. Giallista, volto-tv, viaggiatore e "racconteur" di città, il giornalista ha deciso in tempi recenti di occuparsi di Cristo e di cristiani: ora è arrivato a Giordano Bruno, ed anche così si è attirato gli strali dei clericali più conservatori. L'hanno attaccato da ogni lato. La sua colpa? Aver parlato in termini terreni di questioni divine.
L'ultimo suo lavoro è uno spettacolo teatrale, Le fiamme e la ragione . Nel testo, viene proposta una delle pagine più tragiche del pensiero scientifico e culturale del nostro paese: l'assassinio, mediante condanna al rogo, di Giordano Bruno, uno dei massimi geni della storia della cultura occidentale. Bruno era un frate domenicano, scrittore e filosofo; venne portato al rogo dalla Santa Inquisizione per le sue teorie poco fedeli alla linea. Parlarne significa occuparsi dei rapporti tra Chiesa e Stato, tra Chiesa e politica; soprattutto tra Chiesa e cultura. La vicenda del filosofo eretico «diventa un momento di riflessione imprescindibile per atei, agnostici e cattolici», secondo quanto scritto nella presentazione dello show.
Non è la prima volta a teatro per Augias. All'inizio degli anni '60 ha partecipato al movimento dell'avanguardia teatrale romana con il "Teatro del 101" diretto da Antonio Calenda, per il quale ha scritto Direzione Memorie e Riflessi di conoscenza - protagonista Luigi Proietti. E a teatro è tornato anche in anni più recenti con L'Onesto Jago , messo in scena dal teatro stabile di Genova.
Ora gira con il monologo su Giordano Bruno, che arriva dopo la pubblicazione dei due fortunati libri: Inchiesta su Gesù e Inchiesta sul Cristianesimo , entrambi editi da Mondadori.
Augias, per quale motivo ha deciso di occuparsi di Giordano Bruno nel suo ultimo show?
L'abbiamo scelto perchè è una grande figura trascurata, perchè pensavamo che valesse la pena di raccontare la sua tragedia. Questo accadde due anni fa, quando iniziammo a lavorare al testo e alla messa in scena. Poi l'attualità di questo nostro povero Paese ci è venuta addosso, e la vicenda di Bruno si è caricata, da sola, di valori che due brevi interventi del Presidente della Corte Costituzionale - che intercalano il racconto - riescono a illustrare benissimo: in un primo contributo viene fatto un elogio del dubbio; nel secondo si dice che una religione come quella cattolica ha due strade davanti: quella della carità e quella della verità. A seconda di cosa sceglie, sta più o meno vicina al Vangelo. ...Poi, io faccio il mio mestiere di cronista. Il racconto, su Giordano e come la pensava, è incentrato sulle vicende terribili che gli sono capitate da quando viene denunciato a Venezia a quando viene ammazzato a Roma nel 1600 e sulle ragioni complesse - che sono anche politiche e tattiche - per le quali quel disgraziato finì al rogo.
Non è la prima volta che si occupa del rapporto fede/ragione e più in generale del cristianesimo. Per quale motivo?
Io non sono cattolico, mai mi sono interessato a questo "problema", mi è venuto addosso da solo. La presenza della Chiesa nella vita pubblica è diventata così assidua che mi è successo di chiedermi: Come mai?... Allora sono andato alle radici, per capire. Ho scritto un libro con uno storico del cristianesimo - Mauro Pesce - e mi sono fatto raccontare Gesù come uomo, non secondo la teologia. Poi, nel mio ultimo libro, ho chiesto a Remo Cacicchi come è nato il cristianesimo, quanto tempo ci ha messo a diventare religione a sé. Alcuni argomenti sono stati "attirati" da altri affrontati. Così siamo arrivati a Giordano Bruno. Nel 2000, al 400° anniversario del martirio, ci fu un tentativo del segretario di Stato della Santa Sede Sodano, che tentò di dire, a mezzabocca, che gli era dispiaciuto un po' per come era andata...
Così andaste avanti decisi. Ma non la disturba il fatto che i suoi lavori suscitino più polemiche e attacchi che mea culpa?
Le polemiche - per Inchiesta su Gesù - arrivarono e furono forti; ci furono attacchi da parte dei gesuiti, dei vescovi, ma credo derivassero dal fatto che certi ambienti - non tutta la Chiesa - si ritengono depositari, in regime di monopolio, della verità rivelata e guardano con ostilita chi affronta certi argomenti privandoli della lettura secondo fede. Lo stesso fenomeno è accaduto con Inchiesta sul Cristianesimo . Testo che ha un primato. In pochi giorni dall'uscita ha ricevuto tre stroncature: su Avvenire , Famiglia Cristiana , Il foglio . Critiche che rispondono sempre allo stesso criterio: fuori le mani dalla nostra materia esclusiva. Ma solo una parte della Chiesa ha reagito così. Da altri il mio lavoro è stato accolto bene: in certi circoli di cristiani, ad Assisi, ho ricevuto persino affetto. Un affetto che ho ricambiato.
Il suo spettacolo e i suoi libri hanno ricevuto per ora grandi riscontri di pubblico. Per quale motivo, secondo lei?
Il successo del libro su Gesù fu inaspettato anche per la casa editrice. Oltre mezzo milione di copie vendute: credo che quel lavoro - come i seguenti - rispondesse alla curiosità diffusa di leggere un personaggio spogliato dal mantello con cui viene solitamente conosciuto e restituito semmai con la drammaticità che lo caratterizza.
Sta parlando di Gesù, ma il discorso vale anche per Bruno. Perchè l'interesse si è esteso in generale al cristianesimo?
Inchiesta sul cristianesimo è un seguito del mio primo lavoro e risponde allo stesso tipo di curiosità. Racconta, in un dialogo, come accadde che una corrente minoritaria del giudaismo si staccò dalla matrice e divenne religione a sè. Questo è l'itinerario che porta fino a Costantino; un percorso sorprendente. Io pongo domande da profano, ingenue; ascoltando le risposte di Cacicchi sono rimasto colpito dalla quantità di informazioni che quella storia può dare.
Che idea si è fatto?
Il guaio del cristianesimo, nato benissimo, si chiama Imperatore Costantino. Lui ha fatto della fede in Gesù, che era tanto bella, una religione di stato. Ha messo insieme due cose che non devono andare insieme: religione e politica. Da allora l'anello non si è sciolto.
Nel suo testo lei scrive: "Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione, una Chiesa, che portassero il suo nome"; (…) "non ha mai istituito alcuna gerarchia ecclesiastica finché fu in vita". "Nulla era più lontano da lui di una congerie di leggi, uno stato sovrano dotato di territorio, moneta, esercito" ... Che ora, però, esiste. Il Vaticano. Attore politico anche nel nostro Paese, ascoltato a destra e a sinistra.
La tentazione confessionale sta diventando più pressante. Il testo sul testamento biologico appena approvato dal governo, ad esempio, è spaventoso; è un altro macigno buttato sulla strada dello stato laico. La sinistra dorme, per le complesse ragioni che conosciamo tutti. E' lì che non reagisce.
Qual è la differenza che esiste tra scienza e teologia?
La scienza tende a un instancabile avvicinamento a verità perfettibili, la teologia tende a considerare immutabile la sua verità, perfino quando le scoperte della scienza la rendono palesemente inverosimile. Si muovono su piani distinti Per ognuna delle due ci sono spazio e legittimità nella coscienza e nei sentimenti degli individui. Assai meno nel campo delle attività razionali e pubbliche.

Roma: niente carne al venerdì per le mense scolastiche: quale migliore genuflessione di benvenuto per il capo di stato Vaticano al Comune?

Roma: niente carne al venerdì per le mense scolastiche, Bacaro: quale migliore genuflessione di benvenuto per il capo di stato Vaticano al Comune?

Roma, 25 febbraio 2009

Dichiarazione di Demetrio Bacaro, Segretario di Radicali Roma

Con un fax urgente a tutte le scuole di Roma l’Assessore Marsilio ha comunicato “d’imperio” un cambiamento urgente nella composizione dei pasti dei venerdì quaresimali per i bambini dai 5 ai 13 anni: dall’asilo alle medie. Niente carne quindi di venerdì per i piccoli romani, per un omaggio sfacciato ed evidente alla prossima visita in Campidoglio del Capo di Stato del Vaticano. Il nostro Assessore Capitolino non è nuovo a queste “perle” di sensibilità sociologica e culturale, avendo già imposto a Natale la “riscoperta” del valore del presepe (ovviamente cristiano cattolico) sempre nelle scuole romane. Ci permettiamo di suggerire all’Onorevole Marsilio, alcune pratiche future per le scuole romane, per proseguire in questo filone di integrazione multietnica e rispettoso delle diversità religiose: gita obbligatoria a Lourdes nei mesi primaverili per tutte le terze medie, separando maschi da femmine; abolizione delle palestre scolastiche e loro sostituzione con cappelle di culto cristiano, con obbligo di frequenza annotata sul voto di condotta; distribuzione gratuita in tutte le scuole della nuova versione del catechismo cattolico, al posto della vetusta e superata Costituzione Italiana. Sono provvedimenti certo un po’ onerosi da un punto di vista finanziario, ma siamo sicuri che accelererebbero quel processo di annessione della nostra città alla Città del Vaticano, disegno che appare esplicito nelle decisioni francamente sempre più imbarazzanti del nostro Assessore. Al quale peraltro ricordiamo sommessamente che la dottrina Cattolica esenta i minori di 14 anni dall’osservanza del precetto sulla astensione dalla carne. Carnevale è finito signori, è cominciata la Quaresima e credo che da un punto di vista del diritto nel nostro Comune durerà qualche anno.

da: radicali.it

lunedì 23 febbraio 2009

Caso Englaro «Seguo le mie idee, non sono una marionetta»

Corriere della Sera 23.2.09
Caso Englaro «Seguo le mie idee, non sono una marionetta»
Beppino conteso dalle tv Un invito anche da Vespa
di Grazia Maria Mottola

MILANO — Sotto pressione. Per i recenti interventi su stampa e tv. Ma anche per le critiche, a causa di una promessa di silenzio mai mantenuta.
Eppure nulla lo smuove. Papà Beppino resiste e tira dritto. «Se andrò ancora in tv? Seguo le mie idee come sempre, non sono una marionetta nelle mani di qualcuno». Chiaro e determinato. Ieri, nel cercare la strada della legalità «per fare le volontà di Eluana»; oggi, nel portare avanti la sua battaglia civile. «Forse ci si sarebbe aspettato che uscissi di scena, come ho detto in passato, ma ho fatto una scelta: continuare a battermi come cittadino, mettendo la mia esperienza al servizio della collettività.».
La storia di Eluana. L'ha ripetuta per anni, come «un cagnolino che abbaiava alla luna» cercando disperatamente chi potesse ascoltarla; oggi, invece, ha le porte aperte quasi ovunque. Sabato scorso era ospite da Fabio Fazio; nel pomeriggio, con il cellulare, interveniva alla manifestazione romana sul testamento biologico; oggi sarà in diretta telefonica con «Cominciamo bene» alle 10 (su Rai tre), solo dopo essersi collegato per un breve colloquio con Radio24. Ancora non lo sa, ma Bruno Vespa pensa di invitarlo: «Lo abbiamo sempre seguito — spiega —, dal 2000 in poi è venuto da noi per nove volte. I nostri dissensi in trasmissione erano su un unico punto: per me la volontà di Eluana non era documentabile. Comunque se si impegnerà nel dibattito sul testamento biologico, gli chiederò di essere mio ospite». Non si meraviglierebbe di vederlo ancora sul piccolo schermo o sentirne la parlata veloce dall'accento friulano neppure Antonio Polito, direttore del «Riformista»: «Quella di Englaro è sempre stata una battaglia civile, anche se lo faceva per la figlia. Per questo non mi stupisco che continui a lottare. Su un punto non sono d'accordo: la via del referendum sul testamento biologico è rischiosa, gli italiani non amano pronunciarsi su materie così tecniche ». Tra i suoi «ammiratori» c'è anche Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale: «Di lui mi ha colpito il richiamo a Loris Fortuna, alla tradizione socialista e laica. Lui si rivela un socialista, e il fatto che prometta di non candidarsi è importante, mette a tacere chi tenta di screditarlo. Lo vedo come un personaggio positivo di un libro di Sciascia, anche se è friulano».
Critiche o lodi, Beppino va avanti. Come ha sempre fatto. «Seguirò il mio istinto, voglio essere libero». Ma una cosa gli è chiara: quella bozza di legge sul fine vita proprio non gli piace: «Ho già detto che è una barbarie, oggi dico che è una follia: non vorrei che nessuno vivesse l'inferno di Eluana, essere costretto a vivere come lei, contro la sua volontà». Perché se la normativa venisse approvata, per lui sarebbe un paradosso: «Dopo quello che ho passato, potrei trovarmi io stesso a essere idratato e nutrito senza il mio consenso». Dunque la battaglia continua: «Valuterò gli inviti e deciderò volta per volta — sottolinea —, ho bisogno di riflettere su quello che faccio, non voglio rischiare di restare prigioniero di un ingranaggio». Nel suo futuro la fondazione che porta il nome di Eluana: «Ci stanno lavorando i legali, ma non è semplice. Così andrà avanti il mio impegno civile».
Da cittadino, ripete, mai da politico. In ogni caso senza trascurare chi, negli anni, ha dato voce alle sue ragioni: «Non posso dimenticare che se sono giunto a questo punto lo devo anche alla comunicazione: ecco, voglio continuare così, dialogando come ho sempre fatto».

giovedì 19 febbraio 2009

Prof toglie il crocifisso dalla classe gli studenti lo denunciano: sospeso

La Repubblica 19.2.09
Prof toglie il crocifisso dalla classe gli studenti lo denunciano: sospeso
di Salvo Intravaia

TERNI - Staccare il crocifisso dal muro durante la lezione può costare un mese di sospensione dal servizio. È questa la sanzione disciplinare cui potrebbe andare incontro Franco Coppoli, insegnante di Italiano e Storia all´istituto superiore Casagrande di Terni. La vicenda inizia lo scorso mese di settembre, quando Coppoli si trasferisce da Bologna a Terni.
Il docente, «rivendicando la libertà di non fare lezione sotto un simbolo di una specifica confessione religiosa appeso dietro la cattedra, invocando la libertà di insegnamento, la libertà religiosa e la laicità dello Stato e della scuola pubblica previste dagli articoli costituzionali», decide di staccare il crocifisso dalla parete durante le sue lezioni.
All´inizio la cosa non sembra creare problemi, ma dopo qualche settimana gli studenti si riuniscono in assemblea e "a maggioranza", ci tiene a sottolineare Coppoli, decidono che nelle classi il simbolo religioso va alla parete e denunciano l´episodio.
Ma il professore non si arrende e, durante le lezioni di Italiano, continua a staccare dal muro il crocifisso per riappenderlo prima di uscire dalla classe. A questo punto interviene il preside, Giuseppe Metastasio, che intima al professore di non rimuovere il crocifisso. E di fronte all´ennesimo rifiuto lo denuncia al Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi), che lo ha ascoltato lo scorso 11 febbraio, proponendo la sospensione dal servizio, e dallo stipendio per un mese.
La patata bollente passa ora nelle mani del direttore dell´Ufficio scolastico regionale dell´Umbria, Nicola Rossi, che dovrà irrogare l´eventuale sanzione. «È un fatto gravissimo � commenta Piero Bernocchi, dei Cobas della scuola che hanno difeso il docente � Il Cnpi � continua Bernocchi � si è dimostrato più reazionario della magistratura che ha recentemente assolto il giudice che si rifiutò di fare udienza col crocifisso in aula».

mercoledì 18 febbraio 2009

No al crocifisso in aula, la Cassazione dà ragione al giudice

La Repubblica 18.2.09
No al crocifisso in aula, la Cassazione dà ragione al giudice
La Suprema Cassazione ribalta la sentenza che aveva condannato in appello Luigi Tosti
di Giuseppe Caporale

ANCONA - «Il fatto - per la Cassazione - non sussiste». Il giudice Luigi Tosti, nel rifiutare di celebrare udienze in un´aula dove era presente il crocifisso, non ha commesso alcun reato. Così, ieri, la Sesta sezione penale della Suprema Corte ha ribaltato la sentenza della Corte d´Appello dell´Aquila che - quasi due anni fa - aveva condannato Tosti a sette mesi di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici, con l´accusa di interruzione di pubblico servizio e omissione di atti d´ufficio. La battaglia del magistrato che, in nome della laicità dello Stato, vuole che il crocifisso sia rimosso da tutti gli uffici pubblici (a cominciare dalle aule giudiziarie) dura ormai da sei anni. Ovvero da quando il giudice, in servizio al tribunale di Camerino, sollevò per la prima volta il caso, con perentorie prese di posizione: dallo sciopero delle udienze alla restituzione del certificato elettorale, sino al conflitto di attribuzioni contro il ministro della Giustizia davanti alla Consulta. Una vicenda che gli è costata anche un procedimento disciplinare con tanto di sospensione da parte del Csm. Ora, anche se Tosti ha ottenuto un´importante vittoria, non tornerà subito nelle sue funzioni, dato che il procedimento del Consiglio Superiore della Magistratura è ancora in corso.
«La sentenza della Cassazione è un passo importante - ha spiegato Tosti - eliminato l´aspetto penale ora attendo serenamente le risultanze del procedimento disciplinare. Ma un dato è certo: se tornerò in aula a fare il giudice, è ovvio che continuerò la mia battaglia: "o me o i crocifissi in aula". La mia presa di posizione - ha continuato il magistrato - é per il rispetto del principio di laicità, che in Italia è violato soltanto dalla religione cattolica, mentre tutte le altre lo rispettano. Infatti l´unico simbolo che ricorre negli uffici pubblici è il crocifisso. Non abbiamo mai visto, ad esempio, simboli islamici o buddisti».
Invece per i giudici della Corte d´Appello dell´Aquila che lo avevano condannato «la presenza o meno del crocifisso in un´aula di giustizia è irrilevante ai fini dello svolgimento di un processo e non crea alcuna condizione di illegittimità». Tosti, invece, dopo la sentenza del tribunale abruzzese si è sempre considerato «vittima della discriminazione religiosa». Ora la Cassazione lo ha assolto.

domenica 15 febbraio 2009

Via Marino, arriva Bianchi già relatrice della legge 40

Via Marino, arriva Bianchi già relatrice della legge 40

Il Manifesto del 13 febbraio 2009, pag. 5

di Eleonora Martini

La sostituzione del capogruppo Pd in Commissione Igiene e Sanità del Senato, proprio nella volata finale della legge sul testamento biologico, «non è un cambio di linea» del Pd, assicura Walter Veltroni dimenticando che il suo partito non ha una «linea» ma solo un «orientamento prevalente». E in effetti a ben vedere in questa storia sembra aver contato più il Manuale Cencelli che altro: un ex-Ds qua e un ex-Margherita là, alla faccia del «partito di sintesi». Epperò eleggere nelle ultime due settimane di lavori della Conunissione, prima che il testo della nuova legge passi in Aula, al posto di Ignazio Marino, autorevolissimo esperto in materia e primo firmatario del più condiviso ddl sul testamento biologico che sia mai stato depositato in tanti anni di lavoro parlamentare, l`ex relatrice della legge 40 sulla procreazione assistita e ex teodem Dorina Bianchi, è davvero un pessimo segnale. Almeno per chi sta da questa parte del Tevere. Anche se - è la voce che si solleva unanime dalla dirigenza del partito a difesa dell`operazione - la nuova capogruppo è stata eletta all`unanimità dai senatori Pd della Commissione, unica eccezione la cattolica Fiorenza Bassoli che per protesta non ha partecipato alla riunione. E anche se, per bilanciare un po` i pesi delle `coscienze" opposte, nella segreteria della Commissione il Pd ha voluto sostituire con la radicale Donatella Poretti il cattolico Claudio Gustavino, Certo ieri Dorina Bianchi - che salvo ravvedimenti dovrebbe addirittura assumere il ruolo di relatrice di minoranza sul ddl Calabrò scelto dal centro- destra come testo base e del quale ha ammesso di «condividerne in linea di massima l`impostazione» - ha promesso che metterà da parte la propria tormentata coscienza e sarà «garante di tutti, portavoce delle diverse posizioni e sensibilità interne al Pd». Proprio lei che aveva assicurato il suo sì al "ddl saiva-Englaro" di Berlusconi; lei, pasdaran nel 2005 del "Comitato donne e vita" di Olimpia Tarzia (segretaria del Movimento perla vita) che in collaborazione con "Scienza e vita" si battè per il non-voto al referendum sulla legge 40. D`altra parte ancora adesso sul suo blog la senatrice Bianchi rivendica il suo impegno «in prima linea» nel varo della legge 40, per porre fine a quello che allora la destra chiamava "il far west procreativo". Effettivamente il lavoro le riuscì bene e oggi, per sfuggire al deserto procreativo, le donne che possono fanno turismo procreativo, «Ma le mie convinzioni personali - ha assicurato ieri Bianchi precisando di essersi dissociata dalla corrente teodem - non andranno a inficiare la mia posizione istituzionale su terrà di grande sensibilità». Bianchi specifica di aver firmato il "ddl Englaro" perché si trattava «di un caso specifico» ma promette che si batterà «per reintrodurre nel ddl la parte sulle cure palliative». Importanti, certo, ma non è questo il punto all`ordine del giorno. Che la sostituzione di Ignazio Marino fosse però un «atto dovuto», lo spiega in una nota lo stesso senatore: «Ho consegnato la mia lettera di dimissioni da capogruppo di Commissione alla Presidente Finocchiaro fin dallo scorso ottobre quando sono stato eletto Presidente della Commissione parlamentare d`inchiesta sul Ssn». Ruolo che egli stesso aveva chiesto di rivesti- re. Ma proprio perché la sua lettera di dimissioni era finita da ottobre scorso in un cassetto, il dubbio sul perché ripescarla proprio adesso e non aspettare ancora un paio di settimane è perlomeno lecito. Ma è lo stesso Marino ad assicurare che il suo ruolo di oppositore al ddl Calabrò - e alla mozione di indirizzo del Pd] approvata in Senato non verrà meno: «Continuerò a contrastare l`impostazione anticostituzionale e antiscientifica della legge che la destra vuole introdurre nel nostro paese». E sulla quale ancora ieri in molti, a cominciare dal presidente della Camera Fini, hanno chiesto di serrare ì ranghi e stringere i tempi: «La legge sul testamento biologico è ormai unapriorità» del Pdl, ha garantito il sottosegretario al Welfare Fazio. Anche la capogruppo dei senatori Ds, Anna Finocchiaro, come Veitroni, smentisce ci sia «un caso Marino». Addirittura sopra le righe, Beppe Fioroni, che annovera Donna Bianchi nelle sue fila, sbotta in una frase al limite del corretto: «Perché io mi posso sentire rappresentato da chi non la pensa come me e non viceversa? Fra un po` saremo alla stella di David...», dice riferendosi alle «logiche discriminatorie» nei confronti dei cattolici. Eppure, come spiega Bassoli che per protesta non ha partecipato al voto in Commissione, tra gli ex Dl si poteva anche proporre una figura «più disponibile alla mediazione» come Daniele Bosone, autore della mozione Pd bocciata in Senato nella quale comunque si definisce l`idratazione e la nutrizione artificiali «sostegno vitale» e «non trattamento sanitario». Per sapere, dunque, se a rischio discriminazione siano invece i laici basta attendere ancora qualche giorno.

sabato 14 febbraio 2009

"Macché Michelangelo quel crocifisso è propaganda"

"Macché Michelangelo quel crocifisso è propaganda"
MARIA CRISTINA CARRATÙ
MERCOLEDÌ, 11 FEBBRAIO 2009 LA REPUBBLICA - Firenze

La polemica


La prima a sollevare dubbi è stata Paola Barocchi, professore emerito della Normale di Pisa e fra i massimi studiosi al mondo di Michelangelo: quell´acquisto, ha detto al Venerdì di Repubblica, suscita «numerosi interrogativi». Adesso, dopo settimane di tam tam sotterraneo, gli storici dell´arte scendono in campo a dare man forte a chi critica l´attribuzione al giovane Michelangelo del piccolo crocifisso ligneo appena acquistato dallo Stato per 3 milioni di euro, e presentato in pompa magna lo scorso gennaio alla Camera dei Deputati dal gotha dei beni culturali (il ministro dei beni culturali Sandro Bondi, il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, la soprintendente per il Polo museale di Firenze Cristina Acidini, davanti al Capo dello Stato).

Convinti, gli storici, che si sia trattato di un´operazione «propagandistica» niente affatto giustificata dal reale valore dell´opera, e tanto più grave, dicono, a fronte di una politica dei beni culturali nel suo insieme «catastrofica». Una denuncia durissima, affidata a un documento appena approvato all´unanimità dal Consiglio direttivo della Consulta universitaria nazionale di storia dell´arte (Cun.Sta), l´organismo presieduto da Pierluigi Leone De Castris che rappresenta gli storici dell´arte universitari, interlocutore del ministero per le politiche del settore.

Pur non volendo «entrare nel merito» dell´attribuzione michelangiolesca del crocifisso, dovuta fra l´altro, si ricorda, ad «alcuni propri autorevoli membri» (gli storici dell´arte Giancarlo Gentilini, Luciano Bellosi, Massimo Ferretti), la Consulta ne sottolinea però «l´identità assai discussa».

SANTA MARIA DI LEUCA - Un santuario per pregare o un tea -mostro da buttare?

SANTA MARIA DI LEUCA - Un santuario per pregare o un tea -mostro da buttare?
ANDREA Di CONSOLI
Il Riformista 12/02/2009

In Puglia è un vero e proprio business. Parliamo del turismo religioso. Dalla Basilica di San Giovanni Rotondo, dove sono esposte le spoglie di Padre Pio, fino alla Barletta dei Crociati in partenza perla Terra Santa, ogni anno milioni di teo-turisti portano danaro e preghiere nella terra di Lino Banfi e di Carmelo Bene. Ora dovrebbe sorgere un "terzo polo turistico-teologico", esattamente a Santa Maria di Capo Leuca, nel comune di Castrignano del Capo, dove il parroco del Santuario dedicato alla Madonna di Leuca, detta Santissima Maria di Finibus Terrae, ha deciso di ampliare il Santuario, in modo da poter ospitare almeno mille fedeli. Il progetto prevede un Santuario grande quanto la metà di un campo di calcio, e alto 13 metri (costo complessivo previsto in partenza: 7 milioni di euro). Insomma, lì dove le terre italiane finiscono illuminate dalla dolce luce del Faro di Leuca, lì purtroppo sono appena iniziate polemiche feroci su quello che gli ambientalisti, soprattutto quelli atei, hanno già felicemente battezzato come Teomostro. La proposta di ampliamento del Santuario di Leuca ripropone ancora una volta la contrapposizione tra chi difende la storicità del paesaggio culturale e spirituale, e fra chi vuole adattarlo alle nuove esigenze determinate dall`aumento dei flussi turistici, e alle nuove condizioni della contemporaneità.
Una cosa è certa: al parroco di Santa Maria di Leuca, don Giuseppe Stendardo, non fa difetto la dimestichezza con nuove categorie antropologiche e urbanistiche come i "non-luoghi" o i "super-luoghi", punte di diamante della nostra eterna "mutazione" post-pasoliniana.
Il parroco dice, in buona sostanza: questo vecchio e bellissimo
Santuario non riesce a ospitare i troppi fedeli-turisti che ogni anno vengono a visitarlo, e quindi occorre un notevole ampliamento. Gli ambientalisti, soprattutto quelli di Italia nostra, rispondono: il Santuario di Leuca è un patrimonio artistico e spirituale che deve rimanere com`è, ed è assurdo immaginare la costruzione di un altro Santuario più grande, perché deturperebbe un luogo di grande importanza religiosa
e paesaggistica. I politici, ridotti ormai a prudente retroguardia del coraggio, dicono di sì con la bocca semichiusa, ma si nascondono dietro alla "santità" delle leggi, e quindi non hanno una posizione chiara. In campo, perciò, a lottare ferocemente e in piena luce, rimangono i preti modernisti e gli ambientalisti passatisti. In anni in cui le vocazioni sono in calo, e lo stesso numero dei fedeli di Santa Romana Chiesa sembra calare a causa dei rigidi filologismi del Papa tedesco,
è curioso come in Puglia il turismo religioso cresca con numeri
e platee da Woodstock. Al parroco, giustamente, sta a cuore la massa dei fedeli, e quindi mette in secondo piano la purezza del paesaggio storico. Agli ambientalisti e agli intellettuali, invece, interessa soprattutto l`aspetto culturale dei luoghi di culto. Nei Santuari, secondo il parroco, si entra per pregare. Per gli ambientalisti, invece, prima di pregare bisogna guardare, e farsi ammantare dal Bello della Natura e della
Storia. Chi ha ragione? Verrebbe da dire, con una battuta maccheronica: De gustibus in finir terrae. Uno dei principali oppositori del progetto è Edoardo Winspeare, regista di fortunati film-cult come "Pizzicata" e "Sangue vivo". Con la sua associazione "Coppula tisa", che acquista ecomostri per abbatterli, ha subito dichiarato guerra al modernismo di don Giuseppe Stendardo, nonostante sia stato, da ragazzo, frequentatore delle sue messe, come ha dichiarato in un`intervista alla Stampa. Il salentino Piero Manni, direttore della principale casa editrice pugliese, da qualche anno prestato alla politica nelle file di Nichi Vendola, ha le idee chiare e ci dice: «Santa Maria di Leuca, caput mundi, un promontorio su due mari, con panoramica mozzafiato, da passeggiare evitando di calpestare la vegetazione spontanea autoctona; lì un ricco parroco che incautamente si lascia soffiare un bel gruzzolo da un intraprendente consulente e una amministrazione comunale incline alla opere faraoniche (un raccordo stradale aereo lungo alcuni chilometri) e attenta più alla cementificazione che alla valorizzazione dell`ambiente, hanno deciso di imporre 22.000 metri cubi su un estensione di 2.600 metri quadri: una deturpazione irreversibile del paesaggio e della storia e della cultura religiosa.
Buon Dio, perdona loro che non sanno quello che fanno!».
Livio Romano, romanziere di Nardò, già autore di un reportage
narrativo ambientalista, "Porto di mare", dichiara al Riformista: «Evidentemente la Chiesa cattolica, così come a suo tempo la Marina militare per l`affaire della costruzione di una base a Punta Palascia, si sente immune dal rispetto delle regole che faticosamente ci si è dati per tutelare il paesaggio salentino da ulteriori aggressioni. Così come mi inorridivano le opere posticce realizzate per l`arrivo di Papa Ratzinger in giugno scorso (strade asfaltate per un solo senso - quello da cui sarebbe passato il Pontefice - piste di atterraggio costruite su grotte preistoriche, piantumazione di palme californiane morte dopo un mese), adesso sono totalmente contrario a che si costruisca il Teomostro annunciato, e benissimo ha fatto Giovanni Pellegrino a chiedere a gran voce che si mostrino le carte e ci si accerti che l`opera non ricada nel Parco Otranto-Santa Maria di Leuca approvato con legge regionale.
Quello scorcio di Italia affacciato sull`Oriente in particolare e in generale tutta la costa salentina: sono già stati violentati da decenni di scempi edilizi. La gente viene qui perché ci sono ancora tratti di natura e coste incontaminate. Non ci servono casermoni a picco sul mare e teorie immani di torri eoliche alte cento metri a ridosso di come Portoselvaggio. Non servono a noi che ci viviamo (non hanno alcuna ricaduta economica se non per le tasche di chi le costruisce), non servono al turismo, e se pure pochi professionisti da questi affari possono trarci reddito da nababbi per sé e le loro future quattro generazioni: per fortuna esiste ancora una società civile che si organizza e si mobilita e, quasi sempre, alla fine, state tranquilli, vince».
Insomma, nei prossimi mesi la questione dell`ampliamento del
Santuario di Santa Maria di Leuca sarà motivo di battaglia e di polemiche. Vedremo come andrà a finire.

Dio, gli angeli, la vergine: ma ci credete davvero?

Liberazione 12.2.09
Dio, gli angeli, la vergine: ma ci credete davvero?
di Roberta Ronconi

La scena si apre sulla collinetta di Megiddo, nella valle di Jezreel. In piedi su un pietrone archeologico, Bill Maher ci spiega che è proprio lì, secondo i sacri testi, che inizierà l'Armageddon, ovvero la battaglia finale tra forze del bene e quelle del male, con conseguente fine del mondo. Non dieci metri più in qua o in là, ma proprio lì. C'è scritto sulla Bibbia. E' l'incipit della furiosa cavalcata dissacratoria di Religiolus ( Religulos in originale), film che ha suscitato tanto scandalo quanto divertito plauso negli Usa e che si presenta in Italia (da venerdì prossimo, in 30 sale) già carico di scomuniche e abiure da parte degli oltranzisti cattolici. In realtà il film è fatto di poco. Un viaggio, un po' accidentato, cinematograficamente molto "rimediato", del conosciutissimo comico americano Bill Maher (un Daniele Luttazzi con presenza tv fissa da anni) nei luoghi classici dei culti monoteisti: dal muro del pianto di Gerusalemmme, al Vaticano di Roma, passando anche per il Golgota e i luoghi della vita di Gesù perfettamente ricostruiti in un "parco giochi per fedeli" della Florida. Maher è figlio di un cattolico e di un'ebrea, ha frequentato assiduamente la chiesa fino al giorno in cui il padre ha smesso di portarcelo. Perché il parroco aveva detto a lui e agli altri uomini della parrocchia che non erano veri fedeli se usavano i profilattici. Da allora la religione per Maher è diventata motivo di scetticismo e soprattutto di terribile tentazione comica. Scelto come compagno di viaggio il perfido regista di Borat , Larry Charles, i due si sono incamminati in quest'avventura a metà tra il serio e il faceto. Di spunti per il comico, nel mondo del fanatismo religioso (soprattutto nella sterminata e variegata America) ce ne sono un'infinità. Dal reverendo nero convinto che la tonaca di Gesù fosse di lino puro (tanto per giustificare le sue macchine, i vestiti firmati e gli orologi d'oro), al mormone che sostiene che il paradiso terrestre sia nel Missouri e che per entrare in paradiso ci sia bisogno di una password, fino all'ebreo che ha inventato un sistema di carrucole per entrare in casa perché di shabbath non può spingere i tasti dell'ascensore. Questo per citare i fedeli "estremi". Ma ce ne sono anche un'infinità che giurano semplicemente di sentire la voce di Dio che li chiama, di sapere che la vergine era vergine perché sulla Sacra Sindone gli scienziati hanno trovato il dna di sangue di donna e di spirito santo, di essere certi che il secondo avvento di Cristo è già avvenuto («infatti sono io» dice un santone seguito da centinaia di migliaia di uomini e donne). Così all'infinito e ce n'è per tutti. Poi, la parte più dura, le bombe, i morti, gli omicidi (in primis quello del regista Teo Van Gogh), le guerre, le fatwa e le crociate. In mezzo, un mare di ignoranza. Migliaia di fedeli che conoscono i testi sacri per sentito dire, che non sanno che i vangeli vennero scritti diversi decenni dopo la morte di Cristo e da testimoni non-diretti della sua eventuale esistenza, che ignorano che la vergine non era proprio vergine in tutti i testi sacri e che spesso, dei dieci comandamenti, ne ricordano solo due: non rubare e non uccidere (il 15% degli italiani), dimenticando il punto di partenza, ovvero il primo: io sono il dio tuo. Altrimenti, di cosa stiamo parlando?Maher e Charles si divertono un mondo anche a chiedere conferme alla gente comune su come siano andate veramente le cose in passato. Ma davvero lei crede ci sia un vecchio Dio, alto circa un metro e ottanta con la barba che vive nello spazio, poi è sceso sulla terra, ha creato il primo uomo con la polvere e poi gli ha staccato una costola? Crede che ci fosse un serpente parlante? E un Signore che mette incinta una donna ma lei rimane vergine e poi suo figlio cammina sull'acqua e resuscita i morti, ma alla fine viene mandato in missione suicida dal padre per salvare l'umanità? Credete anche a degli esseri che sembrano umani e hanno le ali dietro le spalle? E alla neve a Betlemme e che Gesù sia nato il 25 dicembre come Osiride o Mithra, 2000 anni prima di lui? La risposta è sì, sì e ancora sì. E allora Maher si/ci fa la domanda delle domande: la religione è una vocazione o una malattia mentale? Gesù, Mosé e Maometto erano dei profeti, dei visionari o degli squilibrati? Questo è Religiolus . Dal punto di vista cinematografico un prodotto piuttosto nullo, quanto e forse più dei film di Michael Moore. Dal punto di vista della provocazione, carente di un vero approfondimento. Come film comico, un po' facilone. Rimangono intatti due grandi meriti: un bellissimo cartellone pubblicitario (le tre scimmie che non sentono, non vedono, non parlano) che rallegra le nostre città. E, infine, il fatto di averci regalato, dopo decenni di oscurantismo, una simpatica e scanzonata boccata d'aria atea. Ne sentivamo un profondo bisogno, e sappiamo di non essere le sole.

Parla il docente di Terni che oggi rischia il licenziamento. «Via il crocefisso dalle scuole,è una battaglia necessaria»

Liberazione 12.2.09
Parla il docente di Terni che oggi rischia il licenziamento. «Via il crocefisso dalle scuole,è una battaglia necessaria»
di Checchino Antonini

Singolare coincidenza quella di ieri, l'ottantesimo dei patti lateranensi, per la convocazione a Viale Trastevere di un docente di Lettere di Terni che, ogni volta entra in una delle sue quattro classi, rimuove il crocifisso dalla parete, svolge la sua lezione e lo riappende dove l'aveva trovato. Ieri, assistito da Nicola Giua, dell'esecutivo nazionale dei Cobas, è stato sentito dai cinque membri del consiglio di disciplina del Cnpi, il consiglio nazionale della pubblica istruzione. Ora rischia una sanzione: «Da un giorno a un mese di sospensione, fino alla destituzione - così spiega Giua - l'ex provveditore, oggi dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale di Terni, ha chiesto al consiglio di disciplina di stabilire l'entità della sanzione. Il consiglio, però, può emettere un parere obbligatorio ma non più vincolante». «Era una battaglia necessaria», dice a Liberazione , il "mostro" Franco Coppoli, 43 anni, che insegna lettere e storia al Casagrande, istituto professionale di stato per i servizi. «Gestire una classe di sedicenni - dice - si può fare o ricorrendo al populismo o costruendo un percorso dialettico sul medio periodo che li faccia ragionare sull'importanza dei simboli e sul pluralismo di approcci».Tutto inizia alla fine di settembre quando entrando in aula dopo quasi un mese Coppoli si accorge di un crocefisso affisso da alcuni studenti senza interpellare i docenti. Chissà chi s'era accorto della mancanza. Nelle altre tre classi non c'è traccia del controverso simbolo. Coppoli sceglie di parlare con i ragazzi della laicità degli ambienti scolastici, della «neutralità dell'aula come precondizione per insegnare e della discriminazione pesante per un laico di dover insegnare con un simbolo sulla testa, non al collo di uno di loro». Per il prof vuole essere una scelta «didattica ed etica» oltre alla denuncia di quanto possa essere discriminante per un lavoratore, sottostare a un simbolo del genere in un luogo pubblico. Dopo quel gesto iniziale, un'assemblea di studenti, a maggioranza (Coppoli esce dall'aula per non influenzare la conta), decide di ripristinare il crocifisso. Da quel momento si scatenerà il preside con circolari, diffide e un esposto. «La presenza del crocefisso in classe viene così legittimata solo dalla volontà di una parte dei ragazzi». Ci sono norme, anzi c'erano, solo per le scuole elementari e medie. Probabilmente suo malgrado, il "delegificatore" Calderoli ha abrogato il regio decreto 965 del 1924 che stabiliva le tabelle per gli arredi scolastici (crocifisso incluso) alle scuole medie. Pure un altro regio decreto del 1928 obbligava l'esposizione della bandiera in ogni edificio scolastico e la foto del re e «l'immagine del crocefisso» ma solo alle elementari. E pure in questo caso si è in via di abrogazione.«La volontà degli studenti - prosegue il docente - non funziona per l'autogestione decisa dall'assemblea degli studenti. E comunque, cosa sarebbe accaduto se avessero votato a maggioranza per mettere una svastica? Non si può delegare alla maggioranza una cosa non prevista da alcuna norma. Non è democrazia, è dittatura della maggioranza».Coppoli riferisce di un rapporto coi colleghi fatto di «confronto aperto nel rispetto delle differenti posizioni»: in un consiglio di classe straordinario ognuno s'è pronunciato ma non c'è stata nessuna delibera. Invece il consiglio d'istituto, alla presenza del preside, ha votato una mozione che chiedeva l'intervento della ministra Gelmini. E' stata redatta senza ascoltare, e senza avvisare, il "mostro" che l'ha saputo dalla stampa a cui la mozione è pervenuta dal fax della scuola. «Una mediatizzazione che ho subito», insiste il professore che ringrazia per la solidarietà e l'appoggio sia i Cobas, sia l'Uaar (atei, agnostici e razionalisti), sia Civiltà laica, un'associazione ternana. Ora è allo studio un ricorso al tribunale di Terni per far rispettare il principio di laicità e la non discriminazione dei lavoratori per motivi religiosi: «La presenza di simbolo non è neutrale. Le sentenze europee vietano - com' è accaduto a Valladolid l'anno scorso - l'esposizione del crocifisso perché rappresenta un elemento troppo forte a livello simbolico che associa stato e religione. Ma in Italia, dove non c'è più la religione di stato,ci si scontra con un indecente presenza della chiesa nella vita pubblica, politica e nella sfera privata».«Sistematiche ingerenze di cui abbiamo avuto eclatanti dimostrazioni in questi giorni con il caso di Eluana - commenta Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas - il modo decisamente migliore per "festeggiare" il concordato è affiancare il sostegno a Franco Coppoli con la partecipazione in massa del "popolo della scuola pubblica" alla manifestazione No Vat del 14 febbraio a Roma».

Carla Bruni: «L'Italia non è laica Vaticano Stato nello Stato»

Corriere della Sera 12.2.09
Carla Bruni: «L'Italia non è laica Vaticano Stato nello Stato»
di Federico Fubini

La moglie del presidente francese: «Ma non voglio giudicare l'Italia, so quanto conti la religione nel Paese»

OUAGADOUGOU (Burkina Faso) — Prima del suo arrivo, le donne nel cortile hanno già affondato la testa nei loro turbanti e nei grandi abiti a fiori. Alcune piangono. Non vogliono farsi vedere, ma non è vergogna: con Carla BruniSarkozy in visita, in questo centro per madri e bambini toccati dall'Aids, si addensa anche una piccola nube di cameraman locali. E con loro qui, i mariti potrebbero scoprire di avere una moglie contagiata dai tiggì di stasera: l'ultimo notiziario prima del ripudio.
Poi Carla arriva e per un'oretta le pazienti in attesa in cortile vengono lasciate in pace. Tutti gli occhi sono su di lei e sembra quasi che addosso le pesino, anche se si era preparata in ogni dettaglio: sobria in maglia e pantaloni blu scuri sulle ballerine chiare, non un gioiello oltre la fede, niente trucco, appena un filo di mascara e polvere sul viso, al petto la fascetta rossa incrociata simbolo della lotta al virus. Ma quasi subito la perfetta piega dei calzoni è insozzata nella polvere tropicale, il sorriso inizia a apparire forzato, la cipria non basta a nascondere un volto teso e scavato più che seducente.
Normale, per una donna al primo giorno di lavoro. Perché oggi qui lei non rappresenta nessuno dei suoi due Paesi: non l'Italia, che per lei «non è un Paese laico», né la Francia delle istituzioni repubblicane. Carla da gennaio è ambasciatrice mondiale «per la protezione delle madri e dei bambini dall'Aids- Hiv». È lei la nuova arma di Michel Kazatchkine, il direttore del Fondo mondiale per la lotta all'Aids, illuminista del ventunesimo secolo impegnato a trasformare la visibilità in fondi pubblici e donazioni private: è così che da qualche anno le terapie retrovirali sono arrivate anche nei Paesi più poveri.
Carla ad aiutare ci prova davvero, come si fa in un primo giorno di un lavoro di cui si sa ancora poco. In una corsia, chissà se ricordandosi del gesto di Lady Diana, stringe la mano a un uomo nel suo letto. In un'altra si trova di fronte a quattro bebé di pochi mesi, tre sieropositivi, tutti denutriti. «Come sono piccoli!», esclama Carla. Non li carezza, però si volta verso due gemelline infettate e in terapia: «Va meglio ora?».
Mentre la visita del mattino avanza, di sala in sala, la moglie del presidente francese non fa troppe domande. Guarda, ascolta, annuisce, incamera statistiche, chiede di più solo quando si accorge che in una confezione di cibo per bambini c'è del-l'estratto di noccioline. La intrigano i piccoli gesti concreti, non i grandi disegni. «È frequente che i mariti aiutino le mogli infettate?». «No, signora », è la risposta pudica del medico in camice bianco. Probabilmente per l'emozione, Carla infila persino un errore di francese nel libro degli ospiti: « Bravo pour cette travail... Complimenti per questa lavoro». In pubblico ripete che oggi vuole più ascoltare che parlare, vuole imparare, capire. Non appena lascia la prima clinica a metà mattinata, un'infermiera fa il verso al suo elegante saluto, la mano che si agita oscillando con molta misura, e tutti gli altri ridono ancora lì, in piedi sulla scala d'ingresso. «È bene che scopra la realtà e quello che noi viviamo », commenta l'infermiera 28enne, Rose Tiendrebeogo.
Ma quella di Carla non è né estraneità né cinismo. La moglie del presidente sa fin troppo bene cos'è la malattia, da quando ci ha lasciato un fratello. «Il ricordo di Virginio non mi lascia — dirà più tardi, fumando una strettissima e lunghissima Vogue al mentolo —. Ma oggi ho pensato a quanto siamo stati fortunati con lui: ha sempre potuto ricevere tutte le cure. Ora voglio aiutare a togliere lo stigma della vergogna a questa malattia».
Non che Carla Bruni-Sarkozy si sia scelta un mestiere facile. Anche nei capannelli che la circondano i francesi continuano a notare che la sua pronuncia è perfetta, ma i suoi giri di frase suonano esotici. Parte della sua identità resta italiana, assieme a uno dei passaporti (una volta chiarito, non subito, che poteva tenerli entrambi). Il problema è che il governo di Roma, proprio nell'anno della presidenza del G8, rischia di essere estromesso dal «board» del Fondo globale di cui lei è ambasciatrice: in finanziaria sono stati stralciati i 130 milioni promessi e per ora non versati. «Mi spiace che l'Italia abbia scelto così — commenta Carla —. Andrò al G8 della Maddalena per sollecitare che i grandi Paesi diano l'esempio. Bisogna dare un contributo ai più deboli, anche se l'Italia con la crisi ha problemi importanti».
Non vuole commentare, Carla, sull'apparente incoerenza dell'indignazione per Eluana condita dai tagli ai fondi contro l'Aids. Ma sulla morte della ragazza sì: «La sua vicenda mi ha toccato molto. La mia opinione la tengo per me, perché c'è un dibattito aperto. In ogni caso, Eluana ha smesso di soffrire».
Non sarà mica che fra Francia e Italia la differenza è la Chiesa? «Effettivamente bisogna dividere le dimensioni — osserva, attenta come camminasse sulle mine —. Non serve a nulla dire che l'Italia non è laica. È vero: non è laica. Però ci sono altre strade che si possono percorrere per il dialogo per esempio sulla prevenzione dei virus, che non rimettono in questione le credenze. Non voglio giudicare l'Italia, so quanto conti la religione nel Paese. Il Vaticano è uno Stato nello Stato: non è in Francia, non è in Spagna. È in Italia e non è un caso».
Per una donna che studia da «Première Dame» globale, una che il marito metterebbe volentieri in concorrenza diretta con Michelle Obama, più chiaro di così non si può. Michelle ama i colori sgargianti, lei si mette in tailleur celeste per andare dal presidente del Burkina, Blaise Compaoré. Michelle saluta la folla nel gelo di Washington, lei si nasconde impaurita dal sole africano anche solo per fare cinquanta metri a piedi. Michelle ringhia da avvocato, lei legge Lola di Maupassant abbandonata nel Falcon dell'Eliseo che la riporta, finalmente, a Parigi.

"Religiolus" contro i fanatismi "Usate la ragione, non la religione"

La Repubblica 12.2.09
Parla Bill Maher, attore e ideatore del documentario-inchiesta sulle fedi monoteiste
"Religiolus" contro i fanatismi "Usate la ragione, non la religione"
di Silvia Bizio

"Gli attacchi delle chiese? C´è tanta gente che mi ringrazia per quello che dico"
In sala da domani "Voglio mostrare la violenza dei fondamentalisti di ogni fede"

«Smettete di credere o ne soffrirete le conseguenze». Ecco la sintesi di un film-documentario divertente e tosto come Religiolus, che in Italia arriva domani, distribuito in 30 copie dalla Eagle Pictures. Diretto dal regista di Borat, Larry Charles, concepito e interpretato da Bill Maher, noto comico televisivo americano, il film è un´allegra inchiesta tra gli aspetti più controversi, inquietanti e talora ridicoli (da cui il titolo) delle tre religioni monoteiste, cristiana, ebraica e musulmana. L´obbedienza al dogma religioso, il fanatismo sono da anni bersaglio dei talk-show tv di Maher, da Politically Incorrect all´attuale Real time with Bill Maher. «Nel film mi premeva affrontare la demistificazione del tabù religioso - spiega Maher, 52 anni - Parlare di un argomento delicato, per molti addirittura incendiario, facendo al tempo stesso ridere».
Con Religiolus, Maher conduce lo spettatore dal cuore puritano dell´America "redneck" alla libertaria Amsterdam (turbata oggi da nuovi conflitti etnico-religiosi), dalla Terra Santa al Vaticano, intrattenendo conversazioni, spesso ilari, con seguaci di ogni fede e mettendo in discussione qualsiasi "prova" dell´esistenza di Dio, toccando anche temi come l´omosessualità. «C´è un prete - racconta Maher - che per mezz´ora ha proclamato davanti alla cinepresa l´inesistenza dell´omosessualità e poi confessa la propria tendenza sessuale...».
Maher, cosa spera di fare con un film come Religiolus?
«Voglio dimostrare che la religione è nociva alla società e potenzialmente in grado distruggere la nostra civiltà. Io spero che questo film possa sortire un effetto pari se non maggiore di quanto abbia avuto sull´ambiente Una verità scomoda di Al Gore. Spero solo che possa stimolare un dibattito civile e ragionevole».
Nel film lei dichiara esplicitamente che l´Islam è strettamente connesso alla violenza fondamentalista.
«Sì, ma spero che qualcosa possa cambiare in futuro. L´Islam si trova oggi dove il Cristianesimo si trovava nel 1400, quando cominciò gioco forza ad aprirsi e illuminarsi».
Teme che il film possa renderla bersaglio di attacchi da parte degli integralisti?
«Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio. Ma non crediate che tutti ce l´abbiano con me: c´è un sacco di gente che mi ringrazia per quello che dico. Basterebbe che gli agnostici si organizzassero un po´ meglio, come fanno i religiosi».
Lei ha realizzato Religiolus prima delle elezioni presidenziali Usa. È cambiato qualcosa?
«Il cambiamento epocale che tutti ci aspettiamo dal presidente Obama deve ancora avvenire. Detto questo, la tematica religiosa e il concetto di fede sono sempre attuali. Il fanatismo dogmatico non è mutato di una virgola da secoli e la tentazione fondamentalista sembra più forte che mai. Per me nessun fondamentalismo è migliore dell´altro: sono tutti aberranti».
Lei è ateo?
«Preferisco definirmi un realista. Sono figlio di un padre cattolico e di una madre ebrea, ma resto convinto che ai fenomeni della natura ci debba pensare la scienza, non la religione».
Anche col film lei sembra dire che il fondamentalismo avanza in America e nel mondo. Conferma?
«Certo. Mi fa ancora paura pensare che noi americani siamo stati guidati per otto anni da un presidente anti-intellettuale, anti-scientifico, maniaco di Gesù Cristo, che ci ha condotti in una palude putrida e stagnante. La separazione tra Stato e Chiesa promulgata dai nostri padri fondatori s´è persa per strada. E quanti altri paesi si trovano in situazioni simili? Il mio monito è soprattutto ai governanti: ricominciante di nuovo a governare con la ragione. Non con la religione».

Laicità, tutte le parole per ritrovarla

l’Unità 14.2.09
Laicità, tutte le parole per ritrovarla
di Bruno Gravagnuolo

Inutile girarci attorno. L’Italia è un paese a sovranità limitata. Non in chiave geopolitica, ovviamente, almeno da quando la divisione in blocchi è crollata. Semmai dall’interno, dall’intimo della sua costituzione formale. Limitata com’è da un Concordato - e non già da un semplice Trattato con la Chiesa Romana - che pone argini al dispiegarsi pieno delle sue prerogative sovrane. E stante che quel Concordato implica uno Stato sovrano - la Chiesa - dentro un altro stato, quello italiano. Con tutte le conseguenze del caso, di costume e giuridiche. E che comportano molti vulnera all’eguaglianza religiosa dei cittadini e all’universalismo dei diritti.
Sono verità non smentibili, corroborate da un lunga storia. Pacifiche per il senso comune e per la dottrina, e nondimeno niente affatto pacifiche e innocue, specie quando il paradosso delle «due sovranità» riesplode in modo plateale come oggi. Dai Pacs al testamento biologico negato. Allorché una destra di conio illiberale vecchio e nuovo - opposta alla destra storica - e cioè la nostra destra di governo, sceglie di cavalcare quel paradosso. Per riscrivere di fatto (e di diritto) l’equilibrio delle due sovranità: tutto a vantaggio del lato religioso.
È questa la riflessione centrale a cui ci induce un libro agile e svelto, ma ben documentato, che va in questi giorni in libreria: Da aborto a Zapatero. Un vocabolario laico (Laterza, pagine 205, euro, 15,00). Scritto da Vladimiro Polchi, un giornalista classe 1973, che scrive di politica e cronaca su Repubblica, coautore con Corrado Augias di Aldo Moro, una tragedia italiana (Roma 2007) e versato in drammaturgia storiografica. Come indica il titolo, è un glossario fatto di 63 lemmi, da quelli più concreti di bioetica a quelli più astratti e di dottrina (ma oltre a Teodicea e Guerra, passando per Embrione e Eutanasia, non mancano poi Ici, Opus dei, Otto per Mille, etc.). Il tutto a formare un prontuario laico. Attraverso il quale è possibile formarsi un’idea dei punti più controversi nella disputa «laicità e suo contrario». E anche ripercorrerne la storia minuta, inevitabilmente intrecciata al contesto italiano, dominata da quella che Antonio Gramsci definiva la «Quistione Vaticana». Quanto a storia intanto, storia recente, una prima e proficua indicazione ci viene dalla bella prefazione di Miriam Mafai al Vocabolario. Che ci ricorda come la grande spinta emancipazionista, apertasi in Italia negli ani 70, e culminata con la vittoria sull’aborto nel 1978, sia stata ricacciata indietro già a partire dagli anni 80 (anni edonistici e rampanti. A proposito di paradossi!). Quando, dopo il Nuovo Concordato di Craxi - blanda riforma che cancella l’idea della «religione di stato» ma non del tutto - Giovani Paolo II spegne sul nascere la possibilità di regolamentare civilmente le unioni di fatto.
Da allora - e il Vocabolario stesso in molte sue voci lo richiama - si afferma esplicitamente un principio che neanche negli anni più aspri del dopoguerra e nemmeno nel ventennio era stato teorizzato apertamente: la vera Grund Norm dello stato italiano è la legge naturale coincidente con la legge cristiana. La Chiesa romana in altri termini, riconosce certo la laicità come autonoma sfera dell’agire politico. Ma la assume appunto come sfera distinta e sotto-ordinata. Autonoma sì, ma non sovrana e rispondente alle regole della sovranità secolare. Di fatto quindi eteronoma, e priva di autonoma potestas.
È una rivoluzione teologica all’indietro, che fa saltare il fragile equilibrio tra le due sfere, raggiunto con fatica lungo il dopoguerra e codificato - benché con le contraddizioni del Concordato all’art. 7 - nella carta Costituzionale. E la contronovità via via si aggrava. Non solo per i problemi mondiali legati all’irruzione del conflitto identitario e religioso, dove la teologia planetaria della Chiesa reclama il suo ruolo di tutela globale. Si aggrava perché che salta la cultura sociale del cattolicesimo italiano, argine laico e di massa alle pressioni della Chiesa. Dopo il crollo infatti del popolarismo dc, il cattolicesimo politico è immediatamente esposto al richiamo Vaticano, che ai cattolici si riferisce uti singoli e non come forza politica autonoma. A questo punto è la nuova destra che salta in groppa al fondamento religioso, con un mix di decisionismo e integralismo (cinico e all’italiana). E la sinistra? Incerta anch’essa sul suo laicismo ed ecumenicamente dialogante, dinanzi a un Papa che reputa il dialogo inamissibile e fomite di Relativismo. Perciò consigliamo a questa sinistra la lettura del Vocabolario di Fochi. Contiene molte vitamine per la sua smorta identità.

mercoledì 11 febbraio 2009

Lite per crocifisso in aula, prof. rischia licenziamento

Lite per crocifisso in aula, prof. rischia licenziamento
Docente di Terni davanti al Cnpi, Cobas: Attacco discriminatorio

Roma, 11 feb. (Apcom) - Ha deciso in nome della "libertà di insegnamento e religiosa" di svolgere le proprie lezioni senza il crocifisso in aula, sulla parete alle spalle della cattedra, ma per i contrasti seguiti con colleghi e preside potrebbe essere licenziato. Protagonista della vicenda è Franco Coppoli, docente dell'Istituto professionale per le scienze sociali 'Casagrande' di Terni, esponente locale del sindacato Cobas scuola, che oggi a Roma sarà ascoltato dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (Cnpi), l'ufficio ministeriale che formula pareri vincolanti su contenziosi che riguardano "casi culturali e didattici" o di disciplina.

Il caso è scoppiato nei mesi scorsi, poco dopo l'inizio dell'anno scolastico, quando una rappresentanza degli alunni ha stabilito a maggioranza che nelle aule dovessero apparire i crocifissi. Fino a quel momento, infatti, i locali dell'istituto ne erano privi. A quel punto Coppoli si è rivolto al preside Giuseppe Metastasio, chiedendo spiegazioni, e questi ha raccontato della decisione degli studenti.

Contrario alla disposizione, il professore ha trovato un compromesso con i ragazzi: durante le sue lezioni avrebbe staccato il crocifisso, rimettendolo al suo posto a conclusione degli insegnamenti. Il giorno successivo, però, ha trovato il simbolo religioso avvitato al muro con un anello, in modo che fosse difficile rimuoverlo: "Coppoli ha deciso lo stesso di svitarlo, ed è allora che sono nati i problemi", racconta oggi Nicola Giua, dell'esecutivo dei Cobas scuola, che accompagnerà il docente al Cnpi.

Coppoli è entrato in contrasto con altri docenti, in particolare con il preside, sono volate parole grosse, qualche accusa di troppo, e alla fine la sua condotta è stata denunciata al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione: "In Italia è il primo caso del genere e bisogna ricordare che non esiste alcuna norma che preveda l'obbligo del crocifisso in aula", spiega ancora Giua. Per il leader nazionale dei Cobas scuola Piero Bernocchi invece "l'ordine del dirigente scolastico di non rimuovere il crocifisso e la minaccia di provvedimenti disciplinari si configurano come atti discriminatori sul luogo di lavoro", mentre "l'attacco discriminatorio a Coppoli si inserisce in un quadro caratterizzato dalle sistematiche ingerenze della chiesa cattolica nelle vita politica italiana".

Se dovesse essere giudicato 'colpevole', secondo i regolamenti in vigore il docente rischia quattro diverse tipologie di sanzioni: la sospensione fino ad un mese, la sospensione fino a sei mesi, la sospensione oltre sei mesi e la destituzione.

Le funzioni del Cnpi, istituito nel 1974 e modificato negli anni, sono state aggiornate dal precedente ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, che in questi casi ha reso i pareri non più vincolanti ma solo obbligatori: il Consiglio, cioè, emetterà una propria sentenza, ma sarà poi il direttore scolastico regionale (in questo caso dell'Umbria) a decidere sull'applicazione del dispositivo.

La riunione al Cnpi è fissata oggi alle 15.30: il Consiglio deciderà entro la giornata, ma ci vorranno 10-15 giorni per conoscere verdetto e motivazioni.

martedì 10 febbraio 2009

Farmacista obiettore: denunciato

Farmacista obiettore: denunciato

Corriere della Sera - ed. Roma del 10 febbraio 2009, pag. 1

di Lavinia di Gianvito

Ha rifiutato di vendere la pillola del giorno dopo ed è finito sul registro degli indagati con l`accusa di omissione d`atti d`ufficio. L`indagato è un farmacista di via degli Ammiragli, all`Aurelio, che ha motivato il «no» con l`obiezione di coscienza. Ma la cliente - una ragazza - si è rivolta alla ginecologa che le aveva prescritto il farmaco, Lisa Canitano, presidente dell`Associazione Vita di Donna. Ed è stata proprio la ginecologa, insieme ad Alessandro Capriccioli, dell`associazione Luca Coscioni, a denunciare il rifiuto del farmacista. Era il 22 novembre, un sabato, verso mezzanotte: «Ho portato in farmacia un`ulteriore ricetta - ha raccontato qualche giorno dopo Canitano - e una copia della dichiarazione dell`Ordine dei farmacisti secondo cui il diritto all`obiezione di coscienza non è riconosciuto alla categoria. Nonostante abbia consegnato questi documenti, il farmacista ha continuato a rifiutarsi». Quella sera la ginecologa ha pure chiamato la polizia, ma non c`è stato nulla da fare. Eppure la posizione della Federazione degli Ordini dei farmacisti è chiara: «I farmacisti - ha ribadito il presidente, Giacomo Leopardi - sono obbligati a consegnare nei tempi più brevi possibili il medicinale. L`obiezione di coscienza non è prevista». Altre due volte il rifiuto di dare la pillola dei giorno dopo è finito a piazzale Clodio. Con denunce contro il San Giovanni e il Sant`Eugenio. Finora nessuna indagine è sfociata in un processo, ma solo perchè la procura non è riuscita a individuare i medici che hanno rifiutato la pasticca. Nessuno dei magistrati che ha esaminato i fascicoli (due pm e due gup) ha sostenuto la validità dell`obiezione di coscienza. Una posizione che, se confermata, potrebbe dare a quest`ultima indagine un esito diverso.

Credeva nello Stato laico e non si è mai arreso

Credeva nello Stato laico e non si è mai arreso

Il Giorno del 10 febbraio 2009, pag. 5

di Roberto Pazzi

Giuseppe Englaro, detto Beppino, e Joseph Ratzinger, Benedetto XVI. Non , c’è dubbio che sia sorprendente il duello di valori a cui l`Italia ha assistito in questi giorni. Perché il minuto, fragile uomo, che da Udine ha difeso la libertà della figlia Eluana di uscire da un corpo diventato carcere da 17 anni, più passava il tempo più appariva ergersi come eroica icona, opposta a quella del maestoso uomo vestito di bianco che appare alla finestra del palazzo di Roma. Da una parte la maestà della libertà di coscienza, della fedeltà al diritto, secondo una concezione laica dello Stato, che è la casa di tutti e di tutti dev`essere spazio, anche di chi non crede nella Chiesa. Dall`altra la solenne maestà del vicario di Cristo, punto di riferimento di milioni di coscienze cristiane che in buonafede difendono fino agli estremi limiti la vita, nel rifiuto dell`eutanasia. I sondaggi di Mannheimer più recenti hanno rivelato quale immensa forza di trascinamento abbia avuto il piccolo Beppino, col suo esempio di coraggio, col suo sassolino lanciato contro il gigante. Il 47 % a favore della sua decisione di liberare Eluana, il 47 % contrario a quel che stava facendo l`équipe di medici di Udine. Il Paese cresce, non è più a maggioranza cattolica, o comunque non accetta più supinamente che la Chiesa cattolica intervenga in modo così pesante nelle sue decisioni politiche interne. Forse qualcuno in Vaticano si sarà pentito di tanta insistenza e oltranzismo sulla questione? Non possiamo non rimpiangere l`assenza di uomini politici al vertice dello Stato, della saggezza di Alcide De Gasperi, un credente che sapeva contenere le ingerenze della Chiesa, ai tempi di un papa della forte tempra di Pio XII. Nella nostra epoca, le cose di fede sono cose di coscienza individuale, che in quell`ambito vivono e si dibattono. Insistere a volerle tradurre su un piano politico in leggi oggi sortisce l`effetto di danneggiare chi accarezzi il sogno di far rivivere tempi in cui Inquisizione e Indice regolavano la vita pubblica. Ci si lamenta da varie parti che Giuseppe Englaro non abbia in silenzio e senza tanto rumore fatto staccare le macchine che tenevano in vita la figlia. Ma sta qui la grandezza di questo piccolo uomo, aver rifiutato una certa ipocrisia cattolica di questo Paese, e aver fatto della propria battaglia personale una battaglia laica di civiltà, a vantaggio di tutti noi.

Patti Lateranensi. Quell’antico dissidio tra Chiesa e Stato

La Repubblica 10.2.09
Patti Lateranensi. Quell’antico dissidio tra Chiesa e Stato
di Agostino Giovagnoli

Dall´84 a oggi sono cresciute nuove problematiche dalla fecondazione all´omosessualità
Ottant´anni fa Mussolini firmava il Concordato Venticinque anni fa Craxi ne sottoscrisse la revisione. Ma la questione è aperta
Ma ora non ci sono più le grandi contrapposizioni ottocentesche
La storia della laicità è stata segnata anche dal dialogo e da comprensione

Ottant´anni fa, l´11 febbraio 1929, Mussolini e Gasparri firmarono i Patti Lateranensi: Concordato, Trattato e Convenzione finanziaria. Venticinque anni fa, il 18 febbraio 1984 Craxi e Casaroli sottoscrissero la revisione di uno di quei Patti, il Concordato. Entrambi questi eventi si inseriscono in una tradizione conflittuale di rapporti tra Stato e Chiesa iniziata con il Risorgimento, che lo strumento pattizio, applicato in modo non sempre perfetto, ha cercato di contenere e che il principio di laicità, inteso in senso sempre più ampio, ha cercato di risolvere. La conflittualità che gli accordi del 1929 e del 1984 hanno cercato di regolamentare appare ormai lontana, ma il principio di laicità non pare oggi godere di ottima salute: tensioni e problemi, infatti, sembrano tornati ad emergere.
L´antico dissidio risorgimentale tra Chiesa e Stato fu risolto quando ormai quella problematica appariva superata: nel 1929 non c´erano più un papa che rivendicasse il potere temporale della Chiesa e un´élite liberale preoccupata di affermare la sua identità. All´ordine del giorno non c´erano più neanche i grandi contrasti legati alle proprietà ecclesiastiche, al passaggio dell´insegnamento nelle mani dello Stato o alle Opere pie che, in precedenza, avevano caricato di un concreto spessore materiale il conflitto tra Chiesa e Stato. Con il nuovo secolo, invece, erano emersi altri problemi: il Novecento è stato il secolo delle masse e, anche tra Stato e Chiesa, principale oggetto del contendere è diventato l´influenza dell´uno o dell´altra sulle masse. Nel ´29, perciò, l´attenzione si concentrò sul Concordato, con le opposte speranze di "cattolicizzare" la società italiana o di "fascistizzarla". Tra i cattolici, solo pochi, come De Gasperi, avvertirono che per conquistare davvero le masse si doveva procedere democraticamente dal basso e non autoritariamente dall´alto: è la strada poi imboccata dall´Italia post-bellica, attraverso il confronto tra partiti di massa espressivi delle principali tradizioni italiane, compresa quella cattolica.
Era inevitabile che i retaggi autoritari e fascisti presenti nei Patti Lateranensi, recepiti dalla Costituzione repubblicana � con il decisivo apporto di Togliatti - per non riaprire antichi conflitti, apparissero sempre più inaccettabili alla crescente sensibilità democratica della società italiana e, nel 1967, anche i partiti di governo � tranne i socialisti - auspicarono una revisione del Concordato. Da allora, però, sono passati ben diciassette anni prima dell´accordo di Villa Madama del 1984, perché i rapporti tra Stato e Chiesa erano entrati, in modo imprevisto, dentro una nuova fase. L´iter di revisione del Concordato fu prima fermato dalla vicenda del divorzio e poi rallentato da quella dell´aborto, da problematiche cioè che riguardano più la vita individuale che quella collettiva, più le scelte personali che quelle politiche. Nel 1984, i grandi partiti di massa � questa volta con un decisivo impulso socialista � si mostrarono ancora abbastanza forti da varare un nuovo Concordato, ma ormai troppo lontani dall´evoluzione della società italiana per affrontare i problemi nuovi che stavano emergendo. Nel 1989, la Corte costituzionale esplicitò la filosofia di quell´accordo elevando la laicità a "principio supremo" della Costituzione, ma, come intuì già allora Pietro Scoppola, il nuovo Concordato chiudeva vecchie questioni senza affrontare le nuove, sempre più difficili da risolvere applicando il principio di laicità in modo tradizionale.
Nei vent´anni successivi, l´Italia ha goduto, almeno apparentemente, di una pace religiosa senza precedenti, ma dal 1984 ad oggi � mentre scomparivano dalla scena i partiti che avevano sostenuto la revisione - sono cresciute prima silenziosamente e poi rumorosamente nuove problematiche, come quelle della fecondazione assistita, dell´atteggiamento verso l´omosessualità, della liceità dell´eutanasia. Negli ultimi anni, da una parte, le prese di posizioni della Chiesa su queste tematiche sono state respinte come insopportabile ingerenza nella vita pubblica, dall´altra i tentativi di contrastarle giudicate inaccettabili limitazioni della libertà di espressione. E´ sembrato così di tornare ad una conflittualità tra Chiesa e Stato che molti consideravano ormai esaurita ma, a ben vedere, non si tratta propriamente di un conflitto tra Chiesa e Stato, almeno in termini tradizionali: non ci sono più, infatti, le grandi contrapposizioni ottocentesche tra due istituzioni o la dura concorrenza novecentesca per influire sulle masse.
Le discussioni riguardano oggi soprattutto questioni etiche, rapporti tra scienza e fede o, persino, concezioni filosofiche e, cioè, problematiche culturali, nel senso ampio del termine, piuttosto che questioni giuridiche, controversie economiche, conflitti politici, anche se pure su questi terreni riemergono talvolta questioni irrisolte. Sono cambiati i soggetti, i temi e i fini del confronto: anche se le persone sono le stesse, più che una contrapposizione tra detentori del potere ecclesiastico e di quello statuale, prevale la discussione tra autorità morali, gruppi sociali, élites intellettuali, individui comuni; l´oggetto del contendere riguarda spesso problemi senza spessore materiale ma di grande rilievo simbolico; i fini su cui ci si divide non toccano più gli interessi della Chiesa e dello Stato ma i comportamenti concreti dei singoli cittadini e così via. E´ il caso, per ricordare l´esempio più noto, della discussione sul valore della vita e sulle sue implicazioni.
Si tratta di un radicale mutamento che rende impossibile affrontare i conflitti in modo tradizionale, attraverso strumenti giuridici come i concordati o ricorrendo al principio di laicità. Sul tema della laicità, negli ultimi tempi sono stati scritti in Italia decine di libri e centinaia di articoli, i cui autori mostrano di sapere di che cosa stanno parlando, ma definire esattamente che cos´è la laicità sta diventando sempre più difficile. Questo principio è nato e si è sviluppato sul terreno dei conflitti istituzionali, intorno all´incompetenza dello Stato in materia religiosa, per sancirne la neutralità nei conflitti, anzitutto, tra Chiese cristiane e, poi, tra movimenti ideologici e formazioni politiche. Oggi, invece, molte discussioni riguardano altre questioni, legate ad un diverso rapporto tra valori religiosi e orientamenti culturali, tra principi etici e comportamenti pratici.
Non si tratta di una questione solo italiana né solo occidentale. In un libro recente (La Sainte Ignorance. Le temps de la religion sans culture, Edition du Seuil), Olivier Roy ha spiegato le attuali difficoltà del principio di laicità, in una Francia sempre più multiculturale, multietnica e multireligiosa, con una tesi originale: sarebbe oggi in atto una crescente divaricazione tra cristianesimo e mondo occidentale, tra Islam e mondo arabo, tra induismo o buddismo e mondo asiatico ecc. La contemporanea diffusione del fondamentalismo e di forme di secolarizzazione sempre più radicali, cioè, rientrerebbe in una più generale tendenza alla divaricazione tra le strade dei credenti e quelle dei non credenti. La storia della laicità, com´è noto, non è stata solo segnata da duri scontri e da dure contrapposizioni, ma anche dal dialogo e da una crescente capacità di comprensione reciproca. Se oggi il dialogo tra credenti e non credenti si interrompe, entrambi rischiano un progressivo impoverimento e, soprattutto, lo rischia tutta la società.

lunedì 9 febbraio 2009

Arriva «Religiolus», il film castiga-bigotti tra crociate annunciate, risate e polemiche

l'Unità 9.2.09
Satira e fede. Il nuovo film del regista di «Borat» nelle sale a partire dal 13 febbraio
Censura. Le locandine già coperte da un’associazione cattolica con la scritta «ateo no»
Arriva «Religiolus», il film castiga-bigotti tra crociate annunciate, risate e polemiche
di Gabriella Gallozzi

Arriva nelle sale venerdì prossimo ma - dato il clima - si attendono già polemiche: è «Religiolus», che mette alla berlina tutti gli integralismi, predicatori folli, ebrei, islamici. Si ride, ma qualcuno si arrabbia...
E pensare che a Torino è stato il «caso» del festival morettiano: ha fatto sganasciare il pubblico, soprattutto quello dei giovani, disposti anche a fare la fila per vederlo. Ma senza lasciar traccia di polemiche. Forse gli ultracattolici non leggono i giornali, o magari non seguono le cronache cinematografiche. Oppure sono troppo occupati ad interferire nel dramma privato della famiglia Englaro. Fatto sta che soltanto ora, all’apparire dei manifesti per le strade (l’uscita è il 13 febbraio per la Eagle Pictures) la fantomatica associazione di stampo cattolico, «Vera libertà», ha sferrato la sua crociata ricoprendo i manifesti del film con le scritte «ateo no».
ORGOGLIO LAICO
L’attacco è contro Religiolus, la doc-comedy di Larry Charles, il regista del fenomeno Borat che stavolta se la ride di gusto proprio dei fondamentalismi religiosi, siano essi cattolici, musulmani o ebraici. Nel poster dello «scandalo», infatti, sono rappresentate le tre celebri scimmiette che indossano i simboli delle tre religioni monoteiste. Avendolo già visto al festival di Torino possiamo assicurare che Religiolus non ha davvero nulla di dissacrante nei confronti dei credo religiosi. Anzi, è al contrario un lucido atto di accusa, orgogliosamente laico, nei confronti delle infinite strumentalizzazioni della fede, economiche o «politiche» che siano. Quello, insomma, che proprio in questi giorni è sotto gli occhi di tutti in Italia a proposito del caso Eluana. E che il governo Berlusconi cavalca con sprezzo della democrazia arrivando persino a definire «bolscevica» la nostra Costituzione. Scatenando, così, folle di fanatici capaci di fare muro contro l’ambulanza che dalla clinica di Lecco doveva trasportare Eluana a Udine.
Proprio come ci racconta, nel film, il comico Usa Bill Maher, impietoso castigatore di bigotti e facinorosi della fede, mentre ci conduce in un lungo viaggio - da Gerusalemme fino al cuore del Vaticano in piazza San Pietro - attraverso le credenze, le ipocrisie e i business religiosi. Molto redditizzi soprattutto negli Usa. Dove, lo stesso Bush non ha certo esitato a chiamare in causa il dio dei cattolici come «paladino della libertà» e quindi promotore numero uno dell’occupazione dell’Iraq.
Con piglio alla Michael Moore (producono gli stessi di Fahrenheit 9/11), Maher ci svela l’enorme giro d’affari che ruota intorno agli infiniti predicatori americani. Quelli tutti agghindati d’ori che predicano la povertà svuotando i portafogli dei «poveri di spirito». Esilaranti le interviste a quanti si sentono davvero l’incarnazione dei nuovi messia. Via così nei parchi a tema - molto in voga negli Usa - dove i turisti pagano per veder flagellare un povero cristo che arranca sotto al peso della croce. Proprio come nel fortunatissimo La passione di Mel Gibson. Oppure eccoci nei musei «creazionisti» dove l’obiettivo è quello di negare la teoria evoluzionista di Darwin per «dimostrare scientificamente» la nascita dell’uomo da Adamo ed Eva. Come un novello Candide, Maher davanti a prelati e predicatori propone sempre la stessa domanda: «Ma davvero l’uomo è nato da una costola di Adamo?». Le risposte sono un catalogo di comicità. Si ride molto in Religiolus e non si risparmia nessuno: né ebrei, né cattolici, né musulmani. Per questi ultimi, poi, Maher ha gioco facile nel mettere alla berlina i fanatismi anche più violenti. Mentre per fustigare gli ebrei - le sue radici - bastano le coversazioni con l’anziana madre, rigorosa osservante della fede di Abramo. Il montaggio alla blob rimanda un divertito spirito surreale, politicamente scorretto. Il film, in attesa in questi giorni del visto di censura, è possibile che rischi qualche divieto. Memori però del «caso» Codice da Vinci, c’è da dire che in certi casi avere contro il Vaticano significa contare su pubblicità gratuita a livello planetario.

Le rivendicazioni ecclesiastiche arrivano a condizionare le nomine nella tv di Stato

La Repubblica 9.2.09
Prelati d'attacco e politici in ginocchio a 80 anni il Concordato è "invisibile"
Dall'etica al fisco, l´irresistibile avanzata della Chiesa
Mercoledì ricevimento in ambasciata: cardinali a fianco del governo
Le rivendicazioni ecclesiastiche arrivano a condizionare le nomine nella tv di Stato
di Filippo Ceccarelli

Gli anniversari ballano, gli anniversari scherzano e quindi a volte finiscono precisamente per cadere, certi anniversari, nel momento della verità. Dopodomani 11 febbraio il Concordato compie dunque 80 anni.Ma non è mai apparso così malridotto. Nulla probabilmente cambierà nella rappresentazione della ricorrenza: dicasteri vaticani imbandierati, soporifere cerimonie e dotte articolesse commemorative, bisbigli, tartine e cordiale ipocrisia al ricevimento nella Palazzina Borromeo, sede dell´ambasciata italiana presso la Santa Sede, là dove ogni anno porpore e grisaglie si ritrovano a celebrare, insieme all´antica sapienza del potere, le risorse dello stile diplomatico che vela e camuffa gli eventi, le fatiche, le magagne, le inimicizie.
Ma chi abbia un filo di onestà non può stavolta, nei giorni di Eluana, far finta che tra Cesare e Dio, o per lo meno fra i loro pretesi rappresentanti, le cose filino proprio lisce. Mai come oggi il Vaticano è parte in causa, perciò si scopre, attacca, ripiega, cerca alleati; mai come adesso l´Italia sembra così compiutamente immersa in una turbinosa realtà post-lateranense. Ma quali stati "indipendenti e autonomi"! Non solo sbiadiscono le istantanee di Mussolini e Craxi, la firma antica del 1929 e quella ormai pure remota del 1984, ma di colpo suonano vuote anche espressioni come "laicismo" o "interferenze". L´altro giorno il giornale dei vescovi parlava di "assassinio" e davanti alla chiesa di Gesù operaio hanno fatto scoppiare una bomba carta: cosa si vuole di più per riflettere sulle condizioni del Concordato? Sconcordato, piuttosto: un patto rotto, un accordo in evidente stato di confusione, un attrezzo inservibile, nel migliore dei casi un simulacro. Non lo si dice qui per polemica, al modo dei radicali. Sono i fatti degli ultimi anni che parlano da soli, e danno la misura dello strappo, degli strappi: fecondazione assistita, istruzione privata, astensionismi, vittimismi, aborto, unioni civili, pressioni, anatemi. Il contenzioso si allarga mese dopo mese, c´è sempre chi ci marcia e lo estende all´Ici, alle moschee, o all´immigrazione e a persino a una sorta di franchigia ecclesiale nella legge sulle intercettazioni telefoniche. Le sacre immagini sugli stendardi e i torpedoni al Family day, il Pontefice impedito di entrare all´università, i politici in preghiera e in passerella a piazza San Pietro, l´evocazione di "diavoloni frocioni" a piazza Navona. E baci berlusconiani all´anello pontificio, genuflessioni, commistioni di ruoli: l´altro giorno nella cappella Sistina, per un concerto in onore del fratello del Papa, c´era Gianni Letta - e vai a sapere se stava lì, e poi pure in foto sull´Osservatore romano, come sottosegretario alla presidenza o come Gentiluomo di Sua Santità. Si sono smarriti i confini, ma questo complica le cose. Il sindaco di Roma invoca la benedizione papale sugli atti del Comune; il Cardinale Segretario di Stato celebra all´interno della Camera una messa "d´inizio legislatura"; la Binetti arruola il Signore nei risultati d´aula. E allora dal balcone di Montecitorio si sventola per polemica la bandiera vaticana; al concertone del primo maggio si prende di mira il Papa; al Gay Pride si oltraggiano i sacramenti. Così va, ritorsione dopo ritorsione. E allora ecco Ratzinger nel video di Storace, poi sulle bandiere di Borghezio, "saremo le guardie svizzere del Pd" promettono i teo-dem, e "Il Vaticano tifa Pera" recita, testualmente, un titolo de Il Tempo, giornale tutt´altro che laicista. No, davvero non si invidiano i potenti italiani e i dignitari pontifici che nel bel mezzo della storia angosciosissima di Eluana e dell´aspro conflitto che ne deriva s´incontreranno sotto la loggia del Sansovino per poi sedersi sulle poltroncine di raso rosso e spalliera dorata, come se nulla fosse. Come se davvero al giorno d´oggi bastasse un Concordato inserito a sorpresa da Togliatti nella Costituzione e trionfalisticamente revisionato 25 anni orsono da una partitocrazia già ansimante, per rimettere a posto le cose: là dove il vuoto ideologico sembra già colmato da un pieno di generici e sospetti "Valori" che ognuno, oltretutto, si tira spudoratamente dalla propria parte. Eh no, stavolta è diverso, stavolta non mancano spunti per una quantità e varietà di conflitti. Codice da Vinci, crocifisso nelle aule, presepi identitari e creativi, ora di religione, scritte sui muri, filmati sui preti pedofili, commemorazione degli zuavi, rane crocifisse. Non c´è vicenda che non implichi un disagio, una frizione, un cortocircuito fra Stato e Chiesa. In provincia hanno ricominciato a litigare sulle ore in cui sciogliere le campane; la Littizzetto disturba oltre il Portone di bronzo; le nomine Rai debbono tenere presente i gusti dei tele-prelati; si torna a parlare dei peccati e pure del diavolo; sembra uno scherzo onomastico, una trovata felliniana per far colpo sugli stranieri, ma adesso c´è perfino il segretario della Cei che di cognome fa Crociata: monsignor Crociata, sul serio. Serve a nulla rimpiangere la Dc, che per quasi mezzo secolo ha fatto da cuscinetto alle richieste vaticane. Al corto di idee e di progetti il centrodestra indossa i paramenti, si attacca alla mantella del Papa; mentre fin troppe volte il centrosinistra è paralizzato, subalterno, confuso. Tanti anni fa, per indicare un´auspicabile distanza, Giovanni Spadolini lanciò l´immagine del "Tevere più largo". Oggi non è nemmeno più stretto. Sembra un fiume in piena, grigio, gonfio e anche un po´ pauroso - come quello che s´è visto a Roma nel novembre scorso.

domenica 8 febbraio 2009

«Scontro tra due violenze. Vincerà la più forte»

Corriere della Sera 8.2.09
Il filosofo Emanuele Severino
«Scontro tra due violenze. Vincerà la più forte»
intervista di Daniela Monti

Per ora dobbiamo rassegnarci a quello che è sempre successo: è stata chiamata verità, giustizia, legge la forza vincente

MILANO — «Mi fa schifo». Emanuele Severino è uno dei maggiori pensatori contemporanei. Ha il linguaggio dei filosofi: denso, arguto (a volte oscuro). «Mi fa schifo» è un'espressione che suona stonata. Eppure ora la usa: «Non ho dubbi, appena posso farò il testamento biologico in cui rifiuto tutto. Ma si tratta di vedere se la mia volontà riuscirà a iscriversi in una legislazione che la rispetti. Mi fa schifo pensarmi in una situazione in cui non posso nutrirmi da solo, in cui non posso pensare».
Ha chiaro da che parte stare. Una legge giusta, sul tema della fine della vita, sarebbe dunque quella che riconosce il diritto a scegliere?
«Non è così semplice» e, chiusa la parentesi privata, Severino comincia a parlare di filosofia. «Quello che vedo è lo scontro tra due forme di violenza. Le intenzioni possono essere le migliori, anzi diamolo per scontato, ma la sostanza non cambia: da una parte c'è la Chiesa, e il governo la segue, che intende difendere la vita umana ad ogni costo, impedendo precedenti pericolosi; dall'altra le istanze laiche. Anche se non intenzionali, sono comunque due forme contrapposte di fede».
È uno scontro ideologico, aspro, ma ancora nei termini della legalità. Perché parla di violenza?
«Né una parte né l'altra dispongono di verità assoluta. Il problema si può impostare così: è bene che si sospenda la vita di questa donna? Ma che cosa significa "bene": la nostra cultura è in grado di dire che cos'è "bene"? E poi: è giusto sospendere questa vita? Ma daccapo: la nostra cultura è in grado di indicare il vero senso della giustizia? Certo è più visibile il desiderio di alcuni di mostrare la propria adesione agli insegnamenti della Chiesa, che non il significato di bene e giustizia. Come pure è più visibile la volontà di mostrare il proprio dissenso. In questa situazione, anche se può sembrare cinico, l'esito non può essere dato che dal prevalere di una parte sull'altra».
È una visione cupa. Ma in un modo o nell'altro dovremo pure uscirne.
«Per ora dobbiamo rassegnarci a quello che è sempre successo: che è stata chiamata verità, giustizia, legge la forza vincente. Per cui è patetico invocare un bene assoluto. Oggi la cultura dominante non è in grado di risolvere questi problemi. Si risolvono in modo pratico, politico».
E la politica ha fallito. Dopo il decreto del governo, siamo allo scontro istituzionale.
«È un braccio di ferro, si tratta di vedere chi è più forte, ma essere più forte non vuol dire essere più vero, più giusto. D'altra parte quando si rimproverano i cattolici di imporre le loro convinzioni a chi non è cattolico ci si dimentica che in democrazia chi ha la maggioranza fa le leggi. Però sembra più democratica una legge che non impone anche ai non credenti le convinzioni dei credenti».
Torniamo al caso di Eluana, c'è il problema della volontà presunta. Cosa ne pensa?
«Il padre di Eluana sostiene che la figlia non avrebbe mai sopportato una vita come quella di ora».
Ma — obietta qualcuno — non si può sapere se questo è ancora il volere di Eluana.
«Mi sembra una gigantesca contraddizione. Se infatti si è d'accordo sul fatto che a Eluana la coscienza è venuta a mancare, non si può dire quale sarebbe oggi la sua intenzione, appunto perché lei non è più cosciente. Quindi non ha intenzioni. Tutte queste considerazioni — ha o non ha coscienza, cosa sente, cosa prova — sono ipotesi. È con questo che abbiamo a che fare: solo ipotesi. Vedo molti atteggiamenti tartufeschi in questa vicenda. Che ci siano persone attaccate ai principi lo credo, ma che ci siano persone così grondanti amore per Eluana lo metterei in dubbio. A contare, qui, è piuttosto la volontà che la vita pubblica sia regolata in una certa direzione».
Chi può dire una parola di verità su Eluana, e sulla fine della vita. La filosofia?
«La filosofia comincia a mettere in discussione il contesto in cui si gioca lo scontro fra volontà. Le cose più grandi non avvengono dall'oggi al domani. Se tramontasse la volontà che le cose siano nulla (e qui siamo nel cuore della critica di Severino alla cultura dell'Occidente, perché se le cose nascono, muoiono, sporgono provvisoriamente dal nulla, tirate le somme, spiega il filosofo, sono di per sé nulla)
allora sì ci sarebbero le condizioni perché anche la violenza delle tesi contrapposte venga meno. Ma bisogna risalire molto più indietro del limite a cui riescono a portarsi le forze culturali e pratiche delle nostre civiltà, si tratta di un impegno infinitamente più radicale. La modestia da parte della filosofia sarebbe fuoriluogo».

venerdì 6 febbraio 2009

" Napolitano non firmarlo" : il decreto legge su Eluana Englaro

" Napolitano non firmarlo" : il decreto legge su Eluana Englaro
Protestare contro la decisione di continuare a far soffrire Eluana Englaro

Oggi 6 febbraio 2009 il consiglio dei ministri (volutamente minuscolo) ha approvato all'unanimità un decreto legge appositamente redatto contro l'applicazione di una sentenza della Magistratura, in sfregio della volontà di libertà di una donna, di un padre, di una famiglia, di una gran parte della società civile.
Il decreto dovrà essere firmato dal Presidente della Repubblica, per questo motivo gridiamo insieme:
" Napolitano non firmarlo"

1. Petizione al Presidente della Repubblica perchè non firmi il decreto legge su Eluana Englaro
2. Far riconscere il diritto ad Eluana Englaro di disporre della sua vita
3. Solidarietà con la lotta di Beppino Englaro
4. Basta con la sottomissione dei politici alle decisioni del Vaticano
5. la vita ci appartiene e non appartiene a nessun dio

http://apps.facebook.com/causes/212850?m=ebd25163&recruiter_id=30188356

giovedì 5 febbraio 2009

"Religiolus film amorale" crociata degli ultracattolici

La Repubblica 5.2.09
"Religiolus film amorale" crociata degli ultracattolici
A Roma oscurati i manifesti della pellicola, che esce il 13. Il regista: "Tutta pubblicità"
di Silvia Bizio

Censura cattolica scatenata sui manifesti del film Religiolus di Larry Charles, il regista di Borat. Strisce nere adesive li hanno coperti con le scritte "Ateo no" e "Vergogna". La Eagle Pictures che distribuirà il film il 13 febbraio denuncia come responsabili gli appartenenti all´associazione cattolica VeraLibertà: «Sulle pagine del loro blog chiedono anche l´abolizione della campagna promozionale e pretendono da generiche autorità competenti di vigilare sui contenuti del film. Lo accusano anche» aggiunge la Eagle «di veicolare messaggi empi e amorali». La campagna pubblicitaria rappresenta tre scimmiette che ironicamente simboleggiano le tre maggiori fedi monoteiste.
Risponde pronto, dagli Stati Uniti, il regista Larry Charles: «Ringrazio i dilettanti dell´Inquisizione per il loro aiuto nel promuovere Religiolus». Ma se è ironico il messaggio del regista, più duro è il segretario dell´Uaar, l´associazione degli atei, Raffaele Carcano. «Non conosco VeraLibertà ma queste associazioni spuntano come funghi e diventano sempre più invasive. È una gravissima violazione della libertà di espressione. Sembra normale che non si debba parlare di ateismo, non si deve fare concorrenza alla religione cattolica. La Chiesa in pesante crisi di consensi» continua Carcano «si chiude in se stessa, diventa intollerante. Questo papato ha messo una pietra tombale sul Concilio, è tornata indietro di 50 anni».
Interviene nella polemica in tono leggero anche il protagonista di Religiolus, Bill Maher. «C´è un sacco di gente che mi ringrazia per quello che dico» commenta «ma i cattolici in genere mi trattano come un ragazzino cretino. Però basterebbe che gli agnostici si organizzassero, come fanno i religiosi, per scoprirsi in lieta compagnia». Quello che in Italia hanno fatto gli aderenti all´Uaar. «Questa faccenda dei manifesti» commenta Carcano «è la continuazione di quanto è successo a noi con la campagna sugli autobus dove le concessionarie alla pubblicità hanno censurato lo slogan "La cattiva notizia è che Dio non c´è, quella buona è che non ne hai bisogno". Don Livio Fanzaga dalla seguitissima Radio Maria affermava che quelli sarebbero diventati gli autobus del demonio. La situazione peggiora» prevede Carcano «gruppi di persone hanno tentato di bloccare, alla clinica di Lecco, l´ambulanza che doveva portare Eluana Englaro a Udine. Fino a oggi questo era patrimonio dei fondamentalisti americani che assaltavano le cliniche dove si praticava l´aborto. Ora queste cose succedono anche da noi».

mercoledì 4 febbraio 2009

«Governo recidivo, violata ancora la legalità costituzionale»

Liberazione 4.2.09
Stefano Rodotà giurista ex garante dei dati personali:
«Governo recidivo, violata ancora la legalità costituzionale»
intervista di Vittorio Bonanni

Il ministro Sacconi che minaccia interventi formali del governo per fermare la mano dei medici che dovrebbero interrompere l'alimentazione artificiale che tiene in vita Eluana; il cardinale Barragan, presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, che chiede di fermare «la mano assassina». Mentre la vicenda della giovane in coma vegetativo da 17 anni sembra volgere al termine, c'è chi non si rassegna e tenta in tutti i modi di ignorare le diverse sentenze della magistratura che hanno detto sì alla volontà espressa dai genitori di Eluana e dalla stessa ragazza. Abbiamo chiesto a Stefano Rodotà, giurista autorevole, attento ai temi della laicità e dei diritti della persona, un parere su questo scenario. «E' in atto non da oggi - dice l'ex garante della protezione dei dati personali - un gravissimo e pericoloso conflitto sul tema della legalità e il rispetto dei diritti. Queste invocazioni, questi tentativi di impedire che si dia esecuzione ad una sentenza passata in giudicato non vengono da soggetti che fanno appello a dei criteri morali. In tal senso figuriamoci se sono d'accordo sul contenuto e ancor meno sulle parole del cardinale Barragan».
Ma almeno agisce senza avere un ruolo istituzionale. Ma quando dichiarazioni di questo genere e annunci di comportamenti vengono da responsabili politici investiti da ruoli particolarmente rilevanti come un ministro qui si apre un conflitto».

Che certamente non è nuovo, vero professore?
Sì, si tratta di un conflitto aperto da molto tempo. Gli atti precedenti, dichiarati assolutamente illegittimi, si sono esplicitati con tre tentativi di bloccare attraverso strade più o meno corrette dal punto di vista legale l'attuazione della sentenza: primo tentativo, il Parlamento che ha sollevato appunto un conflitto tra magistratura e Parlamento stesso dicendo che non spettava ai giudici dare indicazioni in materia. La Corte Costituzionale ha liquidato molto rapidamente questo come un atteggiamento non corretto e ha valutato che la magistratura si è mossa nell'ambito dei propri poteri e delle proprie competenze.
Secondo tentativo, Formigoni, governatore della Lombardia, che dice "non in casa mia". Questo atto è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia, che ha annullato il provvedimento del presidente. Terzo, il cosiddetto atto di indirizzo di Sacconi, che più passa il tempo, più è stato studiato da chi ha conoscenza di grammatica giuridica, più si è rivelato un provvedimento legalmente improponibile. Tant'è che lo stesso governatore del Friuli Venezia Giulia, che come sappiamo è una regione amministrata dal centro-destra, non ha ritenuto vincolante qull'atto di invito. Quindi noi siamo di fronte ad un conflitto che ci viene riproposto di nuovo dopo che in tutte le sedi istituzionali questi tentativi della maggioranza di governo o del governo in quanto tale sono stati ritenuti assolutamente illegittimi.

Un grave strappo istituzionale...
E una gravissima violazione della legalità costituzionale perché sono in gioco contemporaneamente i poteri dello Stato e i diritti individuali e fondamentali delle persone. Questo come valutazione d'insieme. Sicché trovo stravagante per non usare altre parole, la richiesta di Buttiglione di organizzare una riunione immediata del Consiglio dei ministri perché sia approvata una legge che dovrebbe avere come obiettivo quello evidentemente di bloccare l'attuazione di una sentenza. Ne ho viste di tutti i colori in questo paese ma dire che con un decreto legge si possa impedire che una sentenza possa avere attuazione viola la stessa logica della politica costituzionale.

Professore, non siamo di fronte anche ad una grave violazione della sfera personale?
Non userei in questo caso la parola privacy . Qui c'è la fine del rispetto della dignità delle persone. Un principio che deve guidarci in ogni momento. Qui la dignità del morire non può essere evidentemente considerata qualcosa sulla quale ci si accanisce con una certa violenza. Anche da questo punto di vista in altri tempi si sarebbe detto che c'è una spaventosa mancanza di carità cristiana. Oggi dobbiamo dire laicamente, anche se quell'espressione della carità cristiana continua a piacermi, che il principio di dignità, che è uno dei principii fondativi di uno stato democratico, è violentamente aggredito. E non si dica che la dignità è quella di chi deve vedere la propria sopravvivenza resa obbligatoria ma di chi invece deve essere rispettato nelle sue decisioni e nel suo essere persona.

Quando si affrontano questi temi si parla sempre di vuoto legislativo. Ma non si rischia, visto lo scenario che offre il Parlamento, di "colmare" questo vuoto peggiorando la situazione?
Anzitutto non enfatizzerei il profilo "vuoto legislativo". Non c'è infatti questo vuoto tant'è che i giudici, con alcune decisioni, in particolare con la sentenza cardine di tutta questa vicenda, quella della Corte di Cassazione dell'ottobre 2007, hanno potuto ricostruire con molto rigore il sistema giuridico italiano mettendo in evidenza tutti gli elementi che già oggi, senza bisogno di una legge, consentono di arrivare alla conclusione che si è delineata, e cioè il diritto di rifiutare le cure e di morire con dignità. Quindi io uso con prudenza, e anzi tendo a non accettare l'argomento del vuoto legislativo perchè significa che qualcuno lo ha riempito più o meno illegittimamente. Quello che hanno fatto i giudici è assolutamente legittimo, conforme ai principi del nostro sistema e della nostra Costituzione, perché hanno letto tutta una serie di norme, come ci è stato insegnato dalla stessa Corte Costituzionale, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata. Oggi dunque non c'è un vuoto. Ci possono essere degli aspetti operativi che hanno bisogno di una disciplina più puntuale. Per esempio la forma del testamento biologico o la possibilità di nominare un fiduciario di un amministratore di sostegno per evitare che ci siano ancora dei dubbi. Ma il mio timore è che si voglia usare l'argomento "dobbiamo fare una legge" sul testamento biologico o sulla tutela della vita fino alla sua fine "naturale", per una vera e propria restaurazione e per tornare indietro rispetto a ciò che già oggi è possibile per i cittadini italiani, ovvero poter rifiutare le cure in diverse forme.