domenica 12 giugno 2011

L´arcivescovo e il caso don Cantini "Penitenza per l´abuso sui minori"

La Repubblica, edizione di Firenze 2.6.11
L´arcivescovo e il caso don Cantini "Penitenza per l´abuso sui minori"
Chiederà scusa con una veglia in Santissima Annunziata
di Maria Cristina Carratù

La promessa era stata fatta a chi aveva subito le attenzioni del parroco pedofilo

L´arcivescovo Giuseppe Betori lo aveva promesso di persona alle vittime, mettendosi in contatto con loro nelle scorse settimane tramite un intermediario. Ma in realtà ne aveva già parlato lo scorso settembre, durante il primo incontro di gruppo con gli ex parrocchiani della Regina della Pace, abusati da piccoli da don Lelio Cantini e che solo dopo anni di insistenze hanno ottenuto dal Papa, nell´ottobre del 2008, la riduzione del sacerdote allo stato laicale. E adesso è lo stesso Betori, attraverso un comunicato della Curia, a darne l´annuncio ufficiale: nell´imminenza della Pentecoste (che cade il 12 giugno), alle 21,15 di venerdì 10, nella basilica della Santissima Annunziata, la Chiesa fiorentina «memore dei gravi delitti in essa commessi, in particolare l´abuso di minori», si riunirà in preghiera, «invocando il dono dello Spirito Santo» nel corso di una veglia, guidata dall´arcivescovo, che dovrà rappresentare «un atto di penitenza e di purificazione, in riparazione delle offese perpetrate, per chiedere la conversione dei peccatori e la riconciliazione delle vittime, e per sperimentare la grazia della rigenerazione delle comunità ecclesiali in una rinnovata speranza».
Da tempo le vittime di don Cantini chiedevano un «gesto significativo» alla Chiesa fiorentina, che segnalasse finalmente la consapevolezza delle responsabilità delle gerarchie nella sottovalutazione delle denunce dei terribili abusi di cui l´ex parroco della Regina della pace è stato poi riconosciuto colpevole, sia dalla Congregazione per la dottrina della fede che, di recente, dalla Procura della Repubblica di Firenze. Che pure è stata costretta ad archiviare il caso a causa della prescrizione dei reati di Cantini, scattata, peraltro, soltanto nel 2007, quando ancora, se il prete pedofilo fosse stato segnalato subito alla giustizia (le vittime avevano rivolto senza esito le loro prime denunce al vescovo vicario Claudio Maniago fin dal 2004), avrebbe potuto essere chiamato a rispondere dei suoi atti. Ora la veglia «di riparazione», alla cui realizzazione, però, gli ex parrocchiani di Cantini (vedi articolo a fianco) chiedono di essere chiamati a partecipare attivamente.

martedì 7 giugno 2011

A proposito delle reliquie - Saldi e occasioni da tutte le provenienze - La Calotte

                               A proposito delle reliquie - Saldi e occasioni da tutte le provenienze - La Calotte

venerdì 3 giugno 2011

Test di verginità e futuro Egitto. Il silenzio dei fratelli musulmani

Corriere della Sera 2.06.11
Test di verginità e futuro Egitto. Il silenzio dei fratelli musulmani
Roberto Tottoli

I test di verginità condotti in Egitto sulle donne arrestate nel marzo scorso e ancor di più le parole usate per giustificarli pongono più di una questione. L’equiparazione tra la non verginità e la prostituzione, l’affermazione che quelle ragazze che protestavano, giorno e notte, dormendo accanto a uomini, non potevano essere come le «nostre mogli» e le «nostre figlie» ricordano una ben nota concezione tradizionale. Una concezione comune e diffusa ovunque, assorbita e regolata dall’islam, che ascrive alla verginità l’onore e la rispettabilità della donna. In Egitto, come in molte società islamiche e non islamiche, l’enunciato della prescrizione religiosa e la pratica sociale hanno raramente coinciso, e oggi ancor di più. Le pratiche nei rapporti tra i sessi sono diverse e in evoluzione, tra realtà rurale e metropoli, tra gioventù e generazioni precedenti, tra comunità di emigrazione e ritorni nelle terre di origine con costumi occidentali. Con il risultato di trovare formalismi tradizionali, a volte di facciata, che convivono con consuetudini di segno opposto. Tutto ciò ha determinato finora, spesso, l’ipocrita necessità di salvare forma e realtà dei fatti, e da qui il successo e la diffusione dei test di verginità nei Paesi musulmani, oppure il ricorso alla chirurgia per ricostruire una verginità formale. Un modo di risolvere i contrasti salvando l’apparenza. Ma in questi mesi, la gioventù araba in rivolta non ha salvato né sostanza né apparenza, e rivendica, con quelle donne arrestate, il diritto alla propria intimità. La sfida pare più difficile di quella politica. Il silenzio delle forze che costruiranno l’Egitto del futuro, Fratelli musulmani in testa, è quanto mai significativo. È dettato da opportunismo in primo luogo, ma anche, soprattutto da parte dei gruppi religiosi, dalla difficoltà di coniugare libertà civili, mai conosciute, con quel tradizionalismo religioso nei costumi e nella vita sociale che è sempre stato la loro bandiera. Il futuro di un Egitto democratico passa soprattutto da qui, ancor più che da elezioni libere.

giovedì 2 giugno 2011

Indignazione contro i militari. Il nuovo Egitto fa i test di verginità

Corriere della Sera 2.06.11
Indignazione contro i militari. Il nuovo Egitto fa i test di verginità
Viviana Mazza

Non il regime di Mubarak, ma il «nuovo» Egitto fa i test di verginità alle manifestanti di piazza Tahrir. Le ragazze «non vergini» sono accusate di prostituzione. Lo hanno denunciato diciassette vittime ad Amnesty International, che definisce il test una forma di tortura. Un generale ha ammesso che le ragazze dicono la verità.
La parrucchiera egiziana Salwa Hosseini, 20 anni, è stata una delle prime a denunciare la violenza subita. Non durante il regime di Mubarak, ma nel «nuovo» Egitto. Fermata dai soldati davanti al Museo egizio il 9 marzo, il giorno dopo la festa della donna, Salwa ha detto di essere stata legata, piegata al suolo, schiaffeggiata, sottoposta a scosse elettriche con una stun gun, e insultata: «Prostituta» . Salwa era tornata in piazza Tahrir insieme a centinaia di altri manifestanti per chiedere vere riforme e giustizia per i passati abusi. Ma l’esercito li smobilitò con la forza. Condotta nel carcere di Heikstep, ha raccontato di essere stata costretta a spogliarsi, mentre alcuni soldati dalla porta aperta scattavano foto, e poi in un’altra stanza un uomo «in giacca bianca» l’ha sottoposta ad un «test di verginità» . Le ragazze «trovate non vergini» erano state avvertite che sarebbero state incriminate per prostituzione. «Volevano toglierci la dignità» . Salwa e altre 16 ragazze hanno denunciato simili abusi ad Amnesty International, che li definisce una forma di «tortura» . Lunedì, per la prima volta un generale ha ammesso che le ragazze hanno detto la verità. Il Consiglio supremo delle forze armate, che governa il Paese dalla caduta di Mubarak l’ 11 febbraio (le elezioni sono previste a settembre), aveva confermato l’arresto, quel giorno, di 17 donne e di un totale di 170 persone (poi in buona parte processate in tribunali militari e condannate a un anno di carcere, con sospensione della pena), negando però che fossero state torturate. Invece il generale, protetto dall’anonimato, ha detto alla Cnn che i test di verginità sono stati condotti, ma li ha difesi. «Le ragazze arrestate non erano come vostra figlia o la mia» , ha spiegato. «Queste ragazze erano accampate in tenda con manifestanti maschi in piazza Tahrir, e abbiamo trovato lì dentro molotov e droghe» . Ha sottolineato che i test avevano un preciso obiettivo: «Non volevamo che dicessero che le avevamo molestate sessualmente o stuprate, per cui volevamo dimostrare che già non erano vergini» . E ha concluso: «Nessuna di loro lo era» . Parole riprese dai siti di tutto il mondo e da Amnesty: brutali anche per la visione dello stupro come insignificante se una donna non è vergine. Con nuove proteste al Cairo gli attivisti hanno chiesto un’indagine. Un alto ufficiale però ha smentito e accusato la Cnn di aver riportato dichiarazioni inesatte: «I media siano più precisi prima di pubblicare accuse che macchiano il nome delle forze armate» . Ma è un appello che suona male nel giorno in cui gli Stati Uniti si dicono preoccupati per la libertà di stampa in Egitto. L’esercito è accusato di tentare di censurare i media. Un blogger è stato condannato a 3 anni per offesa alle forze armate. E diversi giornalisti e attivisti sono stati interrogati. Tra questi, il blogger Hossam Hamalawy, che aveva detto in tv che «come Mubarak non è andato in strada a sparare personalmente ai manifestanti, ma stiamo cercando di processarlo per averli uccisi, così il generale Hamdy Badeen è responsabile per la polizia militare, che ha commesso dei crimini» . Nuovi casi di maltrattamenti e torture, ignorati in gran parte dai media locali, circolano sul web e vengono esaminati dai gruppi per i diritti umani. Nessuno chiede un ritorno all’Egitto di Mubarak, ma gli attivisti non si accontentano della «testa» dell’ex presidente e dei figli, che verranno processati il 3 agosto. E sono pronti a spingere e se necessario sfidare le autorità in nome del «nuovo» Egitto della rivoluzione.