martedì 31 marzo 2009

Fecondazione assistita, sulle legge 40 la parola alla Corte costituzionale

Fecondazione assistita, sulle legge 40 la parola alla Corte costituzionale

Liberazione del 31 marzo 2009, pag. 18

di Erminia Emprin

Sulla fecondazione assistita, prima ancora che sulla legge 40, il Forum delle donne di Rifondazione comunista ha prodotto riflessione teorica e iniziativa politica sin dal 1997, quando proponemmo di avviare il Tavolo delle donne sulla bioetica, luogo aperto e scambievole di riflessione tra. femministe sul rapporto tra il corpo femminile, la medicina e la legge. Ci siamo confrontate e arricchite dell`esperienza di altre, abbiamo riflettuto, preso e dato parola, attraversato la discussione parlamentare con la proposta di limitare la legge a una seria regolamentazione dei centri, unica vera necessità, affrontato una campagna referendaria tra le più violente e misogine che si siano registrate nel Paese, a partire da toni e accenti delle gerarchie vaticane. E se abbiamo registrato il mancato raggiungimento del quorum si sono però attivate energie, assunzione di responsabilità, enunciazione di aspettative e desideri, riflessioni sul senso del limite, sulla relazione tra i sessi, con la scienza e la medicina. La legge 40 è oggi ancora lì, con il suo coacervo di norme insensate e inumane, ispirate, allo stesso tempo, dal fondamentalismo religioso, da quello sessista, da un delirio di assoggettamento dell`autodeterminazione femminile e della libertà riproduttiva che si spinge al punto di mettere a rischio la salute della donna, di precludere la possibilità di un uso sociale della scienza e l`opportunità di nuove cure. I limiti, le sanzioni, le crudeltà e le insensatezze della legge sono noti: dal divieto generalizzato di donazione dei gameti, esteso per di più alle coppie a rischio di trasmissione di malattie genetiche, all`imposizione per legge di una quantità di embrioni da formare, priva di fondamento scientifico, al divieto di diagnosi pre-impianto, all`obbligo di reimpianto di tutti gli embrioni formati, anche se sono malati, alla determinazione per legge del numero di embrioni che si possono formare, al divieto per la donna di revocare il consenso al trattamento una volta che lo abbia prestato, neanche in situazioni di rischio per la salute sua o del figlio/a desiderato. Comunque, questa attivazione di energie non si è esaurita nel referendum e la Corte costituzionale devo oggi esprimersi su alcune ordinanze che hanno ritenuto fondati alcuni ricorsi per incostituzionalità della legge e per violazione del diritto alla salute. Dopo il tribunale di Firenze e il Tar Lazio si sono espresse in tal senso anche due ordinanze del tribunale di Milano, accogliendo i ricorsi delle associazioni Sos Infertilità, Hera e Cittadinanza Attiva, che danno voce a migliaia di coppie costrette a costose trasferte. Forse, la Consulta interverrà là dove ha fallito la politica. Le dichiarazioni di Berlusconi, anche quelle di ieri, non lasciano sperare nulla di buono per la Costituzione, la democrazia e l`autonomia della magistratura. Ma la capacità di articolazione della lotta condotta in questi anni da quante e quanti non si sono arresi parlano di soggettività non pacificate e di sconfitte non interiorizzate.

Englaro, cittadino onorario di Firenze: grazie per Eluana

l’Unità 31.3.09
Englaro, cittadino onorario di Firenze: grazie per Eluana
La destra abbandona l’aula
di Tommaso Galgani

Applausi alla cerimonia d’onorificenza in Palazzo Vecchio, dove due vigilesse restano ferite. Il ricordo di quel viaggio con Eluana in riva all’Arno nel 1990. Beppino: «Fossimo nel ’600, sarei sul rogo come Bruno».

Giuseppe Englaro, padre di Eluana, ieri ha ricevuto la cittadinanza onoraria da parte del consiglio comunale di Firenze. In una giornata intensa, segnata da calore ed emozione ma anche da qualche tensione.
L’EMOZIONE PER BEPPINO
«In realtà questa onorificenza è stata consegnata ad Eluana, che era ribelle come è ribelle da sempre Firenze», ha detto Englaro nella sala del consiglio comunale in Palazzo Vecchio. Ad ascoltarlo non c’erano i consiglieri comunali del Pdl, usciti per protesta consegnando a Beppino una lettera in cui si accusa di «voler legittimare l’eutanasia». In compenso, il Salone dei Dugento era stracolmo di cittadini, che a lungo hanno applaudito le parole di Englaro, accolto al suo ingresso in aula da un’ovazione durata cinque minuti. E applausi se li è presi anche il presidente dell’assemblea, Eros Cruccolini, quando ha attaccato la Curia fiorentina, polemica verso l’onorificenza conferita al padre di Eluana (definita «un atto nefasto»): «Non dia giudizi politici sul consiglio comunale chi non deve far politica», ha precisato Cruccolini. «Sono onoratissimo di ricevere la cittadinanza onoraria di Firenze, città medaglia d’oro della Resistenza e al valor civile per i fatti dell’alluvione del ‘66», ha ribadito Englaro. Che non ha risposto alle polemiche sollevate dal centrodestra e dall'arcivescovado contro l’onorificenza: «Su un tema estremo come il fine vita è normale dividersi». Beppino domenica ha incontrato il sindaco Leonardo Domenici, che ieri non era in Palazzo Vecchio per impegni a Roma con l’Anci.
Ma l’aneddoto più bello Englaro lo ha confidato alla fine della cerimonia, chiusa dal suono delle chiarine del Comune e da un bagno di folla: «Eluana era venuta a Firenze a 19 anni, insieme al papà e alla mamma, le era piaciuta tantissimo. Era il ‘90, aveva la patente, ha guidato lei. In questi giorni sono stato ospitato nello stesso albergo in cui eravamo stati qui con Eluana». Sempre ieri Beppino ha visitato le sedi locali della Cgil e dell’Anpi (da cui ha ricevuto la tessera onoraria).
TENSIONI, VIGILESSE ALL’OSPEDALE
L’altra faccia della cerimonia, dove dopo le divisioni il gruppo del Pd era presente compatto, racconta di manifestazioni becere davanti a Palazzo Vecchio e referti medici. Il padre di Eluana era atteso davanti al municipio da cinque leghisti intenti a contestarlo: «No alla cittadinanza onoraria a Englaro», si leggeva nel loro striscione, mentre col megafono denunciavano che «Firenze inneggia alla cultura della morte». I cinque, ignorati da Beppino al suo passaggio (mentre la gente lo applaudiva), hanno battibeccato per tutta la mattina con passanti e cittadini. Nella sala del consiglio comunale, invece, all’ingresso si è formata una ressa di persone, in stragrande maggioranza estimatori di Englaro, che volevano entrare per seguire la cerimonia. Nella confusione, due vigilesse sono rimaste ferite e sono state portate all’ospedale (referto di sei giorni, per piccole escoriazioni). Mentre i consiglieri del Pdl, nell’uscita dall’aula, si sono presi i cori «fuori, fuori» scanditi dal pubblico.

Un disastro chiamato Legge 40

l’Unità 31.3.09
Fecondazione assistita
Un disastro chiamato Legge 40
di Carlo Flamigni

Quando si tratta di dati clinici è facile fare confusione, basta essere esperti in semplici e diffuse attività umane come la menzogna e l’inganno. Così, ad esempio, un sottosegretario qualsiasi può imbrogliare i giornalisti affermando che da quando c’è la legge 40 la diminuzione dei successi è stata solo del 3%, cosa volete che sia. Quello che nasconde è che il 3% di successi in meno è pari al 15% in meno di gravidanze, un numero di bambini che fa molta confusione e molta felicità, altro che «cosa volete che sia». Ho sotto gli occhi i dati americani: 32% di parti (!) nel 2007, contro il nostro 22% di gravidanze, l’Europa ha più del 26% malgrado ne facciano parte Paesi tecnicamente arretrati, siamo un disastro.
E poi, l’aumento delle gravidanze multiple, un altro disastro, e l’esilio a cercare i diritti, l’Europa cinica che sfrutta le nostre coppie, gente disperata che non sa più a che santo votarsi, siamo ancora un’Italia civile?
Come si può immaginare che in un Paese moderno una coppia che ha problemi genetici sia costretta ad abortire per evitare la nascita di un figlio malato, destinato solo alla sofferenza, e non possa invece ricorrere a indagini sugli embrioni, non un atto di eugenetica, un povero e semplice gesto di compassione? Come è possibile pensare che la genitorialità si esprima solo trasferendo i propri cromosomi e negando dignità a un gesto molto più amorevole, quello di chi si dichiara padre, o madre, perché prende un impegno, assume una responsabilità, dice al figlio che verrà “sono tuo padre, sono tua madre, perché saremo vicini a te ad assisterti quando ne avrai bisogno”? Ma questa è l’etica di un Paese civile, una morale con la quale abbiamo ormai ben poco da spartire.
L’ultima stupidata che ho sentito è che debbono essere identificati i centri che producono (!) troppe gravidanze trigemine, dei quali è necessario liberarci, rappresentano un pericolo per tutti, sono evidentemente incapaci. Peccato invece che siano i centri migliori, quelli che hanno laboratori degni di questo nome e che consentono a ciascun embrione le maggiori probabilità di impianto.
Altrove, nei Paesi in cui gli amministratori non si limitano ad andare in chiesa, ma studiano un po’ le carte prima di fare conferenze stampa, queste cose finiscono sui giornali umoristici. Da noi ricevono splendida accoglienza sui giornali vaticani. Bisogna ammettere che tutto questo è cominciato il giorno in cui, invece di andare a votare per il referendum, siamo andati fuori porta per un picnic. Ma, come si dice, «chi è causa del suo mal...».

Fecondazione, esame di legittimità alla Consulta

l’Unità 31.3.09
La decisione finale tra 15 giorni o un mese
Fecondazione, esame di legittimità alla Consulta
di Maria Zegarelli

La Corte Costituzionale esaminerà i ricorsi presentati dal Tar del Lazio e il tribunale di Firenze
Intanto in Italia sono aumentate le gravidanze trigemine e il turismo procreativo all’estero

L’udienza pubblica è prevista per oggi. Il relatore Alfio Finocchiaro leggerà la sua relazione, poi interverranno gli avvocati delle parti e l’avvocatura dello Stato. Finita l’udienza, i quindici giudici della Consulta si riuniranno in Camera di Consiglio per giungere a una decisione finale, che potrà essere presa a maggioranza.
La decisione verrà redatta e riletta da tutta la Corte, con possibilità di aggiunte e limature. L’atto finale è il deposito, che può arrivare tra 15 giorni o un mese.

Inizia oggi l’udienza pubblica della Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legge 40 sulla fecondazione assistita. Sotto la lente dei giudici le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Firenze e dal Tar del Lazio. I ricorsi riguardano, in sostanza, il cuore stesso di quella legge così fortemente voluta dal centrodestra e così fortemente difesa dal sottosegretario Eugenia Roccella.
i ricorsi
I ricorsi riguardano l’articolo 14 della legge dal primo al quarto comma e l’articolo 6: previsione della produzione di un numero massimo di tre embrioni ai fini dell’impianto; crioconservazione degli embrioni prevista soltanto in casi eccezionali; consenso informato e irrevocabilità dello stesso da parte della donna all’impianto in utero degli embrioni creati dal momento della fecondazione dell’ovulo. A chiamare in causa l’incostituzionalità della legge rispetto agli articoli 2- 3- 13 e 32 della Costituzione sono stati il Tar su una causa della World Association Reproductive Medicine e il tribunale fiorentino su un caso che riguarda una coppia non fertile di Milano affetta esostosi, una malattia genetica che provoca la crescita smisurata delle cartilagine delle ossa. Davanti alla Corte si sono costituite tra le altre, l’Associazione Hera Onlus; l’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerche scientifica; la Cecos Italia e Cittadinanzattiva. Tra il mese di maggio e i primi mesi del 2009 soltanto presso i tribunali di Firenze, Bologna e Milano, sono stati depostati «dodici ricorsi da parte di altrettante coppie - spiega l’avvocato Maria Paola Costantini che interverrà oggi davanti ai giudici della Consulta insieme alla costituzionalista Marilisa D’Amico - che avendo problemi di sterilità o essendo portatori sani di malattie genetiche hanno fatto ricorso contro questa legge che lede pesantemente i loro diritti. Il giudice di Firenze, Delle Vergini - spiega l’avvocato Costantini - ha sollevato la questione perché ha ritenuto che la legge 40 violasse in più punti la Costituzione e impedisse di fatto di effettuare secondo i canoni scientifici e diffusi in tutto il mondo la diagnosi pre-impianto». Il giudice ha chiesto la riformulazione dell’articolo 14 in rapporto agli articoli 2 -3- 13 e 32 della Costituzione facendo riferimento anche alla legislazione europea e proponendo di eliminare il limite al criocongelamento di 3 embrioni imposto dalla legge .
i diritti violati
La Corte dovrà valutare se è stato violato il canone di ragionevolezza dettato dall’articolo 3 della nostra Carta circa il giusto bilanciamento tra la tutela dell’embrione e quella dell’esigenza di procreazione per la «mancata valutazione della concreta possibilità di successo nella pratica da effettuare»; per l’impossibilità per il medico di valutare il singolo caso e quindi prendere le conseguenti decisioni e per il principio di eguaglianza - previsto dall’articolo 3 - che verrebbe violato «dalla irragionevole disparità di trattamento» dal momento che donne «in condizioni fisiche diverse soggiacciano allo stesso trattamento predeterminato per legge».
L’articolo 32 della Costituzione, inoltre, sarebbe violato, dal momento che le donne sono costrette - non potendo procedere al criocongelamento degli embrioni - a sottoporsi a ripetuti trattamenti «ad alto tasso di pericolosità per la sua salute fisica e psichica».
Dalla Relazione annuale sull’applicazione della legge 40, inviata dal Ministero della Salute al Parlamento nei giorni scorsi risulta che nel 2007 sono aumentate le coppie che si rivolgono ai centri che in Italia applicano la Procreazione medicalmente assistita (55.437 contro le 52.206 dell’anno precedente), ma contestualmente aumentano anche le gravidanze trigemine (il 3,5%), ben al di sopra della media europa (ferma allo 0,8%). «Questo conferma che la legge 40 è sbagliata, proprio il contrario di quello che sostiene la sottosegretaria Eugenia Roccella», commenta Vittoria Franco, responsabile Pd Pari Opportunità. Secondo la professoressa Tullia Todros, docente di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Torino, «le gravidanze trigemine hanno avuto un aumento negli ultimi dieci anni del 200%». Aggiunge: «Il rischio di morbilità materna e di complicanze ostetriche è aumentato in queste gravidanze rispetto a quelle bigemine».
Altro fenomeno figlio, questo anche, della Legge 40 è il cosiddetto «turismo procreativo». Se nel 2001 le coppie che andavano all’estero per tentare di realizzare il loro sogno erano mille, nel 2006 sono schizzate a 4.200. Oltre a Barcellona, (dove si recate in un anno oltre mille coppie), le mete più frequenti sono Grecia, Slovenia, Israele e Svizzera (quest’ultima negli anni scorsi è stata scelta dal 30% delle coppie)».

di Maria Zegarelli

La Corte Costituzionale esaminerà i ricorsi presentati dal Tar del Lazio e il tribunale di Firenze
Intanto in Italia sono aumentate le gravidanze trigemine e il turismo procreativo all’estero

L’udienza pubblica è prevista per oggi. Il relatore Alfio Finocchiaro leggerà la sua relazione, poi interverranno gli avvocati delle parti e l’avvocatura dello Stato. Finita l’udienza, i quindici giudici della Consulta si riuniranno in Camera di Consiglio per giungere a una decisione finale, che potrà essere presa a maggioranza.
La decisione verrà redatta e riletta da tutta la Corte, con possibilità di aggiunte e limature. L’atto finale è il deposito, che può arrivare tra 15 giorni o un mese.

Inizia oggi l’udienza pubblica della Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legge 40 sulla fecondazione assistita. Sotto la lente dei giudici le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Firenze e dal Tar del Lazio. I ricorsi riguardano, in sostanza, il cuore stesso di quella legge così fortemente voluta dal centrodestra e così fortemente difesa dal sottosegretario Eugenia Roccella.
i ricorsi
I ricorsi riguardano l’articolo 14 della legge dal primo al quarto comma e l’articolo 6: previsione della produzione di un numero massimo di tre embrioni ai fini dell’impianto; crioconservazione degli embrioni prevista soltanto in casi eccezionali; consenso informato e irrevocabilità dello stesso da parte della donna all’impianto in utero degli embrioni creati dal momento della fecondazione dell’ovulo. A chiamare in causa l’incostituzionalità della legge rispetto agli articoli 2- 3- 13 e 32 della Costituzione sono stati il Tar su una causa della World Association Reproductive Medicine e il tribunale fiorentino su un caso che riguarda una coppia non fertile di Milano affetta esostosi, una malattia genetica che provoca la crescita smisurata delle cartilagine delle ossa. Davanti alla Corte si sono costituite tra le altre, l’Associazione Hera Onlus; l’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerche scientifica; la Cecos Italia e Cittadinanzattiva. Tra il mese di maggio e i primi mesi del 2009 soltanto presso i tribunali di Firenze, Bologna e Milano, sono stati depostati «dodici ricorsi da parte di altrettante coppie - spiega l’avvocato Maria Paola Costantini che interverrà oggi davanti ai giudici della Consulta insieme alla costituzionalista Marilisa D’Amico - che avendo problemi di sterilità o essendo portatori sani di malattie genetiche hanno fatto ricorso contro questa legge che lede pesantemente i loro diritti. Il giudice di Firenze, Delle Vergini - spiega l’avvocato Costantini - ha sollevato la questione perché ha ritenuto che la legge 40 violasse in più punti la Costituzione e impedisse di fatto di effettuare secondo i canoni scientifici e diffusi in tutto il mondo la diagnosi pre-impianto». Il giudice ha chiesto la riformulazione dell’articolo 14 in rapporto agli articoli 2 -3- 13 e 32 della Costituzione facendo riferimento anche alla legislazione europea e proponendo di eliminare il limite al criocongelamento di 3 embrioni imposto dalla legge .
i diritti violati
La Corte dovrà valutare se è stato violato il canone di ragionevolezza dettato dall’articolo 3 della nostra Carta circa il giusto bilanciamento tra la tutela dell’embrione e quella dell’esigenza di procreazione per la «mancata valutazione della concreta possibilità di successo nella pratica da effettuare»; per l’impossibilità per il medico di valutare il singolo caso e quindi prendere le conseguenti decisioni e per il principio di eguaglianza - previsto dall’articolo 3 - che verrebbe violato «dalla irragionevole disparità di trattamento» dal momento che donne «in condizioni fisiche diverse soggiacciano allo stesso trattamento predeterminato per legge».
L’articolo 32 della Costituzione, inoltre, sarebbe violato, dal momento che le donne sono costrette - non potendo procedere al criocongelamento degli embrioni - a sottoporsi a ripetuti trattamenti «ad alto tasso di pericolosità per la sua salute fisica e psichica».
Dalla Relazione annuale sull’applicazione della legge 40, inviata dal Ministero della Salute al Parlamento nei giorni scorsi risulta che nel 2007 sono aumentate le coppie che si rivolgono ai centri che in Italia applicano la Procreazione medicalmente assistita (55.437 contro le 52.206 dell’anno precedente), ma contestualmente aumentano anche le gravidanze trigemine (il 3,5%), ben al di sopra della media europa (ferma allo 0,8%). «Questo conferma che la legge 40 è sbagliata, proprio il contrario di quello che sostiene la sottosegretaria Eugenia Roccella», commenta Vittoria Franco, responsabile Pd Pari Opportunità. Secondo la professoressa Tullia Todros, docente di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Torino, «le gravidanze trigemine hanno avuto un aumento negli ultimi dieci anni del 200%». Aggiunge: «Il rischio di morbilità materna e di complicanze ostetriche è aumentato in queste gravidanze rispetto a quelle bigemine».
Altro fenomeno figlio, questo anche, della Legge 40 è il cosiddetto «turismo procreativo». Se nel 2001 le coppie che andavano all’estero per tentare di realizzare il loro sogno erano mille, nel 2006 sono schizzate a 4.200. Oltre a Barcellona, (dove si recate in un anno oltre mille coppie), le mete più frequenti sono Grecia, Slovenia, Israele e Svizzera (quest’ultima negli anni scorsi è stata scelta dal 30% delle coppie)».

sabato 28 marzo 2009

Il Vaticano ora esulta "troppa grazia"

Il Vaticano ora esulta "troppa grazia"

La Stampa del 27 marzo 2009, pag. 12

Giacomo Galeazzi

Il giornale dei vescovi, «Avvenire» esulta: «Il governo e il centrodestra mantengono la promessa fatta per per impedire altre morti come quella di Eluana». Parole che riflettono lo stato d’animo in Curia. «In questo clima così acceso era lecito temere un passo verso l’eutanasia invece ora il testamento biologico non è vincolante ed esclude la nutrizione. Di fronte alle fondate preoccupazioni della vigilia, troppa grazia, quasi», commenta con «motivato ottimismo» il via libera del Senato il vescovo Lucio Soravito, commissario Cei per la Dottrina della fede. Nel giorno in cui l’Osservatore denuncia che la «nuova eugenetica si nasconde nella fecondazione in vitro e nell’eutanasia», la Chiesa guarda con grande interesse all’iter del provvedimento sul fine vita. «Nelle situazioni di malattia più estreme e controverse, l’ultima scelta non può che essere lasciata al medico- commenta il vescovo di Bolzano, Karl Golser, presidente dei teologi moralisti italiani, che riguardo alle pressioni della Cei sul bio-testamento avrebbe preferito «un maggiore silenzio, come aveva chiesto il cardinale Tettamanzi». Casi come quelli di Welby o della Englaro «non vanno strumentalizzati», raccomanda Gloser, «in alcune situazioni di “coscienza perplessa” si deve lasciare l’ultima scelta al medico, se è veramente in buona comunicazione con i familiari». In Vaticano l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, registra «positive novità» nella tutela dei valori. «Se la dichiarazione anticipata di trattamento fosse vincolante, il medico non sarebbe più libero, quindi almeno va garantita agli operatori sanitari l’obiezione di coscienza- evidenzia Fisichella-.Il testamento biologico uscito dal Senato supera questa oggettiva difficoltà, perciò l’approvazione è un dato incoraggiante così come lo è l’aver precisato che l’alimentazione e idratazione artificiali non possano mai essere sospese». Adesso «vengono impediti nuovi casi Eluana», sottolinea Fisichella, che però raccomanda prudenza nel cantare vittoria: «Il testo deve ancora passare alla Camera. Bisogna aspettare e vedere cosa potrebbe avvenire anche all’ultimo monmento». Il quadro europeo allarma la Santa Sede: «Già in altri paesi come l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo è passata l’eutanasia».

Il «suicidio d'onore» delle donne turche

l'Unità 28.3.09
Il «suicidio d'onore» delle donne turche
di Marina Mastroluca

Per favore, ucciditi». Niente a che vedere con una battuta, non c’è niente da ridere in questa storia. Che poi è la storia di Elif e di altre come lei, messe all’indice dalle famiglie offese nell’onore e per questo indirizzate verso l’ultima versione di lavanderia morale escogitata in Turchia: il suicidio d’onore, opportunamente istigato dai familiari, altrimenti costretti a sporcarsi le mani di sangue e a pagarne il fio dietro le sbarre. Una legge del 2005 ha introdotto l’ergastolo per punire i delitti d’onore: una macchia, questa sì, che ogni anno si replica in oltre 200 casi, nella sola Istanbul ce n’è uno a settimana. Per sfuggire al carcere, l’onore ha trovato altre vie. E il numero delle donne suicide si è impennato.
«Per favore ucciditi». Elif è in fuga da otto mesi, per non dover subire la punizione della famiglia. Ha detto di no al matrimonio combinato dai parenti, che volevano farle sposare un uomo più anziano dei suoi 18 anni. E ha detto no anche quando il padre le ha chiesto di torgliersi la vita: per risparmiargli il carcere una volta che l’avesse uccisa. «Lo amavo così tanto che lo avrei fatto, anche se non potevo rimproverarmi nulla di sbagliato - ha raccontato Elif al britannico Independent -. Ma non ci sono riuscita. Amo troppo la vita». Da allora la sua esistenza è appesa a un filo, i parenti sono venuti a cercarla persino nel rifugio dove ha trovato accoglienza. Erano armati.
Elif in questa storia è l’anomalia, la ciambella mal riuscita, la classica eccezione dove la regola avrebbe voluto una silenziosa obbedienza. La sua, del resto, è chiamata la «Città dei suicidi»: sulla carta geografica non c’è scritto, naturalmente, la località si chiama Batman, sud-est della Turchia. Ma è qui che tre quarti dei suicidi sono commessi da donne, quando nel resto del pianeta sono più spesso gli uomini a togliersi la vita. Per il procuratore generale è sospetto. «Credo che nella maggior parte dei casi siano suicidi forzati».
Un cappio, una pistola o più banalmente del veleno per topi. Di solito va così. Le chiudono in una stanza con quel che serve, aspettando che decidano di togliersi di mezzo da sole. E non è difficile immaginare come possano finire per cedere, quando a chiedergli di sparire sono quelli che più di altri dovrebbero volerle vive, i familiari più stretti, il sangue del sangue. Elif non c’è riuscita. Anche se sapeva di sue compagne di scuola uccise dai familiari. Anche se sapeva che la fuga da sola non l’avrebbe messa al sicuro.
Delitti d’onore. Molti si concentrano tra i curdi, ma non solo tra loro. Chi si occupa di diritti umani denuncia una tacita benevolenza, che travalica la severità annunciata dalla legge. Non sempre si investiga, i casi sospetti smettono di essere tali, se chi dovrebbe indagare e punire ha lo stesso codice d’onore.
«È questo il Paese che vuole entrare in Europa? Dio ci aiuti», è la domanda che rimbalza sul sito dell’Independent. Molti concordano, sembra di vederli mentre scuotono la testa. «Questi omicidi non sono solo contro le leggi Ue, ma contro quelle della Turchia», prova a dire Mimarkhoran. «Forse dovremmo far entrare in Europa solo le donne turche». Forse, chissà.

Englaro a Firenze "Onorato della cittadinanza"

La Repubblica Firenze 28.3.09
Englaro a Firenze "Onorato della cittadinanza"
Lunedì il conferimento. Betori sarà fuori città
Lettera del socialista Falciani per invitare l'arcivescovo alla cerimonia
di Simona Poli

Betori riceve una nuova lettera sul caso Englaro. A portarla in Curia ieri mattina il consigliere comunale dei Socialisti Alessandro Falciani, che scrive all´arcivescovo per chiedergli di partecipare lunedì prossimo alla cerimonia in Palazzo Vecchio in cui verrà conferita al padre di Eluana la cittadinanza onoraria di Firenze. Falciani, che aveva presentato la mozione poi approvata a maggioranza dal consiglio comunale, ricorda la contrarietà del vescovo all´iniziativa ma sottolinea come la scelta riguardi «i valori e le scelte individuali, il senso più intimo dell´esistenza e dunque la spiritualità di ogni persona». Un invito, quindi, ad una riconciliazione su un tema che ha provocato fin qui molte divisioni, sia dentro che fuori Palazzo Vecchio. Ma per sapere se e cosa l´arcivescovo risponderà a questo messaggio bisognerà aspettare qualche giorno. «Monsignor Betori, arcivescovo di Firenze, è da lunedì scorso a Roma dove ha partecipato al Consiglio permanente della Cei», spiegano dalla Diocesi, «e in questi giorni, è impegnato nei lavori del Forum del Progetto culturale della Chiesa italiana». E lunedì, nel giorno in cui Englaro diventerà cittadino onorario di Firenze dove sarà Betori? «All´Argentario», è la risposta, «dove si tiene la Conferenza episcopale toscana». E la lettera di Falciani l´arcivescovo «non potrà leggerla prima del suo rientro in città».
In realtà Beppino Englaro a Firenze arriverà già oggi. Alle 9,30 NovaradioCittàFutura, all´interno del programma "6inCittà" trasmette l´intervista con il direttore Leonardo Sacchetti registrata ieri in cui Englaro si dice «onorato dal conferimento della cittadinanza» e liquida le polemiche che hanno accompagnato il voto del consiglio comunale con questa frase: «Il tema che io ho affrontato è un tema che spacca le coscienze, non è facile l´approfondimento e quindi può succedere che ci siano queste polemiche». Quanto alla legge approvata dal Senato sul testamento biologico Englaro ripete ancora una volta che «per quanto concerne le direttive anticipate di trattamento ci vuole una legge molto semplice che consenta alle persone di non essere discriminate quando si trovano nella situazione di non essere più capaci di intendere e di volere».
Domattina alle 10,30 Englaro incontrerà la Comunità dell´Isolotto (via degli Aceri 1) e alle 16,30 andrà alle Piagge per parlare con don Santoro.

Lancet contro il Papa sul no al preservativo «Manipola la scienza»

Corriere della Sera 28.3.09
Lancet contro il Papa sul no al preservativo «Manipola la scienza»
di Bruno Bartoloni

ROMA — Lancet, una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo, attacca pesantemente Benedetto XVI per la sua dichiarazione sui preservativi nel corso del recente viaggio in Camerun ed in Angola. Il Papa, afferma in un editoriale, «ha pubblicamente distorto le prove scientifiche per promuovere la dottrina cattolica sul tema». Ed ancora: «Non è chiaro se l'errore del Papa sia dovuto ad ignoranza o se sia un deliberato tentativo di manipolare la scienza». Secondo The Lancet, «quando qualsiasi personaggio influente, che sia una personalità religiosa o politica, fa una falsa affermazione scientifica che potrebbe risultare devastante per la salute di milioni di persone, questi dovrebbe ritrattare o correggere». E commenta così: «Qualsiasi cosa di meno di questo da parte di papa Benedetto sarebbe un immenso disservizio per la salute pubblica, inclusa quella di molte migliaia di cattolici che lavorano senza posa per cercare di prevenire la diffusione dell'Hiv nel mondo».
La Bbc, che ha diffuso con molta evidenza l'editoriale della rivista, lo giudica «di una virulenza senza precedenti». Padre Lombardi, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha replicato che «non c'è nulla da aggiungere» a quanto è andato ripetendo su questo argomento da più di una settimana.
«Si è detto di tutto e di più — ha commentato —. Non mi sembra che si possa dire altro». A sostegno del Papa è intervenuto il vescovo d'Orleans, monsignor André Fort, con considerazioni dal sapore scientifico: «Sapete benissimo e tutti gli scienziati lo sanno: il virus dell'Aids è infinitamente più piccolo di uno spermatozoo. Questa è la prova del fatto che il condom non è una garanzia al cento per cento contro l'Aids». Per il presule francese sui pacchetti di profilattici si dovrebbe scrivere «affidabilità incerta», proprio come sui pacchetti di sigarette è scritto «pericolo».
Il capo dell'agenzia nazionale per la ricerca sull'Aids, Jean François Delfraisey, l'ha immediatamente smentito ai microfoni di Radio France: «Il condom è fondamentale per bloccare il virus dell'Aids: è un dato acquisito e dimostrato». Sempre a difesa del Papa, ma in modo più cauto del vescovo d'Oltralpe, un alto prelato vaticano rimasto anonimo, ha affermato che «è quasi un'ovvietà che il preservativo può fare da barriera al virus, seppure non al cento per cento, ma il punto è che l'illusione di un facile antidoto può incoraggiare comportamenti sociali che sono invece alla base della pandemia».

La Chiesa manipola la scienza ma in Italia si fa finta di niente

La Repubblica 28.3.09
Gilberto Corbellini, storico della medicina
La Chiesa manipola la scienza ma in Italia si fa finta di niente

«La denuncia di Lancet? Totalmente condivisibile. Solo in Italia nessuno ha il coraggio di dire questa elementare verità», sostiene Gilberto Corbellini, professore di Storia della medicina e Bioetica all´Università La Sapienza di Roma.
Condivide l´accusa sulla manipolazione?
«È dall´evo segnato da Camillo Ruini che le gerarchie ecclesiastiche manipolano sistematicamente la scienza. Il disprezzo per le prove scientifiche era già evidente nel dibattito intorno alla legge 40 sulla fecondazione artificiale. Anche le recenti posizioni espresse sul "fine vita" tradiscono una manifesta volontà di piegare la medicina alla dottrina cattolica. Ma in Italia anche le tesi più antiscientifiche riescono a passare. Nel nostro paese, culturalmente arretrato e affetto da un congenito analfabetismo scientifico, non ci sono più argini».
La colpisce l´attacco di Lancet?
«Non è la prima volta che una rivista scientifica di peso critichi la Chiesa. Anche Science contestò il pontefice a proposito della dottrina degli embrioni. Ora l´accusa di Lancet assume toni molto severi, a ragione: la manipolazione scientifica sull´Aids può avere gravissime conseguenze».

La rivista inglese attacca Benedetto XVI per le parole contro il preservativo nella lotta all'Aids

LA Repubblica 28.3.09
Gli scienziati di Lancet sfidano il papa
La rivista inglese attacca Benedetto XVI per le parole contro il preservativo nella lotta all'Aids

Rilievi alla posizione di Ratzinger anche da parte del primate cattolico del Belgio
"Chi pronuncia una falsa affermazione scientifica ha l´obbligo di ritrattarla"

Papa Ratzinger ancora nel mirino di scienziati, politici e, persino, di qualche cardinale per le sue critiche all´uso del preservativo per fermare l´Aids. Contro la posizione del pontefice si è espressa una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo, l´inglese Lancet, che chiede a Ratzinger di «rettificare» quanto sostenuto, perché «ha pubblicamente distorto le prove scientifiche per promuovere la dottrina cattolica sul tema».
«Non è chiaro», scrive la rivista, «se l´errore del Papa sia dovuto a ignoranza o se sia un deliberato tentativo di manipolare la scienza per appoggiare l´ideologia cattolica». Di certo il pontefice «ha detto ai giornalisti che la lotta contro la malattia è un problema che non può essere superato con la distribuzione dei preservativi. I condom, al contrario, possono peggiorare la situazione». Con quest´ultima affermazione, sostiene la rivista, «il papa ha distorto l´evidenza scientifica». È noto infatti che il preservativo «è l´unico e il più efficace fra gli strumenti disponibili per ridurre la trasmissione per via sessuale dell´Hiv».
Nel mezzo della bufera scatenata da queste affermazioni, prosegue Lancet, «il Vaticano ha tentato di moderare le parole del papa, che sul sito web della Santa Sede sono diventate "c´è il rischio che il condom possa esacerbare il problema". Ma quando un personaggio influente fa una falsa affermazione scientifica che potrebbe avere conseguenze devastanti per la salute di milioni di persone, questi dovrebbe ritrattare o correggere la linea».
In difesa delle parole del pontefice si schiera l´associazione cattolica "Scienza e Vita": «Anche con l´editoriale di Lancet ancora una volta ci troviamo di fronte ad una palese forma di disinformazione», controbatte il portavoce Domenico Delle Foglie, «perché non si è voluto capire che il Papa in realtà ha detto che l´Aids non si combatte solo con il condom, ma prima di tutto con la formazione e l´educazione, come è successo in Uganda, che ha ottenuto importanti successi contro l´Aids promuovendo castità, monogamia e, in ultimo, anche il condom. Il Papa non è uno scienziato, è il pastore cattolico che parla ai cattolici».
In difesa di Ratzinger anche il vescovo di Orleans, monsignor Andrè Fort, secondo il quale «tutti gli scienziati sanno che il virus dell´Aids è infinitamente più piccolo di uno spermatozoo. Questo significa che il preservativo non garantisce al 100 per cento». Contro questa tesi è intervenuto il direttore dell´Agenzia nazionale di ricerca sull´Aids, Jean-Francois Delfraissy, che si è detto «scandalizzato da questa presa di posizione completamente falsa». Non meno dure le critiche che arrivano dal Belgio, dove sei deputati hanno proposto al governo il richiamo dell´ambasciatore belga presso la Santa Sede. E una sorprendente critica giunge anche dal primate cattolico del Belgio, il cardinale Godfried Danneels, a parere del quale il Papa sull´uso del preservativo e Aids «non è stato diplomatico». Il porporato ha dichiarato di essere «convinto che con i preservativi non risolve il problema dell´Aids. Ma il Papa avrebbe fatto meglio a non dirlo perché ci sono occasioni in cui l´uso del condom è l´unico modo per salvare una vita».

venerdì 27 marzo 2009

«Consegnano il nostro corpo al potere dello Stato»

l’Unità 27.3.09
«Consegnano il nostro corpo al potere dello Stato»
Il capogruppo pd in Senato: noi abbiamo voluto difendere la libertà degli individui
I cattolici Pd? Hanno la stessa dignità di tutti
Intervista a Anna Finocchiaro di Maria Zegarelli

Emma Bonino entra nella sua stanza subito dopo il voto finale. I complimenti per le dichiarazioni in Aula e un ringraziamento reciproco per la lealtà con cui è stata condotta questa battaglia. Anna Finocchiaro saluta e poi si dirige verso l’aeroporto di Fiumicino per tornare a Catania. «È stata una settimana faticosa». Non solo per il dibattito in aula con una maggioranza chiusa a riccio. Anche per le fibrillazioni nel Pd, tra gli ex popolari e tra i cattolici e i laici. «Questa sì è una battaglia che abbiamo vinto tutti: il confronto ci ha fatto fare un passo avanti, il Pd ha fatto un passo avanti». Il ddl, invece, «è un imbroglio».
Partiamo dal ddl: perché è un tradimento?
Perché tradisce prima di tutto il suo stesso titolo, “disposizioni in materia di dichiarazioni di volontà anticipate”. In realtà la volontà dei soggetti in ordine ai trattamenti sanitari che verranno praticati sul loro corpo, nel momento in cui non saranno più in grado di intendere e volere, non avrà alcun valore vincolante e potrà essere disattesa.
Che cosa ha indotto il Pdl a chiudere ogni possibilità di dialogo?
Non credo che avessero mai avuto intenzione di dialogare con noi. Ciò che si è scontrato non è una diversa opinione su alimentazione e idratazione, per intenderci. Si sono scontrate due diverse concezioni del rapporto tra l’autorità dello Stato e la libertà degli individui. Quando Aldo Moro scrisse l’articolo 32 della Costituzione, ”nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario contro la propria volontà” aveva ben presente - uscendo da un regime totalitario e temendo quello che stava accadendo in altre parti del mondo - che il rapporto tra libertà dell’individuo e l’inviolabilità del proprio corpo da parte dello Stato andava tutelato a tutti i costi. Il Ddl Calabrò va nella direzione opposta: il corpo viene travolto dal potere dello Stato e c’è in questo una straordinaria violenza.
Secondo alcuni cattolici del Pd, il Pdl si vuole accreditare Oltretevere come unico interlocutore politico. Ipotesi fondata?
Probabilmente sì, ma lo ritengo un tentativo imperfetto perché è grossolano e strumentale.
Ma è evidente che il dibattito sul testamento ha creato fibrillazioni anche nei cattolici Pd. Sanno che la maggioranza userà strumentalmente il loro voto contrario.
Questa è stata una delle prove più impegnative per il Pd in questo ultimo anno e mezzo. A parte il voto favorevole di due senatori che sin dall’inizio avevano annunciato la loro posizione, il Pd ha espresso un “no” compatto al Ddl. Ci siamo arrivati perché abbiamo avuto la capacità di incontraci in una discussione vera, anche molto aspra.
Come le due ultime riunioni del gruppo al Senato dove c’è stata una frattura con alcuni ex popolari?
Mi riferisco a due anni di discussioni durante i quali io per prima ho imparato una cosa importantissima: mi sono imbattuta nel dubbio, l’unico alleato che può avere chi fa il nostro mestiere e si occupa di queste materie.
Noi ci siamo dati un obiettivo: difendere la libertà degli individui dall’invasione dello Stato, abbiamo voluto garantire la libertà di disporre se essere accompagnati alla morte fino all’ultimo momento con il supporto di tutti i presidi medici oppure di poter morire naturalmente.
Secondo Tonini il Pd dovrebbe difendere di più i cattolici per il lavoro che hanno svolto.
I cattolici sono il Pd con lo stesso titolo e la stessa dignità degli altri, non hanno bisogno di essere difesi.
Allora perché ci sono state tensioni?
Sono tre anni che ci sono tensioni, tra i cattolici come tra i laici, ammesso che questa possa essere una distinzione che ha un senso. Non ci porta da nessuna parte fare polemiche di questo tipo. È inevitabile se si affrontano temi etici avere posizioni di partenza anche diverse.
L’”orientamento prevalente” è stato più sopportato che accettato. Non teme conseguenze?
Noi oggi abbiamo raggiunto un punto di massima soddisfazione per tutti, ne sono convinta. Un pezzo dell’identità politica del Pd si è compiuta perché c’eravamo tutti, eravamo tutti lì. Chi ci avrebbe scommesso qualche tempo fa?
Lei oggi in Aula ha fatto un riferimento alla Legge 40, un’altra legge in difesa della vita, come la definì il centrodestra. Come si concilia con il Ddl Calabrò?
Non si concilia, è di segno opposto. In quella legge hanno stabilito che la vita non può essere manipolata per evitare malattie o malformazioni e oggi vogliono manipolare la morte. Qual è il senso?
Se lo aspettava l’intervento di Marcello Pera?
Sapevo che era contrario a legiferare in questa materia, non mi aspettavo però un suo intervento. Ha anche spiegato a Calabrò perché quel testo è incostituzionale. È stato il discorso di un uomo cha fatto lo sforzo di andare al fondo delle cose. Che bellezza.
Maurizio Gasparri vi ha accusato di andare verso una deriva eutanasica.
In Aula l’ho detto con molta chiarezza: il Pd è contro l’eutanasia. Gasparri fa propaganda politica, che possiamo farci? Non si può far sparire con la bacchetta magica, ce lo dobbiamo tenere.
Emma Bonino invita alla disobbedienza civile. Lei è d’accordo?
Le forme di iniziativa politica dei radicali non sempre coincidono con le nostre, ma devo dire che in questa battaglia sono stati compagni leali e affidabili, ciascuno nel proprio campo, ma uniti da un grande rispetto per la Costituzione, la libertà e la dignità umana.
Torna in auge la moratoria sul testamento?
Oggi la invoco a maggior ragione. Questo è un pessimo testo di legge.
Secondo lei Berlusconi accetterebbe uno stop dopo la pedalata senza sosta al Senato?
In questi giorni, dalla stessa maggioranza, sono venuti gli inviti a riflettere. Lo stesso Quagliariello non mi sembrava molto soddisfatto del lavoro fatto.

giovedì 26 marzo 2009

Dirà messa dopo la prescrizione. Tarfusser: vergognoso

Corriere della Sera 26.3.09
Condannato a risarcire la vittima che ricordò con la psicanalisi
I pm contro il ritorno del prete accusato sotto ipnosi di pedofilia
Dirà messa dopo la prescrizione. Tarfusser: vergognoso
La memoria riaffiorò dopo 14 anni e un lungo trattamento di 350 sedute chiamato «distensione meditativa»
di Marco Imarisio

DAL NOSTRO INVIATO
BOLZANO — Tutto è rimasto come prima, compreso il ritratto nella navata laterale, Ponzio Pilato che si lava le mani con espressione meditabonda. Le voci che arrivano dall'oratorio, i rumeni in fila per il pasto serale. Viola e Roberta che finiscono di recitare la preghiera quotidiana per lui, «per il nostro don» e si buttano nel vento gelido che taglia Bolzano. Lo aspettano, certo che lo aspettano. Ancora qualche giorno e poi don Giorgio tornerà a dir messa ai suoi fedeli. La fede non permette incertezze, e quindi, davvero, nulla cambia. Nella chiesa del Corpus domini di via Gutenberg, zona Don Bosco, la seconda circoscrizione più popolata e popolare della città, non è mai aleggiato il dubbio. Innocente, sempre e comunque.
L'ultimo verdetto, quello che dovrebbe sigillare questa storia, è invece uno specchio nel quale ognuno può vedere l'immagine che più gli piace. La sentenza della Corte di Cassazione su don Giorgio Carli non chiude, ma piuttosto riapre. Il prete accusato di pedofilia per aver abusato di una adolescente dal 1989 al 1994 — assolto in primo grado «perché il fatto non sussiste», sette anni e mezzo di carcere in appello — è stato prosciolto per la sopraggiunta prescrizione del reato, ma al tempo stesso condannato al risarcimento delle parti lese, ovvero la sua presunta vittima, per 760mila euro. Tecnicamente innocente, ma anche colpevole, o viceversa.
La voce della Diocesi è risuonata forte. «A carico di don Giorgio non esiste più alcuna sentenza di condanna. Per parte nostra abbiamo sempre creduto nella sua innocenza. Per questo egli è sempre rimasto confermato nel suo incarico di parroco ed ora riprenderà in pieno il suo ministero sacerdotale». L'opinione della Procura e degli avvocati delle parti lese è decisamente diversa. L'esistenza del reato è stata riconosciuta, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di dichiararlo prescritto, e inoltre non si è mai visto un imputato innocente costretto a pagare un risarcimento alla sua presunta vittima.
Lo scontro raggiunge punte di acredine raramente viste nei rapporti tra chiesa e magistratura. «L'atteggiamento della curia bolzanina è semplicemente vergognoso ». Questo è solo l'esordio. Da un paio di settimane Cuno Tarfusser è diventato un giudice della Corte penale internazionale dell'Aja. Fino all'11 marzo era il capo della Procura di Bolzano. «La curia continua pervicacemente a propugnare la tesi dell'innocenza riconosciuta. Falso. Don Carli tornerà a dir messa? Una indecenza sotto il profilo etico».
La storia sembra fatta apposta per dividere. La mattina del 14 luglio 2003, Giorgio Carli è un giovane prete conosciuto e stimato a Bolzano. Cura una rubrica quotidiana sull'emittente
Radio Sacra Famiglia, è un formidabile organizzatore di spettacoli e attività giovanili. Al pomeriggio, i carabinieri lo vengono a prendere in sacrestia. Da poco era stato destinato ad una nuova parrocchia, dove avrebbe dovuto occuparsi e convivere con bambini tra i 9 e 12 anni. Ad accusarlo è una sua giovane parrocchiana, ma le modalità sono particolari, uniche nella giurisprudenza italiana.
I fatti denunciati dalla ragazza risalgono a 14 anni prima. Sono riemersi dalla sua memoria dopo un lungo trattamento di psicanalisi, 350 sedute di un metodo chiamato «distensione meditativa » e che ha molti punti in comune con l'ipnosi. Dapprima è l'interpretazione di un sogno, nel quale la ragazza viene violentata da un gruppo di marocchini in un bar che si chiama San Giorgio, nome che simboleggia una crasi della realtà presunta, che indirizza le indagini. Le violenze reali e denunciate sarebbero infatti avvenute in un oratorio chiamato San Pio X, e perpetrate da don Giorgio. In seguito emergono anche dettagli, circostanze, testimoni, reali e non onirici.
La sentenza di primo grado si concentra sulla validità della testimonianza della vittima, e la giudica «inattendibile». Nell'aprile del 2008 l'appello ribalta tutto, considerando la teste «lucida, lineare, coerente», stronca la teoria dei «falsi ricordi» contenuta nelle motivazioni dell'assoluzione, pone l'accento sulle altre «prove certe risultanti dagli atti». Don Carli non viene sospeso, come accaduto in altre diocesi. È lui a scegliere il ritiro spirituale in una valle del Trentino. La Curia gli aveva chiesto di rimanere al suo posto, tra i fedeli. Il vescovo di Bolzano Wilhelm Egger, scomparso lo scorso agosto, lo ha sempre difeso affermando di aver svolto una «accurata indagine interna».
Tarfusser ci dà dentro, la vicenda ha lasciato strascichi evidenti. «Mai vista, mai prodotta al processo, l'indagine interna. La Curia deve rispettare la legge dello Stato, invece gioca a confondere le idee dei cittadini». La posta in gioco non è solo di carattere morale. I legali di parte civile hanno presentato la richiesta di risarcimento alla curia. «La sentenza di condanna è definitiva — spiega l'avvocato Arnaldo Loner - . Ma don Carli non è in grado di pagare. Essendo legato alla curia in maniera organica, sarà questo ente a versare la cifra stabilita dalla Cassazione ». Non ci sarà alcun risarcimento, ribattono i legali della curia e del religioso, perché la prescrizione del reato è subentrata prima della sentenza d'appello.
«Diciamoci la verità. La sentenza della Cassazione è stata davvero pilatesca». Flavio Moccia è uno dei difensori del religioso. «Su una vicenda che necessitava più di ogni altra di una parola chiara, è stato operato un compromesso. A mio giudizio, è stato fatto per salvare la procura». Don Carli, vestito in abiti civili, è appena uscito dallo studio affacciato su piazza della Vittoria. Ai suoi avvocati, in questi giorni, ha detto che non tutte le vie della nostra vita sanno di incenso.

mercoledì 25 marzo 2009

La Rai "laicista" che turba i sonni dei cardinali

La Rai "laicista" che turba i sonni dei cardinali

La Stampa del 25 marzo 2009, pag. 11

Giacomo Galeazzi

Malcontento della Santa Sede per la Rai affidata al ticket laico Garimberti-Masi che ieri ha ricevuto il «via libera» del premier Berlusconi (oggi è prevista l’investitura formale all’assemblea dei soci e giovedì quella della commissione di Vigilanza). Dopo le rassicurazioni di Palazzo Chigi su una presidenza e una direzione generale «attente alla sensibilità cattolica», la fumata bianca a viale Mazzini ha provocato stupore e insoddisfazione in Curia, dove si era puntato tutto su una «figura di garanzia» come Lorenza Lei, ex responsabile di Rai Giubileo da tempo in lizza per la direzione o la vice con deleghe «pesanti». Secondo quanto si apprende in Vaticano, nei contatti intercorsi fino a pochi giorni fa il governo aveva garantito nei Sacri Palazzi che dal confronto con l’opposizione sarebbero usciti candidati (come Enzo Cheli, Pier Luigi Celli, Marcello Sorgi) verso i quali non erano stati mossi da Oltretevere rilievi critici. Se ne sarebbe parlato anche due settimane fa, in via riservata e fuori dall’ufficialità del protocollo, in una cena a Villa Giorgina Levi, sede della nunziatura apostolica in Italia. In quella e in altre occasioni, alla sollecitudine manifestata da esponenti vaticani di primo piano per una televisione centrata sui «valori non negoziabili» hanno fatto riscontro le garanzie dell’esecutivo riguardo «un gruppo dirigente della Rai vicino alle istanze del mondo cattolico». Poi lunedì, a poche ore dalla conclusione del viaggio papale in Africa e mentre il presidente della Cei Angelo Bagnasco lamentava l’attacco dei mass media al Pontefice «irriso e offeso», è arrivata la sgradita sorpresa sulla Rai. Da tempo nei Sacri Palazzi la «piega laicista» del servizio pubblico veniva paventata e tenuta d’occhio nel momento di transizione delle nomine e si caldeggiava velatamente che la scelta cadesse su figure di segno diverso da quelle poi effettivamente emerse. In Vaticano, per valorizzazione della funzione formativa della tv pubblica si intendono nomi diversi da quelli - viene fatto notare - che ieri sono stati lungamente lodati nelle trasmissioni di Radio Radicale. E non è sfuggito Oltretevere il recente affondo anti-Vaticano del laicissimo editorialista Paolo Garimberti, di antiche simpatie repubblicane, nella sua rubrica sul «Venerdì di Repubblica».

Il presidente «in pectore» della Rai, il 20 febbraio, ha stigmatizzato «la mancata diretta sui canali generalisti di tutta la cerimonia del giuramento di Obama». Con una domanda che ora suona quasi come un proclama di battaglia e una sterzata laica all’azienda di viale Mazzini: «Perché per i funerali di Giovanni Paolo II si fa la diretta e per il giuramento di Obama no? Forse perché il Vaticano fa i palinsesti della nostra tv pubblica (e della sua informazione) e la Casa Bianca no?». Diversamente, invece, la pensa il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli che loda il lavoro fatto da Letta e Franceschini, sostenendo che «la politica esce rinfrancata nei suoi doveri e nella qualità».

Di fatto, però, il Vaticano non ci sta ritenendo la salvaguardia dei principi cattolici nella comunicazione una priorità per la Santa Sede, e specialmente in un momento così delicato («alla distorsione delle parole del porporato si accompagnano le strumentalizzazioni fatte delle parole del Papa», condanna il giornale vaticano) la funzione della Rai diventa centrale per la Chiesa. Contemporaneamente all’altolà dell’Osservatore, al Sir, il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei per il progetto culturale, lancia l’allarme per l’«emergenza educativa» di fronte alla quale la Chiesa deve «modificare il clima culturale», ma «senza lasciare ad altri la bandiera, e soprattutto la sostanza, della libertà». In tutto ciò l’importanza della Rai è fondamentale. «La televisione di Stato ha un ruolo particolare nella tutela del patrimonio di valori cristiani dell’Italia e non è indifferente se a guidarla siano personalità esterne a questa sensibilità», evidenzia don Franco Lever, decano della Facoltà di scienze della comunicazione sociale della Pontificia Università Salesiana. Rincara la dose il teologo Gianni Gennari, rubrichista storico di «Avvenire», il quotidiano della Cei: «In Italia la principale centrale culturale è controllata dai partiti e quindi la Chiesa non riesce a difendere nomi ad essa vicina. Ora c’è da temere l’estensione sul resto dei palinsesti di programmi a senso unico come quelli di Fazio e Augias. In Rai il presidente è come il leone della “Fattoria degli animali” di Orwell. Regna ma non governa. Il problema è la direzione generale, lì è il potere vero».

Voci? Chissà, ma di certo in questi giorni di trattative sulla Rai, anche un filo d’aria può somigliare ad un tifone. E così, nella «sfida» tra tv anche Sky si fa avanti in cerca di pezzi pregiati. E tra questi ce ne sono almeno due: Giovanni Minoli, direttore di Raieducazione, «papà» di Mixer ed ideatore della “Storia siamo noi”, e Carlo Freccero, direttore di Raisat e, soprattutto, specialista e sperimentatori di format televisivi nuovi, capaci di attrarre pubblico, e perché no, anche abbonati. Insomma, Sky si fa avanti e dopo numerosi artisti assoldati: da Fiorello a Panariello, passando per Lorella Cuccarini ora mette gli occhi sui gioielli della tv pubblica per qualificare ancor più e meglio il prodotto della tv generalista. Certo, per ora, assicurano, non sembra ci sia nulla di definito ma è chiaro che la televisione di Rupert Murdoch, da qualche mese a questa parte, non poche attenzioni sta destando tra artisti, producer ma anche tra i più noti e qualificati autori italiani. Da casa Minoli, ovviamente, non trapela nulla così come da parte di Sky che tra i corridoi di via salaria fa solo osservare, però, che con Carlo Freccero i rapporti ci sono ma riguardano meramente i programmi di Raisat che vanno in esclusiva proprio sulla piattaforma di Sky.

Francia e Germania insistono: preservativo, il Papa sbaglia

l’Unità 25.3.09
Francia e Germania insistono: preservativo, il Papa sbaglia
di Roberto Monteforte

Si smorzano i toni della polemica internazionale per le dichiarazioni di Papa Ratzinger contrarie all’uso preservativo per contrastare il flagello dell’Aids, ma la sostanza delle critiche resta intatta. Malgrado le forti accuse del presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, rivolte a chi ha attaccato per questo il Papa, tiene il punto il governo di Parigi. Lo fa con il portavoce del ministero degli Esteri, Eric Chevallier. Ieri ha precisato che il governo francese non aveva voluto polemizzare con Benedetto XVI quando ha criticato la sua frase sul ruolo dei preservativi nella lotta all'Aids, ma ha ribadito che quell'affermazione «può avere conseguenze drammatiche» per la salute pubblica. «Non volevamo fare alcuna polemica» ha spiegato. «Abbiamo soltanto detto, e lo ripetiamo, - puntualizza- che la frase del Papa sul preservativo può avere conseguenze drammatiche sulla politica mondiale in favore della salute». Il portavoce chiarisce: «Non abbiamo mai detto che il preservativo è l'unica soluzione del problema. Ce ne sono altre come l'assistenza medica, quella sociale, i test per individuare la presenza del virus, il sostegno psicologico». «Ma il preservativo - puntualizza - rientra fra questi e tutti i discorsi che vanno in direzione diversa, fatti per di più da una persona che ha enorme influenza, vanno contro l'interesse della salute pubblica».
La lettera su Le Monde
Una posizione che dà voce ad una critica molto diffusa «Oltralpe». È di ieri la «lettera aperta» al pontefice pubblicata da Le Monde e sottoscritta da autorevoli scienziati come il premio Nobel di medicina 2008 Francoise Barrè-Sinoussi e il professor Jean-Francois Delfraissy, direttore dell’Agenzia nazionale della ricerca su l’Aids con la quale si chiede al Papa di tornare sulle sue dichiarazioni sull’uso del preservativo. L'affermazione di Benedetto XVI, scrivono, «è contraddetta dai risultati di 25 anni di ricerca scientifica». Accusano il Papa di «cinismo insopportabile» e di esprimere una posizione «pericolosa per l'umanità». «Il suo posto le permette - aggiungono - di consultare i più eminenti esperti prima di esprimersi pubblicamente. Questi pareri avrebbero dovuto evitarle questa presa di posizione dalle conseguenze drammatiche. C'è ancora tempo per tornare sulle sue dichiarazioni».
Le critiche di Berlino
Alle critiche confermate da Parigi si aggiungono quelle di Berlino. «La nostra posizione su questo tema rimane invariata» ha detto ai giornalisti un portavoce del ministero della Sanità. «Noi sosteniamo ancora che bisogna usare i preservativi per prevenire l'Hiv e l'Aids», ha aggiunto tenendo ferma l’accusa di «irresponsabilità» mossa al pontefice dalle ministre della Sanità, Ulla Schmidt, e dello Sviluppo, Heidemarie Wieczorek-Zeul. «Noi raccomandiamo l'uso dei preservativi durante i rapporti sessuali - ha concluso - per prevenire l'Hiv e l'Aids nei casi che lo richiedano».

Resta calda la polemica sulle dichiarazioni di Benedetto XVI contrarie all’uso del condom in funzione anti Aids. Malgrado le accuse del cardinale Bagnasco Francia e Germania insistono: «Il Papa ha sbagliato, usatelo».

martedì 24 marzo 2009

"Il Papa è stato deriso e offeso" vescovi al contrattacco sull´Aids

La Repubblica 24.3.09
"Il Papa è stato deriso e offeso" vescovi al contrattacco sull´Aids
"Subito la legge sul biotestamento, basta tentennare"
di Orazio La Rocca

CITTÀ DEL VATICANO - Una legge sul testamento biologico che - «senza lungaggini o strumentali tentennamenti» - eviti «almeno» il ripetersi di nuovi casi Englaro. Ma, soprattutto, una ampia ed appassionata difesa del Papa dagli «attacchi pretestuosi, discutibili e insolenti» di quanti - nei media e persino in ambito ecclesiale - lo hanno «irriso» per aver sostenuto che il preservativo è «inutile» per la lotta all´Aids e per aver tolto la scomunica al vescovo negazionista Williamson.
Difesa a tutto campo del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, per papa Ratzinger e per le opzioni morali cattoliche, aprendo - ieri pomeriggio - il Consiglio permanente Cei, il «governo» vescovile della Chiesa italiana. Il porporato parla, brevemente, anche dell´attuale recessione economica per la quale invita «le istituzioni» a varare provvedimenti in difesa dei soggetti più deboli, «in particolare le famiglie in difficoltà, i disoccupati, i giovani». Vero e proprio «allarme sociale» contro il quale chiede che le diocesi italiane varino «fondi di garanzia per aiutare i nuclei familiari bisognosi». Una proposta subito definita «importantissima» dal segretario del Pd Enrico Franceschini, che parla di «segno di concretezza e di grande consapevolezza della crisi da parte della Chiesa».
Durissimo il riferimento alla vicenda di Eluana Englaro, che il cardinale inquadra in una sorta di lotta tra «chi ha nella vita il bene più grande di Dio» e chi, invece, pensa che l´esistenza sia solo frutto di «casuale» evoluzionismo. «Benchè quella povera ragazza non fosse attaccata ad alcuna macchina, s´è voluto decretare - accusa Bagnasco - che a certe condizioni poteva morire... contraddicendo una intera civiltà basata sul rispetto incondizionato della vita umana e smentendo un lungo processo storico che ci aveva portato ad affermare l´indisponibilità di qualunque esistenza, non solo a fronte di soprusi o violenze, ma anche di fronte a condanne penali quali la pena di morte». Si è messo, così, in moto «una operazione tesa ad affermare un �diritto´ di libertà inedito quanto raccapricciante, il diritto a morire, cioè a darsi la morte in talune situazioni da definire». Nell´invitare a pregare per l´anima di Eluana e per «il dolore dei parenti», il cardinale si augura che «almeno ora la politica sappia fare la sua parte, varando un inequivoco dispositivo di legge che, in seguito al pronunciamento della Cassazione, preservi il Paese da altre analoghe avventure, favorendo le cure palliative per i malati e l´aiuto alle famiglie attraverso le Regioni».
Altrettanto severo il richiamo al caso Williamson, una vicenda che, lamenta il porporato, «si è prolungata oltre ogni buon senso», a causa di «un lavorìo di critica dall´Italia e soprattutto dall´estero nei riguardi del nostro amatissimo Papa». Con la stessa determinazione Bagnasco respinge gli attacchi a cui è stato sottoposto Benedetto XVI all´inizio del viaggio africano - concluso proprio ieri dopo la visita in Angola - , un pellegrinaggio che «fin dall´inizio è stato sovrastato nell´attenzione degli occidentali da una polemica, sui preservativi, che francamente non aveva ragione d´essere. Non a caso sui media africani non si è riscontrato alcun autonomo interesse... ».

lunedì 23 marzo 2009

Colpo in cattedrale: sparite 237 reliquie

Colpo in cattedrale: sparite 237 reliquie
Be.Pi.
Il Messagegro (Roma) 23/03/2009

Un furto che porta dolore e rabbia e la scomunica agli uomini che quattro giorni fa hanno rubato tutte quelle reliquie sacre. Il furto è stato scoperto il 18 marzo, perché solo in quel giorno il parroco è entrato nella cattedrale chiusa e si è accorto che l'armadio che conservava tutti quei tesori era stato aperto e svuotato, ma potrebbe essere anche avvenuto molti giorni prima. Sono state rubate esattamente 237 reliquie di santi, trafugate dalla cattedrale della diocesi di Porto e Santa Rufina, alla Storta. Tra queste reliquie, anche un frammento di legno della Santa Croce e le reliquie dei santi Ignazio di Loyola e Ippolito, oltre che i resti sacri di numerosi martiri e santi. quie era stata donata alla cattedrale dal cardinale Eugenio Tisserant. Difficile stabilire il valore della refurtiva, per questo i carabinieri della compagnia Cassia che stanno portando avanti le indagini, si sono affidati anche ai colleghi del Nucleo tutela patrimonio culturale, coinvolti per la presenza di opere così antiche e preziose. I resti erano contenuti in reliquari di legno e argento e in teche di vetro e argento. I carabinieri hanno rilevato ogni tipo di impronta. «Sono veramente amareggiato - sostiene il parroco don Adriano Furgoni - dopo tante tribolazioni, anche questa». Il furto è stato scoperto la mattina del 18 marzo. La cattedrale è chiusa dal luglio scorso perché pericolante, i preti tornano a prendere qualcosa ogni tanto. «Purtroppo - dice don Adriano - non siamo riusciti a sistemare le reliquie altrove, perché non c'era un luogo idoneo. Pur essendo chiusa la chiesa e l'accesso vietato al pubblico, io e qualche mio collaboratore di tanto in tanto rientriamo per necessità. La porta che dagli uffici ci porta nella sacrestia, nell'orario di segreteria rimane talvolta aperta per consentire l'accesso a chi opera in parrocchia. Occorre dire, che una volta in sacrestia, non è difficile accedere alla cattedrale anche con le porte chiuse a chiave: questo per far capire le possibili modalità del furto». Il parroco e i suoi collaboratori già due giorni prima di scoorire il furto avevano notato che un'anta di un armadio riservato ai paramenti liturgici del vescovo era stata forzata, ma da un'ispezione della chiesa era risultato tutto in ordine. Solamente mercoledì i religiosi si sono accorti che era stata forzata anche un'altra porta e, controllato il reliquiario, hanno constatato il furto. Informato del furto il vescovo della diocesi di Porto e Santa Rufina, monsignor Gino La quasi totalità delle reliquie Reali, non ha avuto il minimo dubbio: ha decretato il provvedimento canonico dell'interdetto personale nei confronti dei ladri, cioè li ha scomunicati. «Si tratta di una specie di scomunica minore - spiega don Adriano Furgoni, parroco della Storta - ossia è una censura attraverso la quale vengono vietate determinate azioni sacre».

Il vescovo della bimba in Brasile. «Quei medici uguali a Hitler»

Corriere della Sera 21.3.09
Il vescovo della bimba in Brasile. «Quei medici uguali a Hitler»
di Rocco Cotroneo

RIO DE JANEIRO — Nemmeno la presa di distanza del Vaticano fa vacillare le convinzioni dell'arcivescovo brasiliano sul caso della bambina di 9 anni vittima di stupro a Recife. E' dura la replica della diocesi retta da José Cardoso Sobrinho a un articolo dell'Osservatore Romano,
che pone dubbi sulla scomunica dei medici che hanno effettuato l'aborto sulla piccola, incinta di due gemelli dopo essere stata violentata dal patrigno. «Abbiamo dato risalto pubblico alla scomunica perché ciò farà bene a molti cattolici, permettendo loro di evitare questo peccato grave - sostiene una lettera pubblicata sul sito della diocesi di Recife - . Il silenzio della Chiesa sarebbe molto dannoso, soprattutto considerando i cinque milioni di aborti che ogni anno avvengono in giro per il mondo». Lo stesso Cardoso, qualche giorno fa, ha dichiarato in una intervista che l'aborto è un delitto al pari dell'Olocausto: «Hitler voleva eliminare il popolo ebraico e si dice che arrivò a sterminare sei milioni di persone. Perché dobbiamo restare il silenzio quando le vittima dell' aborto sono ancora di più? Si tratta di un olocausto silenzioso».
A differenza del prelato brasiliano, che non arretra di un centimetro, il Vaticano nei giorni scorsi aveva calibrato le parole per smussare le divergenze con la diocesi di Recife. All'inizio, non appena la notizia dell'aborto sulla bambina fece il giro del mondo, da Roma era arrivata una sostanziale approvazione alla scomunica dei medici, per voce di Gianfranco Grieco, capo ufficio del Pontificio Consiglio per la Famiglia («La Chiesa non può mai tradire il suo annuncio»). Poi però monsignor Rino Fisichella, dalle colonne dell'Osservatore, aveva rettificato la posizione. «Sono altri coloro che meritano la scomunica e il nostro perdono.
Era più urgente salvaguardare una vita innocente — ha scritto il presidente dell'Accademia Pontificia per la vita —. Non era necessaria tanta fretta nel dare pubblicità e dichiarare un fatto che si attua in maniera automatica (la scomunica, ndr),
mentre sarebbe stato più importante un gesto di misericordia ».
Il Vaticano è ben conscio della valanga di critiche che si sono abbattute sulla Chiesa dopo il caso. Tanto che monsignor Fisichella si dice preoccupato, perché «ne risente la credibilità del nostro insegnamento, che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia». Per l'arcivescovo di Recife, invece, il silenzio e la discrezione sarebbero stati scambiati per collusione o complicità. Anche la conferenza episcopale brasiliana, nei giorni scorsi, aveva preso le distanze dalle posizione di Cardoso. E un paio di vescovi si sono ufficialmente dichiarati a favore dell'uso del preservativo.

"Prosciogliete il prete pedofilo" La Curia: ora torni a dire messa

La Repubblica 22.3.09
La Cassazione: prescrizione. Fu arrestato per abusi su una ragazzina. Ma deve risarcire la vittima
"Prosciogliete il prete pedofilo" La Curia: ora torni a dire messa
L´ex procuratore Tarfusser in disaccordo con la decisione di reintegrarlo
di Pierluigi Depentori

BOLZANO - Ancora pochi giorni e don Giorgio Carli, giovane prete bolzanino, potrà tornare a celebrare messa nella sua parrocchia di via Resia. Nulla di clamoroso, se in mezzo non ci fosse un caso giudiziario di violenza sessuale che sta spaccando in due la città. Don Giorgio fu arrestato nel 2003 dopo che una ragazza della sua parrocchia ricordò - nel corso di una seduta di psicoanalisi - gli abusi subiti dal prete molti anni prima, quando la giovane aveva soltanto 15 anni. Da allora è stato un susseguirsi di colpi di scena: assoluzione in primo grado, condanna a sette anni e mezzo di carcere in appello. Fino all´altro ieri, quando la Cassazione si è pronunciata con una sentenza che non ha fatto altro che alimentare la tensione sul caso: proscioglimento per prescrizione.
Per la curia altoatesina, una decisione da salutare con soddisfazione: «Don Carli non può essere considerato colpevole, essendo stata annullata la sentenza di condanna in secondo grado. Così rimane in vigore solo la prima sentenza di assoluzione. Abbiamo sempre creduto nell´innocenza di don Giorgio, per questo è confermato nel suo incarico di parroco». Dunque sarà questione di giorni: forse già martedì don Giorgio potrà tornare a dir messa nella sua parrocchia, nel cuore del quartiere italiano di Bolzano, magari proprio davanti alla ragazza che l´ha trascinato in questa vicenda giudiziaria.
Tutto bene, dunque? Macché. L´ex procuratore Cuno Tarfusser, da pochi giorni giudice della Corte internazionale dell´Aja, è tutt´altro che d´accordo con la curia: «La Cassazione ha valutato il reato contestato, lo dimostra il fatto che i giudici hanno confermato i risarcimenti alle parti civili». Don Carli dovrà, infatti, pagare oltre 700mila euro. «Condannare un innocente a un risarcimento di questo tipo sarebbe una barzelletta», ha aggiunto Tarfusser che ha rivolto alla curia l´invito ad essere «più cauta nei suoi commenti».
Dopo la condanna in secondo grado a sette anni e mezzo di reclusione il prete aveva lasciato Bolzano e la sua parrocchia. «Sono innocente e ora sarò assente per un po´», aveva scritto in una lettera aperta ai suoi parrocchiani. La decisione della Cassazione è stata accolta dal sacerdote � ha raccontato il suo legale Alberto Valenti � «con la serenità di sempre. Fa invidia la sua tranquillità nell´accettare le cose più paradossali, come questa sentenza alla Ponzio Pilato. La gente si stringe intorno a lui e lo sta aspettando».

A proposito di Dio... «Non mi interessa sapere se esiste o no - scrive Fernando Savater - ma vorrei sapere se l’eutanasia o l’aborto in Spagna dipenda

l'Unità 22.3.09
A proposito di Dio... «Non mi interessa sapere se esiste o no - scrive Fernando Savater - ma vorrei sapere se l’eutanasia o l’aborto in Spagna dipendano da patti con la Santa Sede»
Laici, come Democrazia comanda
di Fernando Savater

L’abc del cittadino
L’intervento inedito di Fernando Savater che ospitiamo in questa pagina sarà pubblicato a partire da domani su www.labreccia.it, il blog del Vocabolario laico di Vladimiro Polchi. Il blog ha già pubblicato interventi di Luciano Canfora, Massimo Salvadori e Michele Ainis e riceve il testimone dal libro appena uscito per Laterza «Da Aborto a Zapatero. Un vocabolario laico» di Vladimiro Polchi.
La «Breccia». A metà tra il blog e la rivista on-line, «La breccia» fotografa dall’alto i tanti terreni di scontro tra laici e cattolici. Perché, mai come oggi, il confine tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio si è fatto ambiguo e passa su terre ancora da esplorare.
Un inedito dello scrittore

È da non credersi quanto Dio faccia ancora parlare di sé. Ora che il cardinal Bertone è tornato ai patri lari (a proposito, sembra un po’ il malvagio mago Sokhura, interpretato in modo geniale da Torin Thatcher in Il settimo viaggio di Simbad) e che le nostre pie autorità si sono scosse di dosso l’odore d’incenso, forse potremmo parlare con franchezza dei cosiddetti «autobus atei» (?). Riconosco che mi costa fatica non simpatizzare con qualunque iniziativa che sia motivo di scandalo per il vescovado, ma in questo caso lo slogan («Probabilmente Dio non esiste. Non ci pensare e goditi la vita») mi sembra un’ingenuità tipicamente… anglosassone, un po’ nello stile di Richard Dawkins, ma anche in quello, opposto, del poco compianto George W. Bush.
Si possono muovere due obiezioni a questa professione motorizzata di scetticismo. Tanto per cominciare, i credenti adorano Dio proprio per contenere la loro preoccupazione principale - la morte - e dunque potersi godere la vita più o meno bene, come cerchiamo di fare anche noialtri.
L’ESISTENZA DI DIO
Al giorno d’oggi, coloro ai quali la religione causa più sofferenza che consolazione non ci mettono molto ad abbandonarla. In secondo luogo, dire che Dio «probabilmente non esiste» è dire troppo o troppo poco. Immaginiamo che qualcuno ci domandi se esiste la Banca Nazionale del Lavoro: poiché quest’istituto ha molte sedi, molti dirigenti e molti dipendenti, persone che gli affidano i propri risparmi, è quotato in borsa e si suddivide utili succulenti eccetera... non c’è cosa più logica e sensata che rispondere affermativamente. Ma se il mio interlocutore mi assicura di aver appena incontrato la Banca Nazionale del Lavoro per la strada, la quale gli ha rivelato alcune formule per uscire dalla crisi, mi rifiuterò di credergli... perché la banca in questione non esiste, cioè non esiste nel senso in cui esistono i passanti, Barack Obama, il Monte Bianco o gli invertebrati. Credo che con Dio accada la stessa cosa: in un senso è impossibile negarne l’esistenza, ma in un altro è impossibile affermarla. Ciò che non capisco è che Rouco, arcivescovo di Madrid, consideri una «offesa a Dio» il prudente motto riportato sulla fiancata dell’autobus: avrebbe potuto considerarlo un alibi (Stendhal disse che «l’unica scusa di Dio è che non esiste») o una conferma alla sua fede (il grande teologo Bonhoeffer, assassinato dai nazisti, assicurava che «un Dio che è, non è»).
Non mi piace che qualcuno sia chiamato «ateo», «agnostico» o con altri qualificativi religiosi: è come affibbiare una di quelle patenti per non guidatori che esistono negli Usa, che hanno lo scopo di non privare nessuno di un così indispensabile documento d’identità. Ma se devo rassegnarmi a una definizione, allora dirò che mi pare impossibile rendere l’ateismo compatibile con la smania missionaria: non nego che la cosa eserciti una certa attrazione morbosa, ma è incoerente come una suora che si dedichi allo strip-tease. Ben diverso è che a un ateo piaccia molto discutere con i credenti, come al mio buon amico Paolo Flores d’Arcais (che adesso, stanco dell’impantanamento politico italiano, vuole promuovere un nuovo partito ed è stato rimproverato perché «non ce n’è bisogno» e «ce ne sono fin troppi»: la stessa cosa che è accaduta in Spagna quando abbiamo promosso Unión Progreso y Democracia). La sua specialità sono i cardinali, che in Italia sono come i cuochi nei Paesi Baschi, cioè sono dappertutto e ve ne sono di vari tipi: dal sottile e post-heideggeriano Angelo Scola (vedi Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede, Marsilio) fino allo stesso Ratzinger prima di diventare papa (Dio esiste?, Micromega), più convenzionale. Il meglio di quest’ultimo libretto è l’appendice di Paolo, Ateismo e verità, e la sua ancor più gustosa discussione con due filosofi (Michel Onfray e Gianni Vattimo) in Atei o credenti? (Fazi). Non credo che ci sia qualcuno capace di argomentare con una pazienza e un rispetto maggiori di quelli dimostrati da Flores d’Arcais, sebbene anche lui si permetta di scherzare un po’: «le credenze religiose sono come un dado di senso nel brodo dell’esistenza».
GUSTAVO BUENO
Il contestato discorso di papa Ratzinger a Ratisbona ha meritato un intero libro di difesa, Dio salvi la ragione (Cantagalli). Fra i vari apologeti nazionali e stranieri che vi hanno collaborato, nessuno è più illustre e paradossale di Gustavo Bueno, un pensatore del nostro materialismo autoctono, ovvero quel che gli italiani definiscono un «ateo devoto», vale a dire un sostenitore del papa al di fuori della fede. Secondo Bueno, rispetto alle superstizioni e alle derive dell’infiacchita ragione postmoderna, è l’ortodossia cattolica l’erede della retta tradizione razionalista, malgrado le sue episodiche concessioni al miracoloso. Si scaglia perfino contro «l’estrema benevolenza umanistica» dei governi che nel laicismo trovano il canale per un’educazione razionale la quale, non potendo accettare il materialismo universale, finisce per adattarsi, nel suo relativismo, meglio dell’ortodossia alla dispersione dell’attuale analfabetismo. In altre parole, poiché il pontificato veramente auspicabile, cioè quello di Gustavo Bueno, viene posticipato indefinitamente, ben venga intanto quello di Benedetto XVI. Insomma...
Mi spiace ammetterlo, ma non mi preoccupa granché sapere se Dio esiste, come esiste e per chi esiste. Invece, quel che mi piacerebbe sapere è se in Spagna esiste veramente per tutti uno Stato laico come democrazia comanda, in cui l’educazione civica non sia un attentato totalitario commissionato dai vescovi né questioni come l’aborto, l’eutanasia o l’indottrinamento religioso nella scuola pubblica dipendano da patti con la Santa Sede basati su opportunismi elettorali. Quanto al resto... beh, mi viene in mente un aneddoto sulla festa di san Fermín. La plaza de toros di Pamplona traboccante di gente, baldoria generale, botti di vino a innaffiare le fette di prosciutto col pomodoro: improvvisamente capita un incidente nell’arena e qualcuno sbotta in un sonoro «Porc..!». La folla, sboccata ma devota, rimprovera il blasfemo, che replica a sua difesa: «Non vi preoccupate, non mi riferisco al vostro... ma a quello vero».

Gli strani silenzi sul Papa e i profilattici

La Repubblica 23.3.09
Gli strani silenzi sul Papa e i profilattici
di Marc Lazar

Le recenti affermazioni del papa, secondo cui «il problema dell´Aids non si può superare con la distribuzione dei preservativi, che anzi lo aggravano» hanno sollevato in Francia un uragano di proteste, mentre in Italia regna un silenzio assordante. È dunque forte la tentazione di vedere in questo sconcertante contrasto un ulteriore esempio dell´antica contrapposizione tra una Francia ostinatamente laica e un´Italia profondamente cattolica. In verità, la situazione è più complessa. La difformità delle reazioni va certo ascritta al peso delle differenze storiche tra questi due Paesi, ma anche a scelte politiche divergenti.
In Francia le reazioni più virulente sono state quelle dei rappresentanti del governo di destra. Il portavoce del ministro degli Affari esteri ha espresso la sua «viva preoccupazione per le conseguenze delle parole di Benedetto XVI», le quali « mettono a repentaglio le politiche di sanità pubblica e gli imperativi di tutela della vita umana». Si potrebbe obiettare che quel ministero è affidato a Bernard Kouchner, uno dei rappresentanti dell´apertura a sinistra del presidente Sarkozy, che ama ricordare di non aver cambiato le proprie idee. Ma anche Roselyne Bachot, ministra della Salute responsabile dell´Ump (il partito di Sarkozy) ha giudicato quelle parole «assolutamente catastrofiche e totalmente irresponsabili».
Quanto ad Alain Juppé, già primo ministro di Jacques Chirac e grande dirigente gollista, a suo giudizio «Benedetto XVI vive in una situazione di totale autismo». «Questo Papa», ha poi aggiunto, «incomincia a diventare un vero problema». Queste fragorose condanne da parte di eminenti rappresentanti della destra hanno eclissato quelle, più consuete, provenienti dalla sinistra e dagli ambienti massonici. La destra si è dunque definitivamente convertita alla laicità? Sì, ma solo in parte. Dopo averla combattuta, in particolare tra la fine del XIX secolo e l´inizio del XX, dagli anni ´60 l´ha fatta propria. Tuttavia Nicolas Sarkozy (che peraltro non si è espresso sulle parole del Papa) è stato il primo presidente della Repubblica a dichiarare «esaurita» ed «esposta al fanatismo» quella laicità francese che il suo predecessore Jacques Chirac aveva definito «monumento inviolabile». E il 20 luglio 2007, a San Giovanni in Laterano, Sarkozy ha proclamato che «le radici della Francia sono essenzialmente cristiane», tessendo gli elogi «dei sacerdoti e dei credenti»; e ha ribadito questo concetto nel gennaio 2008 a Ryad. Da tempo il presidente francese postula una «laicità positiva», più rispettosa delle libertà religiose, secondo una filosofia a un tempo più liberale e più comunitarista, rompendo così la tradizione repubblicana francese. Come interpretare queste diverse posizioni in seno alla destra? Differenze ideologiche personali? O ripartizione dei ruoli, col presidente Sarkozy più proteso verso i cattolici praticanti, che rappresentano una parte consistente del suo elettorato, e i suoi amici impegnati ad attirare altre fasce di elettori? O forse la destra fa ormai una distinzione chiara tra la funzione spirituale delle religioni, in quanto dispensatrici di senso in un mondo sempre più incerto, e le responsabilità dei politici - e ciò può indurli a contestare le posizioni delle autorità religiose, a incominciare da quelle incarnate dal Papa, quando contrastano col buon senso e indispongono l´opinione pubblica, non esclusa quella cattolica? Tutti questi interrogativi restano aperti. Ma le prese di posizione della destra francese hanno il merito di alimentare un vero dibattito pubblico.
Per converso, il mutismo dei politici italiani è stupefacente. Il ministro degli Esteri non ha voluto commentare «le parole del Papa». Il presidente del Consiglio Berlusconi si è limitato a dire: «Ciascuno svolge la sua missione in coerenza col suo ruolo», dichiarando poi di difendere la libertà della Chiesa anche quando proclama principi e concetti «difficili e impopolari». Al di là della sua discrezione su questa questione, la destra italiana è vicina alla Chiesa; la quale se ne rallegra, pur criticando talune misure del governo, in particolare per quanto riguarda l´immigrazione. Questa differenza di posizione rispetto alla destra francese ha varie spiegazioni. La prima è storica: in Italia la Chiesa occupa un posto assai più importante che in Francia, benché anche qui sia esposta al movimento di secolarizzazione e a una seria crisi delle vocazioni. Sul piano sociologico, benché i cattolici italiani siano ormai dispersi, i praticanti regolari sono assai più numerosi che in Francia e votano largamente in favore del centro-destra. Infine, all´interno di quest´area hanno avuto la meglio i teocon, o atei devoti, che si sforzano di dare un´identità cristiana non solo alla destra, ma all´Italia e magari all´Europa. In breve, la destra italiana ha fatto una scelta più conservatrice di quella francese.
Ma in Italia le maggiori sorprese vengono dal centro-sinistra. Dario Franceschini si è limitato a dire che il profilattico «èindispensabile per combattere la malattia in Africa e nei paesi poveri». Una dichiarazione quanto mai timida, che a confronto con i toni degli esponenti della destra francese li fa apparire come temibili avversari del papato. I motivi di questa prudenza sono chiari. Il Pd ospita nel suo seno diverse sensibilità, e data la crisi che attraversa, i suoi dirigenti evitano di aprire nuove polemiche interne per non indebolire ulteriormente il partito. Molti dei cattolici che militano nei suoi ranghi sono estremamente vigili su questi temi. Dal canto loro, gli ex Ds perpetuano una tradizione comunista che consiste nel cercare in ogni modo di non mettersi in urto con la Chiesa cattolica. È sostenibile questa politica dello struzzo? Oggi gli italiani di sinistra, siano essi laici, agnostici, atei, oppure cattolici tendenti al «fai da te», nel tentativo di conciliare le proprie convinzioni profonde con le raccomandazioni della Chiesa e delle sfide quotidiane della modernità, sono senza dubbio più avanti di quanto pensi il Pd. Infine e soprattutto, Benedetto XVI ha precisato più volte che esistono valori «non negoziabili», tra cui ad esempio la vita e la bioetica. In altri termini, il Pd dovrà scegliere e prendere posizione, soprattutto in un Paese in cui la Chiesa è in prima linea. Quanto più rinvierà questa scadenza, tanto più grave sarà la sua crisi di identità.
Traduzione di Elisabetta Horvat

mercoledì 18 marzo 2009

Englaro resta «cittadino onorario»

l'Unità Firenze 18.3.09
Englaro resta «cittadino onorario»
Scoppia il caso Mussolini
di Tommaso Galgani

In consiglio comunale stavolta la maggioranza vota compatta e attacca le «strumentalizzazioni» della destra. Caffaz: «Ora cancelliamo la macchia dell’onorificenza al capo fascista». Gelo tra assemblea e Curia.

No alla revoca della cittadinanza onoraria a Beppino Englaro. In vista, la proposta di togliere piuttosto quella conferita, durante il fascismo, a Benito Mussolini (nel dibattito in aula si sono levati anche saluti romani). È il verdetto della seduta di ieri del consiglio comunale di Firenze.
ENGLARO RESTA «ONORARIO»
L’assemblea respinge la delibera proposta dal centrodestra per revocare la cittadinanza onoraria concessa a Giuseppe Englaro. La delibera è stata respinta con 10 voti favorevoli (Pdl) e 31 contrari (tutto il centrosinistra, che applaude alla fine del voto). Lo scorso 9 marzo la concessione della cittadinanza onoraria al padre di Eluana era stata approvata con 22 sì, 16 no e 3 astenuti. In quell’occasione cinque consiglieri comunali del Pd avevano votato con il centrodestra e tre si erano astenuti. A questo punto, è probabile che la cerimonia di onorificenza a Beppino Englaro sia celebrata dall’assemblea il 30 marzo (e che lui arrivi in città il giorno prima), come da programma del presidente del consiglio comunale Eros Cruccolini.
ESULTA LA SINISTRA. CURIA, È GELO
«Il voto conferma la sovranità del consiglio», commenta la Sinistra. «Salva la laicità delle istituzioni», dice il capogruppo dei Verdi Giovanni Varrasi, in riferimento agli attacchi arrivati dalla Diocesi fiorentina al consiglio comunale dopo che l’assemblea aveva conferito l’onorificenza al padre di Eluana. Sulla questione, Cruccolini ha scritto una lettera all’arcivescovo Giuseppe Betori per ricordargli l’autonomia del consiglio. Ieri gli ha anche telefonato (il monsignore sta preparando la replica). Intanto a Palazzo Vecchio i consiglieri Anna Nocentini (Prc) e Marco Ricca (Ps) presentano la nascita della consulta sulla laicità, che dovrà diffondere il principio di laicità su problemi etici, bioetici, politici.
IL PD FA IL PUNTO. IL PDL FURIOSO
Dopo il voto di ieri, il capogruppo del Pd Rosa Maria Di Giorgi fa l’analisi di tutta la vicenda: «La delibera del Pdl è stato un passaggio poco rispettoso per il ruolo delle istituzioni. Nel Pd si sono evidenziate più posizioni: da chi apprezzava il percorso umano e pubblico di Englaro, ritenendo giusta la decisione, a chi dissentiva sul tipo di riconoscimento, ritenendo altre forme più appropriate, per finire a chi non condivideva il percorso da lui seguito». Non manca una stoccata ad Alessandro Falciani, consigliere comunale del Ps nonché padre della cittadinanza onoraria a Beppino Englaro (incassa il sì dell’assemblea anche alla sua proposta di far votare i sedicenni per i Quartieri): «In consiglio c’era accordo sulla necessità di portare avanti un approfondimento. L’unica forzatura è stata di Falciani, che ha voluto accelerare la delibera», dice Di Giorgi. Dal Pdl continuano a gridare alla «strumentalizzazione» e pensano che «saranno i fiorentini nella prossima legislatura a togliere l’onorificenza a Beppino Englaro».
IL CASO MUSSOLINI
Dopo la denuncia de l’Unità, in aula Falciani ricorda al centrodestra: «Voi volete togliere la cittadinanza onoraria a Beppino, ma non quella al padre del fascismo Benito Mussolini». Tra il pubblico partono saluti romani da parte di appartenenti a dei movimenti di estrema destra: Cruccolini manda subito i vigili a monitorare la situazione. Nicola Rotondaro del Pdci parla di «atto indegno» circa l’onorificenza al Duce. Ugo Caffaz del Pd annuncia: «In settimana proporrò una delibera per chiedere l’annullamento della cittadinanza onoraria a Mussolini, che ha privato l’Italia della libertà e si è alleato con Hitler: per Firenze si tratta di una macchia da cancellare». Con Caffaz si schiera la Sinistra (l’Anpi scriverà al sindaco Leonardo Domenici affinché intervenga sulla linea di Caffaz, come hanno fatto già altre decine di Comuni italiani), mentre dai banchi del Pdl si sollevano urla dopo l’intervento del consigliere del Pd. «Il centrosinistra continua a strumentalizzare. Su Mussolini bisogna storicizzare: allora potremmo proporre come provocazione di intitolare una strada a Stalin o di togliere le vie con riferimenti al comunismo», ribatte Paolo Amato, consigliere del Pdl.

Presentata al Senato l´associazione "Per Eluana". Il Pdl protesta: atto di presunzione

La Repubblica 18.3.09
Presentata al Senato l´associazione "Per Eluana". Il Pdl protesta: atto di presunzione
Englaro si appella a Napolitano "Neghi la firma al bio-testamento"
Anche D´Alema critica il consiglio al Colle: "Il capo dello Stato sa bene da solo che fare"
di Piero Colaprico

ROMA - L´associazione "Per Eluana" è apolitica, lui non entra in alcun partito, non fa nemmeno da testimonial ai vari leader che lo cercano. Evita di finire nel rogo delle polemiche la "strega" Beppino Englaro, però non arretra d´un passo: «L´esperienza di mia figlia può servire per aprire gli occhi di fronte alla realtà».
Ieri, seduto nella sala Nassyria del Senato, accompagnato dai medici Giandomenico Borasio e Carlo Alberto Defanti, il papà di Eluana, la donna in stato vegetativo per oltre diciassette anni e morta il 9 febbraio scorso, è intervenuto a gamba tesa sulla legge sul testamento biologico. Ha detto di sperare che «il presidente Napolitano non la firmi, o che la Consulta la ritenga incostituzionale e la bocci».
«Noi – precisa Borasio, docente in un´università tedesca – vogliamo far presente che in Europa nutrizione e idratazione sono considerate ovunque terapie», e quindi possono essere rifiutate, e non imposte senza fine, come vorrebbe la legge in discussione. «Lo Stato – continua il docente - non può sostituirsi al malato nelle scelte del fine vita. Non esiste un paese civile in cui i sondini hanno più diritti dei malati». Sono frasi pronunciate, ci tiene lui stesso a precisarlo, «da un cattolico praticante e membro dell´Accademia cattolica di Baviera». Papà Beppino, serio, a tratti emozionato, ascolta i medici come se non avesse sentito gli stessi discorsi varie volte. Nonostante alcuni politici e i giornalisti provino a spingerlo un po´ più in là, resta fedele alla missione dell´associazione: «La confusione e la disinformazione hanno raggiunto il loro apice in questi mesi. Il nostro scopo è contribuire alla chiarezza scientifica su queste problematiche ancora irrisolte. Non impedire che la natura faccia il suo corso non ha nulla a che fare con l´eutanasia. Significa accettare la "finitudine" della vita». É il professor Defanti a mettere i puntini sulle i, ricordando che «noi a proposito di Eluana e della sua salute abbiamo detto sempre le cose come stanno, come sono scritte nella cartella clinica. Se poi altri hanno detto bugie agghiaccianti, sulla paziente che reagisce e sorride o può deglutire, noi non c´entriamo. Non possiamo ribattere a ogni follia».
Nella sala di Palazzo Madama c´erano, tra gli altri, Anna Finocchiaro, Ignazio Marino e Carlo Pegorer e Franca Chiaromonte (Pd), Ferruccio Saro e Antonio Paravia (Pdl), Pancho Pardi (Idv), il radicale Marco Perduca e il direttore di Micromega Paolo Flores D´Arcais. Nel merito delle questioni sollevate da Beppino non è entrato nessuno. Anzi, dal centrodestra, Gaetano Quagliarello bolla la conferenza stampa come «un atto di presunzione nei confronti della sovranità popolare». Maurizio Gasparri rilancia: «Non ci faremo intimidire da palesi speculazioni politiche». E una tirata d´orecchi per lo stile arriva anche da Massimo D´Alema: «Nessuno può parlare di quello che deve fare o non deve fare il capo dello Stato, che sa benissimo cosa fare». Papà Beppino, però, non si rammarica: «Non sono un diplomatico, quello che devo dire, come cittadino, lo dico e lo dirò sempre».

L´immunologo Aiuti: "Si rischiano nuove epidemie"

La Repubblica 18.3.09
L´immunologo Aiuti: "Si rischiano nuove epidemie"
Suore, scienziati e volontari "Così si fa solo disinformazione"
di Cristina Nadotti

Una cosa è parlare sorvolando l´Africa a bordo di un aereo, un´altra è vivere tutti i giorni a contatto con chi di Aids muore e con chi, sebbene sieropositivo, cerca di vivere una vita normale. Ancora una volta le idee di un papa sull´uso del preservativo scatenano reazioni che sottolineano la distanza tra le elaborazioni teoriche e la prassi quotidiana. Suor Laura Girotto, salesiana fondatrice e anima di una missione ad Adua, commenta dall´Etiopia: «È vero quanto afferma Benedetto XVI, l´Aids non si ferma solo con i preservativi, è necessaria soprattutto una corretta informazione scientifica, un´educazione puntuale perché qui l´ignoranza è abissale. Non si può accettare di sentire gli uomini ai quali viene consigliato di usare il preservativo dire che se lo usassero sarebbe come mangiare una caramella senza scartarla. È giusto dire che i preservativi non bastano a risolvere il problema, ma bisogna anche dare informazioni corrette». E in Africa le scelte sono spesso dettate da quello che anche la religiosa chiama «buon senso» piuttosto che dalla dottrina: «Non si può dire a una coppia di ventenni, di cui uno sieropositivo, che non dovranno più manifestare il loro amore anche attraverso la tenerezza. L´amore fisico non ce lo siamo inventato, ce l´ha dato il buon Dio. E allora in quel caso il profilattico è una sicurezza, consigliarne il suo uso non è più un fatto morale, ma una questione di buon senso».
Le parole della religiosa sono riprese anche da ong laiche. Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid, sottolinea: «Benedetto XVI si oppone all´uso del preservativo, ma non possiamo dimenticare che esso rimane un´arma decisiva per la prevenzione, perché riduce drasticamente le possibilità di contrarre il virus durante i rapporti sessuali». Non ha dubbi sul valore scientifico dell´uso del preservativo l´immunologo Ferdinando Aiuti: «Ovunque il profilattico è stato utilizzato nelle campagne di prevenzione della malattia, adottate da alcuni governi africani, l´infezione è stata contenuta. La Chiesa può non condividere l´uso del preservativo - ha detto il medico - ma non può dire che non è un´arma o lasciare passare il messaggio che può creare più problemi: è una disinformazione che può portare alla ripresa delle epidemie»

Il tabù del pontefice

La Repubblica 18.3.09
Il tabù del pontefice
di Adriano Prosperi

Basta una parola e l´interesse si accende. Quella parola del papa: preservativo. È la prima volta. E tutto il resto passa in secondo piano.
Quella parola riassume la realtà di un intero continente in una immagine che salda rapporti sessuali e malattia. Ma è la consistenza tutta materiale dell´oggetto che colpisce: è come se all´improvviso si incrinasse l´aura di meditazione di quello studio papale dal quale siamo abituati a veder uscire libri e discorsi su temi delicati e materie spirituali. Ma nessuno sull´uso del preservativo.
Si vorrebbe evitare di cadere nella trappola che quella parola mette sul sentiero di una delle rare occasioni che si hanno in Italia di parlare delle realtà e dei problemi dell´Africa. L´Africa, infatti, ci è vicina non solo fisicamente. Il viaggio papale potrebbe richiamare l´attenzione sulla realtà e sui problemi di un continente sulle cui speranze di crescita economica e civile la crisi attuale fa gravare di nuovo lo spettro di barriere protezionistiche negli scambi commerciali e di restrizioni perfino nell´offerta di lavoro nero e più o meno apertamente schiavistico.
Ma la parola che si è affacciata sulla bocca del papa ci ricorda che quel continente ha per gli italiani il volto delle prostitute delle nostre periferie urbane, cioè quello della minaccia dell´Aids. E di associazione in associazione vengono in mente tante cose: i tentativi di qualche ministra di cancellare la vista di quelle donne a suon di circolari, accettando e nascondendo così la realtà della schiavitù femminile fatta di corpi a buon prezzo - perché intanto la prostituzione resta l´unica carta di ingresso valida per le donne, specialmente per quelle africane.
Ma la frase del papa non è certo casuale. Essa anticipa il senso di questo viaggio e gela in partenza ogni speranza di mutamento nelle posizioni ufficiali della Chiesa. Si ribadisce così una condanna ecclesiastica dei contraccettivi che dura da decenni, che ha sollevato dubbi e critiche anche all´interno del mondo cattolico e che continua a indirizzare l´azione dei missionari cattolici opponendoli all´opera di quelle organizzazioni sanitarie internazionali che insistono sulla necessità di combattere l´Aids anche con i preservativi: anche, non solo.
Perché sicuramente il papa ha ragione quando dice che l´epidemia «non si può superare con la distribuzione dei preservativi» e quando chiede cure gratis per i malati di Aids. Ma quell´aggiunta – «anzi, i preservativi aumentano i problemi» – sembra piuttosto discutibile. Non è forse vero che quella barriera meccanica tutela le donne e può impedire la trasmissione del virus dell´Hiv? E dunque perché ostinarsi a proibirne l´uso? Perché non avviare un´educazione sanitaria alla sessualità che, nelle mani delle potenti reti missionarie della Chiesa, inciderebbe rapidamente e profondamente nella realtà di quel mondo?
Abbiamo conosciuto nelle nostre università generazioni di medici cattolici che hanno dato un contributo generoso di lavoro volontario negli ospedali delle missioni, specialmente in Africa. A persone come loro è diretto l´invito papale alla condivisione fraterna, a "soffrire con i sofferenti". Ma che cosa accadrà a chi usa il preservativo?
La durezza atroce, disumana della condanna ecclesiastica che ha colpito con la scomunica la bambina brasiliana e i medici che ne hanno salvato la vita facendola abortire non è stata un bell´esempio di condivisione delle sofferenze. Perfino in Vaticano qualcuno ha avuto l´impressione che si sia esagerato: ma forse solo perché la reazione delle coscienze offese è stata immediata e unanime. Di fatto non risulta che quella scomunica sia stata cancellata. Il corpo della donna resta ancora per questa Chiesa un contenitore passivo di seme maschile, un condotto di nascite obbligatorie, segnato dal marchio biblico della maternità come sofferenza. L´anima di una bambina brasiliana o di una donna camerunense è meno importante di quella di un vescovo antisemita e negazionista.

martedì 17 marzo 2009

Il turismo religioso tra business e fede

Il turismo religioso tra business e fede
C.A.
Quotidiano di Puglia 13/10/2006

Li chiamano i “vacanzieri dell'anima” ma non sono altro che turisti che visitano mete religiose. In Italia sono 35 milioni ogni anno, il 30% dei quali è rappresentato da stranieri. A loro è dedicata la terza edizione di “Aurea”, la Borsa internazionale del turismo religioso e delle aree protette in cortso da ieri sino al a sabato 14 ottobre a San Giovanni Rotondo, città in cui visse e operò san Pio di Pietralcina. Su circa 2.000 metri quadrati, 70 espositori e 90 operatori turistici provenienti da 23 mercati internazionali, offrono novità, viaggi e pacchetti di soggiorno nei luoghi religiosi nel mondo. Un business da non sottovalutare, che raggiunge i 4 miliardi di euro l'anno: in Italia, la parte del leone la fa la Puglia, con il 3% annuo di turismo religioso che si concentra in particolare sul Gargano, tra San Marco in Lamis, Monte Sant'Angelo e San Giovanni Rotondo. Le novità che offre questa terza edizione di Aurea sono rappresentate dalla presenza di numerosi stand stranieri: Filippine, Canada, Argentina, Brasile, Usa, Russia. Germania, Olanda, Gran Bretagna, Olanda, Polonia. Ungheria, Slovacchia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Austria e, in particolare, quello del santuario di Fatima e della Palestina, con la presenza del viceministro palestinese Marwan Toubassi. La presenza di Toubassi a San Giovanni Rotondo testimonia come, anche attraverso il turismo religioso, vi può essere una vicinanza con altri Paesi, in particolar modo l'Italia e l'Europa. Il viceministro si è detto particolarmente soddisfatto per la partecipazione del suo Paese alla manifestazione, e ha voluto sottolineare soprattutto l'importanza della comunicazione e della vicinanza. «Questa manifestazione - ha detto il sottosegretario agli Affari regionali e alle Autonomie locali, Pietro Colonnella - è strategica rispetto a un segmento in forte crescita. Il turismo religioso - ha aggiunto - è, in senso più ampio, conoscenza, spiritualità, ricerca della propria identità. Da qui, da Aurea, arriva un messaggio chiaro e forte: in questo nostro sud, in questa nostra Italia, i turismi possono essere una grande occasione di sviluppo economico, umano e culturale». La cerimonia di inaugurazione è stata accompagnata dai convegno “Dai cammini d'Europa alla via Francigena dei Sud: il dialogo interculturale tra Oriente e Occidente sulla via di Gerusalemme per rilanciare l'incoming in Italia”, al quale hanno preso parte Massimo Ostillio (assessore al Turismo della regione Puglia); Piergiorgio Togni (direttore dipartimento turismo del ministero dei Beni Culturali); Eugenio Magnani (direttore Enit, l'Agenzia nazionale del turismo); Carmine Stallone (presidente della Provincia di Foggia); monsignor Domenico D'Ambrosio (arcivescovo di Manfredonia, Vieste e San Giovanni Rotondo); Padre Caesar Atuire (direttore generale dell'Opera romana pellegrinaggi); Salvatore Mangiacotti (sindaco di San Giovanni Rotondo); frate Gianmaria Di Giorgio (delegato della provincia religiosa di Monte sant'Angelo e Padre Pio) e, infine, Luigi Manzionna, presidente di Spazio Eventi. L'incontro è servito soprattutto a tracciare lo stato di salute del turismo italiano, già peraltro evidenziato quindici giorni fa a Montesilvano in sede di Conferenza nazionale sul Turismo. «Questo governo è quello che ha fatto di più per il turismo, ha detto Piergiorgio Togni, precisando che «in Finanziaria sono stati stanziati complessivamente circa 450 milioni di euro e tante sono le incentivazioni a favore del comparto. Il presidente Prodi in persona sta sostenendo insieme al vicepresidente Rutelli l'idea del recupero delle vie dei pellegrini: c'è già stata una prima riunione a Palazzo Chigi, cui ne seguiranno altre con soggetti ed enti pubblici e privati: l'obiettivo è quello di realizzare un progetto unitario nazionale che ampli e valorizzi quello interregionale sulle vie Francigene, Romea e sugli itinerari di San Francesco, che vede come capifila la Regione Toscana».