domenica 25 gennaio 2009

Preti pedofili, gli orrori dell'Istituto Provolo

Preti pedofili, gli orrori dell'Istituto Provolo

Liberazione del 23 gennaio 2009, pag. 10

di Vittorio Bonanni
Un vero e proprio girone dell'inferno. Stiamo parlando dell'Istituto Provolo di Verona. Un simbolo della carità clericale per oltre un secolo. Un rifugio per i figli delle famiglie più povere del nord-est veneto, quando ancora doveva arrivare il boom economico degli anni '60. Ma dietro le mura grigie e tetre dell'edificio di Chievo, il cui aspetto evocava più il carcere che una centro di accoglienza, avveniva in realtà di tutto. Almeno fino al 1984 decine e decine di bambini ed adolescenti sordomuti sono stati violentati, molestati e picchiati per decenni. Ma solo ora le vittime di quella violenza efferata, che troppo spesso trova cittadinanza nella casa di Dio, sono riuscite a confessare i loro tormenti incancellabili dalla memoria. La notizia è stata diffusa ieri da Repubblica on line che, a sua volta, ha anticipato uno scoop de l'Espresso , in edicola oggi. Incoraggiati dalle recenti affermazioni di papa Benedetto XVII contro i sacerdoti pedofili, oltre sessanta persone hanno denunciato quei fatti, dichiarando di aver «superato la nostra paura e la nostra reticenza». Gli abusi si sarebbero protratti per almeno trent'anni e proprio per questo questi reati sono ormai prescritti. Ma l'obiettivo di questa loro denuncia è un altro: evitare il ripetersi di episodi del genere. Per questa ragione quindici di loro si sono rivolti a L'espresso , oltre che al vescovo di Verona e agli attuali vertici dello stesso istituto. Molti dei religiosi coinvolti, in tutto venticinque, sono ancora in servizio non solo nello stesso luogo ma anche nelle sedi di Verona e Chievo. Ecco il testo di una delle ultime lettere inviata il 20 novembre scorso a monsignor Giampietro Mazzoni, vicario giudiziale, ovvero il magistrato del Tribunale ecclesiastico: «I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell'Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave). I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all'Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna. Come se non bastasse, i bambini e i ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza». Nella lista delle persone coinvolte in questa drammatica vicenda c'è anche un alto prelato veronese, sul cui nome c'è ancora riserbo.

Atti impuri. Esce un libro sulla violenza sessuale nelle diocesi americane

La Repubblica 24.1.09
Atti impuri. Esce un libro sulla violenza sessuale nelle diocesi americane
Quegli abusi nel mondo della chiesa
di Marco Politi

Cifre realistiche indicano tra i quaranta e i sessantamila casi negli Usa
Una delle autrici del dossier ha assistito alle riunioni a porte chiuse dei vescovi
Denunce che vengono dall´interno dell´area cattolica
Non è il celibato in sé a favorire le pulsioni trasgressive
Non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici ma la riflessione sull´istituzione e sulle vittime, in maggioranza ragazzi in età pre e post puberale

Le voci dall´inferno sono innumerevoli. «Accadde quando il sacerdote J. era chierichetto. Un giorno, dopo la messa, il prete si mise davanti a J. con il pene eretto e guidò le sue mani fino a raggiungere l´orgasmo� Quando entri in sacrestia, dopo aver servito messa, padre Bill ti dice che hai fatto un buon lavoro e tu sei felice e orgoglioso. Il tuo prete ti offre di aiutarti a sfilare la veste, scherzando. Ma appena l´ha sollevata, padre Bill la spinge sulla tua faccia con una mano mentre con l´altra si sbottona i pantaloni e si spinge dentro di te� Andai su e c´era il buon padre Donald, fumammo insieme (dell´erba) e poi mi fece delle proposte. Era la prima volta che qualcuno soddisfaceva me e mi piacque molto� Il dodicenne Julian fu abusato per tre anni da padre Scott, il quale gli aveva detto che per ricevere la cresima avrebbe dovuto partecipare a speciali sessioni di consulenza� All´età di cinque anni X cominciò ad essere prelevato da letto e portato sul divano del sacerdote (ospite dei genitori), che lo stendeva sopra di sé� I miei ricordi più terribili sono di noi due, io e padre Larry, che facciamo sesso nella mia stanza e dopo scendiamo al piano di sotto per cenare con la mia famiglia� La chiesa nella quale fui violentata era la stessa in cui i preti ascoltavano le confessioni, era la chiesa in cui tutti i figli della mia famiglia si sono sposati e alcuni nipoti battezzati, e in cui sono sepolti i miei genitori».
Il panorama è devastante. Quando papa Ratzinger è stato in America nell´aprile scorso il nuovo cardinale di Boston, Sean O´Malley, lo ha fatto incontrare con un piccolo gruppo di vittime di abusi che portavano con sé un libriccino con i nomi di altri mille abusati. Mille. Proviamo a trasporre la cifra in una diocesi come Torino, Bologna o Genova. Mille casi nascosti, insabbiati, negati e poi faticosamente portati alla luce. Ma basta già lo scandalo esploso ora a Verona, dove decine di ex allievi di un istituto per sordomuti, ormai adulti, hanno denunciato abusi sistematici da parte di esponenti del clero avvenuti nell´arco di un trentennio, per mostrare ciò che può nascondersi dietro la facciata della normalità quotidiana.
Le statistiche (come i processi) negli Stati Uniti sono impietose. Tra il 1950 e il 2004 si sono registrati undicimila casi documentati. Ma tutti i poliziotti sanno che le statistiche dei furti sono per difetto, perché riguardano solo gli episodi denunciati. Lo stesso vale per gli abusi sessuali. E così le cifre realistiche indicano in quaranta-sessantamila i casi di violenza subiti da minori da parte di predatori in tonaca. La media dei preti diocesani coinvolti è del 4,3 per cento. Certe annate di ordinazioni sacerdotali hanno prodotto tassi specialmente alti di preti-predatori. Otto per cento nel 1963, nel ´66, nel ´70, nel ´74. Addirittura 9 per cento nel 1975.
Atti impuri. La piaga dell´abuso sessuale nella Chiesa cattolica (a cura di Mary Gail Frawley-O´ Dea e Virginia Goldner, ed. Raffaello Cortina, pagg. 294, euro 20) non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici americani e portato alla bancarotta per risarcimenti più di una diocesi, ma è soprattutto un´analisi dell´istituzione in cui tutto ciò è potuto avvenire e una riflessione sugli individui colpiti, in maggioranza maschi tra gli undici e i diciassette anni nell´età pre o post-puberale, quando la psiche è maggiormente fragile. Riflessioni e denunce che vengono dall´interno stesso della Chiesa cattolica. Mary Gail Frawley-O´ Dea, una delle curatrici del dossier, è stata l´unica psicoterapeuta ammessa al vertice dei vescovi americani, quando a porte chiuse hanno discusso degli abusi sessuali. Hanno collaborato sacerdoti, religiosi, oltre ad esperti di problemi sessuali, docenti di religione e rappresentanti di altre confessioni cristiane.
Dal dossier emerge un quadro di analisi sfaccettato. Non è di orientamento omosessuale la maggioranza dei colpevoli, ma è l´«opportunità» che favorisce i rapporti con maschi dello stesso sesso. Non è il celibato in sé � come astensione da relazioni sessuali � a favorire le pulsioni all´abuso, ma una concezione del celibato come «integrità» ossessivamente ideologizzata e come «purezza» contrapposta ad una sessualità considerata peccaminosa o di inferiore. Non è tanto questione di trasgredire divieti, ma di personalità che scoppiano perché educate a idealizzare il sacerdozio e che non reggono l´urto con il quotidiano. Del tutto falso, poi, è che questi episodi siano frutto dello spirito libertino contemporaneo, poiché da diciotto secoli la Chiesa ha sancito norme e punizioni (il più delle volte rimaste teoriche) per combattere il fenomeno.
La vicenda non riguarda solo l´America, riguarda l´Italia, l´Irlanda, la Polonia, tutte le nazioni cristiane in misura variabile. L´America è solo il laboratorio di uno studio approfondito che interessa tutta la Chiesa. L´aspetto fondamentale è che le vittime sono «superstiti», carichi di ferite, segnati dall´orrore o dalla manipolazione della propria personalità. «Papa, funzionari del Vaticano e vescovi � scrive il domenicano Thomas Doyle � hanno mancato sistematicamente di accogliere le vittime come fratelli e sorelle in Cristo». Non è questione di brevi incontri dei papi con i «sopravvissuti» né di alcuni interventi, che condannano la mostruosità degli abusi. Il fatto è che finora né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI sono arrivati a riconoscere fino in fondo le responsabilità dell´istituzione ecclesiastica e le sue manovre di occultamento. Se l´ex arcivescovo di Boston, cardinale Bernard Law, colpevole di non aver perseguito immediatamente i preti predatori, limitandosi a trasferirli di incarico, viene poi nominato (da papa Wojtyla) arciprete di una delle basiliche più venerande della cristianità, Santa Maria Maggiore, per sistemare lo scandalo dei vertici, l´esempio è assolutamente negativo.
Ancora di più pesa che la maggioranza dei vescovi non abbia saputo instaurare un rapporto umano con le vittime. Troppi vescovi, commenta il gesuita James Martin, hanno finito per anteporre alle vittime gli interessi dei preti violentatori.
Lo si coglie dalle strategie di fuga sistematicamente messe in atto dalla Chiesa allo scoppio di uno scandalo. La vittima ha enormi difficoltà a farsi sentire, i «superiori» invitano al segreto, il primo riflesso è di trasferire i colpevoli in altra parrocchia, poi si accusano i media, infine si pensa che il risarcimento economico chiuda la vicenda, magari concentrando l´attenzione sulla Chiesa «ferita».
Così rimane al centro l´istituzione e non la vittima. E invece gli abusi pongono interrogativi di fondo. E´ pronta la Chiesa a formare preti disposti a crescere con la propria comunità, ad ascoltarla, a considerarsi guide che «imparano» smettendo di autorappresentarsi in versione super-sacralizzata di «altro Cristo»? Il pastore che non è nutrito, sottolinea la pastora anglicana Anne Richardson, «divorerà la pecora».

«Impossibile indagare su questi fatti»

L'Arena, 25 gennaio 2009
«Impossibile indagare su questi fatti»
PEDOFILIA. Il procuratore Mario Giulio Schinaia chiude la porta su qualsiasi possibile sviluppo giudiziario sulla vicenda che sta coinvolgendo l'istituto sordomuti
«Bisogna smetterla di pensare che la magistratura possa risolvere tutti i mali della nostra società»

«Non possiamo fare indagini sui fatti di pedofilia, verificatisi al Provolo».
Il procuratore Mario Giulio Schinaia chiude subito la porta a qualsiasi sviluppo giudiziario sulla vicenda dell'istituto per sordomuti nel quale, secondo una lettera di una sessantina di frequentatori di quella scuola, sarebbero avvenuti abusi per una trentina d'anni fino al 1984. E proprio i 25 anni trascorsi da quando sono avvenuti gli ultimi episodi di quelle terribili violenze, rappresentano uno scoglio insuperabile per poter aprire un fascicolo, inserendo i nomi dei responsabili di quegli abusi. Oltrettutto mancano anche le querele delle vittime di quei soprusi e si tratta di fatti molto delicati per i quali servono sempre indagini molto scrupolose. Il procuratore, poi, invita a smetterla di pensare che «la magistratura possa essere sempre la soluzione di tutto ciò di male che accade nella nostra società».
In questa brutta vicenda, ci sono altri attori in campo ad iniziare dall'autorità ecclesiastica. «Se fosse vero», premette Schinaia, «che i vertici della chiesa non hanno fatto nulla per tutelare quei giovani sordomuti, ciò mi lascerebbe perplesso». Il procuratore poi ricorda che «le autorità ecclesiastiche non hanno i tempi di prescrizione come la giustizia ordinaria». I vertici della Chiesa veronese, insomma, potevano intervenire «se erano a conoscenza di queste violenze, adottando provvedimenti nei confronti dei responsabili».
Non va giù poi al procuratore che questi fatti siano stati denunciati ai mass media prima che all'autorità giudiziaria: «Mi rammarica che non sia arrivata nessuna segnalazione in procura se non a così tanto tempo di distanza con la pubblicazione di questi fatti sui giornali». D'altro canto, però, il procuratore ha parole di «apertura» verso le vittime di queste violenze: «È comprensibile che questi soggetti non hanno denunciato questi fatti per vergogna o per altri motivi».
Spettava a chi sapeva, insomma, denunciare gli abusi. Il procuratore esclude categoricamente, infine, di aprire un fascicolo per far luce sulle parole di monsignor Zenti, pronunciate due giorni fa.
Il Vescovo aveva affermato di sentirsi vittima di un ricatto dei vertici dell'associazione Provolo.
«Mi avevano minacciato di rendere pubblici questi episodi di pedofilia se non avessi accolto le loro richieste», aveva detto Zenti. Per il procuratore, però, mancano gli elementi fondamentali per parlare di estorsione. GP.CH.

sabato 24 gennaio 2009

Verona, abusi sessuali: 60 sordomuti accusano religiosi di un istituto

Verona, abusi sessuali: 60 sordomuti accusano religiosi di un istituto
Il Giornale di Vicenza, 23 gen 09

Un’inchiesta dell’Espresso rivela una serie di eventi che sarebbero accaduti al “Provolo” di Verona in 30 anni. Ma non ci saranno indagini

di Fabiana Marcolini

Gli ultimi episodi risalgono al 1984. I denuncianti, tra cui tre vicentini, indicano 25 religiosi. Oggi conferenza alla Camera, presenti le vittime---L’istituto Provolo, in passato, ha ospitato i ragazzi sordomutiDall’ultimo episodio di abuso sessuale su un ragazzino sordo sono passati 25 anni. Lo denunciano in 60 ex allievi. La vittima più giovane ora ha 41 anni ed è solo una delle 15 persone, tra cui tre vicentini, che hanno filmato e registrato le testimonianze di quel che subirono all’interno dell’istituto religioso di cui erano ospiti: l’Antonio Provolo del Chievo. Testimonianze agghiaccianti, racconti di violenze sessuali ma anche sodomia, sevizie e botte che rappresentavano la quotidianità per decine di bimbi sordi, figli di famiglie non abbienti affidate a quell’istituto gestito da religiosi che fino agli anni Ottanta era stato un modello internazionale. Venticinque i sacerdoti, alcuni ormai anziani ma ancora in servizio nell’istituto, indicati con nomi e cognomi quali autori delle brutalità. Ma oltre a loro, coinvolti negli abusi ci sarebbero anche alcuni fratelli laici presenti nella struttura. Tutto scritto e registrato e inviato a [FIRMA]L’Espresso che ieri ha anticipato parte del servizio che sarà pubblicato sul numero in edicola oggi.E sempre oggi, a Roma, chi ha raccontato di violenze e sevizie sarà presente alla conferenza stampa organizzata alla Camera dei deputati dall’onorevole Russo del Partito Democratico. Loro, gli ex allievi dell’istituto Provolo, non mancheranno. Ormai il muro del silenzio è stato abbattuto, dopo che quel che avveniva era stato comunicato sia all’Ens che alla Curia che a monsignor Giampietro Mazzoni, il magistrato del tribunale ecclesiastico della diocesi di Verona. Comunicazioni che non ebbero seguito nè reazioni. Quando poi due anni fa, in via Rosmini, venne istituita la casa famiglia (gestita dagli stessi religiosi) destinata ad accogliere bambini sordi con disagi familiari, negli ex alunni del Provolo scattò la ribellione. Fu il timore che qualcun altro bimbo potesse subire quel che loro avevano subìto a squarciare il velo del silenzio, e se è pur vero che ora la struttura è interamente gestita da laici al vertice ci sono sempre i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria che dipende solo dal Vaticano.Partì da qui la decisione drammatica di raccontare, di rivelare quanto segretamente custodito nell’animo e nella mente per anni, almeno trenta. Perché all’interno delle stanze di un collegio a metà strada tra un seminario e un istituto di detenzione, gli abusi sessuali sui piccoli ospiti avrebbero rappresentato la regola. Non scritta ma rimasta drammaticamente tale per decenni. E se fino a qualche anno fa hanno taciuto, cercando di ricostruire interiormente quelle lacerazioni senza coinvolgere i loro cari in un dramma mai cancellato, ora, dopo lo scandalo che in America ha costretto il Vaticano a prendere posizione contro la pedofilia all’interno delle istituzioni religiose, hanno parlato per «evitare che le stesse cose si possano ripetere». Questa la ragione di una confessione collettiva che parla di vicende vissute e non comunicate agli altri, patite senza che nessuno parlasse per vergogna e timore di quel che avveniva nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto piuttosto che nelle camere dei sacerdoti. Anni di incubi, storie diverse ma quando riacquistarono il coraggio di parlare la scoperta fu drammatica: quello era stato un incubo condiviso.Troppi anni senza una denuncia, senza uno scritto inviato all’unico organo, a questo punto, in grado di intervenire: la magistratura. E il «ciclone Provolo» non porterà con sé indagini e avvisi di garanzia per fatti così datati. Amareggiato, il procuratore Mario Giulio Schinaia che nulla sapeva degli orrori avvenuti all’interno dell’istituto di Verona e del Chievo ha sottolineato che una segnalazione avrebbe dovuto essere fatta per ottenere giustizia. Loro, gli ex alunni, non sono interessati a condanne o risarcimenti, nulla potrà riparare il danno patito a livello psicologico ma, sostengono, una decina di religiosi sono ancora in servizio. Loro i nomi di quei preti li hanno fatti. E non vogliono che altri vivano il loro dramma. Un incubo.

«MAI SAPUTO». I responsabili della Compagnia di Maria per l’educazione dei sordomuti chiedono che venga fatta «chiarezza» e che emerga «la verità» sui fatti di violenza denunciati da ex allievi.Il superiore, don Danilo Corradi, dice di aver appreso «con costernazione le dichiarazioni» degli ex allievi. Corradi invita «chi fosse al corrente di fatti reali e circostanziati ad informare chi di dovere».

sabato 17 gennaio 2009

Se il pedofilo indossa la tonaca

Se il pedofilo indossa la tonaca

Left del 16 gennaio 2009, pag. 69

di Federico Tulli

«Mettere sullo stesso piano pedofilia e aborto la dice lunga sulla moralità della Chiesa cattolica e su quanto la sua concezione della "vita umana" sia la negazione della vita stessa». L’affondo del deputato radicale del Pd Maurizio Turco contro il criterio che regola i "Delitti riservati alla Santa sede" va dritto al cuore. "Reati sessuali, compresa la pedofilia e aborto", sono due dei 5 "gravi" peccati-delitti che, per l’assoluzione, se commessi da persone di

Chiesa richiedono una speciale dispensa papale. Per la prima volta le gerarchie vaticane ne hanno parlato in un simposio pubblico alla Penitenzieria di Roma. A due passi dalla statua di Giordano Bruno. Pensando agli scandali Usa, ci si chiede che valenza possa avere un incontro del genere senza un deciso accenno ai diritti violati dei bambini. «Sappiamo che presto anche in Italia emergeranno numeri da brivido», precisa Turco. «Vogliamo sapere cosa intendono fare per ciò che è già accaduto e di cui sono a conoscenza». Casi coperti ex lege sin dal 1962 col Crimen sollicitationis. Secondo il deputato, se ora c’è buona fede ci dev’essere trasparenza assoluta: «Chi ha spostato parroci e preti da una parrocchia all’altra avallando nuove violenze? Sono ancora vivi questi preti? E lo è chi ha governato il problema in questo modo? Questo va detto subito. C’è gente che dovrebbe stare in galera e non ci sta, c’è gente che dovrebbe essere curata e non lo è», conclude Turco.

Il caso La concessionaria di pubblicità: offende la sensibilità religiosa

Corriere della Sera 17.1.09
Il caso La concessionaria di pubblicità: offende la sensibilità religiosa
Genova ferma gli atei: basta spot sugli autobus
di Erika Dellacasa

GENOVA — I bus atei non circoleranno a Genova. Lo slogan «La brutta notizia è che Dio non esiste, la buona è che non ne hai bisogno», che l'Unione atei e agnostici voleva sulle fiancate di due autobus genovesi, è stato giudicato inaccettabile dalla Igp Decaux, la concessionaria della pubblicità dell'azienda del trasporto urbano (Amt). L'Unione atei e agnostici protesta, «impossibile dichiararsi atei in questo Paese», l'Amt annuncia la richiesta di chiarimenti: «Chiederemo alla concessionaria il motivo del rifiuto — dice il presidente Bruno Sessarego — a fronte del fatto che ci siamo dichiarati disponibili e il sindaco aveva espresso parere favorevole». Il sindaco Marta Vincenzi, «convinta che non ci sia scandalo e contenta di non aver sollecitato nessuna censura », aspetta a sua volta le spiegazioni dell'Igp, «anche se immagino che la società abbia seguito un criterio commerciale più che di merito». Dalla sede milanese dell'Igp l'ad Fabrizio Duchene spiega: «Il nostro rifiuto si basa sul codice di autoregolamentazione.
L'articolo 10 vieta messaggi commerciali che possano offendere la sensibilità religiosa, morale, civile o la dignità della persona. Questo messaggio non è commerciale ma rientra negli appelli sociali previsti all'articolo 46. Pensiamo che il divieto possa quindi estendersi a questo slogan». Conclusione: affermare che Dio non esiste è offensivo. «Potrebbe esserlo — precisa Duchene — per gli appartenenti alle grandi religioni monoteiste».
«Slogan offensivo? Va dimostrato », dice Sessarego. E gli atei dello Uaar rilanciano: «Allora con questo metro di giudizio, lo slogan "Dio esiste" urterebbe la nostra sensibilità, ma vorremmo proprio vedere la Igp rifiutarlo. O noi non contiamo? ». Il presidente dello Uaar, Raffaele Carcano, chiede che il Comune di Genova come azionista di riferimento dell'Amt, solleciti la revoca del contratto di concessionaria all'Igp. Intanto l'ufficio legale dello Uaar sta valutando «mosse per contestare la decisione». Lo Uaar potrebbe anche presentare uno slogan simile a quello utilizzato per i bus atei in Inghilterra e in Spagna: «Dio probabilmente non esiste, vivi con gioia». Quel «probabilmente» attenua l'affermazione ma anche la sua efficacia. «Se saranno presentate altre richieste e altri slogan siamo qui per esaminarli», ribatte Duchene. La Ipg ha la concessione delle pubblicità su autobus, metro, aeroporti in tutta Italia, copre oltre il 70% del mercato, nel suo pacchetto sono comprese Milano, Roma, Torino, Napoli. Il «no» alla campagna genovese è uno stop per tutti. Per Duchene, «il principio ha valore per tutte le altre città ». Lo Uaar ha raccolto in pochi giorni 13 mila euro a sostegno dei bus atei, ora dovrà pensare a come investirli.
Lo slogan
«La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno»: una simulazione al computer della campagna pensata dall'Unione atei e agnostici per i bus genovesi

Stop agli ateo-bus "Slogan offensivi" esulta la Chiesa

La Repubblica 17.1.09
Stop agli ateo-bus "Slogan offensivi" esulta la Chiesa
di Michela Bompani e Raffaele Niri

Il sindaco di Genova: nuova data per il Gay Pride
La campagna respinta dalla concessionaria di pubblicità dei mezzi pubblici: ce lo impone la legge

GENOVA - L´Ateo-bus resta in rimessa: la concessionaria di pubblicità accoglie il pressante invito della Curia e per le strade di Genova non viaggeranno mezzi pubblici "provocatori". Nello stesso giorno l´amministrazione comunale della città decide di concedere la sponsorizzazione al Gay Pride nazionale anche se chiede agli organizzatori di spostare la data, già fissata in coincidenza del Corpus Domini. E, tra le motivazioni, il sindaco Marta Vincenzi spara una carta a sorpresa: «Non vorremmo dover imporre ai gay cattolici una scelta dirompente tra il Pride e la processione».
Giornata campale, tra sesso e fede, per il capoluogo ligure. Al mattino è Fabrizio Du Chene, amministratore delegato della IGP, concessionaria della pubblicità sui mezzi pubblici genovesi (e su quelli di tutta Italia) a chiudere il primo capitolo, quello degli ateo-bus ("La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno"): «Ci sono due articoli del codice di autodisciplina che rendono impossibile la campagna: l´articolo 10 - la pubblicità non deve essere offensiva - e l´articolo 46 - le campagne sociali non devono ledere gli interessi di alcuno. Non si tratta di seguire, o meno, le indicazioni della Chiesa: noi ci muoviamo autonomamente e applichiamo sempre il nostro codice. Succede per la pornografia, succede anche in questo caso. E poi, francamente, mi pare che l´Unione atei abbia raggiunto il suo obiettivo. E senza spendere un euro». È un no definitivo? «La decisione è questa - risponde l´Igp - e costituisce anche un precedente: noi operiamo in tutta Italia, siamo soliti darci delle regole e rispettarle».
Tace il presidente della Cei (e arcivescovo di Genova) Angelo Bagnasco - in viaggio da Fatima - ma gongola monsignor Marco Granara, rettore del Santuario della Guardia: «Una minoranza di quaranta persone ha tenuto sveglia l´intera nazione su un tema che, in fondo, non è loro». L´Uaar, attraverso il suo segretario generale, Raffaele Carcano, ribatte: «Biancheria intima e villaggi vacanze sì, ma guai a chiedere uno spazio pubblicitario per dire che Dio non esiste. In questo paese non c´è spazio per dichiararsi atei, pena la censura».
Qualcosa, invece, potrebbe cambiare sul Gay Pride. Assicurato il patrocinio culturale del Comune alla manifestazione, il sindaco Marta Vincenzi ha chiesto agli organizzatori un incontro urgente, la prossima settimana. «I problemi, nel caso di una sovrapposizione con il Corpus Domini, sono notevoli - ragiona il sindaco - Esistono problemi logistici, esiste una questione di vigili urbani (non ne abbiamo abbastanza per tutelare entrambe le manifestazioni contemporaneamente) e non vorremmo provocare problemi di coscienza nei gay cattolici». A sorpresa i gay dimostrano una disponibilità totale, anche all´ipotesi di cambiare data: «Lo abbiamo detto dall´inizio, la nostra disponibilità a discutere di tutte le questioni organizzative (percorso, disponibilità delle piazze, supporto tecnico, la stessa data) è completa. Tutto il movimento LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuati) punta ad arrivare, quanto prima, a una decisione condivisa.
Per il sindaco la doppia dimostrazione che «Genova è una città aperta: l´Uaar ha ottenuto una straordinaria pubblicità, con gli organizzatori del Pride c´è un confronto aperto e alla luce del sole, nel rispetto di tutti».

Risponde Corrado Augias
Gent. Dr. Augias, su alcuni autobus di Londra sono apparse scritte pubblicitarie: annunciano che probabilmente Dio non esiste. Anche a Genova, per conto della «Associazione Atei, Agnostici e Razionalisti», gireranno autobus con la pubblicità della cattiva notizia che Dio non esiste e con la buona che non ne abbiamo bisogno. Sappiamo che la pubblicità non è solo l'anima del commercio, ma anche un mezzo per conquistare il potere, tuttavia mi sembra che questa pubblicità necessiti di ben altro della fiancata di un bus. Ho udito però (Tg di varie reti) che: «Anche nella ex-cattolicissima Spagna, a Barcellona, viaggiano bus con la stessa scritta». Perché ex-cattolicissima? Cosa è accaduto in Spagna perché i cattolici o una parte di essi non lo siano più? Freud colpisce talvolta a tradimento ed è per questo che esso ha avuto un successo relativo, ma le sembra che la presenza di un premier di orientamento non confessionale basti a mettere in crisi un sentimento religioso? Oppure quella definizione è solo la conferma che potere e religione cattolica sono da sempre a braccetto nella mente di tutti, dico tutti? L'ateismo non è praticamente esistito fino all'Illuminismo: è per tale origine che quell'uovo dei «pensatori liberi» (vede come suona diverso da «liberi pensatori»? Ohibò!), viene regolarmente trasformato in frittata dal Papa?
Giovanni Meschini giovanni.moschini4@tin.it

Quegli autobus, intanto, non gireranno per Genova. La richiesta degli atei di avere quello spazio pubblicitario è stata infatti respinta. Probabilmente ha avuto effetto la minaccia, nemmeno velata, contenuta nel comunicato della Curia di quella città: «In quanto al fatto che la pubblicità dovrebbe essere esposta sugli autobus, un bene per la comunità e per la città, è pensabile che coloro che dirigono l'azienda abbiano la capacità di valutare se sia davvero vantaggioso per loro accettarla». Parole che stupiscono. Avrei capito il rammarico, lo sdegno, il rifiuto. Ricorrere ad un'allusione che ricorda da vicino l'ambiguo linguaggio della mafia è indegno di ogni istituzione, massime se religiosa. Mi auguro, se ci sarà un prossimo comunicato, che sia più all'altezza. Un sindacato autonomo aveva perfino proposto che gli autisti facessero obiezione di coscienza.
Quelle scritte non mi entusiasmano, ma ci sono anche immagini pubblicitarie che a me paiono volgari o indecenti. Non è una buona ragione per chiederne l'abolizione se non viene violato il Codice penale. Che Dio esista o no è questione che ognuno dovrebbe risolvere nel chiuso della sua coscienza. Tuttavia, piacciano o no, quelle scritte rientrano nella libertà di espressione. Tanto più che lo slogan italiano a me sembra il più elegante tra quelli che si vedono a New York, Londra, Barcellona. Sui bus londinesi per esempio è scritto: "Dio non esiste, goditi la vita". Trovata di basso profilo che tra l'altro coinvolge la famosa questione se esista un'etica senza Dio. Ovviamente esiste, ma c'è chi dissente e ritiene che la minaccia divina aiuti a far comportare bene le persone. A Genova, con più humour, era previsto di scrivere: "La cattiva notizia è che Dio non c'è; la buona, che possiamo farne a meno".

venerdì 16 gennaio 2009

Genova. "Pubblicità ingannevole gli slogan atei sui bus"

La Repubblica 16.1.09
Genova. "Pubblicità ingannevole gli slogan atei sui bus"

GENOVA - L´Autorità Garante della concorrenza e del mercato, dopo la segnalazione del senatore di An Giorgio Bornacin, ha aperto un fascicolo per presunta "pubblicità ingannevole" sulle affissioni di slogan atei previste a febbraio su due autobus di Genova, e organizzate dall´Unione degli atei, agnostici e razionalisti (Uaar). Intanto a Barcellona, dove la campagna è già in corso, è partita una controffensiva cattolica: sulla fiancata di un mezzo pubblico è apparsa la scritta "Dio esiste, goditi la vita in Cristo".

giovedì 15 gennaio 2009

Leggi liberali o guerre di religione?

Leggi liberali o guerre di religione?

Europa del 15 gennaio 2009, pag. 7

di Federico Orlando

Dopo l’intervista di Fabio Fazio a Beppino Englaro, la destra clericofascista ha confermato che governo e maggioranza presenteranno una legge sul testamento biologico che imporrà la nutrizione e l’idratazione col sondino come cure obbligatorie, non più dunque trattamenti sanitari che il malato possa rifiutare ai sensi della Costituzione. E’ l’ennesimo rigurgito dell’ "ondata neoguelfa" (la Repubblica) sui temi bioetici; mentre pressanti si fanno le richieste finanziarie per la "sanità cattolica" nel Lazio, dopo la contestazione dei tagli di Tremonti alle scuole private.



Un’"ondata neoguelfa" investe perfino lo yoga, ponendo il dilemma (?) se esso sia o no compatibile con la morale della macerazione della carne, che contagia molte religioni. A loro volta, i fondamentalisti teocon (Foglio, Giornale, Libero), dopo gli attacchi alla cautela del cardinale Tettamanzi sulle preghiere pubbliche dei musulmani, rilanciano la campagna bushiana contro il fondamentalismo islamico: sempre sperando di infiammare la cultura della guerra di religione, che, a loro pensare, è la sola capace di riaccendere lo spirito identitario dell’Occidente. Di tutt’altro parere il pur cauteloso mondo delle istituzioni, che per bocca del presidente della Consulta, Flick, ha sollecitato il parlamento a «legiferare sui diritti dagli incerti confini», vedi coppie di fatto, testamento biologico, fecondazione assistita, ricerche embrionali, per evitare che i giudici debbano sostituirsi al legislatore: come la Corte costituzionale ha dovuto fare sul conflitto parlamento-cassazione per il caso Englaro, e come dovrà fare per i ricorsi che s’abbattono sulla legge 40. Che costringe le coppie all’«esilio procreativo» (l’Unità) per avere l’eterologa e la diagnosi preimpianto.



Il risultato è che a Genova muove i primi passi una campagna non anticlericale ma ateista, con pubblicità sugli autobus, corriera già successo in Inghilterra, Stati Uniti, Spagna. Il cappellano della destra, Baget Bozzo, si duole perché non c’è un’autorità capace di tenerci nella retta via (La Stampa), dimenticando che non c’è più il mondo dove quel tipo di autorità possa allignare; e che angariare i cittadini trasformando in divieti giuridici i divieti religiosi è anticristiano e antiliberale, e comporta una reazione, come la propaganda atea, che a sua volta di liberale non ha né può avere assolutamente nulla. Fondamentalismo contro fondamentalismo. Come videro i nostri bisnonni negli «anni del dilaceramento», seguiti all’unità d’Italia, quando alle scomuniche clericali si rispondeva con le statue a Giordano Bruno «qui dove il rogo arse».

Firme per Eluana

Firme per Eluana

• da La Repubblica - Salute del 15 gennaio 2009, pag. 6

Domenica prossima sarà il diciassettesimo anniversario dei coma di Eluana Englaro. E per il giorno prima, sabato 17, l’Associazione Luca Coscioni e i Radicali hanno indetto un’altra giornata di mobilitazione e raccolta di firme per chiedere al Parlamento una legge sul testamento biologico e sull’eutanasia. Per aprire tavoli, comunicare adesioni e chiedere informazioni scrivere a info@associazionecoscioni.org e consultare il sito www.lucacoscioni.it/petizioneeutanasia.

mercoledì 14 gennaio 2009

Bus ateo scossa ai credenti

Bus ateo scossa ai credenti

La Stampa del 14 gennaio 2009, pag. 1

di Franco Garelli
E ora, dopo i bus atei, ci saranno quelli della fede? La campagna pro-incredulità promossa a Genova, che dal 4 febbraio vedrà due linee di autobus tappezzate da scritte che «di Dio si può fare a meno», armerà i muscoli di quanti sono allergici agli slogan choc contro il sacro? L’iniziativa che non ha precedenti nel nostro Paese è dell’Unione degli atei e dei razionalisti italiani (Uaar), vogliosa di ristabilire la par condicio «comunicativa» sulle questioni religiose, spingendo i mass media a dar risalto non solo ai messaggi della Chiesa ma anche alle posizioni dei «senza religione».

Il vento dell’ateismo spira dunque ancor forte in Italia e attraverso questa iniziativa intende far breccia soprattutto nel capoluogo ligure da qualche tempo diventato il simbolo di una contesa.

La contesa tra la pretesa della Chiesa cattolica di rappresentare i sentimenti più autentici degli italiani e un’area laica che rivendica la propria esistenza e presenza nella società pluralistica. È fin troppo evidente che questa campagna sull’inesistenza di Dio è una specie di sfida atea in casa del cardinal Bagnasco, vescovo della città e presidente della Cei, reo d’essersi dimostrato poco tenero nei confronti di alcune minoranze culturali. In giugno la curia genovese ha fatto di tutto per ostacolare lo svolgimento del Gay Pride in quella città, fissato nello stesso giorno del Corpus Domini. Inoltre, il prelato ha più volte ribadito le posizioni della Chiesa sui temi cari ai cattolici (famiglia, vita, bioetica, eterosessualità, scienza), sminuendo - questa l’accusa - quanti hanno orientamenti diversi. La campagna pubblicitaria s’iscrive quindi nel clima ad alta tensione che da qualche tempo caratterizza i rapporti tra Chiesa e mondo laico, parte del quale reagisce con fastidio a una Chiesa sempre più protagonista nel campo culturale ed etico, e che continua a identificare l’Italia tout court con l’Italia cattolica. Come ci dice il mercato editoriale, oggi il libro di argomento religioso vende bene, ma a un doppio livello: non soltanto i testi di spiritualità o che parlano a favore della fede, ma anche i pamphlet che denunciano le ingenuità di una religione ancora arcaica e incantata e quelli che denunciano lo strapotere clericale nella società.

Genova e l’Italia, comunque, non detengono il primato della svolta antireligiosa e anticlericale. Da tempo iniziative analoghe sono presenti in alcune metropoli del mondo, tra cui Londra, Washington e varie città spagnole. Si tratta di rigurgiti o reazioni a gruppi religiosi che manifestano attivamente nella società pluralistica le proprie convinzioni, che si mobilitano contro il divorzio e l’aborto, portatori di quella cultura pro-life che tende a contrastare quella pro-choice. In Belgio, addirittura, gruppi di atei hanno da tempo costituito una sorta di associazione para-religiosa a difesa dei propri orientamenti e valori, rivendicando dallo Stato un finanziamento pubblico alla stessa stregua di quello accordato alle diverse confessioni religiose. Anche l’ateismo può essere un oggetto di propaganda, come le chiese promuovono i valori religiosi. Anche l’Italia, dunque, sembra partecipare di tendenze presenti in ogni dove.

A ben guardare, la pubblicità pro-ateismo può anche servire alla causa della fede religiosa. Nel senso che può scuotere dall’indifferenza molti credenti per caso o per tradizione, che si trascinano nel tempo un vago orientamento di fede senza un’adeguata riflessione e approfondimento. La promozione dell’incredulità può anche spingere qualcuno a uscire da uno stallo sulla questione religiosa che gli impedisce una più piena comprensione di sé e del mondo. Forse è anche guardando a questa opportunità che gli ambienti ecclesiali (sia genovesi che nazionali) non hanno troppo preso sul serio l’iniziativa, per cui non è detto che essa dia il via a una catena di reazioni, che, nel caso specifico, arricchirebbe le aziende di trasporto delle nostre città. I bus atei ci possono stare, rientrano nella provocazione creativa, se dietro essi non si nasconde una crociata di cattiverie contro la religione e la Chiesa.
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commento:
l'ultima frase dice che non bisogna usare "cattiverie" nei confronti della chiesa... infatti l'inquisizioni e roghi di streghe ed eretici erano un bellissimo esempio di bontà!

Vaticano contro il re del Belgio "Embrioni, legge agghiacciante"

La Repubblica 14.1.09
Attacco a Alberto: "Ha firmato quelle norme"
Vaticano contro il re del Belgio "Embrioni, legge agghiacciante"

CITTÀ DEL VATICANO - E´ polemica tra la Chiesa cattolica e Alberto II di Belgio, re timorato di Dio ma colpevole - agli occhi dei vescovi belgi e del Vaticano - di aver promulgato nei giorni scorsi una legge che definisce l´essere umano in divenire, compresi embrioni e feti, come «materiale corporeo umano» disponibile per le applicazioni mediche o la ricerca scientifica. Si tratta di una normativa «agghiacciante», ha attaccato l´episcopato del Belgio in una nota che è stata rilanciata ieri dall´Osservatore Romano.
Nel comunicato ripreso dall´organo vaticano si lamenta l´amarezza per il comportamento di Alberto, che non ha rifiutato la sua firma alla nuova legge approvata dal Parlamento nello scorso dicembre. Ben diverso - si ricorda in Vaticano - l´atteggiamento di suo fratello, re Baldovino, il quale preferì abdicare per due giorni nel 1989 piuttosto che firmare la legge sull´aborto.
I vescovi belgi mettono sotto accusa in particolare l´articolo 2 comma 1 della legge belga che ammette l´ottenimento e l´utilizzazione a fini medici e scientifici di «tutto il materiale biologico umano, compresi tessuti, cellule, gameti, embrioni, feti, così come le sostanze che ne vengono estratte, qualunque sia il grado di trasformazione».
Il progetto di legge, passato con il «sì» definitivo della Camera (95 voti a favore, 34 astensioni e nessun «no»), fa del cattolico Belgio - ha sottolineato l´Osservatore Romano - uno dei pochi stati europei ad aver promulgato una normativa relativa alla ricerca sugli embrioni. Segue in questo la Gran Bretagna, che dal 2002 ha creato una «banca» per le cellule staminali di origine embrionale, e la Spagna che - ha ricordato ancora il giornale vaticano - permette l´uso di tutte le tecniche utili all´ottenimento di cellule embrionali umane a fini terapeutici.

lunedì 12 gennaio 2009

Pio Laghi, il cardinale che non sfidò la dittatura

La Repubblica 12.1.09
È morto a 86 anni il porporato amico di Bush e primo nunzio apostolico a Washington. Sulla sua carriera la macchia del periodo trascorso in Argentina
Pio Laghi, il cardinale che non sfidò la dittatura
di Marco Politi

Tentò di fermare la prima guerra in Iraq mediando tra la Casa Bianca e l´Iraq

CITTÀ DEL VATICANO - L´ultima sua missione fu l´incontro cruciale con Bush il 5 marzo 2003, quando papa Wojtyla lo inviò a Washington per bloccare in extremis la guerra all´Iraq. Pio Laghi - il porporato morto ieri all´età di ottantasei anni, per il quale il presidente Napolitano ha mandato un messaggio di cordoglio - era amico personale della famiglia Bush. Ma fu un dialogo fra sordi. George W. Bush aveva già deciso di arrivare a Bagdad.
«Quando uscii - ci ha confidato anni dopo il cardinale - un generale accompagnandomi alla macchina, mi sussurrò: "Non si preoccupi, in pochi mesi sarà tutto sistemato"».
Il destino ha voluto che l´ultimo suo intervento sia stato ancora dedicato all´America. L´elezione di Obama libera gli Stati Uniti «da quell´orrendo peccato originale, che è stato lo schiavismo», disse a dicembre ad un dibattito organizzato al centro Elea.
Non fosse stato per il periodo passato da nunzio a Buenos Aires dal 1974 al 1980, il cardinale Laghi avrebbe potuto vantarsi di una carriera perfetta. Pacato e gran lavoratore, nato il 21 maggio 1922 nei pressi Forlì e diventato vescovo a quarantasette anni, Paolo VI lo aveva inviato nel 1969 a Gerusalemme come delegato apostolico. Nell´80 Giovanni Paolo II gli aveva assegnato Washington, dove - in seguito ai negoziati tra Santa Sede e amministrazione Reagan - assunse nel 1984 l´incarico di primo nunzio vaticano nella storia degli Stati Uniti. Nel 1990 Wojtyla lo nominò alla guida della Congregazione per l´Educazione cattolica, servizio premiato dopo nove anni con la porpora. Ancora nel 2001 era tornato in Terrasanta con lettere papali per mediare tra il premier israeliano Sharon e il leader palestinese Arafat.
I sei anni trascorsi a Buenos Aires al tempo della dittatura dei generali e delle feroci rappresaglie contro gli oppositori del regime, gli sono rimasti invece addosso come una macchia e forse un rimorso. In linea con le istruzioni vaticane di non dare spazio all´opposizione marxista (o comunque armata) Laghi tenne nei confronti del regime militare argentino un atteggiamento di assoluta realpolitik, senza lasciarsi andare a denunce o gesti di biasimo, nemmeno quando aumentarono le «sparizioni» degli oppositori. Angela Boitano, madre di due desaparecidos italo-argentini, ricorda che insieme ad altri familiari di vittime incontrò il cardinale nel 1979, a margine della Conferenza episcopale latinoamericana a Puebla (Messico), chiedendo il suo aiuto per rintracciare gli sventurati: «Laghi ci ascoltò e ci rispose solamente: se sono stati molto torturati, i militari non li lasceranno mai in libertà». Nemmeno un militare, commenta la Boitano, «si sarebbe permesso una tale brutalità».
Laghi si difese in seguito, dicendo che soltanto verso la fine del 1979 (quando stava per partire) «ebbi la certezza che la violazione dei diritti umani fosse divenuta sistematica e la condannai». La verità è che gran parte dei vescovi argentini appoggiava la dittatura e il Vaticano in quel periodo non si spese in condanne.

Superlavoro al tribunale del clero

La Repubblica 12.1.09
Pedofilia e riti satanici crescono i reati dei preti li assolve solo il Papa
Superlavoro al tribunale del clero
di Orazio La Rocca

CITTÀ DEL VATICANO - Rubare ostie consacrate per usarle in riti satanici; violare il segreto della confessione; commettere peccati sessuali da parte di un ecclesiastico o di una religiosa, a partire dalla pedofilia; abortire o rendersi corresponsabile dell´interruzione volontaria della gravidanza; aggredire o offendere la persona del Papa. Sono i 5 «grandi» peccati per essere assolti dai quali non è sufficiente confessarsi, ma occorre una speciale dispensa papale emanata da un dicastero pontificio ad hoc, la Penitenzieria Apostolica, retta attualmente dal cardinale James Stafford. Peccati, dunque, gravissimi per la Chiesa, in forte crescita, specialmente - spiegano in Vaticano - attraverso l´aborto, la violazione del celibato sacerdotale e la profanazione delle ostie, un delitto, quest´ultimo, in aumento in particolare tra le sette dell´America Latina e in Europa. Peccati non a caso chiamati «Delitti riservati alla Santa Sede», il cui "ministero" di competenza - il più antico dicastero vaticano fondato nel 1200 da papa Onorio III - ogni giorno è chiamato a far fronte ad un superlavoro per rispondere alle richieste di «assoluzione e perdono» inviate da preti e vescovi di tutto il mondo.
Un lavoro delicato e riservato, svolto da un organismo interno al dicastero chiamato Congresso presieduto dal cardinale Stafford, affiancato dal vescovo Reggente Gianframco Girotti e da dieci membri, abituati da sempre ad operare con discrezione e senza pubblicità per far fronte alle migliaia di richieste avanzate dai sacerdoti che chiedono l´assoluzione papale per i 5 grandi peccati riservati alla S. Sede. «Numeri non ne possiamo fare, ma posso assicurare - ammette monsignor Girotti - che è un lavoro costante e molto rilevante». Ogni pratica viene evasa nel giro di una giornata. «Anche se ci possono essere casi - aggiunge il Reggente - che richiedono più sedute e doverosi approfondimenti per meglio verificare se il pentimento è autentico, spontaneo e sincero». Facile immaginare che tra questi casi un posto importante è occupato dalle richieste di perdono avanzate per quei sacerdoti che si sono macchiati del delitto di pedofilia, come è avvenuto recentemente negli Usa, e più in generale per la violazione del celibato sacerdotale.
Da domani se ne parlerà nel simposio pubblico di due giorni organizzato per la prima volta dalla Penitenzieria nella sede di piazza della Cancelleria 1, a Roma. Presenti il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, i vescovi Gianfranco Ravasi e Rino Fisichella, il professore Agostino Borromeo, docente alla facoltà di Scienze politiche all´università La Sapienza di Roma, teologi e moralisti. «È la prima volta che questo nostro dicastero dà vita ad un incontro pubblico», preannuncia monsignor Girotti. «Lo facciamo - sottolinea l´alto prelato - non per metterci in vetrina, ma per dimostrare che non siamo un dicastero burocratico, ma di grazia e di misericordia, che su delega del Santo Padre, dà vita e senso ad uno dei sacramenti più importanti, la confessione».
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commento: il satanismo è un fenomeno solamente interno al cristianesimo. Solo chi crede in un dio unico può concecipre l'esistenza del diavolo come inventato dal monoteismo cristiano.

sabato 10 gennaio 2009

Aborto negato, denuncia da Napoli

Aborto negato, denuncia da Napoli

da Roma del 9 gennaio 2009, pag. 7

Un aborto terapeutico negato a Padova, la disperata corsa a Napoli, l’intervento effettuato al Policlinico, la rabbia di dover cercare una struttura disponibile dopo aver incassato il no di tanti medici "obiettori".



La storia, fortunatamente a lieto fine, di una coppia di napoletani alle prese con le difficoltà di applicazione della legge sull’interruzione di gravidanza è diventata oggetto di un’interrogazione parlamentare del gruppo dei Radicali alla Camera, prima firmataria Maria Antonietta Coscioni. Nell’interrogazione al ministro della Salute si ripropone il racconto, uscito nella rubrica delle lettere del quotidiano II Mattino, fatto da Vincenzo Cacace, il padre di uno dei componenti della coppia.



«Mio figlio Giorgio, che lavora e convive con la propria compagna di nome Marta a Bassano del Grappa, ha avuto un non facile problema. Sia dal proprio ginecologo di Cittadella (Padova) sia dall’esame "dual" che dalla villocentesi ha saputo che il feto era affetto da gravi malformazioni. Il ginecologo li indirizza presso allo specialista genetico che purtroppo conferma la diagnosi e rilascia apposito certificato per l’aborto terapeutico, indicando l’ospedale di Padova abilitato all’interruzione della gravidanza», è scritto nella lettera. E fin qui tutto bene.



Ma all’ospedale di Padova arriva la doccia fredda: «I medici sono restii a compiere l’intervento, lo osteggiano, la coppia si sente a disagio e intanto il tempo passa. Noi genitori di Giorgio - racconta il signor Cacace - ci attiviamo per cercare una soluzione, contattiamo un ginecologo della nostra città. Avvisiamo i ragazzi ed insieme a loro prenotiamo una visita. Il ginecologo appare disponibile, serio, preparato. Ci indica tutta la trafila da fare e i vari adempimenti che la legge prevede per i casi di aborto terapeutico e cioè l’articolo 4 che consiste in una semplice aspirazione entro i tre mesi e l’articolo 6 se si supera questo termine, come il caso che ci preoccupa (4 mesi). Fatto tutto questo ci si reca all’ospedale indicato per il ricovero. Qui, senza troppi problemi, dopo i relativi esami, avviene l’interruzione di gravidanza prevista dalla legge. I ragazzi, con una sensazione mista di sollievo - per aver evitato un calvario eterno per loro stessi ed il nascituro - e di dolore che sempre si vive quando capita un’esperienza di questo genere, ritornano a Bassano».



La conclusione del signor Cacace è amara: «Quello che viene fuori da quanto raccontato è che esiste - per legge - l’aborto terapeutico ma ci sono medici che lo praticano (non obiettori) e quelli che non lo praticano (obiettori). All’ospedale di Padova, evidentemente, ci sono più obiettori che non, rendendo difficile una cosa già di per sé non facile».



L’onorevole Coscioni, dunque, interroga il ministro per chiedere quali siano le sue valutazioni e i suoi intendimenti in ordine a quanto denunciato nella lettera, se non si ritenga di dover promuovere un’inchiesta amministrativa per accertare le responsabilità «per una simile, incredibile e inqualificabile situazione».

lunedì 5 gennaio 2009

Il Vaticano e le leggi

Il Vaticano e le leggi

Corriere adriatico del 5 gennaio 2009, pag. 1

di Fulvio Cammarano

Finalmente una buona notizia: l’anno si apre con una positiva novità nell’ambito delle relazioni internazionali. Lo Stato della Città del Vaticano, dal 1° gennaio, ha mandato in soffitta la vecchia legge risalente al 7 giugno 1929, con cui il minuscolo stato recepiva automaticamente le leggi italiane. In sostituzione di quella ce n’è una nuova sulle fonti del diritto, approvata lo scorso ottobre da Benedetto XVI. Mentre nella legge precedente – scrive l’organo ufficiale della santa Sede, “L’Osservatore Romano” – operava una sorta di recezione automatica che si presumeva come regola, solo eccezionalmente rifiutata per motivi di radicale incompatibilità con l’Ordinamento canonico, nella nuova disciplina si introduce la necessità di un previo recepimento da parte della competente autorità vaticana. Insomma, mentre noi continuiamo a prendere atto di quanto deliberato in Vaticano (vedi ad esempio le decisioni della Sacra Rota), il Pontefice non si fida più delle nostre leggi e prima di considerarle proprie ci vuole guardare dentro con più attenzione.

Il Vaticano, inoltre, controllerà la compatibilità morale anche dei trattati internazionali sottoscritti dall’Italia, prima di considerarli conformi alle posizioni della Santa Sede. Tutto ciò era già avvenuto in qualche caso. Tuttavia, l’importanza di questa drastica presa di posizione va letta nel più generale contesto del nuovo protagonismo politico della Chiesa cattolica. Chi vuole giocare un ruolo di primo piano non può certo subire passivamente il dettato legislativo di un Paese che da troppo tempo arranca in materia di coerenza e stabilità legislativa, sia dal punto di vista del contenuto sia da quello della forma. Le leggi italiane, secondo “L’Osservatore”, sono troppe, mutevoli e spesso contraddittorie tra loro, per non parlare di quelle norme che di fatto contrastano con la morale cristiana. Gli argomenti addotti, come si vede, non sono certo campati in aria: la nostra legislazione, da tempo, non è un modello di chiarezza e coerenza e dunque appare del tutto legittimo che lo stato “pontificio”, per quanto peculiare possa essere la sua collocazione geografica e il percorso storico, voglia rinunciare a ottant’anni di tradizione per riacquistare la propria libertà. Non dimentichiamo infatti che il grande dissidio tra Stato italiano e Chiesa cattolica, dopo la breccia di Porta Pia, è sorto proprio dall’urgenza rivendicata da tutti i Papi, a cominciare da Pio IX, di avere una totale indipendenza territoriale: il potere spirituale, secondo la convinzione dei vertici cattolici, si può esercitare solo in presenza del concreto esercizio di quello temporale. Il fatto che dal 1929 ad oggi tale potere si sia presentato come un pro forma, nulla toglie alla sua sostanza efficace: il Papa è tale solo in quanto Papa re.


Il concordato fascista sembrava aver messo la sordina a questo principio. Paolo VI, poi, aveva persino benedetto i bersaglieri il cui ingresso nella Città Eterna aveva tolto alla Chiesa il fardello del potere temporale. Si è trattato di un’illusione, poche pagine di storia nel millenario percorso della Chiesa. Il presidente del tribunale del Vaticano, Giuseppe Dalla Torre, ha invece ricordato a tutti ciò che molti preferivano ignorare: “essendo la Città del Vaticano uno Stato indipendente e sovrano, può modificare tutte le sue leggi come vuole”. Ratzinger, quindi, non solo è nel suo diritto quando rivendica tale autonomia legislativa, ma compie, a mio avviso, anche una meritoria opera di chiarificazione in un campo in cui i governi italiani si sono spesso mossi con imbarazzo. Una chiarificazione che, stranamente, è stata contestata proprio da Marco Pannella, da sempre in prima fila nelle lotte dell’Italia laica. Credo, invece, che tutti debbano rallegrarsi che si vada, dal punto di vista degli ordinamenti e dei rapporti istituzionali, verso una più netta separazione tra Italia e Vaticano. Un po’ alla volta, non ci sono dubbi, il Vaticano comincerà a mettere in discussione, vista la timidezza dei nostri governanti in merito, anche i molti privilegi e le numerose franchigie di cui gode grazie al, sinora, troppo stretto e sbilanciato rapporto con lo Stato italiano. Vantaggi e favori che indubbiamente umiliano il desiderio di autonomia del piccolo Stato Oltretevere.

Fecondazione. Impasse da 5 anni dopo gli investimenti per la sede di Milano

Corriere della Sera 5.1.08
Fecondazione. Impasse da 5 anni dopo gli investimenti per la sede di Milano
Il pasticcio degli embrioni La biobanca c'è ma non apre
di Margherita De Bac

«Dateli alle coppie»
La proposta del ginecologo Palagiano, capogruppo dell'Idv: affidiamoli alle coppie sterili
Più di 2.500 organismi orfani bloccati in tutta Italia
La radicale Donatella Poretti: operazione faraonica stoppata Perché non usarli per la ricerca o lasciarli morire?

ROMA — La casa è pronta e funzionante dal 2005. Ma è vuota perché gli «inquilini» che avrebbe dovuto ospitare non sono ancora stati trasferiti. Una casa molto speciale. E' la biobanca degli embrioni orfani, cioè congelati e abbandonati con tanto di dichiarazione scritta dalle rispettive coppie infertili da cui sono stati generati. Circa 2.500 secondo i dati che vengono riportati nell'ultima relazione al Parlamento sulla legge della procreazione medicalmente assistita.
Proprio in virtù di queste norme meglio specificate in un successivo decreto del 4 agosto del 2004 (il ministro della Salute era Girolamo Sirchia) gli embrioni cosiddetti «sovrannumerari» (creati prima del 2004 quando ancora non c'erano limiti sul numero di ovociti da fecondare), conservati nei centri italiani avrebbero dovuto essere depositati tutti insieme in un'unica sede. Una cella creata apposta all'ospedale Maggiore di Milano, in attesa che il governo decidesse la loro sorte.
A distanza di quasi cinque anni però nessuno di loro si trova nel nuovo domicilio. Eppure la casa è costata fior di quattrini. Poco più di 230 mila euro per l'allestimento dell'ambiente criobiologico, dotato di 6 contenitori di azoto liquido, oltre a 96 mila euro per acquisto di materiale e software e 74 mila per il personale. A questi si aggiungono i 50 mila euro assegnati all'Istituto superiore di sanità per il censimento. Gli embrioni orfani sono 2.527 per l'esattezza. Ma altrettanti sarebbero quelli abbandonati. I loro genitori non si trovano più, non hanno risposto alle lettere di sollecito inviate dai centri. Forse sono riusciti ad avere un figlio grazie alla provetta e non hanno più bisogno dei frutti del concepimento in eccesso lasciati nel congelatore. Oppure si sono separati e non vogliono più saperne del passato.
Uno dei tanti pasticci all'italiana con relativo sperpero di denaro pubblico. «La verità è che nessuno vuole metterci mano — accusa la senatrice Donatella Poretti, radicale eletta nel Pd —. Riaprire la questione e rispettare le indicazioni della legge significherebbe ammettere l'assurdità di tutta l'operazione. Diciamo la verità. Questi embrioni scottano perché una volta trasferiti si dovrebbe decidere cosa farne. Donarli alla ricerca, strada seguita da tutti gli altri Paesi? Cederli in adozione a coppie sterili? Oppure lasciarli lì congelati in attesa che muoiano, dunque senza prendersene carico?».
Se ne discuterà lunedì prossimo al convegno «Legge 40 e turismo riproduttivo: vale ancora la pena?» organizzato dall'Idv, interventi in apertura di Gianfranco Fini e Antonio Di Pietro. «Noi siamo dell'idea che bisognerebbe scegliere la strada dell'adozione anche se la legge 40 la renderebbe impraticabile perché vieta le tecniche eterologhe — dice Antonio Palagiano, ginecologo, capogruppo del-l'Idv in commissione Affari sociali della Camera —. Il nostro partito sta lavorando su una proposta di legge. Parliamoci chiaro. Questi embrioni sono destinati a spegnersi in un tot numero di anni. Forse non più del 20% risulterebbero ancora impiantabili e capaci di svilupparsi. Tanto vale utilizzarli affidandoli a coppie che non hanno altre possibilità ».
La Poretti, intanto, ha presentato un'interrogazione parlamentare «sull'operazione faraonica per la quale sono stati stanziati e spesi soldi pubblici». Il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio ha risposto che «il censimento non è terminato» e che dunque nell'attesa «il trasferimento non può avere luogo perché devono essere previsti ulteriori stanziamenti calcolabili solo al termine dell'operazione ». «Balle, la conta è terminata» insiste la parlamentare. Paolo Rebulla, direttore del Centro di risorse biologiche dell'ospedale Maggiore, allarga le braccia: «Aspettiamo istruzioni dal ministero. Noi siamo pronti. La banca è stata inaugurata. Non abbiamo avuto più notizie ».