martedì 30 giugno 2009

Quando le città si contendevano il Corpo del Santo

La Repubblica 30.6.09
Quando le città si contendevano il Corpo del Santo
di Agostino Paravicini Bagliani

Per la tradizione emanano profumi e sono fonte di prodigi. Da San Nicola si dice che sgorghi olio. Una sterminata collezione di braccia, gambe, cuori, occhi: davano prestigio e protezione

Gli antichi romani veneravano gli eroi e ne custodivano con particolare devozione gli oggetti che gli erano stati associati come reliquie ma ritenevano che il loro cadavere fosse inviolabile. Con l´avvento del Cristianesimo, i corpi dei santi, soprattutto se rinvenuti integri, assunsero invece una funzione di protezione soprannaturale.
Nel 395, a Milano, Sant´Ambrogio seppe da una visione dove si trovavano i corpi dei martiri Nazario e Celso che erano stati decapitati, riscontrò il corpo di Nazario «perfettamente integro e intatto, con barba e capelli, cosparso di sangue fresco come fosse stato appena sepolto».
Nel Medioevo si pensava che dal corpo del santo emanasse una virtus specialissima che poteva anche corrispondere ad una sorta di talismano: i mercanti veneziani, per evitare naufragi, portavano con sé dell´acqua che era stata in contatto con la tomba di San Marco.
A Roma, al centro della Cristianità, la cappella particolare del papa - il Sancta Sanctorum, presso San Giovanni in Laterano - conservava una delle più ricche collezioni di reliquie di corpi santi: le braccia di San Cesario, due ossa di San Giovanni Battista, un osso di San Gerolamo, la spalla di San Dionigi l´Areopagita, il ginocchio di San Tiburzio, frammenti delle teste di San Pietro e di San Paolo, e il capo di Sant´Agnese, oltre che reliquie di San Lorenzo, il santo patrono della cappella.
Possedere una reliquia conferiva prestigio ad un´intera comunità. La Legenda aurea - la più celebre raccolta medievale di vite di santi (trad. Giovanni Paolo Maggioni, Firenze Edizioni del Galluzzo, 2007) - raccontava che quando i Turchi distrussero Mira, dove San Nicola era stato sepolto, quarantadue soldati di Bari riuscirono a traslare nella loro città «le sue ossa che galleggiavano nell´olio. Era l´anno 1087».
Anche la scoperta delle reliquie dei santi Matteo e Luca permise a Padova di far parte della ristretta cerchia di città italiane che possedevano reliquie degli evangelisti. E a Venezia, il rinvenimento, nel 1094, delle reliquie di san Marco in un pilastro della basilica, suggellò per secoli l´alleanza della città con il santo.
Il conflitto con Barbarossa fece invece perdere a Milano le reliquie dei Re Magi, a favore di Colonia, dove i Re Magi conosceranno un culto rapidissimo.
Sempre secondo la Legenda aurea, una maggioranza di santi esalavano odori profumati al momento della loro morte. Quando San Nicola fu sepolto in una tomba di marmo, «dalla sua testa sgorgò una fonte di olio e ai suoi piedi una fonte d´acqua e fino ad oggi dalle sue membra trasuda un olio che ridona la salute a molti».
San Nicola aveva dunque un corpo "miroblita", un attributo che fu sovente dato ad un santo (si pensi a San Demetrio Miroblita) per indicare che il suo corpo defunto lasciava colare olio profumato.
Alla morte della principessa Elisabetta d´Ungheria (1231), uno degli elementi che «rese evidente la sua castità e la sua purezza», fu appunto il «diffondersi del profumo». Ed anche alla morte di Teresa d´Avila (1582), i biografi della santa insistettero sulla "suavità" che emanava dal suo cadavere. Il suo corpo esalò odori "suavi" anche dopo la sepoltura, per cui fu riesumato e distribuito a vari monasteri: la mano sinistra fu affidata alle carmelitane scalze di Lisbona, il braccio sinistro fu lasciato ad Alba de Tormes, il resto del corpo fu portato al monastero di san Giuseppe d´Avila.
L´incorruttibilità del cadavere non è però sufficiente a garantirne la santità. Quando, l´11 ottobre 1605, il sepolcro di papa Bonifacio VIII (1294-1303) fu aperto (si stava allora costruendo la moderna basilica vaticana), la salma fu trovata «intatta e non corrotta» e fu perciò esposta per devozione nella sala degli archivi della basilica vaticana.
Ma la scoperta dello stato incorrotto della salma di un papa dalla memoria così controversa non fu, né allora né poi, considerato un indizio di santità.

Il Paese delle reliquie

La Repubblica 30.6.09
Il Paese delle reliquie
di Jenner Meletti

Dopo la scoperta dei resti di San Paolo, viaggio nell´Italia che venera il corpo dei santi. Per capire le ragioni di un culto millenario
I resti di San Paolo sono solo l´ultimo ritrovamento E daranno vita a un nuovo culto. Perché in Italia la venerazione delle reliquie è antichissima E ancora oggi molto diffusa. Ecco perché
C´è concorrenza, fra i santuari, perché i pellegrini sono anche turisti che portano denari
C´è chi ha bisogno di vedere, e magari toccare per cercare una conferma al proprio credo

Lo ricorderà per sempre, quel giorno del 1965. «Ero un giovane seminarista, ma potei assistere alla riesumazione del corpo di don Luigi Orione, nel santuario della Madonna della Guardia a Tortona. Erano passati 25 anni dalla sua morte: il corpo era intatto, ancora elastico. Prima di riporlo nell´urna di marmo, gli tagliarono la barba. Gli era cresciuta anche dopo la morte». Don Flavio Peloso allora aveva 13 anni e adesso è il superiore generale dell´Opera don Orione. Il ritrovamento della tomba di San Paolo («Sono stati trovati i resti - ha detto papa Benedetto XVI - di una persona vissuta fra il I e il II secolo») gli fa tornare alla mente quel giorno del 1965. «Non avevo nessuna paura. I superiori mi dissero che potevo avvicinarmi al corpo del nostro fondatore e io accettai l´invito. Mi fece tanta tenerezza, vedere quel volto che fino ad allora avevo visto solo in fotografia. Era davvero il corpo di un santo. Lo capimmo tutti, anche se per la canonizzazione abbiamo dovuto aspettare il 16 maggio 2004».
Il corpo di don Orione è ancora a Tortona, il suo cuore invece è a Claypole, vicino a Buenos Aires. «Può sembrare strana, questa venerazione del corpo dei Santi, ma solo a chi non conosce la religione cattolica. Alla base di tutto c´è l´affetto e questo vale per tutti i defunti. Si conserva un oggetto, una fotografia, si va al cimitero. Vado spesso in Madagascar e lì, ogni cinque o sei anni, i morti vengono levati dalle tombe, ripuliti, rivestiti con nuovi abiti… Per i cattolici c´è qualcosa in più: si rispetta il corpo che è tempio e opera di Dio ed è annuncio di resurrezione. Per il corpo del santo c´è una venerazione più alta perché è stato testimone e strumento di opere di santità».
L´annuncio del papa sulla scoperta che «sembra confermare l´unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell´apostolo Paolo» provoca, nel superiore degli «Orionini», una forte emozione. «Per noi cristiani queste non sono solo notizie di grande valore archeologico e artistico, ma costituiscono un prezioso documento sulla nostra fede cristiana che viene da una storia che ha fatto storia e ha lasciato tracce storiche. Non è una mitologia, una filosofia, una morale ben pensata. Non è una creazione dell´uomo ma un evento storico accaduto e che come tale ha lasciato tracce e documenti certi, accessibili, non equivoci. La storia della salvezza "avvenne", "il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi". E´ davvero importante trovare conferme storiche. Viviamo in un mondo dove c´è chi, a pochi decenni di distanza, cerca di negare l´Olocausto».
Non è semplice nemmeno dopo la morte, la vicenda dei santi. «Nel 1977 - racconta don Flavio Peloso - a Tortona ci fu una grande alluvione che allagò anche la cripta del santuario. Noi potemmo riaprire la tomba di don Orione solo nel 1980, l´anno della beatificazione. Il corpo era deteriorato e allora fu decisa la "mummificazione artificiale". In pratica, si usano sostanze chimiche che essicano il corpo. E così abbiamo potuto esporre il corpo, in una teca. Arrivano fedeli da tutto il mondo. C´è chi ha bisogno di "vedere", e magari toccare, per cercare una conferma nella fede. I tecnici, sempre nel 1980, ci spiegarono che con la mummificazione gli organi interni sarebbero stati perduti e allora fu deciso di togliere il cuore. E´ stato messo in una reliquiario, che nel 2000 è stato mandato in Argentina, perché questo era il desiderio di don Orione. Venerare il cuore di un santo è un richiamo storico e culturale alla comunione con quel santo e con Dio. Non a caso si conservano ancora i cuori dei santi Teresa d´Avila, Carlo Borromeo, Francesco di Sales, Vincenzo de´ Paoli…».
La notizia del San Paolo ritrovato riapre vecchie polemiche. Il carbonio 14 è cosa buona e giusta quando conferma l´autenticità della tomba dell´apostolo ma viene messo in discussione quando rileva che la Sindone, il sudario in cui fu avvolto il Cristo, il realtà sarebbe medievale. Secolari sono poi le accuse contro il traffico di reliquie, più e meno autentiche, che paradossalmente continuano anche nei giorni nostri. Ieri, su eBay, era possibile comprare una «reliquia del Beato Giacinto martire» a soli 110 euro o «una coppia di reliquiari per reliquia» a 1.000 euro.
«L´annuncio dato dal papa sulla tomba di San Paolo - dice Alessandro Albertazzi, docente di storia contemporanea all´ateneo bolognese e postulatore di numerose cause di canonizzazione - ci fa molto piacere soprattutto perché conferma che chi per secoli ci ha parlato dei primi cristiani a Roma, di San Pietro e di San Paolo, non ci ha raccontato frottole. La scoperta ci dice che la storia conferma ciò che abbiamo creduto per fede. E non possiamo certo stupirci per il ruolo che il "corpo" ha nella nostra fede. Il Credo si chiude con l´annuncio della "resurrezione dei morti e la vita eterna". Il vecchio Credo, in modo ancor più esplicito, parlava di "resurrezione della carne". Tutta la nostra fede non esisterebbe senza quel Dio che è diventato uomo, un corpo che è stato crocefisso poi è risorto… E il corpo del santo viene venerato perché è testimonianza delle buone opere compiute. Non deve stupire, questo legame. Chi ha perso i genitori va al cimitero, parla con loro, cerca di ricordi. Stare davanti alla tomba dei santi o a quella di genitore è anche un modo per riconquistare la memoria».
Si chiama pellegrinaggio, la visita ai corpi dei santi. «Non è obbligatorio ma certo rinforza la fede. Questo perché essere pellegrini vuol dire accettare la penitenza, l´obbedienza, l´umiltà. Vai a Lourdes, aspetti che prima di te entrino nelle vasche i malati, anche quelli con le pustole, e devi obbedire alle pie donne che ti dicono quando devi entrare e quando devi uscire… Segui il Camino di Compostela, anche soltanto per qualche giorno, e senti addosso la grande fatica di un duro percorso che sembra non finire mai. Sono atti di devozione che possono aiutarti a rafforzare la fede, soprattutto quando è debole».
C´è anche molta concorrenza, fra i diversi santuari, perché i pellegrini sono anche turisti che dovrebbero portare offerte nelle cassette delle elemosine e soprattutto denari in hotel e ristoranti. Chiese e santuari con i corpi dei santi - come Sant´Ambrogio a Milano, San Marco a Venezia, San Nicola a Bari, il duomo con San Gennaro a Napoli - o luoghi di culto mariano come la Madonna di Nazareth, salgono e scendono nelle quotazioni dei fedeli come titoli in borsa. E non sempre i desideri diventano realtà. A San Giovanni Rotondo, ad esempio, l´esposizione del corpo di padre Pio (con maschera in silicone disegnata dalla londinese madame Tussauds, del museo delle cere) non ha risollevato dalla crisi alberghi e ostelli vari. «Domenica scorsa, quando è venuto il papa - dice S., che lavora in un call center che riunisce 40 hotel - abbiamo ricevuto prenotazioni per 45 camere in tutto. Nei primi sei mesi di quest´anno, rispetto all´anno scorso, i clienti in hotel sono diminuiti del 60%. Sono meno anche rispetto a due anni fa, quando l´esposizione del corpo di padre Pio, avvenuta il 24 aprile 2008, era solo un progetto». Alberghi che chiudono, bed & breakfast che restano vuoti per mesi. «I pellegrini arrivano dai paesi vicini e dormono a casa loro. I pochi che arrivano da lontano si fermano un´ora o due e alla sera sono già a Roma». Il corpo del santo verrà messo nella cripta sotto la nuova chiesa di Renzo Piano. «Padre Pio - dice S. - voleva restare in pace in un cantuccio del convento. Da quando l´hanno disturbato, ci ha messo in punizione. La penitenza la stiamo già facendo, con tanti letti e tavoli vuoti. Forse dovremmo chiedergli perdono».

mercoledì 24 giugno 2009

Dopo la recente polemica sui preservativi nelle scuole, iniziativa bocciata dalla Chiesa

La Repubblica 23.6.09
Sesso, questo sconosciuto la difficile arte di parlarne ai figli
Uno studio: poca confidenza crea tabù
Dopo la recente polemica sui preservativi nelle scuole, iniziativa bocciata dalla Chiesa
di Vera Schiavazzi

Che fare quando Giacomo, quindici anni, chiede di poter dormire con la sua ragazza (che non ci ha ancora presentato)? E come reagire a Giulia, sua coetanea, che si rifiuta di incontrare il ginecologo di famiglia ma in compenso cerca informazioni online sull´uso del profilattico? I genitori italiani sono in crisi di ispirazione e non sanno se, come e quando accettare la precoce vita sessuale dei figli (diciassette anni e mezzo è l´età della prima volta, ma il dato si abbassa per chi oggi ha vent´anni e al Nord le cose viaggiano più rapidamente, fino a spostare le lancette dai dieci ai dodici mesi prima). Resta, sullo sfondo, la profonda e pericolosa ignoranza dei ragazzi in materia di sesso, e l´ostracismo cattolico, espresso ancora pochi giorni fa dal vicario del Papa per Roma, il cardinal Agostino Vallini, di fronte alla mozione con la quale la Provincia rilanciava i preservativi gratuiti in tutti i licei: "Banalizza i sentimenti".
Intanto la Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), fornisce cifre che fanno pensare: «Una ragazza su tre sotto i 25 anni non utilizza alcun metodo per proteggersi, cresce il ricorso alla pillola del giorno dopo e quello all´aborto tra le under 14, salito in dieci anni dallo 0,5 all´1,2% dei casi - ha spiegato il presidente Giorgio Vittori - Le malattie trasmissibili crescono, la clamydia ad esempio è aumentata di dieci volte nell´ultimo decennio». A dover essere "formati" dovrebbero essere anzitutto padri e madri, spesso privi della confidenza necessaria a parlare di un tema così intimo con i figli. E a loro volta attanagliati dai dubbi, secondo una ricerca dell´associazione "Genitori domani": qual è l´età giusta? Accettare o no che si utilizzi la casa di famiglia? Acquistare personalmente i contraccettivi e farli trovare ai ragazzi? Sono soltanto alcune delle "domande frequenti" alle quali oltre il 45% delle madri e dei padri di ragazzi tra i 13 e i 18 anni non sanno dare risposta. Non così dissimili da quelle che gli stessi giovanissimi inviano (nascondendosi dietro nickname fantasiosi) ai blog che, come hanno fatto le Asl di Parma e di Sassuolo, offrono risposte mediche online anche a chi si presenta anonimamente: dal tuffo negli anni Cinquanta ("posso restare incinta se ho un rapporto orale?", spedito da Trilly02) all´autentico tormento esistenziale ("ho avuto due ragazze ma mi hanno lasciato, sarà un problema di dimensioni?" firmato Jack-controcorrente).
«È inevitabile che i genitori non riescano a parlare di sesso con i figli, se si ostinano a negare la loro stessa sessualità, i ricordi della loro adolescenza, se negano di aver vissuto anche loro le stesse emozioni e le stesse paure - spiega Maria Rita Parsi, psicologa e psicoterapeuta - Bisogna partire invece dal dato di fatto che già a 13 anni, ma in molti casi a 11, i figli sono raggiunti da informazioni più o meno distorte che arrivano soprattutto via Internet. La risposta? Stimolare la confidenza utilizzando i film e i romanzi». Ma a che età si può accettare senza paura che il figlio o la figlia affrontino la loro "prima volta", e le molte che seguiranno? «A quindici, sedici anni, quando il loro cervello è maturo ed è l´ora di esplorare e sperimentare. A quel punto, sarebbe un errore reprimerli, anche se molti ci arrivano più tardi. Meglio sottolineare l´importanza di questa esperienza e il fatto che unirsi ad un´altra persona è in sé qualcosa di buono».

lunedì 22 giugno 2009

Delibera del comitato nazionale di anticlericale.net

Delibera del comitato nazionale di anticlericale.net

Bologna, 22 giugno 2009

Il Comitato nazionale di Anticlericale.net, riunito a Bologna il 20 giugno 2009:

- vista la particolare gravità dei fatti accaduti nell’Istituto Provolo di Verona, inerenti violenze sessuali commesse su minori sordomuti da parte di membri del clero:

1) convoca per venerdì 31 luglio una manifestazione a Verona, volta a richiedere l’intervento della magistratura ed a invitare la Curia a rendere accessibili i propri archivi segreti e a dispensare tutti i religiosi della Diocesi, clericali e laici, da qualsiasi obbligo al segreto, e di invitarli a rinunciare - qualora ne ricorrano i presupposti - alla prescrizione, al fine di appurare la verità dei fatti;

2) promuove un’iniziativa parlamentare per la costituzione di una Commissione di inchiesta su simili violenze commesse negli ultimi sessanta anni in Italia, come avvenuto in Irlanda con la “Commissione Ryan”;

- invita tutti i militanti a costituire nuclei locali di iniziativa nonviolenta anticlericale, a partire dai seguenti obiettivi:

1) organizzare ogni primo venerdì del mese una manifestazione davanti alla Curia vescovile, al fine di ottenere verità e pubblicità per i fatti di violenza sessuale commessi su minori da parte di membri del clero;

2) promuovere delibere comunali popolari volte a destinare il 7% degli oneri di urbanizzazione, attualmente indirizzato ai luoghi di culto, a servizi sociali sul territorio;

- convoca dal 18 al 20 settembre a Roma il V Congresso di Anticlericale.net con all’ordine del giorno: “2010 Anno Anticlericale”.

venerdì 19 giugno 2009

Se la Chiesa scopre i confessionali deserti

La Repubblica 19.6.09
Se la Chiesa scopre i confessionali deserti
di Jenner Meletti

I cattolici non cercano più i preti per raccontare i propri peccati L´appello del Papa ai sacerdoti per salvare un sacramento

Ore ed ore nella "penitenzieria" del convento cappuccino di Santa Caterina, ad aspettare fedeli che arrivano dalla città e anche dai paesi delle vicine montagne. «Vengono da noi - racconta padre Enzo Redolfi - perché sanno che qui ci sono almeno un confessionale aperto e un frate pronto a concedere l´assoluzione al peccatore pentito. Purtroppo, però, i giovani non vengono quasi mai. Quelli sotto i quarant´anni sono mosche bianche». La fuga dal confessionale è iniziata ormai da anni. Secondo le ultime ricerche solo l´8 - 10% dei fedeli si confessa una volta al mese, il 2% più di una volta, il 50 - 60% una volta all´anno, al massimo due. Il 30% non si confessa mai. «Da me arrivano gli anziani - dice il frate cappuccino - e per loro la confessione non è cambiata. Fanno l´elenco dei loro piccoli peccati - si capisce che si sono preparati - aspettano la piccola penitenza e se ne vanno con l´anima più leggera. Ma l´assenza dei giovani racconta che, fra non molti anni, i nostri confessionali resteranno vuoti».
Sono nuovi, i confessionali di Santa Caterina. Ti puoi inginocchiare davanti alla grata, e il confessore intuisce il tuo volto. Ma c´è una piccola panca, su un lato, seduti sulla quale si può parlare e ascoltare senza essere visti. Inginocchiatoi e panche restano però sempre più vuoti. Nella lettera inviata ai preti di tutto il mondo, papa Benedetto XVI ieri ha detto che «i sacerdoti non debbono rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali, né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi del sacramento della confessione».
Il 58% dei cattolici praticanti si confessa una volta all´anno. Il 30% non lo fa mai. Ecco perché Papa Ratzinger ha rivolto un appello ai sacerdoti. Chiamati a ridare senso a un sacramento che appare sempre meno necessario. Secondo gli esperti è cambiato il rapporto con il peccato. Ma anche quello con il prete, "mediatore" non più indispensabile. Tanto che ora il rischio, per la Chiesa, è una deriva verso il misticismo
"Quello è l´unico luogo dove puoi raccontare tutto te stesso senza paura"
"I giovani non vengono quasi mai, quelli sotto i 40 anni sono mosche bianche"
"Il rifiuto della mediazione del sacerdote porta all´isolamento dell´individuo"
"La cultura sacerdotale dei preti non è adeguata al nostro tempo"
Papa Ratzinger ricorda il Santo Curato d´Ars, capace di aspettare i fedeli in confessionale per 16 ore al giorno. Il padre confessore Enzo Redolfi ha ancora una piccola speranza. «C´è qualcuno che arriva non solo per presentare la lista dei peccati come fosse quella della spesa e chiedere il conto finale. C´è ancora chi cerca una guida spirituale e dopo la confessione si ferma a chiedere consigli. Del resto, il confessionale è l´unico luogo dove puoi raccontare tutto te stesso senza paura che altre persone possano conoscere i tuoi segreti. I pochi che cercano questa confidenza spirituale aprono davvero la loro anima e parlano di tutto. Ci sono le mogli che chiedono come possano riconquistare il marito, ci sono impiegati che vogliano sapere se, di fronte a certi comportamenti del datore di lavoro, debbano tacere o reagire. C´è anche chi viene a chiedere consigli sui candidati da votare. Ho ascoltato l´esortazione del Papa, quando ha detto che i confessionali sono vuoti da tutti e due i lati e che la diserzione dei fedeli a volte è preceduta dalla diserzione dei sacerdoti. È vero, non è facile essere un buon confessore. La saggezza umana e sacerdotale è fondamentale e per guidare gli altri al bene bisogna prima di tutto impegnarsi in una vita di santità».
L´abbandono del confessionale è confermato dal sociologo Pierpaolo Donati (fu allievo di Achille Ardigò), professore nell´ateneo bolognese e membro della Pontificia accademia di scienze sociali. «C´è una forte attenuazione, se non la scomparsa, del senso del peccato, soprattutto in quella che viene ritenuta la sfera privata che riguarda affetti, erotismo, sesso. Soprattutto i giovani pensano sia più grave non pagare le tasse, parcheggiare male, guidare ubriachi… insomma fare cose che possano danneggiare gli altri. Nella sfera intima, invece, ognuno si giudica da sé. C´è un´altra causa di questo disincanto, disaffezione o abbandono nei confronti della confessione. È venuta meno, anche nel mondo cattolico, la necessità della mediazione della Chiesa nel percorso di salvezza personale. Perdita di senso del peccato e assenza di mediazione sono tipici del mondo protestante e investono ormai da anni il mondo cattolico. Ma l´esperienza protestante ha portato conseguenze pesanti. In Scandinavia, poi in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi il rifiuto della mediazione del sacerdote nella relazione con il soprannaturale ha portato all´isolamento dell´individuo e a un senso di solitudine. E l´abbandono della confessione ha preceduto l´abbandono della pratica religiosa. Noi il primo passo lo stiamo già compiendo. Senza una svolta, ci sarà presto un forte abbandono di tutta la pratica religiosa».
«Ha fatto bene il Papa - dice il professore di sociologia dei processi culturali e comunicativi - a parlare di confessionali vuoti da tutte e due le parti. I preti dovrebbero credere di più nella confessione. Ma la loro cultura sacerdotale non è adeguata al nostro tempo. Tanti ascoltano l´elenco di mancanze è omissioni riguardo ai comandamenti e alle norme ma non comprendono che la confessione - come diceva San Giovanni Maria Vianney, il curato d´Ars - è la medicina spirituale dell´anima. E fanno confusione fra anima e sistema psichico, anche a causa di una formazione che è astratta, teorica, libresca. Gli psichiatri fanno il loro mestiere, i sacerdoti hanno un´altra missione. Aiutano gli uomini a riconciliarsi con Dio e in questo cammino la confessione è uno strumento fondamentale. La persona che si confessa scarica pesi interiori, cerca un rapporto con il sacerdote, non è più una monade isolata. Confessarsi a un prete significa anche accettare la sua guida. Si può imparare da soli ad usare un computer, ma è impossibile diventare guida spirituale di se stessi».
Quasi tutti gli italiani si sono confessati almeno una volta. Il giorno che precedeva la prima comunione c´era l´incontro con il parroco o il cappellano. C´era tensione come a un esame. «Cosa ti ha chiesto? Che penitenza ti ha dato?». Recita dell´Atto di dolore, poi qualche Pater Noster o Ave Maria in ginocchio. «La confessione è fra i primi sacramenti che si ricevono - dice Franco Garelli, preside di Scienze politiche a Torino e docente di sociologia della religione - ed è anche fra i primi a scomparire. Un´ampia fetta di popolo che si dichiara cattolico e si ritiene ancora tale l´ha già abbandonata. Parliamo di quell´80% della popolazione che si dice cattolica ma non è praticante. Persone che continuano ad andare in chiesa saltuariamente, per un battesimo, un matrimonio, un funerale ma che non si avvicina più a un confessionale. "Confessarsi almeno una volta all´anno, a Pasqua", è un invito ormai senza risposta. E giorni prima di Pasqua i sacerdoti si preparano, sono pronti nei confessionali. Io li ho visti, in vana attesa, e mi sono chiesto: che sia scomparso il senso del peccato? Forse è così. Di certo, c´è quella che si può chiamare individualizzazione della fede. Tanti oggi ritengono di potersela vedere con Dio direttamente, e in questa fede fai da te c´è spazio anche per l´auto assoluzione. Il motivo è questo: si pensa al peccato solo verso gli altri e c´è meno l´idea di un peccato verso Dio».
L´abbandono del confessionale è provocato anche da sacerdoti che hanno perso un certo carisma. «Perché - si chiedono in tanti - io devo confessarmi davanti a un altro uomo? La confessione - dice il professor Franco Garelli - è stata colpita al cuore da chi, per decenni, l´ha trasformata in un arido racconto di peccati. L´uomo che si inginocchia in un confessionale avrebbe bisogno invece di un sacerdote preparato e capace di capire il mondo di oggi. Un prete che non è lì ad accettare il tuo elenco della spesa ma è in grado di proporsi come una vera e riconosciuta guida spirituale».
Nel suo convento di Rovereto, padre Enzo Redolfi continua a passare ore ed ore senza vedere un fedele dietro la grata. «Ma bisogna essere qui, quando un penitente viene a chiedere perdono. Io confesso da vent´anni e non sono in grado di fare una statistica perché sono passato da un convento all´altro e i conventi non sono parrocchie con fedeli residenti. Arriva da noi anche chi non vuole confessarsi davanti al proprio parroco, perché non gli piace o ci ha litigato. L´unico dato evidente è che sono spariti i giovani». Ci sono sacerdoti che confessano bambini e adulti fuori dal confessionale, in un banco della chiesa. «Io resto fedele alla tradizione. Il confessionale garantisce il segreto e il silenzio. Io resto qui ad aspettare e mi sento davvero utile. Chi altri può offrire luce, certezze, consigli, coraggio e consolazione?».

Gelmini toglie soldi alla scuola pubblica per darli alle private

l'Unità 19.12.09
Gelmini toglie soldi alla scuola pubblica per darli alle private
Cgil: «È scontro»
di G.V.

L’ultima della Gelmini: un bonus per le scuole paritarie. L’onta vien da dire, l’ultima per la scuola pubblica. Il sindaco è pronto ad intensificare la mobilitazione contro questa politica.

La Gelmini non finisce mai nel suo compito di destrutturare la scuola pubblica. Ieri ha comunicato che se c’è da dare un sostegno economico va dato alle scuole paritarie. In un'intervista al «Corriere della Sera», Gelmini conferma la volontà di realizzare «una riforma che dia la possibilità di accedere ad un bonus a chi vuole frequentare» le scuole paritarie, «un pò come succede in Lombardia».
Polemiche
Le repliche non si sono fatte attendere. «Da mesi sosteniamo che l'obiettivo vero del ministro Gelmini è distruggere la scuola pubblica per far posto alle private. Finalmente si ammette che avevamo ragione», dice Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil. «Le risorse da dare alle scuole paritarie sarebbero recuperate dai tagli alle scuole pubbliche, violentando la nostra Costituzione. Non si possono utilizzare strumentalmente i dati Ocse, che peraltro dimostrano come le politiche di questo Governo si muovono in direzione opposta rispetto ad un miglioramento della qualità negli apprendimenti, per sostenere che bisogna favorire le scuole private», ha aggiunto Pantaleo.
«Il ministro Gelmini e il Governo sappiano che, se è quella la strada che intendono perseguire, la mobilitazione riprenderà con un intensità ancora maggiore a partire dal primo giorno del nuovo anno scolastico - ha concluso - perché è in gioco il diritto all'istruzione per tutti che è tra i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale».
«Bonus scuole private? Gelmini intervenga piuttosto sullo scandalo del lavoro nero», ribatte Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda degli Insegnanti. «Al ministro ricordiamo che l'articolo 33 della Costituzione afferma che enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato. Aspettiamo inutilmente - ha aggiunto - da quasi tre mesi una risposta da parte del ministro rispetto allo scandalo, evidenziato soprattutto nel Sud del Paese, delle scuole private che sfruttano i docenti precari facendoli lavorare senza stipendio e contributi in cambio del punteggio da utilizzare nelle graduatorie statali. Un meccanismo perverso che rappresenta una forma di finanziamento occulto alle scuole private che così hanno personale gratis a volontà» «Di fronte a questo inequivocabile sistema di illegalità diffusa - dichiara Di Meglio anche in riferimento ai diplomifici - ci sembra quanto mai fuori luogo l'intenzione espressa dal ministro Gelmini di assegnare un bonus alle famiglie che vogliono iscrivere i propri figli alle scuole paritarie».
Infine il Pd. «Sta a vedere che dopo aver scippato con la mano destra il portafoglio alle scuole statali con tagli draconiani a risorse e personale dice manuela Ghizzoni, capogruppo pd nela commissione Cultura della Camera- adesso la Gelmini vuol farci credere che dando qualche spicciolo con la mano sinistra alle paritarie tramite i bonus si riqualifica la scuola italiana». «Un conto sono le paritarie e un conto i diplomifici- spiega la parlamentare- il bonus famigliare non distingue tra questi due modelli di scuola, ma distribuisce a pioggia le poche banconote avanzate dalla rapina che bonnie-gelmini e clyde-tremontì hanno fatto ai danni della scuola statale».

mercoledì 17 giugno 2009

Il prete pedofilo che imbarazza la Giunta Alemanno

Il prete pedofilo che imbarazza la Giunta Alemanno

La Stampa del 17 giugno 2009, pag. 20

di Giacomo Galeazzi
Bufera sulla decisione del Campidoglio di non costituirsi parte civile nel processo a carico di don Ruggero Conti, 56 anni, il parroco accusato di prostituzione minorile e atti sessuali su minori.
Pedofilo, secondo il capo d’imputazione, ma con «background» di garante per la famiglia e collaboratore del sindaco Gianni Alemanno per la Notte bianca della solidarietà. «E’ vergognoso che si protegga un grande elettore accusato di un reato infamante - attacca Francesco Storace, capogruppo de “La Destra” -. Il tribunale ha dato notizia di una lettera in cui il sindaco rinuncia a costituirsi parte civile». Poco dopo Alemanno corre ai ripari, rimuovendo dall’incarico Rita Camilli, il dirigente che ha applicato in maniera letterale il regolamento comunale che obbliga il Comune a costituirsi parte civile nelle violenze alle donne, ma non automaticamente in quelle sui minori. Il sindaco, in campagna elettorale, aveva inserito in una commissione di «saggi» don Ruggero, il sacerdote che avrebbe abusato per 10 anni di numerosi giovani affidati alle sue cure nell’oratorio o nei campeggi estivi. Un anno fa era stato arrestato nella parrocchia della Natività.
Le vicende contestate sarebbero avvenute tra il 1998 e il 2008 e vedono coinvolti minori maschi. In alcuni casi, secondo il pm, i ragazzi sarebbero stati indotti a «compiere o subire atti sessuali in cambio di denaro e di altra utilità, in genere capi d’abbigliamento». L’indagato avrebbe approfittato delle situazioni di disagio in cui si trovavano i minorenni, incluso il bambino affidato al prete dalla madre in pesanti difficoltà economiche. Il parroco avrebbe dovuto aiutarlo a studiare e, invece, avrebbe abusato del minore per una quarantina di volte in cambio di abiti o denaro, dai 10 ai 30 euro ogni volta. Stesso copione con un altro minorenne, con il quale avrebbe avuto quattro o cinque rapporti al mese. Avrebbe anche approfittato di un’altra vittima, dopo averla convinta a seguirlo nella sua abitazione.
Poi ci sono gli episodi avvenuti durante i campi estivi organizzati a Santa Caterina Valfurva o in Trentino. «Le accuse appaiono gravissime, perché riferiscono di un numero impressionante di abusi sessuali», si legge nelle motivazioni del Tribunale del Riesame. Nel processo, rinviato al 7 luglio, Mario Staderini dei Radicali ha utilizzato una norma dello statuto comunale che consente a qualsiasi cittadino di poter chiedere la costituzione di parte civile. Il presidente della sesta sezione penale Luciano Pugliese ha accolto la richiesta. Sarà la prima volta a Roma in un processo per abusi su minori.
«Suppliamo ad una precisa scelta dell’amministrazione comunale che ha deciso di non essere rappresentata - commenta Staderini -. Don Conti risulta essersi speso in campagna elettorale per Alemanno». Nessuno spazio per il dubbio tra chi lo dipinge come un dottor Jekyll e Mister Hyde, accusandolo di terribili nefandezze come l’aver abusato sessualmente di almeno sette giovani, e chi invece ne ha fatto «un martire.
Ieri all’udienza sono arrivati in centinaia dalla borgata Selva Candida, con tanto di t-shirt e scritte «Don Ruggero ti vogliamo bene». Hanno affollato l’aula del Tribunale guardando minacciosamente due delle presunte vittime. In aula c’era anche lui, don Conti. Nel pomeriggio, poi, Alemanno ha annunciato che ovvierà all’«errore burocratico», chiedendo alla corte la costituzione di parte civile.
Marinella Colombo, la madre milanese di due bimbi riportati in Germania, «è disperata e preannuncia lo sciopero della fame». Lo anticipa l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Ami (Associazione Matrimonialisti Italiani). Ai primi di maggio le Forze dell’ordine hanno prelevato a scuola i figli della signora Colombo, Leonardo e Nicolò (11 e 9 anni), per riportarli dal padre tedesco ai quali sono stati affidati dal giudice. Da allora la donna non ha più avuto contatti o notizie dei due bambini.

Caso Welby, prime condanne per diffamazione nei confronti di Belpietro e Stefano Lorenzetto (Il Giornale) e Militia Christi. La Sen. Binetti, invece,

da radicali.it
Caso Welby, prime condanne per diffamazione nei confronti di Belpietro e Stefano Lorenzetto (Il Giornale) e Militia Christi. La Sen. Binetti, invece, si trincera dietro l’immunità parlamentare

Roma, 16 giugno 2009

• Dichiarazione di Maurizio Turco e Marco Cappato

Iniziano a giungere le prime condanne per diffamazione sul caso Welby, che, come il caso Englaro, ha visto scendere in campo una portentosa opera di disinformazione e manipolazione della verità a danno, anzitutto, dei cittadini che vengono ritenuti ‘popolo bue’ al quale dare a credere qualsiasi ciarpame pur di evitare che si formi una coscienza collettiva, basata sulla conoscenza, su temi quali il fine vita.

E così l’opera volta a ristabilire la verità ed a restituire l’onore e la reputazione ai diffamati deve giungere attraverso i Tribunali Italiani.

E’ recente, difatti, la condanna per il reato di diffamazione inflitta in sede penale, in primo grado, dal Tribunale di Desio, Sezione distaccata del Tribunale di Monza, a Maurizio Belpietro, 800,00 Euro di multa – all’epoca direttore de Il Giornale – ed al giornalista Stefano Lorenzetto, 1.200,00 Euro di Multa. Diffamato il dott. Mario Riccio, difeso dall’avv. Giuseppe Rossodivita, al quale il Tribunale ha riconosciuto tra risarcimento e riparazione pecuniaria la somma di 53.000,00 Euro, oltre la riparazione specifica della pubblicazione della sentenza su Il Giornale.

L’articolo, pubblicato in prima pagina il 23.12.2006, titolava in riferimento a Piergiorgio Welby “Nessun rispetto nemmeno per la sua volontà” ed ‘illuminava’ i lettori su come “il dr. Mario Riccio, il medico venuto da Cremona”, che ha adottato il metodo “dei boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA”, se ne fosse “fregato della volontà di Welby.”

Ricorda il Tribunale che la critica per essere socialmente utile e dunque legittima, anche quando lesiva della reputazione di terzi, deve avere come presupposto dei fatti veri; in caso contrario è un mero pretesto per diffamare.

Ed è di oggi, ancora, la sentenza del Tribunale Civile di Roma, resa in primo grado, con la quale il Movimento Politico Cattolico Militia Christi, è stato condannato con sentenza immediatamente esecutiva a risarcire la somma totale di 60.000 Euro, pari a 20.000,00 Euro ciascuno, a favore dell’Associazione per la Libertà della ricerca scientifica Luca Coscioni, dell’Associazione La Rosa nel Pugno e del dr. Mario Riccio, tutti difesi dall’Avv. Giuseppe Rossodivita.

Il Tribunale ha anche ordinato la definitiva rimozione dal sito internet dell’Associazione Cattolica del comunicato stampa dal titolo “Profanatori ed assassini”.

La senatrice Binetti, anch’ella convenuta in giudizio dal dr. Mario Riccio, dall’Associazione Coscioni e da Radicali Italiani, davanti al Tribunale di Roma, come anche per altra diversa causa l’on. Luca Volontè convenuto in giudizio da Marco Pannella, Emma Bonino e Marco Cappato, si sono invece trincerati dietro l’immunità parlamentare e l’insindacabilità delle opinioni espresse da parlamentari attraverso i giornali ed i comunicati. Parlano, scrivono comunicati, rilasciano interviste, ma poi non ci pensano neppure – o forse ci pensano sin troppo bene - a difendere le loro affermazioni in Tribunale.

martedì 16 giugno 2009

Pedofilia, Staderini: domani il Comune di Roma parte civile in un processo contro sacerdote. È la prima volta, rotto un anomalo tabù, nonostante la gr

da radicali.it
Pedofilia, Staderini: domani il Comune di Roma parte civile in un processo contro sacerdote. È la prima volta, rotto un anomalo tabù, nonostante la grave inerzia di Alemanno

Roma, 15 giugno 2009

Dichiarazione di Mario Staderini, della Direzione di Radicali Italiani

Martedì 16 giugno, per la prima volta il Comune di Roma si costituirà parte civile in un processo per violenza sessuale nei confronti di minori.

Si terrà domani, infatti, presso la VI sezione del Tribunale penale di Roma, l’udienza di giudizio immediato nei confronti di Don Ruggero Conti, sacerdote della chiesa Natività di Maria Santissima, accusato dal PM Francesco Scavo dei reati di violenza sessuale e prostituzione minorile.

Assistito dall’avv. Elisabetta Valeri, ho esercitato l’azione popolare prevista dall’art. 9 dello Statuto comunale, costituendomi parte civile nel processo a nome del Comune di Roma.

Verrà così finalmente superata quella strana anomalia per cui il Comune si costituisce parte civile nei casi di violenza sessuale contro donne ma non nei casi di violenza contro i bambini.

È un vero peccato che ciò avvenga senza l’adesione dell’Amministrazione capitolina, visto che il Sindaco Alemanno, di cui don Ruggero è stato in campagna elettorale “garante” delle politiche per la famiglia, ha purtroppo scelto di non stare dalla parte delle vittime.

Mi auguro che il Sindaco ci ripensi, perché su questi temi più che le parole occorrono atti concreti.

Errare è umano, perseverare è diabolico. E, in questo caso, politicamente gravissimo.

lunedì 15 giugno 2009

In cima alle classifiche le rivelazioni di Gianluigi Nuzzi sulle finanze vaticane

Corriere della Sera 15.6.09
In cima alle classifiche le rivelazioni di Gianluigi Nuzzi sulle finanze vaticane
Trent’anni di affari segreti in due valigie
di Dino Messina

Giornalista d’inchiesta di rara efficacia, l’invia­to di «Panorama» Gianluigi Nuzzi, in Vaticano S.p.A. (Chiarelettere), racconta da un punto di vista privilegia­to gli affari segreti della Chiesa. La scena iniziale sembra tratta da un film di spionaggio ispira­to a Le Carré: un cronista attra­versa la frontiera con la Svizze­ra, si ferma in una casa contadi­na, beve un caffè con l’anziana ospite ed esce con due grosse valigie cariche di documenti, per ritornare rapidamente in Italia.
Sembra fiction, ma è la real­tà. Quelle valigie esistono dav­vero e contenevano la docu­mentazione accumulata per un trentennio da monsignor Rena­to Dardozzi (1922-2003), un ma­nager plurilaureato diventato prete solo a 51 anni e chiamato già nel 1974 dal cardinale Ago­stino Casaroli a occuparsi dello Ior. Nel testamento Dardozzi aveva disposto che il suo archi­vio diventasse pubblico, così gli eredi lo hanno affidato a Nuzzi, che ha potuto riscrivere trent’anni di finanza segreta con materiale di prima mano.
Personaggio chiave del libro — da ieri in testa alla classifica dei saggi e ottavo nella Top Ten — è un presule di origini luca­ne, Donato De Bonis, cresciuto all’ombra di Paul Marcinkus e uscito paradossalmente raffor­zato dallo scandalo Ior-Ambro­siano, al punto da poter costrui­re all’interno della banca vatica­na un sistema finanziario occul­to e totalmente fuori controllo. «Il primo passo segreto — scri­ve Nuzzi — lo ritroviamo nel­l’archivio Dardozzi: De Bonis fir­ma regolare richiesta e lo Ior apre il primo conto corrente del neonato sistema offshore. Conto n. 001-3-14774-5». Siamo nel 1987 ed è l’atto d’inizio di una attività frenetica, che vedrà passare per i conti intestati a nomi fittizi decine di miliardi di lire in contanti, centinaia di miliardi in Cct. «Dal 1987 al 1992 — scrive ancora Nuzzi — De Bonis introduce in Vaticano cash per oltre 26 miliardi e li de­posita tutti su 'Fondazione Spellman'». Al conto, intestato al nome del cardinale di New York che raccomandò Mar­cinkus a Paolo VI e che si prodi­gò per procurare finanziamenti alla Dc, scopriamo che avevano accesso due persone: De Bonis e Giulio Andreotti, il quale, in­terpellato dal giornalista di «Pa­norama », ha dichiarato di non ricordare.
Nella ricostruzione delle ci­fre da capogiro e totalmente fuori controllo (dall’89 al ’93 vengono condotte operazioni per oltre 310 miliardi di lire), Nuzzi individua tre tipi di bene­ficiari: istituti religiosi, ma an­che politici, industriali e mana­ger. È noto che dallo Ior passò parte della megatangente Eni­mont e che l’Istituto vaticano fu usato per «lavare» soldi spor­chi. Dal libro di Nuzzi scopria­mo altri particolari dello scan­dalo e gli scontri interni al Vati­cano per salvare il salvabile. Leggiamo per esempio le circo­stanziate denunce di Angelo Ca­loia, ancora oggi presidente del­­l’Istituto, che non sempre anda­rono a buon fine.
Il libro si conclude con un’in­tervista al figlio del politico ma­fioso Vito Ciancimino, Massi­mo, il quale testimonia che mol­ti soldi del padre passavano dal­lo Ior per essere trasferiti al­l’estero.

«Gli Usa e la Francia laici in modo diverso»

Corriere della Sera 7.6.09
Alain Touraine «Gli americani non hanno avuto conflitti religiosi»
«Gli Usa e la Francia laici in modo diverso»

PARIGI — Stati Uniti e Francia han­no fatto la storia della democrazia e dei diritti dell’uomo. Ma in fatto di li­bertà e pratica religiosa le concezioni sono diverse, come emerso dagli inter­venti di Barack Obama e Nicolas Sarkozy. Obama: «Chi vuole portare il velo può farlo». Sarkozy: «I funzionari pubblici non devono avere segni visi­bili di appartenenza religiosa».
In pratica, il divieto francese riguar­da soltanto lo spazio pubblico, ma le implicazioni di ordine sociale e politi­co sono più ampie. «Le differenze so­no fondamentali e per certi aspetti pa­radossali », spiega Alain Touraine, pro­fessore di sociologia a Parigi, ex mem­bro della commissione Stasi, il gruppo di saggi che contribuì alla legge sulla laicità francese, un testo che proibisce l’ostentazione di simboli religiosi in luoghi pubblici e garantisce la «neutra­lità » dello Stato repubblicano.
In che senso Usa e Francia sono di­versi su questo terreno?
«Le differenze nascono dalla Storia dei due Paesi. La dichiarazione d’indi­pendenza degli Stati Uniti gettò le basi per un ordinamento laico della società americana e per una rigorosa separa­zione delle autorità civili da quelle reli­giose. In sintesi, i legami sociali e per­sonali sono prevalenti, nel rispetto di tutte le origini etniche e culturali. Que­sta separazione si è affermata più tardi in Francia, è stata rafforzata dalla Rivo­luzione, è diventata la strada per eman­cipare la formazione delle classi diri­genti dall’influenza della Chiesa. Co­me si ricorderà gli ordini vennero abo­liti e molti religiosi vennero espulsi. Per il posto della religione nella socie­tà si creò una situazione non molto di­versa da quella prodottasi in seguito nei regimi comunisti. La legge del 1905 fu un compromesso che mise fi­ne a un clima di guerra civile che dura­va da 150 anni. Quella più recente, qua­si un secolo dopo, è stata dettata dalla necessità di ribadire i fondamenti del­lo Stato repubblicano da una deriva 'comunitaristica' (cioè di appartenen­za alle varie comunità chiuse), accen­tuata dalla situazione complicata delle banlieue. Occorreva riaffermare la neu­tralità della sfera pubblica. Anche in di­fesa delle donne, spesso obbligate a se­guire le tradizioni religiose del gruppo di appartenenza. Non va dimenticato che la Francia è stata contraria anche all’introduzione del concetto di radici cristiane nella costituzione europea».
Negli Usa invece...
«È il paradosso della storia. I legami fra politica ed etica sono divenuti sem­pre più importanti e rafforzano gli ide­ali della società americana. Sul dollaro c’è scritto 'in God we trust'. Il presi­dente giura sulla Bibbia, Bush andò in guerra pensando che Dio fosse dalla parte degli Stati Uniti. E Obama oggi dice cose che un presidente francese non potrebbe mai dire. Tuttavia, il le­game fra politica e religione è di natu­ra sociologica. La dichiarazione di Oba­ma riflette una storia che non è fatta di conflitti religiosi. Ciò che unisce gli americani è l’adesione ai diritti sanciti dalla Costituzione e l’integrazione nel mercato del lavoro. Tutto il resto — re­ligione, origine etnica, lingua, cultura, nazionalità, tradizioni — viene dopo. Per questo si affermano sia il diritto in­dividuale, sia il diritto delle comuni­tà ».
Differenze fondamentali, dunque.
«Fino a un certo punto. La Francia, l’Europa in generale, gli Stati Uniti so­no società occidentalizzate e sempre più laiche. In Europa il tema della sepa­razione dello Stato dalla Chiesa affon­da nei secoli. D’altra parte, per effetto delle immigrazioni, la questione delle tradizioni religiose ritorna d’attualità ed è di difficile soluzione. C’è poi un paradosso francese: affermiamo la lai­cità, ma il comunitarismo si rafforza per altre vie, economiche e sociali. Nel­le periferie, i gruppi etnici tendono ad affermare la propria identità religiosa e culturale».

Preti pedofili, il grido di Ratzinger

La Repubblica 12.6.09
Preti pedofili, il grido di Ratzinger
di Orazio La Rocca

Il Papa ai vescovi irlandesi: "Giustizia per le vittime, adesso tolleranza zero"
"Il Santo Padre ha esortato la Chiesa a continuare a stabilire la verità su ciò che è accaduto"

CITTÀ DEL VATICANO - La Chiesa irlandese prova «vergogna» e «umiliazione» per le violenze sessuali avvenute negli anni passati negli istituti religiosi dell´Irlanda. E per questo, la gerarchia cattolica dell´isola - su richiesta di papa Ratzinger - ora si batte il petto, chiede scusa, invoca giustizia per le vittime, assicura che farà tutto il «possibile per continuare a stabilire la verità di ciò che è accaduto e perché», ma, soprattutto, annuncia «tolleranza zero» nei confronti di quegli ecclesiastici che si macchino di «crimini tanto orrendi».
Quando venerdì scorso in Vaticano i vertici della Chiesa irlandese illustrarono il resoconto del Rapporto Ryan - l´inchiesta statale sugli abusi sessuali commessi su 2500 bambini delle scuole cattoliche tra il 1940 e il 1980 - Benedetto XVI, «visibilmente turbato», chiese interventi drastici per porre fine ad uno dei più grandi scandali che abbia scosso le fondamenta del cattolicesimo d´Irlanda. Ieri, sono stati gli stessi vertici ecclesiastici irlandesi a renderlo noto in un comunicato a firma del cardinale Sean Brady, arcivescovo di Armagh e primate di Irlanda, e monsignor Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino.
«Proviamo vergogna, siamo umiliati e chiediamo scusa se il nostro popolo si è allontanato così tanto dagli ideali cristiani», scrivono, tra l´altro, i vescovi irlandesi, esprimendo «profonda tristezza» per gli abusi che migliaia di minori hanno subito negli anni ‘40-80´ nei loro istituti religiosi. Quasi contemporaneamente alla pubblicazione del comunicato vescovile, ieri a Dublino migliaia di persone sono scese per strada per manifestare la loro solidarietà alle vittime e per protestare contro il mancato dibattito parlamentare sul Rapporto Ryan, rinviato all´ultimo momento per far posto ad una mozione di sfiducia al governo.
«Il Rapporto Ryan - ammettono i vescovi - rappresenta la più recente e inquietante incriminazione di una cultura che, per troppo tempo, è stata prevalente nella Chiesa cattolica in Irlanda. Crimini odiosi sono stati perpetrati contro i più deboli e i più vulnerabili, e sono stati commessi atti vili con effetti duraturi nella vita con il pretesto della missione di Gesù Cristo. E´ un grave atto di tradimento della fiducia che il nostro popolo ha da sempre riposto nella Chiesa. Chiediamo perdono e non ci stancheremo di cercare di capire - alla luce del Rapporto Ryan - le vere cause che hanno provocato tanto dolore a degli innocenti». «La nostra prima reazione a quanto accaduto - confessano i vescovi irlandesi - è di profonda tristezza per le sofferenze di tanti, provate per così lungo tempo. Vogliamo invitare le vittime ad impegnarsi con noi per vedere come possiamo aiutare coloro che sono stati abusati. Vogliamo rispondere come pastori... invitiamo tutta la Chiesa ad unirsi con noi in preghiera per il benessere e la pace della mente per tutti coloro che hanno sofferto».

venerdì 5 giugno 2009

Docente di Cesena sospeso perché promuove sondaggio tra studenti sull’ora di religione. Depositata oggi un’interrogazione dei deputati radicali, primo

da radicali.it
Docente di Cesena sospeso perché promuove sondaggio tra studenti sull’ora di religione. Depositata oggi un’interrogazione dei deputati radicali, primo firmatario Maurizio Turco.

4 giugno 2009

Interrogazione urgente a risposta scritta Al Ministro della pubblica istruzione:

Per sapere – premesso che:

- Il 4 giugno 2009 alcuni mezzi di informazione (La Repubblica, Tg3) hanno dato notizia della sospensione da parte dell’ufficio scolastico provinciale di Cesena di Roberto Marani, docente di matematica e fisica presso il Liceo Scientifico ‘Righi’ della città;

- la motivazione relativa alla sospensione per due mesi riguarda il fatto che il docente ha distribuito tra i suoi studenti un questionario sull’ora di religione che aveva come obiettivo quello di condurre un'indagine nelle proprie classi per rilevare quale insegnamento lo studente avrebbe scelto fra Religione cattolica, Storia delle religioni e Diritti umani;

- il risultato del questionario ha fatto emergere che l’11% degli studenti sceglierebbe la religione cattolica e lo stesso Collegio dei docenti, a seguito di questo risultato, ha deliberato sulla necessità di offrire agli studenti una materia alternativa;

- secondo le informazioni raccolte nell’Istituto scolastico lo stesso insegnante di religione interessato è membro del Collegio dei 130 docenti dell’Istituto che nulla aveva avuto da ridire sul questionario quando fu loro proposto nel novembre 2008; due mesi dopo, nel gennaio 2009, si è saputo che don Pasolini aveva protestato presso l’Ufficio scolastico regionale senza che nessuno dei docenti ne fosse a conoscenza;

- Il provvedimento di sospensione prevede per la sua durata il dimezzamento dello stipendio;



Per sapere:



- se non ritenga il Ministro che il provvedimento disciplinare sia ingiustificato e lesivo della dignità professionale;

- se non ritenga il Ministro che tale provvedimento vada applicato a tutto il Collegio dei 130 docenti che avevano insieme deciso di trovare una soluzione alternativa alla luce del sondaggio proposto dal docente di matematica e fisica;

- se non ritenga che questa azione disciplinare si inquadri in una logica volta a intimidire i docenti nell’ambito della loro discrezionalità educativa;

- se non ritenga di dover intervenire affinché al docente di matematica e fisica venga immediatamente reintegrato lo stipendio;

- infine, se non ritenga il Ministro che tale azione disciplinare sia finalizzata alla promozione di politiche clericali volte all’eliminazione di comportamenti più razionali e laici nella scuola pubblica italiana.



I deputati

Maurizio Turco, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Elisabetta Zamparutti.

martedì 2 giugno 2009

Sindone, il caso della proprietà finisce in Parlamento

Sindone, il caso della proprietà finisce in Parlamento

La Stampa del 28 maggio 2009, pag. 46

Giacomo Galeazzi
«La Sindone è proprietà dello Stato». I senatori Radicali eletti nel Partito Democratico, Marco Perduca e Donatella Poretti, hanno presentato ieri un’interrogazione al ministro per i Beni e le Attività culturali, Sandro Bondi, per sapere, «quali passi intenda compiere, alla luce del parere autorevolmente espresso dal professor Margiotta Broglio, per riaffermare e ribadire la proprietà dello Stato italiano sulla Sindone». Senza per questo «negare in alcun modo sia a credenti e fedeli la possibilità di accesso e di venerazione, sia all’episcopato torinese la possibilità di conservazione e di ostensione della reliquia». I Radicali evidenziano che «in materia costituzionale non esiste l’istituto dell’usucapione; anche 26 anni dopo il passaggio del lenzuolo dai Savoia al Papa, lo Stato Italiano ha tutti i diritti per ribadire la proprietà della Sindone e per intraprendere studi scientifici obiettivi sulle sue origini». Tutto questo «senza privare la Curia torinese e i fedeli della custodia e della venerazione della reliquia». A far esplodere il caso è stato martedì sulla «Stampa» Broglia.

Tra i padri della revisione del Concordato del 1984 e massimo studioso dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, negando validità alla cessione della più celebre icona mondiale al Vaticano («l’atto di donazione di Umberto di Savoia al Papa è giuridicamente nullo. La Sacra Sindone appartiene ancora allo Stato Italiano»). In base al terzo comma della tredicesima disposizione transitoria, «i beni esistenti nel territorio nazionale degli ex re di casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati allo Stato», spiega Margiotta Broglio. Quindi i «trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946 sono nulli. Ed è appunto il caso di quello che molti considerano il lenzuolo funerario di Cristo». Secondo la versione corrente e mai contestata da nessuno (come ribatte l’arcivescovo di Torino, Severino Poletto), il Papa è il proprietario della Sindone avendola ricevuta in dono dai Savoia per espresso desiderio testamentario dell’ultimo re d’Italia, Umberto II, morto nel 1983. L'ultima ostensione concessa dai Savoia in occasione di feste di famiglia avvenne nel 1931, (matrimonio tra Umberto e Maria José), la prima Ostensione televisiva fu quella del 1973. Poi il dono, disposto da Umberto, della reliquia al Papa. «Divenuta l’Italia una Repubblica, dal 2 giugno 1946 ogni passaggio dai Savoia ad altri soggetti non ha valore giuridico, quindi la Sindone resta dello Stato italiano», sostiene Margiotta Broglio. I Savoia richiesero ed ottennero nel 1502 dal Papa il riconoscimento di una festa liturgica particolare per la quale fu scelto il 4 maggio. Il 4 dicembre 1532, un incendio devastò la «Sainte-Chapelle» e causò al sacro lenzuolo gravi danni. Emanuele Filiberto trasferì definitivamente la Sindone a Torino il 14 settembre 1578. La Sindone restò, da quel momento, definitivamente a Torino. Ora la parola passa al ministro Bondi.

Abusi sui minori irlandesi L’inchiesta del governo accusa gli istituti cattolici

Corriere della Sera 21.5.09
Un rapporto di 2575 pagine. «Intervenga il Pontefice»
Abusi sui minori irlandesi L’inchiesta del governo accusa gli istituti cattolici
«Migliaia di casi». Il cardinale Brady: provo vergogna
di Fabio Cavalera

LONDRA — Thomas Wall è oggi un signore di sessant’anni e porta dentro di sé l’incubo di quelle giornate trascorse nella scuola-riformatorio gestita dal­la congregazione dei «Fratrum Christianorum», i Brother Chri­stians di Glin, la città irlandese sul fiume Shan­non. Lì dentro la vita quotidiana era segnata dagli orrori. «Ero un bambino e ogni giorno un presu­le abusava di me. No, non c’era modo di evitarlo, era così per tutti, ventiquattro ore su ventiquattro, la tua intimità ve­niva violata». E i piccoli dove­vano piegarsi alle perversioni degli uomini di Chiesa o dei compagni più grandi che ave­vano la «supervisione» nottur­na sulle camerate.

Accadeva pure negli altri isti­tuti della contea di Limerick, sempre sotto l’insegna dei «Fra­trum Chritianorum» il cui mot­to è «Facere e docere», fare e in­segnare. Ma ciò che facevano e insegnavano era qualcosa di or­ribile, di disgustoso. Come an­che in altri collegi dell’Irlanda: ad esempio governati dalle «So­relle della Pietà» le quali scam­biavano le opere di bene per un diritto assoluto di appro­priazione dei minori che impri­gionavano. Sadie O’Meara era un’adolescente: «Mi rinchiude­vano a chiave la sera, il cibo era fetente, alle finestre c’erano le sbarre, mi maltrattavano, non mi dissero neppure che mia madre era morta». Era questa la regola: scuole lager, orfano­trofi lager.

Un rapporto choc di 2575 pa­gine e si alza il sipario su un tea­tro raccapricciante nel quale «stupri, molestie e abusi erano endemici». È durata nove anni l’inchiesta della commissione presieduta dal giudice dell’alta corte, Sean Ryan, e alla fine i ri­sultati rivelano che le «indu­strial schools» irlandesi per 35 mila bambini e ragazzi abban­donati o in difficoltà, devianti o senza più i genitori, un network di 250 istituti organiz­zati dagli ordini religiosi cattoli­ci per oltre mezzo secolo, fino alla chiusura decisa negli Anni Novanta, sono stati il palcosce­nico segreto di crudeltà «che avevano lo scopo di provocare dolore e umiliazione».

Centinaia di testimonianze descrivono il clima di schiavitù e di terrore. In una scuola della contea di Galway, remota, fon­data nel 1885, per decenni tre presuli si sono accaniti contro i giovani. In un’altra la «San Giu­seppe » per i sordi, a Cabra, i su­periori hanno coperto, persino davanti agli ispettori, le scorri­bande punitive sugli ospiti. Sei riformatori hanno accolto mi­ster John Brander, un educato­re. Solamente di facciata. Era un «serial sexual and physical abuser», un maniaco violento. Fino a che ha concluso la «car­riera » in prigione. E al riforma­torio di San Patrizio tenevano addirittura un registro con il diario delle punizioni corporali inflitte dallo «staff religioso». Nella istituzione controllata dalle «Sorelle della Pietà», nel­la contea di Waterford, i ragaz­zi e le ragazze erano malnutriti, in compenso riempiti di alcol.

Uno scandalo che sconquas­sa la Chiesa cattolica nel Regno Unito. Quasi tutti i responsabili degli abusi e delle violenze so­no garantiti da «immunità pe­nale » perché nel 2004 la magi­stratura, su appello delle Con­gregazioni, assicurò l’anonima­to degli aguzzini. Ora i vertici ecclesiali invocano il perdono, promettono il repulisti. Il Pri­mate della Chiesa irlandese, Se­an Brady, è esplicito: «Provo vergogna». Il comitato che tute­la le vittime delle violenze sco­perte dalla commisione si ribel­la. «Tocca al Papa convocare un concistoro speciale per inve­stigare le attività della Chiesa cattolica in Irlanda».

Botte, umiliazioni e violenze sessuali nei racconti degli ex bambini

La Repubblica 21.5.09
Botte, umiliazioni e violenze sessuali nei racconti degli ex bambini
Sadie, Thomas e gli altri "Eravamo i loro schiavi"
di e. f.

"Il Rapporto non basta Quello che oggi chiediamo è che quegli istituti vengano perseguiti dalla giustizia"

LONDRA - Sadie O´Meara aveva 15 anni quando gli ispettori dell´assistenza sociale la strapparono alla madre, che non era sposata - una colpa imperdonabile nell´Irlanda bigotta e clericale del primo dopoguerra - e la consegnarono alle Sisters of Our Lady of Charuty of Refuge, le Magdalene Sisters, le famigerate suore protagoniste del film che tanto scalpore ha suscitato quando è apparso nelle sale di tutto il mondo nel 2002. «Mi misero a lavorare in una delle "Magdalene Laundries", le lavanderie dove ragazze orfane o private della famiglia venivano sfruttate come schiave», racconta. «Ci facevano alzare alle sei del mattino, marciare in un cortile, assistere alla messa, senza mangiare un boccone e neanche bere un bicchiere d´acqua. Ogni mattina c´erano ragazze che svenivano in chiesa per la debolezza». Sadie è una dei testimoni che hanno parlato con la commissione governativa d´inchiesta, per la compilazione del rapporto di 2500 pagine pubblicato ieri a Dublino. «Dormivo in una cella simile a quella di una prigione. La notte mi chiudevano dentro a chiave. C´era un letto di ferro e un secchio d´acqua come unica forma d´igiene. C´erano sbarre alla finestra, da cui si vedeva solo un grigio cortile. Il cibo era immangiabile. E poi la cosa peggiore erano le botte, le umiliazioni costanti, le violenze sessuali. Mia madre morì mentre ero dentro, non me lo dissero nemmeno».
Una sua compagna di sofferenze, che preferisce non rendere pubblico il proprio nome, testimonia gli abusi sessuali a cui era sottoposta dalle suore del medesimo istituto. «Scrissi una lettera per rivelare cosa stava accadendo lì dentro e riuscii a darla a un uomo che ci portava il pane. Ma lui la restituì alla madre superiora, che mi convocò nel suo studio e mi fece picchiare così selvaggiamente da aprirmi delle ferite nella carne viva delle gambe». Thomas Wall, un orfano di Limerick, fu affidato all´orfanatrofio dei Christian Brothers all´età di tre anni. «Da quando ne avevo otto, fui abusato sessualmente e violentato dai sacerdoti dell´istituto», racconta. «Se piacevi a qualcuno, era finita, non avevi scampo. Non c´era modo di nascondersi o difendersi, avevano accesso a te 24 ore su 24. Mi sono rimaste le cicatrici delle percosse che ho subito». Tom Hayes, anche lui orfano, finì nel medesimo orfanotrofio, ma oltre alle violenze dei preti gli toccarono quelle dei ragazzi più grandi: «Era la norma essere svegliato nel mezzo della notte e stuprato dai tuoi compagni. Da adulto non sono più riuscito ad avere rapporti normali». Dice John Kelly, un´altra vittima di abusi sessuali: «Il Rapporto non basta. Vogliamo che quegli istituti siano perseguiti e puniti dalla giustizia».

La Chiesa irlandese nella bufera "Abusi sessuali su migliaia di bimbi"

La Repubblica 21.5.09
La Chiesa irlandese nella bufera "Abusi sessuali su migliaia di bimbi"
Rapporto shock: per 40 anni violenze "endemiche" negli istituti religiosi
Scoperti 2500 casi avvenuti tra il 1940 e il 1980. Il primate Brady: "Dispiaciuto profondamente"
di Enrico Franceschini

LONDRA - È una delle pagine più nere della storia d´Irlanda, e della storia della Chiesa cattolica: l´abuso sessuale sistematico e ampiamente diffuso ai danni di bambini e adolescenti di entrambi i sessi, in scuole, orfanotrofi, riformatori e altri istituti gestiti da ordini religiosi cattolici irlandesi. Una macchia vergognosa, di cui finora si conosceva l´esistenza attraverso documentari televisivi, film di denuncia come il pluripremiato "Magdalene" di qualche anno fa, inchieste dei giornali e indagini preliminari. Ma adesso la Child Abuse Commission, la commissione istituita dall´allora primo ministro irlandese Bertie Ahern, per fare luce su questo indegno scandalo, ha concluso i suoi lavoro dopo nove anni di inchieste e presentato un rapporto che fotografa con esattezza le dimensioni e i dettagli di quanto è avvenuto.
Il risultato suscita orrore: un dossier con le testimonianze di 2500 vittime di violenze, avvenute tra gli anni ‘40 e gli anni ‘80, negli istituti gestiti da preti e suore in Irlanda. Racconti atroci, di uomini e donne oggi adulti che ricordano di essere stati picchiati in ogni parte del corpo con le mani e con ogni tipo di oggetti, seviziati, stuprati, talvolta da più persone contemporaneamente.
E´ la cronaca di una discesa agli inferi, tenuta nascosto per decenni, poi trapelata qui e là, ma solo ora svelata in tutta la sua mostruosa realtà. Che questo sia avvenuto nel paese più cattolico d´Europa, dove la Chiesa ha per lungo tempo sovrastato con la sua influenza ogni aspetto della società civile, è ancora più grave e raccapricciante, commenta la stampa irlandese. Il rapporto non è una lettura facile. «Credevo che mi avrebbero rivoltato le budella», dichiara un testimone. Altri parlano di «predatori sessuali che colpivano sistematicamente e abusavano sessualmente i bambini più vulnerabili». Le vittime erano spesso giovani "difficili", orfani, disabili, abbandonati, che speravano di ricevere dalla Chiesa il conforto che non avevano mai conosciuto e si ritrovavano invece inghiottiti in un feroce cuore di tenebra. La pedofilia e l´abuso sessuale nei confronti dei bambini erano un fatto «endemico», conclude il documento.
Il fatto che questo orrore sia venuto pienamente alla luce, per iniziativa del governo, è un segno di quanto sia cambiata l´Irlanda negli ultimi vent´anni: oggi è colpita come tanti dalla crisi economica, ma è un paese irriconoscibile, trasformato dalla globalizzazione, moderno e aperto. La Chiesa cattolica irlandese piega la testa: il cardinale Sean Brady dice di essere «profondamente dispiaciuto» per gli abusi sessuali. «Mi vergogno che dei bambini abbiano sofferto in un modo così orribile in queste istituzioni», afferma in un comunicato l´arcivescovo di Armagh e Primate di tutta Irlanda.
Tra gli ordini religiosi investigati dalla commissione ci sono anche le Sisters of Our Lady of Charity Refuge, le suore che gestivano la Magdalene Laundry di Dublino, il soggetto dell´omonimo film del 2002. Ma le resistenze di associazioni religiose e del ministero dell´Istruzione hanno prolungato l´inchiesta, cosicché molti dei carnefici sono già morti; e in base a restrizioni legali la commissione non ha potuto nominarli, tranne nei rari casi in cui un prete o una suora abbia già subito una condanna giudiziaria.

Pedofilia, il lato oscuro della Chiesa

La Repubblica 22.5.09
I casi di pedofilia in Irlanda sono l´ultima fermata della via crucis. E in Italia? Cronaca dall´ultima frontiera della Chiesa
Pedofilia, il lato oscuro della Chiesa
di Maria Novella De Luca

Per don Luigi Ciotti "serve trasparenza, bisogna ripensare la formazione dentro i seminari"
"Quei resoconti sono terribili. La crisi è profonda, senza ritorno" dice don Antonio Mazzi
Spesso i bambini devono diventare adulti per riuscire a descrivere ciò che hanno subito. Così è accaduto a fine 2008 in un collegio veronese per sordi

Raccontano di stanze buie, di violenze nelle camerate, di molestie nel confessionale. Ricordano nel dettaglio botte, sevizie, ricatti, attenzioni morbose, paura e vergogna. Anche se sono passati venti, trenta, quarant´anni. Loro, gli ex bambini, non dimenticano. Erano piccoli, adolescenti, disabili, orfani. La Chiesa apre il suo archivio più sconvolgente, per la prima volta in tutto il mondo le vittime parlano e vengono ascoltate, e si scopre che i casi di pedofilia sono migliaia e migliaia. La Chiesa americana, quella australiana, e ieri, dopo nove anni di inchiesta, la chiesa irlandese: negli enti per minori gestiti da religiosi generazioni di bambini hanno subito stupri e soprusi. Per colpa di "preti traditori", così li aveva chiamati un anno fa papa Ratzinger a Sydney, affermando che chi si macchia di queste colpe «è una vergogna per la Chiesa» e deve essere processato. Il risultato è che le storie vengono alla luce, è di pochi mesi fa la denuncia degli ex allievi dell´Istituto "Antonio Provolo" di Verona, bambine e bambini sordomuti oggi adulti di mezza età, che in sessanta hanno raccontato di essere stati «violentati e bastonati per anni», dai religiosi che li avrebbero dovuti accudire e proteggere, e che oggi nonostante le accuse sono ancora lì, in quello stesso istituto. Dal 2000 ad oggi sono almeno 60 i casi di preti condannati o in attesa di giudizio perché colpevoli di abusi sessuali. Una presa d´atto durissima per chi nella Chiesa lavora e alla dedizione agli altri ha consacrato la propria vita. Come don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele di Torino, presidente di Libera, che dice: «Ci vuole trasparenza, quanti silenzi complici ci sono stati, bisogna ripensare la formazione nei seminari, il cammino verso il sacerdozio».
Con un dolore tremendo però. «Come si fa a non sentirsi sconvolti leggendo che cosa è successo in Irlanda, è giusto cercare la verità, punire chi ha coperto gli abusi. Ma ci vuole attenzione, questa è una pagina oscura che non deve infangare la parte sana della Chiesa, anche se è necessario fermarsi, riflettere. Difendendo le vittime, ma accogliendo anche chi ha sbagliato». E don Ciotti racconta di aver seguito più di un prete accusato di pedofilia, e di averlo "accompagnato" verso il processo. Cercando di guardare quel lato oscuro, malato, che poi diventa crimine.
La Chiesa si apre e svela il lato buio. A scorrere le cronache giudiziarie i casi italiani sono decine e decine. Alcuni più noti, e a lungo coperti dalle gerarchie ecclesiastiche, come quello di don Lelio Cantini, sacerdote fiorentino ritenuto colpevole di «abusi sessuali pluriaggravati e continuati su minori», ma restato al suo posto di parroco fino al 2005, quando ormai ottantenne è stato "punito" dal Papa con la riduzione allo stato laicale. Per 10 anni, dal 1975 al 1985 aveva imposto rituali sessuali di ogni tipo a ragazzi e ragazze adolescenti che soltanto anni dopo avrebbero trovato il coraggio di denunciare.
Perché spesso accade così. Gli ex bambini devono diventare adulti per riuscire a descrivere ciò che hanno subito. A volte perché l´orrore è tale che si cerca di dimenticare, più spesso però perché non vengono creduti. C´è da osservare infatti il contesto in cui questi fatti accadono, collegi, comunità, scuole, oratori. Contesti fragili, di storie difficili. Come la Comunità Incontro di don Pierino Gelmini ad Amelia, famosa e iper-sponsonsorizzata comunità di recupero per tossicodipendenti. Nell´agosto del 2007 due ex pazienti della comunità accusano don Gelmini di averli ripetutamente molestati e abusati trai il 1999 e il 2004, quando erano ancora minorenni. «Ci portava nella stanza del camino e ci faceva quelle carezze». Gli inquirenti ritengono le accuse fondate, decine di politici si mobilitano in difesa del sacerdote, che viene però rinviato a giudizio.
La Chiesa svela il suo lato oscuro. Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, parla con il dolore nella voce e con veemenza. «Leggendo il resoconto delle sevizie fatte sui bambini negli istituti gestiti da religiosi ho capito che la crisi è totale, senza ritorno, che questa Chiesa pensa soltanto ad esibire ricchezza e potere, dimenticando le scritture, profezia. Non sono pochi casi, è un orrore che va dall´America all´Australia, dall´Irlanda all´Italia: noi dobbiamo guardarci dentro, ci vuole un nuovo concilio - incalza don Mazzi - com´è possibile che centinaia di preti abbiano distrutto le vite di bambini innocenti, approfittando dei più fragili, gli organi, i disabili, che avrebbero invece dovuto proteggere. Come a Verona, nell´istituto per piccoli sordomuti...Davvero è accaduto tutto questo? E il Vaticano che fa, dov´è?». La malattia è estesa, aggredisce più lati, avanza. Ma la Chiesa ne parla, apre gli archivi, condanna. Proprio sull´Avvenire, il quotidiano della Cei, lo psichiatra Vittorino Andreoli, in una serie di riflessioni dedicate alla vita del prete, spezza il tabù, e parla dei sacerdoti pedofili. «Il sacerdote, che è uomo della sacralità, si rivolge ai bambini ma come oggetto di piacere sessuale. Il che produce l´immagine peggiore che possa venire da un prete e dà il senso proprio della degenerazione...Per questo credo che nel caso dei preti pedofili sia fondamentale poter intervenire presto, se ciò è dato; e che in ogni caso la pena sia applicata con severità. E, assieme gli sia accordata la cura...».
Certo, la reticenza c´è, ed è ancora forte, soprattutto ad uscire dalle pieghe delle istituzioni vaticane, dei propri tribunali e consegnare i preti pedofili ai tribunali dello Stato. E di questo cupo castello ancora presente di omertà e resistenze, dà conto un piccolo ma dettagliato libro dal titolo provocatorio «Lasciate che i pargoli vengano a me. Storie di preti pedofili in Italia» di Paolo Pedote. Un viaggio attraverso quindici casi di religiosi condannati per violenza sessuali. Nomi a volte poco noti, o dimenticati, se non ci fossero le vittime, piccole, spesso inascoltate, a volte addirittura messe al bando, a ricordare il lato oscuro della Chiesa. Ecco allora don Marco Gamba, giovane parroco di Chiusa San Michele (Torino), condannato a 4 anni (con un notevole sconto) per il possesso di materiale pedopornografico e per violenza sessuale aggravata su due giovani chierichetti. O don Giorgio Mazzoccato, parroco della borgata di Arpinova, a due passi da Foggia, condannato a sei anni di reclusione per aver molestato e abusato di 10 bambine e bambini dai 7 ai 12 anni, attirandoli in casa sua, dentro il confessionale, durante le gite della parrocchia. E poi don Giuseppe Rassello, don Luciano Michelotti, don Giorgio Carli, don Bruno Puleo, don Romano Dany, don Mauro Stefanoni, don Paolo Pellegrini, don Marco Cerullo. Centinai di preti, centinaia di piccole vittime. Un catalogo lungo, dettagliato, triste.

La mia Irlanda complice dei preti pedofili

La Repubblica 22.5.09
La mia Irlanda complice dei preti pedofili
di Joseph O’Connor

L´Irlanda in questi giorni sta vivendo un trauma inverosimile e terribile. Dopo aver trascorso il decennio scorso a crogiolarci in una cappa di autocompiacimento per i nostri successi economici, ci troviamo di fronte a una realtà completamente diversa, dalla quale risulta che quel boom è stato illusorio. Politici corrotti, avidi banchieri, speculatori immobiliari hanno quasi mandato a rotoli il nostro Paese e, come se non bastasse, la notizia ufficiale di questi giorni dei maltrattamenti e delle sevizie dei preti sui bambini a loro affidati conferma ciò che sapevamo da tempo nel fondo dei nostri cuori.
In altri Paesi i pedofili si nascondono: in Irlanda si nascondono in piena vista. Nella maggioranza dei casi, i bambini vittime di soprusi e violenza non sono stati creduti. Nessuno ha dato loro retta, nemmeno le loro famiglie. Poiché le rivelazioni delle sistematiche violenze e sopraffazioni sui bambini irlandesi arrivano in questa fase della nostra storia è inevitabile che scatenino rabbia e collera profonde. In parte questa reazione è dovuta ai racconti, così strazianti, così pieni di episodi crudeli da far venire le lacrime agli occhi di chi li legge. In parte, però, è dovuta anche al fatto che è ormai palese che per decenni l´organizzazione più potente e ricca di Irlanda, la Chiesa Cattolica nelle sue molteplici denominazioni, ha fatto tutto ciò che le era possibile per mettere a tacere le sue vittime. Le scuse - se mai ci sono state - sono state equivoche e ambigue. Sono state assunte frotte di avvocati, incaricati di contestare le accuse. Quando, per le pressioni delle associazioni dei violentati e di un´opinione pubblica sempre più inferocita, si è riusciti a ottenere dalla Chiesa un programma di risarcimenti di natura finanziaria, le sue condizioni si sono rivelate talmente generose nei confronti dei colpevoli che molti hanno giudicato il comportamento del governo a dir poco inadeguato.
Dal mio punto di vista, però, esiste un contesto più ampio in grado di spiegare l´ira del popolo irlandese. Sappiamo che la responsabilità è di molti: le colpe non sono solo della Chiesa Cattolica, né solo di una sfilza di ingiustificabili governi irlandesi, ma della società stessa, di ogni suo elemento. È proprio questo a far sentire così profondamente a disagio l´Irlanda. Quasi tutti erano a conoscenza dei preti pedofili e violenti. Non sto esagerando: una delle organizzazioni di sopravvissuti a questi abominevoli reati si chiama "One in Four" ("Uno su quattro") perché è stato statisticamente provato che circa un quarto dei bambini irlandesi ha subito un maltrattamento fisico o una violenza sessuale, a casa propria, a scuola, ovunque avrebbe dovuto sentirsi invece protetto. C´è chi ha distolto gli occhi guardando, chi si è tappato le orecchie. I bambini sono stati trattati con un´irrilevanza sovrumana in Irlanda, una società che per difendere un prete sarebbe disposta a mettersi a testa in giù in una contorsione morale, ma che per un bambino vittima di stupro non muoverebbe un dito.
Mio padre, cresciuto in un quartiere della classe operaia nella parte antica di Dublino, ricevette l´unica istruzione dai Christian Brothers: malgrado non abbia subito maltrattamenti, né sia mai stato molestato sessualmente, e benché parli con rispetto di quegli istitutori che si occupano dei bambini più poveri, a scuola visse sempre nella paura. Certo, mi riferisco agli anni Quaranta, quando forse i metodi di insegnamento erano ovunque autoritari e brutali. Ma un amico mio coetaneo, che ha frequentato la stessa scuola negli anni Ottanta, mi ha parlato del suo terrore sui banchi di scuola, giorno dopo giorno. Il panico lo assaliva non appena varcava i cancelli della scuola e si dileguava soltanto quando rientrava a casa. Ancora oggi, non è mai tornato a visitare la sua scuola, si tiene alla larga addirittura dalla strada dove si trova, proprio come un vicino di casa che ha riferito a mia moglie di non poter vedere nemmeno da lontano l´edificio nel quale ha studiato, quello stesso istituto gestito dai Christian Brothers. È inevitabile a questo punto chiedersi: dove erano gli ispettori del governo? Dove erano i funzionari? E i burocrati? Come si è potuto permettere che tutto ciò accadesse?
Devo sottolineare che il contributo dato dalla giornalista irlandese Mary Raftery sul canale televisivo nazionale Rte è stato determinante per porre fine all´omertà. La leadership audace e coraggiosa di cui ha dato prova il giornalista Colm O´Gorman - egli stesso vittima di violenze sessuali e maltrattamenti dai preti - è stata fondamentale per costringere le autorità a guardare in faccia la verità. Persone come loro si sono rifiutate di essere messe a tacere, pur avendo incontrato nella loro ricerca di giustizia un numero davvero irrisorio di alleati. Ora penso di sapere perché. Il comportamento di alcuni preti e di alcune suore è stato sicuramente delinquenziale, nella piena accezione del termine. Ma niente è mai stato fatto per fermarli. L´Irlanda, già afflitta dal senso di colpa per gli insuccessi finanziari, ora lo è anche per questi casi di maltrattamento e violenza su minori. Siamo entrati in un vortice di recriminazione, una spirale nella quale gli innocenti sono puniti con i colpevoli. È comprensibile. Alcuni esponenti del clero meritano sicuramente di essere oggetto di stigma, ma il mio ammonimento è che questa è un´altra forma di equivoco morale. Per evitare le accuse si deve essere scioccati, o quanto meno fingere di esserlo. Solo così si riesce a frapporre della distanza tra sé e simili avvenimenti osceni. C´è tuttavia un dato, nudo e crudo, di cui non si può non tener conto: non possiamo dimenticare quanto poco lo Stato abbia fatto per proteggere i poveri irlandesi, e in che misura i bambini irlandesi poveri, più vulnerabili e deboli, affidati a istituzioni di crudeltà dickensiana, siano stati letteralmente abbandonati nella santità dei bassifondi morali. Si tratta di una vecchia storia, una storia terribile. Quando puntate un dito per accusare, siate sempre consapevoli che tre delle dita della vostra stessa mano puntano contro di voi.
Traduzione di Anna Bissanti. Il romanzo "La moglie del generale" di Joseph O´Connor è pubblicato in Italia da Ugo Guanda Editore

Il caso Galileo. Storia di una conciliazione impossibile

Terra 23.5.09
Il caso Galileo. Storia di una conciliazione impossibile
di Noemi Ghetti

Dal 26 al 30 maggio, per la prima volta dopo 400 anni istituzioni religiose e scientifiche a confronto a Firenze in un convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Stensen

Tra le numerose iniziative promosse nell’Anno Internazionale dell’Astronomia, proclamato dall’ONU per celebrare i quattrocento anni della reinvenzione astronomica del cannocchiale da parte di Galileo, il convegno internazionale di studi “Il caso Galileo” che si tiene a Firenze dal 26 al 30 maggio presenta una fisionomia piuttosto sorprendente. Organizzato dai gesuiti della Fondazione Stensen con lo scopo dichiarato di pervenire alla «fine di una secolare incomprensione», vede raccolti sotto lo stesso egida l’Accademia dei Lincei e l’Accademia pontificia delle scienze, università statali e cattoliche ed importanti enti di ricerca, come il CNR, l’Osservatorio di Arcetri e l’Istituto e museo di Storia della scienza di Firenze. Quattro giornate di lavori, a partire dall’inaugurazione alla presenza del Presidente della Repubblica nella basilica di Santa Croce, dove è sepolto lo scienziato, per arrivare alla villa “il Gioiello” di Arcetri, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Allo stesso tavolo si avvicenderanno e si confronteranno i più qualificati specialisti mondiali della cultura scientifica e religiosa, dopo secoli di uno scontro ininterrotto, che ha visto momenti molto aspri.
Galileo è stato occasione di accese polemiche anche in tempi assai recenti, quando alla fine del 2007 l’invito a papa Benedetto XVI a tenere una “lectio magistralis” all’università statale La Sapienza scatenò la protesta nell’ambito del mondo accademico e studentesco. In quell’occasione venne ricordato infatti come nel 1990 l’allora cardinale Ratzinger, utilizzando una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend, avesse dichiarato: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». E come, citando Carl Friedrich von Weizsäcker, Ratzinger si fosse spinto addirittura a proporre un collegamento diretto tra Galileo e la bomba atomica. Due anni dopo, nel 1992, Giovanni Paolo II tentò di porre fine a quasi quattro incresciosi secoli di «tragica reciproca incomprensione» con una tardiva “riabilitazione” di Galileo. Ma le argomentazioni addotte dal papa, di fatto tese ad addossare le maggiori responsabilità a Galileo e a circoscrivere quelle della Chiesa, suscitarono non poche critiche tra gli studiosi, e lasciarono il caso aperto a successive revisioni da parte cattolica.
Tra quelle attualmente in voga in ambito cattolico, forse la più paradossale è quella che pretende che Galileo sia stato miglior teologo che scienziato. Il suo errore non sarebbe stato, come sostiene Paolo Rossi, quello di essersi incautamente avventurato nel terreno minato dell’esegesi biblica. Al contrario, Galileo sarebbe stato un buon interprete delle Sacre scritture, rilevandone per primo il carattere di documento legato alla mentalità del tempo storico in cui furono redatte, successivamente accettato anche dalla Chiesa. Ma fu un cattivo scienziato, per aver sostenuto che il sistema copernicano era una verità fisica, e non semplicemente un’ipotesi matematica, venendo meno al carattere congetturale che deve caratterizzare la ricerca scientifica. Da questo punto di vista il cardinale Bellarmino invece sarebbe stato parimenti ottimo teologo e ottimo scienziato.
Ma, obietta Paolo Galluzzi (il Sole 24 Ore, 10.5.09): «si dimentica che il contrasto tra Chiesa e nuova scienza e quello tra Galileo e Bellarmino non si sviluppò affatto sul terreno dell’epistemologia; esso fu molto più semplicemente la conseguenza della ferma volontà delle autorità ecclesiastiche di negare a Galileo, così come a chiunque altro, la libertà di sostenere dottrine diverse da quelle insegnate da Santa romana chiesa».
Il caso Galileo si è prestato ad essere nei secoli un banco di prova della laicità molto frequentato, più di quello dell’eretico irriducibile Bruno, sul quale evidentemente non esiste alcuna possibilità di mediazione e riabilitazione. I due «martiri del libero pensiero» saranno messi a confronto al convegno da Michele Ciliberto, mentre Adriano Prosperi porterà il proprio contributo di storico dell’inquisizione e dei movimenti ereticali, e di esperto dei rapporti tra Chiesa e moderna scienza.
Galileo processato abiurò ed ebbe salva la vita. Memore del rogo di Giordano Bruno, che era stato condannato per avere aperto la strada alla possibilità di pensare l’origine della realtà umana dalla materia infinita e sensibile, Galileo escluse dal campo della sua ricerca l’uomo, indirizzandola più prudentemente al mondo fisico. Questo non bastò a metterlo al riparo dall’occhiuta Inquisizione.
La nostalgia per una ricerca abbandonata, quasi un senso di colpa risuona in un passo del Dialogo dei massimi sistemi del mondo, che gli era costato il processo, e che fino al 1835 rimase nell’Indice dei libri proibiti. La corruttibilità della materia, afferma Sagredo, spregiata dal pensiero aristotelico-cristiano, è dinamismo, vita. La vantata incorruttibilità dei corpi celesti, è morte. Non c’è principe, afferma poeticamente il nobile veneziano, che non darebbe tutti i suoi gioielli e i suoi ori per avere due carrate di terra, e «piantare in un picciol vaso un gelsomino o seminarvi un arancino della Cina, per vederlo nascere e produrre sì belle frondi, fiori così odorosi e sì gentili frutti». Ma il tono vibra di indignazione quando conclude: «E questi che esaltano tanto l'incorruttibilità, l'inalterabilità, etc., credo che si riduchino a dir queste cose per il desiderio grande di campare assai e per il terrore che hanno della morte; e non considerano che quando gli uomini fussero immortali, a loro non toccava a venire al mondo. Questi meriterebbero d'incontrarsi in un capo di Medusa, che gli trasmutasse in istatue di diaspro o di diamante, per diventar piú perfetti che non sono».
Bellarmino era un ottimo scienziato, sapeva cogliere molto acutamente le implicazioni nascoste in queste righe. Ci auguriamo che anche questa volta nessuna cristiana e hegeliana conciliazione riesca a cancellare l’irriducibile opposizione che separa religione e libera ricerca.

lunedì 1 giugno 2009

Il Porfirio scampato al rogo

Corriere della Sera 27.5.09
Il Porfirio scampato al rogo
di Armando Torno

Un secolo dopo che Adolf von Harnack raccolse i frammenti del trattato del neoplatonico Porfirio, esce in italiano la prima traduzione integrale di Contro i cristiani (a cura di Giuseppe Muscolino e Giuseppe Girgenti, Bompiani, pp. 640, e 20). Risale alla fine del III secolo, è un attacco basato su un esame storico, filosofico, filologico e teologico della Bibbia. Ben più forte del precedente Il discorso vero di Celso, del tempo di Marco Aurelio, conservatoci nella confutazione di Origene. Se le polemiche anticristiane sino a quel momento negavano Gesù come logos dei greci o Messia dei profeti ebrei, Porfirio acuì l’attacco: escludeva la possibilità di conciliare pensiero greco e cristianesimo, soprattutto negava la correttezza dell’uso ermeneutico dell’allegoria per interpretare la Scrittura. L’opera fu proscritta da Costantino poco prima del Concilio di Nicea (325 d.C.), poi data alle fiamme sino all’ultima copia nel 448 d.C. Harnack raccolse i frammenti nelle opere dei confutatori; questa edizione ha in appendice anche quelli ritrovati in altri autori o in nuovi papiri dopo il 1916.

La Chiesa riabilita Giordano Bruno? Gli studiosi: «Ridicolo»

La Nazione Il Resto del Carlino Il Giorno 28.5.09
La Chiesa riabilita Giordano Bruno? Gli studiosi: «Ridicolo»

LA CHIESA cattolica riabilita Giordano Bruno? «Forse», risponde Nicola Cabibbo, presidente della Pontificia accademia delle scienze. «Ne ho parlato in Vaticano - prosegue il fIiico in un'intervista a 'Famiglia cristiana' - ma per ora segnali non ce ne sono. La teoria di Giordano Bruno oggi è dimostrata dall'esistenza dei pianeti extrasolari, osservati dai telescopi in orbita. Il problema sono il processo e la condanna. Credò che se ne sappia meno che del processo a Galileo Galilei. E poi non sarà facile riconoscere che non c'era alcuna ragione per metterlo al rogo». Il caso Galileo, poi «ha disorientato»: «La Chiesa era impreparata di fronte al nuovo modo di indagare la natura, quasi che la scienza pretendesse di svelare il Mistero». Ma l'idea non scuote la comunità scientifica. Anzi, si può parlare di vera e propria indifferenza. Aldo Masullo, docente emerito di filosofia morale all'Università di Napoli: «Oggi né a Bruno né ai suoi estimatori importa più nulla del riconoscimento della Chiesa». E Michele Ciliberto, professore di Storia della Filosofia moderna e contemporanea alla Normale di Pisa e presidente dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento di Firenze: «Bruno è il pensatore più radicalmente anticristiano del Cinquecento europeo». Non ha dubbi anche Massimo Cacciari: «Riabilitare Bruno? Semplicemente ridicolo», dice il filosofo-sindaco di Venezia. Mostra pollice verso sulla riabilitazione Guido Del Giudice, autore di studi sul pensiero bruniano cui ha dedicato il sito www.giordanobiuno.info: «Già nel Duemila la lettera del cardinal Sodano fu esplicita: pur concedendo la sproporzione della condanna inflitta al filosofo europeo, la Chiesa ne difendeva ancora storicisticamente la legittimità».

Giordano Bruno può attendere

La Repubblica 28.5.09
Giordano Bruno può attendere
di Michele Smargiassi

La Terra, intesa come pianeta, non ha atteso il 31 ottobre 1992, giorno in cui Giovanni Paolo II riabilitò Galileo Galilei, per mettersi a girare attorno al sole: in evidente spregio ai dogmi lo faceva già da quattro miliardi di anni. Quindi non è chiaro quali benefici effetti sul pensiero umano potrebbe avere la riabilitazione di Giordano Bruno, sollecitata (per la verità senza eccessive speranze) dal fisico Nicola Cabibbo, presidente della Pontificia accademia per le scienze, in un´intervista a Famiglia Cristiana. Le teorie sull´universo e sulla natura dell´uomo del domenicano ribelle, arso sul rogo in Campo de´ Fiori nell´anno del Signore 1600, sono ancora in buona parte indigeribili per la dottrina cristiana; ma è apprezzabile la buona volontà. Del resto, anche Charles Darwin è stato "perdonato" dal Vaticano nel ´96, ma provate a insegnare l´evoluzionismo in certe scuole cattoliche. Senza contare che una netta differenza tra lo scienziato e il filosofo esiste: se nei confronti di Darwin la reazione della Chiesa si limitò ad essere fredda, con Giordano Bruno fu invece molto, molto calda.

Se la Chiesa processa gli eretici di oggi

La Repubblica 30.5.09
L’attualità del caso Galileo mentre si chiude a Firenze un convegno a lui dedicato
Se la Chiesa processa gli eretici di oggi
di Adriano Prosperi

A cento anni dalle sue scoperte, il rito accusatorio contro lo scienziato ripropone tutta la violenza contro la Ragione di cui la Fede è capace

L’invito a rileggere il processo a Galileo spicca nel programma del convegno fiorentino che si chiude oggi ad Arcetri. E´ un invito da prendere sul serio. La ricorrenza centenaria di quello straordinario 1609 quando Galileo passò le notti a guardare il cielo col cannocchiale ha certamente qualcosa da dire al nostro presente. Quello fu un momento altissimo della cultura italiana nella fase matura della sua egemonia europea, come documenta la splendida mostra fiorentina curata da Paolo Galluzzi. Ad esso seguì un precipitoso declino. Anche a causa di quel processo, col quale, scrisse John Milton, la censura ecclesiastica «spense l´ardore dell´ingegno italiano». Si chiudeva il processo a Galileo, si apriva quello alla Chiesa . Oggi sono le autorità della Chiesa cattolica a difendersi, parlando di un «malinteso», di una «reciproca incomprensione» (così papa Wojtyla), di un problema del rapporto «tra ragione e fede», come scrive l´attuale arcivescovo di Firenze. Fede e Ragione, Chiesa e Ricerca: grandi parole, frastornanti per chi vuol capire che cosa accadde allora. Per questo bisogna rileggere i documenti.
Davanti alle carte processuali si è presi come da una vertigine pensando alla storia che documentano e a quella che hanno creato. Una storia non di avventure, di fede e di passione, come avrebbe detto Benedetto Croce, ma piuttosto di violenze e di astuzie, di volpi e di leoni. Astuzia di Galileo, per esempio. Aveva a che fare con poteri occhiuti e sospettosi. Perciò si tutelò con ben due «imprimatur» nel pubblicare il suo Dialogo: il che mise in imbarazzo i giudici e dette al processo un andamento peculiare. Il potere gli si presentò coi modi vellutati del gesuita Bellarmino nell´incontro del febbraio 1616, quando il cardinale cercò di convincere quel brillante professore a dissimulare la sostanza della sua scoperta. Ma la violenza dei nemici – tanti, per l´odio che sempre si scatena davanti alla vera creatività - era già nell´aria se, come sembra, è autentico il discusso documento dell´intimazione del Commissario Segizzi su cui il processo del 1633 fece leva. Il processo, un testo di inesauribile fascino drammatico, all´altezza delle massime espressioni del teatro barocco, si concluse come doveva. Galileo si arrese alla forza mascherata di diritto: «Son qua nelle loro mani, faccino quello li piace».
Il fascicolo fu riposto nell´archivio del Sant´Uffizio, il carcere-tribunale più antico di tutta Italia, un vero monumento storico dell´immobilità del potere nel paese più ballerino e traballante d´Europa. Ci vollero le armate di Napoleone per farlo uscire da lì. Quello che se ne seppe fu solo la sentenza di condanna, inviata a pochi e ben mirati destinatari. In Italia i professori lessero e giurarono. Lo stesso fecero quasi tutti i loro eredi del secolo scorso, negli anni dell´abbraccio fra regime fascista e Santa Sede. Riflessi condizionati. Su questi precedenti si basano i tentativi che ancora si fanno da noi di imporre vincoli di legge a chi cura gli immigrati , i malati, i morenti.
Oggi su queste carte antiche si tenta di aprire un processo nuovo: non più quello di rito inquisitorio, della rigorosa ricerca della verità, ma quello di rito accusatorio in cui il giudice media tra due contendenti . Al posto di Galileo che voleva che la terra si muovesse c´è oggi la Scienza. Al posto di papa Barberini che la voleva immobile c´è la Fede, candida e benevolente. E´ tra questi due contendenti che si vuole cercare l´accordo. Ma, come sono in genere i patteggiamenti che nei tribunali permettono di beffare la giustizia, anche questa offerta di accomodamento sembra piuttosto truffaldina. La fede, quella con la minuscola, non c´entra, non è una istituzione, è una cosa che ha tante forme quanti sono gli esseri umani. C´entra la Chiesa come potere, quel potere che in Italia ha fatto di ogni riformatore un eretico. La «reciproca incomprensione» è una formula adatta alle liquidazioni di incidenti automobilistici per «concorso di colpa». E la colpa di Galileo è una sola: a lui si dovette la sconfitta del sistema di potere che saldava filosofia aristotelica e geografia tolemaica nel disegno di un mondo chiuso sotto il sigillo simbolico del Libro sacro affidato da un Dio al di sopra delle nubi a un Vicedeo in terra. Quel fatto è incancellabile. Dagli orizzonti di allora il mondo si è allontanato quanto da noi si allontanano i satelliti che portano il nome di Galileo tra le stelle.