martedì 30 giugno 2020

Film: La bussola d'oro

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Certamente, questa non è la prima, e non sarà l'ultima opera fantasy a scatenare le iree di gruppi intransigenti che vedono nella letteratura e nel cinema di genere attacchi alla religione cattolica. Vale la pena ricordare che in questo caso, però, alle pià gettonate critiche mosse contro il genere fantasy, si aggiungono osservazioni più circostanziate contro il modo in cui Pullman ha presentato la Chiesa nella sua opera: una sorta di autorità sovranazionale oppressiva, chiamata Magisterium, che controlla con ferrea determinazione lo sviluppo delle scienze (chiamata teologia sperimentale) e che attraverso l'organizzazione segreta dell'Intendenza Generale per l'Oblazione rapisce centinaia di ragazzi sui quali conduce poi crudeli e dolorosi esperimenti.

A surriscaldare gli animi hanno contribuito alcune dichiarazioni dello scrittore che in un discorso più ampio, nel quale si è spinto ad avvicinare la Chiesa agli stati totalitari come la Russia di Stalin (in cui il libro di preghiere era il Capitale di Marx e il sacerdozio era sostituito dalla militanza nel partito comunista), ha dichiarato che la migliore religione è quella che si tiene lontana dal potere, perché quando una religione raggiunge il potere si volge al male.
(...)
dal sito: http://www.fantasymagazine.it/notizie/8336/

domenica 14 giugno 2020

L' isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina

L’Isola del Silenzio, o il passato che rimane ancora vivo

"L’isola del silenzio"di Horacio Verbitsky

Fandango Libri ,184 pagine, 15 euro

di Alessandro Bottero
Non è una lettura facile questo libro, ma è da leggere. Parla di una guerra sporca, una guerra che tale era, forse, solo nella testa di chi la scatenò. Parla di una dittatura sottovalutata ma efferatissima e terribile. Parla dell’Argentina dal 1976 al 1983.Dal 1976 al 1981 io ho fatto il liceo. In quegli anni “Argentina” o “Cile” erano sinonimo di dittatura. Ed era vero. I desaparecidos, gli “scomparsi”. Persone che nella notte venivano portati via, e di cui si perdeva le tracce. In Italia che si sapeva? Poco o nulla. O meglio, quel che se ne sapeva era pesantemente condizionato dalla Guerra Fredda, che esisteva. I militari argentini avevano riportato l’ordine. I militari argentini massacravano innocenti. E intanto nel 1978 si andava in Argentina per i mondiali di calcio, e l’Argentina vinceva piegando un’Olanda irripetibile. Ricordo quelle partite. Ricordo gli stadi pieni di persone che acclamavano, forse sfogando in questo modo i terrori di oltre 24 mesi di dittatura e torture. A ripensarci furono Mondiali di calcio di cui vergognarsi, per il modo in cui i giornalisti sportivi italiani evitavano accuratamente di parlare o anche solo fare il minimo accenno alla vita vera di quel paese.E mentre il pallone rotolava in Argentina i desaparecidos continuavano a desaparecidar. La gente spariva. I ragazzi sparivano. I genitori sparivano. C’era una entità socio politica che però tutto sapeva e tutto seguiva. La Chiesa Argentina. Anzi, no. Siamo più precisi. Le alte gerarchie della Chiesa. Non i sacerdoti di base, o i volontari laici che lavoravano a stretto contatto con i poveri. Si parla del Nunzio Apostolico Pio Laghi, che in quella terra e in quegli anni gioca a tennis con i generali torturatori. O del Cardinale Bergoglio, all’epoca generale dei Gesuiti, che dimentica, non sa, dice e non dice, e forse denuncia, sicuramente non difende. O di Don Grasselli, sacerdote e poi vescovo che sa tutto. Sa dove sono gli scomparsi, sa chi non è più scomparso, ma cadavere. Sa ma non dice.L’isola del silenzio è un’isola nascosta, dove i militari argentini tengono dei prigionieri per “rieducarli”. Convertirli ai valori dell’Occidente, e utilizzarli poi come contro-spie, infiltrati tra i fantomatici terroristi rossi senza dio che vogliono precipitare l’Argentina nel caos infernale.Ma l’isola del silenzio è anche la chiesa cattolica argentina, dove si tace di questo passato di evidente contiguità tra gerarchie militari e religiose. Collusione? Difficile a dirsi. Comuni obiettivi? Forse. Eliminare la “gramigna comunista”. Difendere il “bene comune, sacrificando il singolo”. Discorsi che risuonano terrificanti in bocca a chiunque. Tanto più a un uomo di Dio.Horacio Verbitsky è un giornalista investigativo serio. In questo libro tutto si basa su documenti, dichiarazioni, riscontri. Non si inventa nulla, questa è la cosa terribile. Credo che libri come questo servano. È indispensabile aggrapparsi con forza alla memoria storica e non lasciare svanire nel silenzio pagine tragiche.E oltretutto la storia insegna cose curiose e interessanti. All’epoca dell’elezione al pontificato di Ratzinger, uno degli avversari più accreditati dalla stampa era il cardinale di Buenos Aires, tal Bergoglio, appunto, dipinto come sudamericano progressista. Eppure Bergoglio è colui che secondo Verbitsky (e sulla base dei documenti da lui raccolti) quando era generale dei gesuiti in argentina, ha denunciato due gesuiti alla giunta militare, condannandoli così a cinque mesi di torture e prigionia. Lo stesso Bergoglio che ha sempre negato tutto.


martedì 2 giugno 2020

Risorgimento scomunicato (16)

Risorgimento scomunicato (16)

di Vittorio Gorresio

Si deve credere però che questa moderazione teologica non fosse pratica tanto diffusa quanto meritoria, poiché gli incidenti nelle chiese in occasione di prediche si succedettero con molta frequenza. Padre Gavazzi doveva predicare nella chiesa del Gesù Nuovo ed il clero borbonico fece diffondere la voce che egli avrebbe “convertito” la chiesa in un tempo protestante. Così la chiesa fu invasa da una folla infuriata e padre Gavazzi fu salvato a stento dal linciaggio. Un sacerdote borbonico fu, d’altra parte, scacciato da pergamo della chiesa del Monserrato. A Torre del Greco fu la Madonna ad esser “convertita” al nuovo regime: la sacra immagine, spogliata dei rituali paramenti, fu vestita della camicia rossa e così trasportata in processione. L’incidente più grave forse fu quello della chiesa di San Severino, presso l’università; un gruppo di studenti apostrofò violentemente il domenicano padre Cocozza “oratore di energico talento” che predicava contro l’unità d’Italia; insorsero i fedeli contro gli studenti, accorse folla, da una parte si assediava la chiesa, dall’altra si bloccava l’università. Ci furono molti feriti, e una ventina di arresti: anche il padre Cocozza fu arrestato e rimase in prigione quattro mesi.

Inutile seguire giorno per giorno gli incidenti e i contrasti. C’è una notizia del 31 luglio che serve per compendiare la situazione. Data da fonte liberale suona così: “A Napoli il questore recasi dall’arcivescovo, cardinal Riario-Sforza e coi dovuti riguardi consiglialo ad allontanarsi da Napoli, il suo nome essendo immischiato in complicazioni politiche. Il cardinale protesta che non si allontanerà che forzato. A sera due delegati di P.S. invitano il cardinale a seguirli e con una carrozza accompagnanelo al porto dove è imbarcato sul piroscafo “Tancredi” diretto a Civitavecchia”.

Nella versione clericale la notizia è questa: “Ieri, 31 luglio, verso le cinque e mezzo pomeridiane il questore signor Aveta e il segretario di questura, signor Amore, recaronsi al palazzo arcivescovile. Era il Cardinale in sull’uscire per amministrare il Sacramento della confermazione ad un’inferma in S. Giovanni a Teduccio, quando quegli ufficiali entrarono a lui. Pigliava la parola il questore e con cortesi modi diceva: “Le reazioni in cambio di scemare vanno crescendo ogni di più. Or sebbene il governo non abbia da imputare a Vostra Eminenza nessuna colpa, purtuttavia egli non può garantire la persona di Lei contro i malviventi”. “Ma io non temo punto di me”, rispose il cardinale. “Bene sta – soggiunse quegli – ma v’ha di molti che abusando del Suo nome vengon organando reazioni e mettono in grave imbarazzo il governo; sarebbe però opportuno che Vostra Eminenza si allontanasse da Napoli”. “Io non ho mai creato né creo imbarazzi al governo – ripigliò l’Arcivescovo – ma non temendo della mia persona non partirò né abbandonerò la mia chiesa, se non costretto”. Allora gli fu imposto che partisse quindi a un’ora. Ed avendo il Cardinale chiesto un più lungo indugio per provvedere alle cose della sua Diocesi, gli fu data facoltà d’intrattenersi fino alle nove di sera”.


Forse è inutile dire che tra i motivi che provocarono l’arresto e l’espulsione del cardinale (che tornò a Napoli soltanto cinque anni dopo, fruendo al pari del De Angelis delle più miti disposizioni del governo nell’autunno del 1866) era compreso anche l’ordine dato al clero di astenersi dallo Statuto. Ma in tema di feste, per la verità, a Napoli il clero si mostrava, per una buona sua parte, abbastanza condiscendente col governo nuovo: si ricordi per tutti monsignor Caputo che per la festa di Piedigrotta scrisse ai giornali della città per informarli che avrebbe pronunciato la seguente preghiera: “Signore, date lume al Capo della Chiesa, che cessi di proteggere in Roma il Re dei briganti Francesco II, e che una volta per sempre si ravvegga degli errori commessi con scandalo di tutta la cristianità. E la questione romana vegga presto la sua fine!”.


Per incoraggiare il clero su questa via, tanto Mancini che il governo di Torino si impegnavano a fondo. C’è una circolare di Mancini, di poco precedente l’arresto del cardinale, nella quale si raccomanda agli intendenti provinciali di tutelare in ogni modo gli ecclesiastici sospesi a divinis per la loro adesione al nuovo stato di cose. Alla Camera, un anno dopo all’incirca, il deputato napoletano Giuseppe Ricciardi, fece una proposta singolare, come risulta dagli Atti ufficiali dell’VIII legislatura: “…Qualunque prete diserti il campo di Roma, proclamato sia nostro amico. Signori, abbiamo messa insieme a Napoli una legione di disertori ungheresi. Questi disertori li riguardiamo come nostri fratelli, e perché? Perché sono nemici dell’Austria. Ebbene, riguardiamo come nostri alleati i preti tutti i quali rinneghino Roma papale; facciamo di questi preti una nuova legione ungherese (ilarità) la quale ci sarà utile moralmente, almeno quanto l’altra. Ma soprattutto, signori, stimoliamo i preti non solo, ma i cittadini tutti ad opporre al principio assurdo e bestiale della cieca fede su cui è fondata Roma papale, il sacro principio del libero esame. Sarà questo, Signori, la catapulta più potente (si ride) che adoperar si possa da noi per isfondar le porte di Roma…Signori, io vorrei esser più giovane e più vigoroso, e sapete perché? Per farmi eresiarca per amor di patria e di libertà (ilarità prolungata). Io mi farei quasi antipapa per aver il piacere di scomunicare Pio IX in nome dell’Italia tradita (ilarità prolungata).

A parte le amenità della proposta di Ricciardi, la politica per cattivare il clero non era sempre facile. Il giorno che Vittorio Emanuele andò a Napoli a venerare San Gennaro, il santo fece, sì, il miracolo in suo onore, ed anzi il sangue ribollì mirabilmente nell’ampolla, ma il capitolo ed il clero metropolitano si astennero dall’intervenire alla cerimonia, e fu per questo confiscata ad essi la rendita per un anno. Altre volte accadeva di trovarsi di fronte a preti esigentissimi, come quel Gigli che il cardinale Corsi aveva sospeso a divinis per essersi prestato a celebrare nel duomo di Pisa in occasione della festa dello Statuto nel 1860. Gli era stata offerta un’indennità dal governo, ed egli la respinse; fu nominato insegnante nel ginnasio regio di Campiglia, ed egli rifiutò l’incarico, “aspirando a cose maggiori”, secondo quanto comunicò Ricasoli alla Camera in risposta a un’interrogazione presentata dal deputato Paolo Carlo Turati di Busto Arsizio nella seduta del 5 ottobre 1860: “A tal risposta tutti fischiarono il prete Gigli che della sospensione a divinis facea una speculazione, come disse il deputato Boggio; e lo stesso Turati fece alla Camera le scuse per aver patrocinato la causa di un indegno, quant’egli non sapea”.

Il cardinale Carlo Luigi Morichini, vescovo di Jesi “non era maculato di veruna politica taccia, ed anzi era sempre stato in voce di prelato amico dei progressi civili”, secondo l’opinione di Luigi Carlo Farini autore della storia già citata dello Stato romano dal 1815 al 1850. Ciononostante, quel cardinale fu arrestato due volte in quattro anni: la prima nel settembre del 1860, la seconda nell’aprile del 1864. Al tempo del primo arresto, Farini era il delegato di Cavour presso il quartiere generale di Vittorio Emanuele partito in guerra per congiungersi con i volontari di Garibaldi; al tempo del secondo si trovava in una casa di salute, essendo, dicono, improvvisamente impazzito. Stava alla Novalesa, presso Susa, e tutti i giorni gli intimi continuavano a ripetergli l’assicurazione che gli sarebbe stato concesso di partire prestissimo per la Polonia. Aveva dato in escandescenze in presenza del Re, tentando anzi di vibrargli un colpo di pugnale (prestamente scansato da Vittorio Emanuele) per indurlo a dichiarare guerra alla Russia che opprimeva la Polonia. Superfluo dire quanto i cattolici, ed i gesuiti in particolare, speculassero su questa disgrazia: “Basta aver letto un po’ consideratamente le storie per dedurre che i derisori delle censure ecclesiastiche furono di sapienza così scarsa che tutti furono degni d’incontrar de’ guai non piccoli o di far la mala fine”, si legge nella “Civiltà Cattolica”.

Superfluo è anche dilungarsi nella narrazione del primo arresto del cardinale Morichini: basterà dire che trovandosi il porporato a Roma per la visita periodica ad limina quando giunse la notizia della battaglia di Castelfidardo, ripartì subito per far ritorno alla sua diocesi. Fu arrestato a Foligno dai piemontesi e trattenuto in carcere sei giorni, al tempo stesso che ad Ancona si arrestava il cardinale Antonucci e da Fermo si deportava il cardinale De Angelis, secondo quanto abbiamo già narrato. Rimesso in libertà, il Morichini poté tornare a Jesi dove “trovò tutto in subbuglio e si adoperò senza posa per ristabilire l’ordine turbato”, scrisse il Michel. E uno scrittore cattolicissimo , in un recente articolo sull’ “Osservatore Romano” aggiunge per conferma: “Fu pastore esemplare e restò al suo posto, nobilmente, anche quando la sua diocesi fu occupata dalle truppe italiane”. I cattolici scrivono che il capovolgimento della situazione politica “non aveva spento in lui l’animo conciliante e la temperanza del giudizio. Ma – come spesso avviene – ciò valse a scagliargli contro il livore del più inesorabile settarismo”. Il settarismo, secondo una versione liberale, consisteva in questo: il cardinale avrebbe istigato il giudice mandamentale di Jesi ad abiurare al giuramento di fedeltà al Re, pur rimanendo in carica ad amministrare la giustizia nell’interesse della Santa Romana Chiesa. Sostanzialmente era tutto vero, ma formalmente la condotta del cardinale era del tutto ineccepibile, come più tardi riconobbe il tribunale, e la vicenda è tanto interessante, che mette in conto di narrarla e di fermarsi sulle cause che le diedero origine. I fatti, innanzitutto. Nello “Osservatore Romano” del 27 aprile del ’64 si trova scritto: “Alle otto e quindici del sabato 23 aprile si presentò all’Episcopato di Jesi il capitano dei carabinieri signor Ruca, che introdotto presso l’Eminentissimo, gli notificò con tutta quella urbanità che può usare in simili circostanze un militare, aver ordine di imprigionarlo e seco condurlo in Ancona. In quella entrarono nel gabinetto dello Eminentissimo un giudice istruttore, un delegato di pubblica sicurezza, ed un attuarlo, mentre al di fuori l’Episcopato veniva circondato dai carabinieri alcuni de’ quali occuparono armati ‘la posizione strategica’ della sala d’ingresso. L’oggetto di tutti quei personaggi entrati di seconda scena nel gabinetto dell’Eminentissimo era quello di fare un incarto giudiziale a carico del Cardinale e di procedere ad una perquisizione delle sue carte. Allora il Cardinale dettò due proteste che l’attuario si compiacque di scrivere. Nella prima diceva che come Porporato e Principe di Santa Chiesa non poteva essere imprigionato e processato che per ordine del solo Sommo Pontefice; nell’altra che non avrebbe potuto rispondere a domande che appellassero a coscienza o ad ordini venuti di Roma. Dopo ciò si provarono di fare qualche inchiesta, ma quelle poiché vertevano appunto in materia di confessione e assoluzioni, decreti della Sacra Penitenzieria, non vennero con risposta alcuna soddisfatte. Si passò allora alla perquisizione, ma a lode del vero debbe dirsi che aperti i cassetti dello scrittoio nessuno dei quattro ardì frugarvi per entro, e sol si limitarono a prendere la circolare a stampa inviata dalla Sacra Penitenzieria a tutti i vescovi d’Italia in data 6 marzo 1860, circolare che venne riportata fin dai giornali. E ciò valga a smentire le voci, non sappiamo se più maligne o insulse fatte correre dai caldissimi dell’onore e dovere del governo italiano a giustificazione dell’operato di lui; che si fossero cioè rinvenute al Vescovo di Jesi delle corrispondenze con esteri governi a danno di quella di cui mostransi passionantissimi favoreggiatori.

Alle undici della sera, l’Eminentissimo Morichini muoveva nel proprio legno alla volta di Ancona, confortando e incoraggiando con somma tranquillità il Clero che presso che tutto erasi radunato nella stanza dell’Episcopato, non si tosto fu sparsa per la città la nuova di quanto in essa accadeva. Sulla piazza attendeva il beneamato Vescovo grande folla di popolo che silenzioso e triste genufletteva al passaggio della carrozza per ricevere anche una volta la benedizione del suo Pastore. Seguiva immediatamente altro legno con quattro carabinieri. Il capitano Ruca prese posto accanto al cocchiere dell’Eminentissimo e fu solo uscito di città che al ripetuto invito del Porporato accettò un posto dentro il legno. Gli erano compagni don Sante Crocicchiani, cerimoniere, don Giuseppe Bucci, segretario, ed un domestico. Alle due e mezzo del mattino della domenica 24 corrente, giungeva l’illustre prigioniero in Ancona, e veniva rinchiuso nelle carceri di Santa Palagia. In quel giorno non gli venne permesso né di celebrare né di ascoltare la Messa. La cella in che venne posto, sebbene non possa dirsi assolutamente insalubre, purtuttavia mostra in alcune delle pareti delle tracce di umidità.

Venne tosto separato da’ suoi compagni e gli si lasciò solo il domestico, finché alla sera fu permesso a don Crocicchiani di entrare anch’esso a Santa Palagia, prigioniero volontario. Pervenuta la notizia di ciò all’Eminentissimo Cardinale Antonucci Vescovo di Ancona, egli fu sollecito di chiedere e di ottenere la facoltà di fornire all’illustre prigioniero quanto potesse alleviarne i patimenti. Finora non si sa che il Fisco abbia potuto giustificare con verun’apparenza di ragione legale questo nuovo attentato sacrilego; e noi teniamo per fermo che il motivo sia quel medesimo che fece già carcerare centinaia di personaggi ecclesiastici riconosciuti innocenti e dovuti perciò dopo mesi ed anni di torture crudeli esser rimessi in libertà”.

Il “nuovo attentato sacrilego” era stato invece minuziosamente motivato dal procuratore del Re, avvocato Lorenzo Armelonghi. Il giorno 2 aprile il canonico Planeta, di Jesi, aveva rifiutato di ammettere al sacramento della confessione tale avvocato Augusto Ronzetti già dipendente pontificio e nominato poi giudice mandamentale di Jesi in seguito a giuramento di fedeltà prestato al governo italiano. Il giorno dopo il canonico Giuseppe Grossi, penitenziere della diocesi, aveva confermato dovesse escludere il Ronzetti dalla confessione, a meno che egli non ritrattasse il giuramento prestato, promettesse di ubbidire alla Santa Sede, e chiedesse all’autorità ecclesiastica locale il permesso di continuare nell’esercizio delle sue funzioni di giudice dello stato italiano. Il cardinale Morichini, dal canto suo, aveva dato la sua approvazione all’operato dei canonici subordinati e ciò aveva fatto in esecuzione di un decreto della Sacra Penitenzieria che era stato pubblicato nella diocesi senza il regio exequatur richiesto dalla legge per dare carattere ad ogni provvedimento che fosse relativo alla religione dello Stato.

(16. segue)

sabato 30 maggio 2020

La chiesa continua a mettere all'indice

La chiesa continua a mettere all'indice
- Vorrei dei libri, dei buoni libri di buoni autori... Non avrebbe un catalogo?
- Guardi, c'è questo: qui ci trova i migliori.
dal "Don Basilio", 7 Novembre 1948.
Il clericalismo si espande e si rafforza nelle scuole, nei giornali e nelle case editrici.

venerdì 22 maggio 2020

Il Papa fa la festa alla legge 194

Il Papa fa la festa alla legge 194

Il Manifesto del 13 maggio 2008, pag. 7

di Alessandra Fava

L’anniversario è ghiotto. Il 22 maggio ricorrono i trent’anni della legge 194 e in anticipo di pochi giorni sulla ricorrenza, papa Benedetto XVI incontrando oltre 800 rappresentanti del Movimento per la vita ieri in Vaticano non ha perso l’occasione per cassare la legge 194, invocando anche interventi di welfare statale come già fatto l’altro ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il presidente infatti, rispondendo a una precaria che avrebbe voluto evitare l’aborto, aveva chiesto «l’impegno delle istituzioni e della società a favore di una missione essenziale qual è quella sancita dalla Costituzione di mantenere, istruire ed educare i figli».

Ieri il Papa davanti ai militanti del movimento perla vita che presidia ospedali e consultori violando spesso la privacy delle donne, è andato giù duro: «L’aver permesso di ricorrere all’interruzione della gravidanza, non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari, ma ha aperto un’ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze». E ha ulteriormente stigmatizzato che «da quando in Italia è stato legalizzato l’aborto ne è derivato un minor rispetto per la persona umana, valore che sta alla base di ogni civile convivenza, al di là della fede professata». Un messaggio lampante al nuovo governo di centro-destra appena insediato, che infatti viene anche invitato da Benedetto XVI «a promuovere ogni iniziativa a sostegno delle donne e delle famiglie per creare condizioni favorevoli all’accoglienza della vita, e alla tutela dell’istituto della famiglia fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna». Quindi famiglia al singolare.

Le idee espresse non sono nuove. Né per il papa vivente né per quelli passati. Già la Sagra congregazione per la dottrina della fede del 18 novembre 1974 (nella Dichiarazioni sull’aborto procurato) diceva che «la vita del bambino prevale su qualsiasi opinione, e non si può invocare la libertà di pensiero per togliergliela» e invocava «sussidi alle famiglie ed alle madri nubili, aiuti destinati ai bambini, statuto per i figli naturali e conveniente regolazione dell’adozione» per creare «un’alternativa concreta ed onorevole all’aborto».

Ma correvano altri tempi. E’ dunque evidente che se col governo Prodi il Vaticano ha iniziato un attacco sistematico alla 194 scatenando la reazione delle donne, tanto che «Usciamo dal silenzio» è diventato un movimento femminile nazionale, la sferzata arriva più determinata ora col governo Berlusconi. E tocca all’ex ministro della Salute Livia Turco ribadire che «la legge 194 è una legge saggia, lungimirante ed efficace e contiene un equilibrio fra la tutela della salute della donna e la tutela del concepito», mentre meno diplomaticamente il leader dei radicali Pannella bolla le dichiarazioni papale come «una bestemmia contro la verità e contro la religiosità quale viene vissuta nel nostro Paese e nel mondo civile».

Intanto in vista dell’arrivo del papa in Liguria nel prossimo fine settimana, a Genova si prepara una manifestazione per sabato ribattezzata «Pride laico» e indetta tra gli altri da Arci, centri sociali, Usciamo dal silenzio, l’universo gay, lesbiche e trans, e cattolici, che in un appello lanciato un paio di settimane fa su dirittinrete.org scrivono che «come. era facile aspettarsi dopo l’esito del referendum sulla legge 40, l’autodeterminazione della donna e la legge 194 sono oggi violentemente sotto attacco».

Da buoni genovesi, qualcuno ha anche fatto i conti della due giorni papale, denunciando che le spese arrivano a un milione e mezzo di euro. Infatti al Comune di Genova confermano che «l’importo messo dal Comune supera gli 800 mila euro», la curia genovese ne mette altrettanti, e a Savona, prima tappa della visita, le cifre non sono molto inferiori. Così un gruppo di cittadini genovesi ha lanciato un appello, ospitato sul sito di Sinistra europea, per invitare il papa a cancellare la visita e chiedere che quei soldi vengano investiti per servizi ai cittadini.

Per finire in rete non è passato inosservato che nella genovese piazza della Vittoria sono stati tagliati a zero diversi alberi sotto le caravelle, in vista della messa all’aperto di domenica.

martedì 19 maggio 2020

con il Concordato italia sempre in alto

la dicitura recita:
De Gasperi - chi dice che vogliamo impedir alla repubblica italiana di mettersi all'altezza delle altre nazioni? Noi la solleviamo anche più in alto, perbacco!

Vignetta sul Concordato del 1929

- E le brache?
- Le ha lasciate in Vaticano.

Il Papa - la Madonna morta per cause naturali

Contraddetta la tesi di alcuni teologici sull’ascensione in cielo
Il Papa: “la Madonna morta per cause naturali”

Il credente cattolico deve ritenere che la Madonna morì come ogni altra creatura, o che passò «dalla vita terrena alla gloria celeste» senza sperimentare la morte biologica? Il Papa ieri, all’udienza generale, ha sostenuto che «sembra legittima» la prima opinione: «Dal momento che Cristo è morto, sarebbe difficile sostenere il contrario per la Madre».
L’interesse della questione deriva dal fatto che negli ultimi secoli la devozione cattolica era arrivata a immaginare anche questo «privilegio» della Vergine: che sarebbe stata «assunta» In Cielo senza sperimentare la morte.
«Alcuni teologi ha detto il Papa hanno sostenuto l’esenzione della Vergine dalla morte, tuttavia questa opinione è sconosciuta fino al XVII secolo, mentre esiste una tradizione comune che vede nella morte di Maria la sua introduzione alla gloria celeste». Quanto alla morte di Maria, Wojtyla invita a «supporre che essa sia avvenuta normalmente», altrimenti la notizia di un qualche elemento prodigioso sarebbe «giunta fino a noi».

articolo del 1997

sabato 16 maggio 2020

la continenza sessuale giovanile è antiigienica?


 Da sempre il sesso è un problema per tutte le religioni monoteiste, un problema che non riusciranno mai a risolvere. Per loro la repressione di tutti i comportamenti normali dell’uomo rientra nei fondamenti del loro malsano credo religioso.
Vediamo come hanno sempre cercato di arrampicarsi su ogni specchio pur di giustificare la loro anomala posizione.
Prendiamo esempio dall’opuscolo
la continenza sessuale giovanile è antiigienica?
il sottotitolo riporta la dicitura: “risposte dei medici”.



Premessa dell’ideatore dell’opuscolo:
Un’ opinione diffusa dice la continenza sessuale dannosa o pericolosa alla salute dei giovani e questa opinione non è senza conseguenze pratiche. Domandano alcuni quale fondamento e valore le riconosca la Medicina.
Per rispondere in modo oggettivo a questa domanda, raccolgo alcune risposte ricevute da medici ai quali ho chiesto cosa pensassero dei danni e dei pericoli della continenza.
Da queste risposte, per quanto diverse nelle considerazioni particolari, risulta che nei giovani normali, con tenore di vita razionale, la continenza non è dannosa ma anzi raccomandabile anche solo dal punto di vista strettamente naturalistico.
Le lettere in lingua straniera sono state tra dotte letteralmente.
L’ opuscolo ha carattere privato e non è in commercio.

Camerino, 20 settembre 1935.
la prima risposta riportata:
La questione che Lei mi pone è di quelle Intorno alle quali l’igiene e la morale si fanno guerra. Sull’ argomento e’ è un comandamento di Dio; io credo che si possa obbedirgli senza danno fino a quando prevale l’altro comandamento di fondare una famiglia. E più presto è e meglio è.
Questo dispensa dal prospettare altre soluzioni.
Occorre sposarsi giovani, non uscire di gioventù nè esporsi prima del matrimonio, e questo mette a posto tutto.
Non si muore di continenza a 25 anni, ma si può morire per non essersi riservati per la propria donna. La castità fino a questo momento avrebbe il vantaggio di evitare ogni pericolo di contaminazione da malattie veneree che sono tutte terribili per le conseguenze, contro le quali la medicina nonè -sempre vittoriosa.
In breve, 1’ uomo ha degli organi riproduttori; la saggezza vuole ch’ egli ne usi in condizioni normali, cioè sposandosi il più presto possibile e dando alla moglie legittima il maggior numero di figli che la sua salute comporti.
La mancanza di castità nel celibato ha più inconvenienti che vantaggi e la castità dà alle persone per bene il desiderio di sposarsi, cosa che è utile alla società. Quanto ai celibatari per egoismo, se capitan loro degli accidenti tanto peggio per loro; essi non interessano nessuno, il loro isolamento d’ altronde inasprisce il loro carattere.

Parigi 15 ottobre 1918.

E. PERRIER
Direttore del Museo Nazionale di Storia Naturale

venerdì 15 maggio 2020

la dottrina diabolica

Brenda Maddox
La dottrina diabolica
Il controllo delle nascite secondo Wojtyla
Eleuthera,  1992

Dalla quarta di copertina:
Brenda Maddox, scrittrice e giornalista americana che da molti anni vive e lavora in Gran Bretagna è un’agnostica che però conserva evidenti e dichiarate radici culturali cattoliche. Il che dà un sapore particolare a questo vigoroso attacco alla dottrina vaticana sul controllo delle nascite, dottrina tradizionale ma riaffermatasi in modo radicale con il papato di Wojtyla. Una dottrina sostanzialmente sessuofobica ed antifemminile clic vorrebbe ricondurre il sesso a puro strumento di riproduzione e la maternità a punizione della satanica sessualità femminile. Una dottrina che non è semplicemente reazionaria. ma che diventa schiettamente assurda, anzi «diabolica» (per le sofferenze che infligge) quando viene applicata alla drammatica dinamica demografica del Terzo Mondo e all’emergenza AIDS. quando cioè Wojtyla propone l’alternativa «sesso senza protezione» (non protetto rispetto alla riproduzione ma anche al contagio) oppure astinenza. Pura follia. Come dice e argomenta la Maddox in questo libello scritto nello stile indignato e appassionato della gloriosa tradizione del pamphleteering anglosassone

mercoledì 13 maggio 2020

francobollo iraniano per la nascita di gesù


questo è un francobollo iraniano intitolato:
"
in occasione della celebrazione della nascita di gesù Cristo"
"
la dicitura dice:
"
Finchè l'oppressione, l'ingiustizia e la miscredenza esiteranno nel mondo, il popolo Mussulano e dello Cristiano dell'Iran lotteranno al fianco di tutti i diseredati del mondo, contro l'oppressione.
"
riportiamo anche la pagina riepilogativa dei francobolli di questo catalogo, il francobollo dedicato a gesù è ritenuto così importante da essere indicato per secondo.
In fatto di profeti non esiste nessuna differenza in queste di religioni.

taxa camarae - 1517


  • Taxa Camarae è un elenco tariffario divulgato nel 1517 da papa Leone X (1513-1521) allo scopo di vendere indulgenze, cioè perdonare le colpe a tutti coloro in grado di pagare le alte somme richieste dal pontefice. Come si vedrà nella trascrizione che segue, non ci sarà alcun delitto, nemmeno il più orrendo, che non possa ricevere il perdono in cambio di denaro. Leone X dichiarò aperto il cielo a chierici o laici, non importa se avessero violentato bambini e adulti, assassinato uno o più, truffato creditori, abortito... pur che avessero l'accortezza d'essere generosi con l'arca papale. Vediamo i suoi trentacinque articoli:
  • Un ecclesiastico che incorresse in peccato carnale, sia con suore, sia con cugine, nipoti o figliocce, sia, infine, con un'altra qualsiasi donna, sarà assolto, mediante il pagamento di 67 libbre, 12 soldi.
  • Se l'ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione chiedesse d'essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso peccato contro natura con bambini o bestie e non con una donna, pagherà solamente 131 libbre, 15 soldi.
  • Il sacerdote che deflorasse una vergine, pagherà 2 libbre, 8 soldi.
  • La religiosa che ambisse la dignità di abbadessa dopo essersi data a uno o più uomini simultaneamente o successivamente, all’interno o fuori del convento, pagherà 131 libbre, 15 soldi.
  • I sacerdoti che volessero vivere in concubinato con i loro parenti, pagheranno 76 libbre, 1 soldo.
  • Per ogni peccato di lussuria commesso da un laico, l’assoluzione costerà 27 libbre, 1 soldo; per gli incesti si aggiungerà a coscienza 4 libbre.
  • La donna adultera che chieda l'assoluzione per restare libera da ogni processo e avere ampie dispense per proseguire i propri i rapporti illeciti, pagherà al Papa 87 libbre, 3 soldi. In un caso analogo, il marito pagherà uguale somma; se avessero commesso incesto con i propri figli aggiungeranno a coscienza 6 libbre.
  • L’assoluzione e la sicurezza di non essere perseguiti per i crimini di rapina, furto o incendio, costerà ai colpevoli 131 libbre, 7 soldi.
  • Un’assoluzione dell'assassinio semplice commesso sulla persona di un laico si stabilisce in 15 libbre, 4 soldi, 3 denari.
  • Se l'assassino avesse dato la morte a due o più uomini in uno stesso giorno, pagherà come se ne avesse assassinato uno solo.
  • Il marito che infliggesse maltrattamenti a sua moglie, pagherà alle casse della cancelleria 3 libbre, 4 soldi; se fosse uccisa, pagherà 17 libbre, 15 soldi, e se le avesse dato morte per sposarsi con un'altra, pagherà, inoltre, 32 libbre, 9 soldi. Coloro che avessero aiutato il marito a perpetrare il crimine saranno assolti rimediante il pagamento di 2 libbre a testa.
  • Chi affogasse suo Figlio, pagherà 17 libbre, 15 soldi (o sia 2 libbre in più che per uccidere uno sconosciuto), e se a uccidere fossero il padre e la madre di comune accordo, pagheranno 27 libbre, i soldo per l'assoluzione.
  • La donna che distruggesse il figlio che porta nel suo ventre, e il padre che avesse contribuito alla realizzazione dei crimine pagheranno 1 7 libbre, 1 5 soldi ognuno. Colui che facilitasse l’aborto di una creatura che non fosse suo figlio, pagherà 1 libbra di meno.
  • Per l'assassinio di un fratello, una sorella, una madre o un padre, si pagherà 17 libbre, 5 soldi.
  • Colui che uccidesse un vescovo o un prelato di gerarchia superiore, pagherà 131 libbre, 14 soldi, 6 denari.
  • Se l'assassino avesse dato morte a più .sacerdoti in varie occasioni pagherà 137 libbre, 6 soldi, per la prima uccisione, e la metà per quelle successive.
  • Il vescovo o abate che commettesse omicidio per imboscata:, incidente o per necessità, pagherà, per raggiungere l'assoluzione, 179 libbre, 14 soldi.
  • Colui che in anticipo volesse comperare l'assoluzione di ogni omicidio incidentale che potesse perpetrare in futuro, pagherà 168 libbre, 1 5 soldi.
  • L’eretico che si convertisse, pagherà per l'assoluzione 269 libbre. Il figlio dell'eretico arso, impiccato o giustiziato in qualsiasi altra forma potrà essere riabilitato solo mediante il pagamento di 218 libbre, 16 soldi, 9 denari.
  • L’ecclesiastico che non potendo pagare i propri debiti volesse liberarsi dall'essere processato dai creditori, consegnerà al Pontefice 17 libbre, 8 soldi, 6 denari, e gli sarà perdonato il debito.
  • Sarà concessa la licenza per installare posti di vendita di vari generi sotto i portici delle chiese, sarà concesso mediante il pagamento di 45 libbre, 19 soldi, 3 denari.
  • Il delitto di contrabbando e frode al diritti del principe costerà 87 libbre, 3 denari.
  • La città che ambisse per i suoi abitanti o per i suoi sacerdoti, frati o monache, la licenza di mangiare carne e latticini in epoche in cui è proibito, pagherà 781 libbre, l0 soldi.
  • Il monastero che volesse variare la regola e vivere con minore astinenza di quella prescritta, pagherà 146 libbre, 5 soldi.
  • Il frate Che per migliore convenienza o gusto volesse passare la vita in un eremo con una donna, consegnerà al tesoro pontificio 45 libbre, 19 soldi.
  • L’apostata vagabondo che volesse vivere senza ostacoli, pagherà uguale quantità per l'assoluzione.
  • Uguale quantità pagheranno i religiosi, siano questi secolari o regolari, che volessero viaggiare in abiti da laico.
  • Il figlio bastardo di un sacerdote che volesse essere preferito per succedere nella cura al padre, pagherà 27 libbre, 1 soldo.
  • Il bastardo che volesse ricevere ordini sacri e goderne i benefici, pagherà 15 libbre, 18 soldi, 6 denari.
  • Il figlio di genitori sconosciuti che voglia entrare negli ordini, pagherà al tesoro pontificio 27 libbre, 1 soldo.
  • I laici contraffatti o deformi che vogliano ricevere ordini sacri e possedere benefici, pagheranno alla cancelleria apostolica 58 libbre, 2 soldi.
  • Uguale somma pagherà il guercio dell'occhio destro, mentre il guercio dell'occhio sinistro pagherà al Papa 10 libbre, 7 soldi. Gli strabici pagheranno 45 libbre, 3 soldi.
  • Gli eunuchi che volessero entrare negli ordini, pagheranno la quantità di 310 libbre, 15 soldi.
  • Colui che per simonia volesse acquistare uno o molti benefici, s'indirizzerà ai tesorieri del Papa, che gli venderanno il diritto a un prezzo modico.
  • Colui che per avere mancato un giuramento volesse evitare ogni persecuzione e liberarsi di ogni tipo di infamia pagherà al papa 131 libbre, 15 soldi. Inoltre consegnerà 3 libbre per ognuno di coloro che erano stati garantiti."
  • lunedì 11 maggio 2020

    copertina de le canzoni del diavolo

    raccolta di canzoni popolari laiche, testo pubblicato dal Centro internazionale della grafica di Venezia, edizione del 1993.

    domenica 10 maggio 2020

    Processo e morte di Giordano Bruno



    Processo e morte di Giordano Bruno
    Saggio introduttivo di Luciano Parinetto
    Tutti i documenti del processo
    Rusconi libri, prima edizione ottobre 1999

    Dal risvolto di copertina:
    Si riproducono qui i documenti che riguardano il processo inquisitorio e la morte di Bruno, pressoché ormai introvabili nelle vecchie edizioni, accompagnati dalla traduzione dei brani latini che comprendono. Dalle carte del processo veneziano a quelle del processo romano, compreso quel Sommario venuto alla luce solo negli anni Quaranta, le ultime vicende del filosofo emergono suggestivamente,  pur nella distanziazione/deformazione che impone loro il formulano inquisitorio: il Bruno che vi si presentifica è un prigioniero (forse anche torturato, come qualche storico sospetta), destinato, dopo anni di estenuante prigionia, ad essere bruciato vivo, in nome di una difesa dei dogmi che qui, come in innumerevoli altri eventi, si autodenuncia come spietata (e perciò pedagogica!) intolleranza. Ben diverso è il Bruno che liberamente (fino a un certo punto!) si esprime, privo del bavaglio impostogli dall’Inquisizione, nei suoi testi italiani e latini, non a caso pubblicati tutti fuori dall’Italia, lontano dall’occhiuto vigilare della Chiesa cattolica contro-riformistica. Di essi dà conto sinteticamente il saggio di Luciano Parinetto che, dall’imponente massa degli scritti bruniani, estrae una linea evocatrice dei principali motivi di quella filosofia, per più ragioni collegata all’oggi più di quanto non si pensi, con un occhio, se non a tutte, alle più rilevanti interpretazioni che se ne sono date.

    sabato 9 maggio 2020

    copertina I preti in cattedra - edizione 1958


    questa è la copertina del libro "I preti in cattedra",  edizione 1958, il tema è la nociva presenza dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole, sono passati i decenni ed ancora abbiamo la presenta intollerabile di chi vuole inculcare nella testa dei bambini un perversa dottrina.

    giovedì 7 maggio 2020

    il cristo-cattedra


               
    (…)
    Gli insegnanti cattolici si sforzano di « presentare ai giovani » la « cultura metafisica e teologica» del cattolicesimo «non come una realtà sovrapposta », ma come « una organica visione del sapere ». Non s’accorgono che col loro finalismo metafisico privano la cultura della necessaria autonomia e ne uccidono la linfa vitale. Quando infatti una organica visione del sapere non sia frutto di libera e personale ricerca, condotta innanzi senza preoccupazione alcuna di riuscire disorganica, che altro è se non «una realtà sovrapposta »? L’omaggio de «le cattedre della cultura alla Cattedra dello Spirito » comporta la subordinazione della libertà critica al dogma, della cultura alla autorità ecclesiastica, subordinazione che è creativamente e moralmente falsa, sempre che non si confonda la cultura con la propaganda o con l’apostolato. La Chiesa infatti accoglie e rielabora quegli elementi della cultura che possano servire a rafforzare la propria organizzazione; respinge, o piega e distorce tutti gli altri entro il letto di Procuste della sua dottrina. Se è vero che dal punto di vista cristiano la cultura è frutto del peccato, è anche vero che spremere da quel frutto un ammonimento che suoni condanna della libertà di pensiero e minaccia di sanzioni ecclesiastiche non è cultura. La cultura non si affida ad alcuna definitiva « salvezza » e perciò si arricchisce delle più diverse e varie esigenze umane. Il cristiano, che la svaluta e la ripudia, la rispetta più del cattolico, che la mutila e la degrada a strumento di propaganda.
    (…)
    dal libro “i preti in cattedra”
    capitolo  “il cristo-cattedra”,
    edizione 1958, pagina 189

    mercoledì 6 maggio 2020

    caricattura inglese - satira contro il clero nemico della danza



    caricattura inglese - satira contro il clero nemico della danza.

    La cattiva educazione

    La natura generalmente nasconde delle verità, ma non insegna degli errori; forma dei semplici, ma non dei pregiudicati. La cattiva educazione fa ciò che non fa la natura. Essa riempie d’idee vane le deboli menti puerili: la culla del bambino è circondata da pregiudizi d’ogni sorta, e il fanciullo è allevato con questi perversi compagni. Cresciuto, fa d’uopo che egli sia sempre in armi per difendersene. Cosi la forza della verità è indebolita, la penetrazione degl’ingegni è inceppata, i progressi dello spirito umano sono ritardati.

    Giacomo Leopardi

    Estrema Unzione


     L’Estrema Unzione.

    ""
    (…) 
    l’Estrema Unzione è istituita per fortificare l’anima contro gli ultimi attacchi del demonio e per cancellare ogni resto di peccato.
    (…)
    Quando l’uso di ragione dell’ammalato sia dubbio, si deve somministrare questo sacramento sotto condizione (c. 941).
    Sebbene non sia necessario che nel ricevere la Estrema Unzione sussista l’uso di ragione (è sufficiente averlo soprattutto prima) 
    (…)
    Accade che alcuni malati psichici, nonostante un sufficiente uso di ragione, rifiutino, con un qualsiasi pretesto, di ricevere l’Olio Santo e si ribellino quando, nonostante il loro rifiuto, sia loro somministrato.
    In questi casi il rifiuto non è cosciente, ma causato dalla malattia. 
    (…)  
    si aspetterà quindi, per quanto è possibile, un momento più favorevole, oppure che il malato perda conoscenza.
    Non sempre è possibile attendere. In tal caso alcune persone terranno il paziente in modo da evitare le mancanze di rispetto più gravi e ci si accontenterà di ungere la fronte, adoprando l’unica formula breve che il Canone ammette in caso di necessità (e. 947 § 1).
    Il caso di necessità si verifica non soltanto quando il pericolo di morte sia così imminente che manca il tempo necessario per compiere il rito completo, o quando vi siano serie probabilità di contagio, ma anche se vi sia pericolo d’irriverenza.
    Se però lo stato del paziente migliora, se il moribondo diventa più calmo e tranquillo e cessa dal ribellarsi, si devono completare le unzioni, sempre che il pericolo di morte perduri.
    dal Manuale di psichiatria pastorale, pagine 264-265


    Ci fermiamo qui, andare oltre ci porterebbe…

    domenica 3 maggio 2020

    Manuale di psichiatria pastorale


    questo "manuale di psichiatria pastorale" è stato pubblicato in italia nel 1950.
    L'autore scrive che il testo era in origine destinato ai sacerdoti, poi decise di renderlo disponibile altri operatori cattolici. In italia è stato pubblicato con tanto di imprimatur, leggiamo a pagina 53:
    "
    In alcuni casi si può tuttavia stabile un rapporto speciale tra peccato e malattia.
    La malattia può essere una conseguenza del peccato:
    Come castigo del peccato personale. Anche questo ci viene espressamente insegnato in vari passi della S. Scrittura.
    (...)
    Qualche volta il peccato porta con sè il suo castigo anche in questa vita. La diagnosi di alcune malattie, a volte, consiste proprio nel loro rapporto col peccato, in quanto essere sono una conseguenza della colpa..
    (...)
    Una malattia, specialmente poi una malattia psichica, può essere conseguenza naturale del peccato.
    "
    penso che convenga fermarsi qui con le citazioni, ci limitiamo ad riaffermare che il cristianesimo è solo miseria!!!

    mercoledì 15 aprile 2020

    CATTOLICESIMO E PROTESTANTESIMO NELLA POLITICA


    Giorgio Quartara

    La Donna e dio

    CAPITOLO 1.

    CATTOLICESIMO E PROTESTANTESIMO NELLA POLITICA

    Il  raffronto tra la teologia politica dei Cattolici e quella dei Protestanti impressiona al massimo: un abisso profondo separa le due sette principali del Cristianesimo nei canoni che concernono l’assetto legislativo della famiglia a partire dalla Riforma e dal Concilio di Trento: le differenze religiose non interessano lo studio giuridico delle principali fedi del mondo e della storia.
    La riforma dei Protestanti ha rigenerato politicamente il Cristianesimo, togliendolo dalla antitesi colla Natura, colla vita terrena, col bene individuale e pubblico, con la libertà, con la scienza, con lo Stato: il Concilio Cattolico di Trento ha negato tutto. Da allora i Protestanti concedono il matrimonio ai preti, a loro somma lode e a beneficio sociale; talvolta permettendo perfino il sacerdozio alla moglie; hanno conseguentemente soppressi per sempre, non tollerandone più il ritorno, i monasteri, dove intisichiscono le monache, e i conventi, dove i frati si trasformano in cancrena nazionale, e ogni altro ordine religioso a cominciare dai Gesuiti; riammettono il divorzio al posto dell’orrenda invenzione sancita al Concilio di Trento della seperazione personale; nè più ostacolano la parificazione delle madri e dei figli illegittimi ai legittimi: escludono dai Sacramenti il matrimonio, la confessione, la estrema unzione, tre armi terribili per dominare i mariti mediante il tramite delle mogli, per spiare la società, e sedurre talora il bel sesso, per carpire i testamenti; nè essi organizzano il clero, all’interno e all’esterno, perfino come forze diplomatiche in pericolosa e inammissibile concorrenza con lo Stato; nè insidiano la scienza nelle proprie e nelle altrui scuole ed Università; non invadono la magistratura coi propriì adepti; non ricattano i Governi coi loro voti elettorali e parlamentari, provinciali, comunali al fine di ottenere leggi antiumane e previlegi medioevali; non ottenebrano la stampa periodica e libraria con l’indice vaticano e con la censura secolare; non erigono a moralità quanto è diffo­rme, e a immoralità quanto è conforme alla Natura; non si pongono diplomaticamente nel campo opposto alla Patria, come il Vaticano favorevole nel 1915 agli Imperi Centrali e nel 1940 agli Anglo-Americani.
    Dopo il Concilio di Trento le direttive cattoliche, diametralmente opposte alle protestanti, non hanno più mutato. Ogni riforma legislativa proposta dai Governi nell’indirizzo classico romano le ha trovate avversarie irriducibili in qualunque nazione. Quotidianamente le tesi politiche cattoliche si possono leggere riaffermate in ogni giornale o in ogni periodico del partito clericale .dall’« Osservatore Romano » alla « Civiltà Cattolica ». Il Vaticano esige la fede incondizionata anche nella politica: il credere ciecamente senza l’uso della critica, contro la ragione, l’avallo incondizionato alle asserzioni più assurde, appunto... perchè assurde: e fa leva sui suoi seguaci colla paura della morte e col miraggio dell’oltretomba.
    Così ridotto il Cristianesimo dal Cattolicesimo, . non dal Protestantesimo, si susseguono la condanna della ragione, proprio da parte di Pio IX nell’Enciclica 8 dicembre 1849, l’ulteriore condanna del progresso nella Enciclica 8 dicembre 1864; la condanna di ogni sana riforma giuridica famigliare nell’Enciclica 9 gennaio 1901 sul matrimonio Cristiano (recte et vere « cattolico »), il Decreto 22 marzo stesso anno del Santo Uffizio contro l’educazione sessuale della gioventù e contro l’eugenetica, e così via sempre lo stesso. Un raffronto anche superficiale tra le tre religioni rivelate, e consorelle, l’ebraica, la cristiana, la mussulmana, basate su interviste dirette concesse da Dio ai suoi rabbini, di presenza senza nemmeno l’uso di radio trasmittente e ricevente, riduce il Cattolicesimo a una contraffazione dell’odioso Buddismo. Dei tre attori principali delle tre fedi rivelate di Mose per l’Antico Testamento, di Gesù Cristo per il Nuovo Testamento, di Maometto per il Corani, l’unico ammissibile e quest’ultimo, propugnatore di una morale su­periore alla attuale europea e americana; il peggiore è il secondo, Cristo, l’unico dei tre, infatti, condannato al patibolo dalla equilibrata giustizia romana, saggia più che mai in questo caso, come emerge dai riflessi cattolici nei diritto positivo.
    Gli ebrei e i cristiani, figli questi spirituali di quelli, giacché Gesù nacque israelita e si cambiò appena per l’acqua lustrale di San Giovanni Battista, ma non potè assorbire il sangue dei suoi degnissimi seguaci latini, basano i loro canoni sulla Bibbia: la quale, in entrambe le sue parti, l’Antica ebraica e la Nuova cristiana, si concreta inferiore al Corano, quanto il segno patibolare della Croce è meno estetico del simbolo etereo della Mezza Luna.
    Il Cristianesimo deve il suo trionfo sull’eccelso paganesimo dei Gentili non già a virtù propria etica e filosofica, ma esclusivamente a due motivi: alla promessa nuova della ulteriore vita in Paradiso, eternità gradita allo spirito di conservazione di ogni essere vivente; e allo sfacelo interno romano per il prevalere dei pretoriani sui politici, il che aprì contemporaneamente le frontiere alle invasioni dei barbari ed alla fede di origine orientale.
    Sovente si ode ripetere che i teologi hanno pervertito il verbo di Cristo: espressero tale opinione anche scrittori quali gli Enciclopedisti. Dante stesso fa dire a Beatrice, nel Canto XXIX del Paradiso: «.... quando è proposta la Divina Scrittura o quando è torta». Errore: chi così ritiene si ferma alle eccezioni, quali quella concernente il preteso e inesistente divieto cattolico, non protestante, del divorzio e della parificazione degli illegittimi ai legittimi. Ma per il resto no: ad esempio per la Santa inquisizione no: per il sacerdozio no: per l’anarchia sociale no. Nella realtà Gesù fu il più prete dei preti, il più papa dei papi, il più clericale dei clericali: e talora i Protestanti stessi danno una bella prova, a loro volta, di torcere la Divina Scrittura, ma lodevolmente a fine di bene e di utile sociale. Se talune dottrine politiche dell’Antico e del Nuovo Testamento fossero applicate alla lettera, la razza umana verrebbe condotta alla sua estinzione sulla terra, e non ne resterebbe più traccia se non nei fossili, come di tante altre razze di altri animali.
    Tre sono le vittime principali del Cattolicesimo, in contrapposto politico al Protestantesimo: la . donna, la scienza, la libertà.

    Specie contro la donna, e quindi contro la famiglia, la vera la esistente la naturale, il Cattolicesimo si è accanito dalle sue origini ad oggi, modellandosi invariabilmente sulle religioni patriarcali più retrograde: inespiabile colpa, perchè Cristo è sorto nell’ottimo regime famigliare romano, come il suo padre teologico Mosè era sorto nell’ottimo regime famigliare egizio. E l’uno e l’altro i due artefici della Bibbia, all’opposto del veramente grande Maometto, si sono basati legislativamente sulla soggezione del sesso debole, sul ratto e sulla compera della donna, quindi sulla schiavitù della moglie e della prole. La Bibbia, gli atti degli Apostoli, gli scritti dei Santi Padri, il Diritto Canonico, le Encicliche dei Papi, i Concordati tra i Governi e la Santa Sede, creano l’antitesi più mostruosa tra i due sessi, tra la licenza dei maschio e la schiavitù per la femmina. Legislazione la quale invero non avrebbe nulla a che vedere con la salvezza dell’anima, se questa esistesse, ma allontanerebbe alquanto la fedele dalle cupide volte dei templi cattolici.
    Se l’abisso politico l’unico che interessi tra Cattolicesimo e Protestantesimo data palesemente dalla Riforma e dal Concilio di Trento, le sue origini rimontano molto più addietro, si confondono addirittura con le stesse origini del Cristianesimo: l’abisso appare profondo già allorchè il Cattolicesimo, sopraffacendo le altre sette cristiane, riuscì ad imporsi non già come culto libero fra i vani ammessi dalla tollerantissima Roma pagana, ferrea punitrice appena dei reati religiosi, ma addirittura come religione di Stato nel 313, con l’editto famoso di Costantino il Pio, e come setta «catholica » unica ammessa, nemmeno come Cristianesimo; Dopo, nel sesto secolo, l’abisso tra i « catholici » e le varie sette « protestantes » fu scavato più profondamente, e orridamente, da un altro imperatore... romano del Bosforo, da Giustiniano. Costantino manomise la Patria, dopo vinta la guerra civile con Licinius, trasportando nel 330 la capitale da Roma a Bisanzio, dopo di chè chiamò quest’ultima città, dal proprio nome, Costantinopoli, fece assassinare il proprio figlio Crispo, indi decapitare la propria suocera Fausta, e regnò da par suo dal 306 al 377; solo un simile individuo, servitosi della politica per attuare indisturbato la propria criminalità, poteva eleggere a religione di Stato il Cattolicesimo, e quindi cominciare la sostituzione delle divine leggi romane cogli infernali canoni dei Cristiani. I quali, per tali benemerenze, gli tributarono l’epiteto di Pio. Il suo complice, dopo più secoli, Giustiniano, demone in veste umana a lavare il cui sangue non sarebbero bastate le acque del mare, compì l’opera giuridica criminosa dal 527 al 575, affiancato sul trono imperiale, dalla moglie Teodora, già megera da circo, nel quale ella si esibiva ignuda e poi si vendeva per poca moneta ai soldati e ai marinai. Giustiniano ordinò la ricerca nelle biblioteche e presso i privati delle classiche leggi romane, e la loro distruzione; fece del pari rintracciare e bruciare ogni copia delle duemila opere dei più grandi giuristi che siano mai esistiti, magnificenza di Roma e tesoro mondiale, e vi sostituì la sofisticazione del suo Corpus Iuris Civilis, composto di quattro libri: Codice, Digesto, Istituzioni, Novelle. Ora i Cattolici fanno insegnare nelle Università proprie e nell’e laiche, dove sieno alle cattedre i loro correligionali, che il diritto romano non sia già quello di Roma ma quello di Bisanzio, plasmato dalle sagrestie.
    Il Cattolicesimo, in cambio dell’appoggio concesso sempre ai peggiori delinquenti, perchè raggiungessero lo scettro, chiesero il guiderdone politico che soltanto da siffatti eletti pote­vano sperare: l’applicazione del rogo ai proprii avversari, e la sostituzione dei canoni degeneri alla classica legislazione famigliare di Roma. Ne fà incredibile manifestazione il Codex surrichiamato di Giustiniano. Quel Codex, novità inconcepibile, che si inizia, come qualche raro codice contemporaneo di Stato latino, colla affermazione del Catechismo e col divieto di discuterlo: così al Libro 1°, titolo I: « De Summa Trinitate ed de fide Catholica et ut nemo de ea publice contendere audeat ». Quel Codex, che al titolo II crea privilegi ecclesiastici ignoti fino allora: « De sacrosantis eeclesiis et de rebus et privilegiis earurn ». Quel Codex che al titolo III, dopo aver aggiunti altri privilegi per gli asceti e pei monaci, «asceteriis et monachis », vieta o permette il matrimonio ai preti: « De nuptiis clericorum vetitis sea permissis ». Di quel Codex, che al titolo V sugli atei e sui protestanti di varia spécie « de haereticis et manchaeis et samaratiis » giunge a porre il braccio secolare al servizio della nascente Santa Inquisizione, giusta il Vangelo, giunge alla persecuzione di ogni dissidente dalla fede « catholica », alla forzata clausura, alla fruttuosa disereditazione, a ogni strazio del cuore della mente del corpo, fino all’estremo supplizio del rogo: così all’articolo 4: « In mortem quoque inquisitio tendatur... Sed nec filios heredes existere aut adire permitltimus »; all’art. 6: « Nec  vero impius libros... aut legere aut describere quisquam au­deat: quos diligenti studio requiri ac p!ublice comnburi decer­namus »; all’art. 8: « ultimo etiain supplicio coerceaniur qui  illicita docere temptaverint ». (Cfr. ottava edizione Weidman­ios, curata da Paolo Krueger, Lipsia 1906).
    O divina sapienza pagana! oh divina tolleranza romana oh divina civiltà precedente Gesù Cristo! dove e da chi foste annientate diabolicamente? Parlano i codici, se pur la storia tacesse! Ma non tace: e la sua voce tramanda inesaurabilmente l’orgia di fetore, supremo come nei lupanari, di quelle corti imperiali, dove impazzavano eunuchi e presbiteri, ladri e assassini, intenti tra un delitto e l’altro alla sistematica demolizione di ogni impalcatura dello Stato romano: parla la storia e tramanda come si uccida la patria, come si distrugga il popolo (1).
    In Roma classica, cioè fino al secondo secolo dell’era giustamente detta volgare, lo Stato non entrava nè nella conclusione, nè nello scioglimento del matrimonio, il quale era basato esclusivamente sull’amore e sulla reciproca libertà dei coniugi, purchè fosse provveduto economicamente alla moglie e alla prole: quindi le madri e i figli erano legittimi sempre, la donna era giuridicaniente pari all’uomo, la dote era in genere data dal marito alla moglie e non viceversa: non esisteva reato di adulterio; lo Stato manteneva i poveri; per la tutela della famiglia vigevano, all’occorrenza, due mezzi giuridici: l’actio de partu agnoscendo, perché la madre potesse far riconoscere all’infido il parto avvenuto; l’actio de liberis agnoscen­dis, perché i figli potessero farsi riconoscere dal padre, o, nei casi di paternità dubbia, dai vani padri, responsabili pro-quota: regola ottima, in parte riprodotta da qualche legislazione o da qualche moderna giurisprudenza germanica, anglo-sassone, e perfino dalla Sacra Rota Romana, regola che elude le evasioni e le eccezioni, e che consente la libertà sessuale assoluta, indispensabile nei momenti di crescita troppo rapida della popolazione, al fine di limitarla secondo natura, al di fuori delle assurdità teologali del prete protestante Malthus (2). Pietro Bonfante, le cui Istituzioni di Diritto Romano erano costantemente consigliate agli studenti da Vittorio Scialoja, entrambi collaboratori del primo progetto di Codice Civile, col riconoscimento del matrimonio di fatto, abbandonato nel secondo
    progetto per le pressioni del Vaticano, riassumeva come segue l’insieme del diritto matrimoniale romano alle pp. 170 e segg. della III edizione, non ancora castrata come le numerose successive:
    « Il matrimonio romano si scioglie pel venir meno dell’affectio maritalis nell’uno e nell’altro dei coniugi o in  entrambi. Questo e non altro è il divorzio romano (divortium
     o repudium). Esso non è già un istituto separato del matrimonio, bensì una conseguenza del concetto del matrimonio.  Se questo esige un accordo continuo, quando tale accordo  viene a mancare, necessariamente l’uomo o la donna non possono più essere ritenuti marito e moglie. Ciò era così, vivamente sentito dai Romani, che non solo essi avrebbero considerato un assurdo il concepire che il matrimonio per duri cessato l’accordo dei coniugi, ma riguardano altresì come turpe, ed era vietato dal diritto per la tutela della moralità, il vincolarsi espressamente a non fare divorzio o a pagare una penale in caso di divorzio (seguono i testi latini).   Il divorzio per sua natura non doveva esigere forme, come  non ne esigeva il matrimonio. Un semplice avviso a voce o per iscritto (per litteras) o per messaggio (per nuntium) doveva  bastare... Gli è soltanto con l’imperatore Giustiniano che incomincia la lotta vera contro il divorzio, il cui esito finale  doveva, nel Medio Evo, sotto l’influenza cristiana canonica,  indurre una profonda alterazione nel concetto dei matrimoni.. Fu soltanto nel Medio Evo che il diritto canonico mutò il  concetto del matrimonio e lo rese indissolubile di sua natura. E’ singolare per le idee moderne in proposito, che a tal uopo  il diritto canonico stesso abbia trasformato la conclusione del matrimonio in un contratto. L’istituto moderno del divorzio,  quale esiste in molte legislazioni, non fa che ordinare una  serie di cause di annullamento di matrimonio, e non risuscita affatto il divorzio romano inerente a un’idea tutta diversa del matrimonio ».
    Tale la legislazione classica romana. A questa si contrappone la Cattolica.
    Costantino il Pio sancì per la validità dell’unione matrimoniale la benedizione del sacerdote, senza la quale i figli diventavano illegittimi, parole che egli si vantò di avere inventate. Egli colpì gli illegittimi, da lui creati nella legge, con la incapacità di succedere, e limitò i loro diritti agli alimenti. Giustiniano rincarò la degenerazione, stabilendo nella Novella LXIV che tali figli andassero distinti in varie categorie. Quelli di brevi amori « non dovevano nemmeno portare il nome di figli naturali; essi non hanno diritto ad alcuna pietà, l’unione  dei loro genitori non è che il frutto di un accoppiamento detestabile, e non deve dar loro la facoltà nemmeno di chiedere gli alimenti». . E alla Novella LXXXIX Giustiniano aggiunse: « I figli nati dall’accoppiamento, noi non vogliamo chiamare ciò col nome di matrimonio, incestuoso criminale proibito, non porteranno più la denominazione di figli naturali,  non dovranno essere nutriti dai loro genitori, ne profittare in nessun modo delle leggi vigenti ».
    Vincolata in questo modo bestiale la conclusione delle nozze, anche la loro dissoluzione non potè più avvenire, senza che il Tribunale intervenisse a giudicare se due coniugi dovevano convivere ancora sotto lo stesso, tetto o no, sotto le stesse coltri o no, se dovevano ancora baciarsi, odiandosi, e prolificare o no: e per giunta anche il Tribunale ebbe le mani legate a quattro casi, inviando poi sovente il potere esecutivo in convento che se ne avvalesse! Naturalmente la quantità delle nubili crebbe a dismisura, malgrado il circa pari numero dei due sessi, naturalmente le sedotte abbandonate, i figli di nessuno, gli aborti si moltiplicarono all’infinito; perché l’uomo era diventato autorizzato a sposarsi, non quando di fatto si sposava, ma quando credeva, come credeva, se credeva: intanto poteva e può godere quante donne è capace, avere quanti figli gli piaccia, rimanendo sempre immune da responsabilità, e poi vecchio e cadente impalmare una adolescente delle più floride: e la percentuale dei matrimoni male assortiti divenne uno scandalo ininterrotto.
    Se una parte della legislazione Costantiniana-Giustiniana è restata sepolta nel fango e nelle tenebre dell’età di mezzo tra la romana e l’attuale, la parte concernente la Santa Inquisizione, i cui bagliori si riverberano appena nell’indice del Vaticano e nella censura del governo, viceversa la parte famigliare di quella legislazione Catholica sopravvive invariata nei codici statali delle nazioni latine, salvo qualcuna per qualche legge: come la Francia pel divorzio, non per il resto dei diritti famigliari.
    La vergine e la sposa del milionario sono schiave della falsa morale e del codice cattolico, come la vergine e la sposa del bracciante. Il Dio fatto uomo accomuna nella infelicità ricchi e poveri, e fa procreare nella schiavitù degli uteri quegli uomini che non sanno governare, nè all’interno, nè all’estero.
    Le statistiche ufficiali indicano a quante centinaia di milioni, a quanti miliardi, tirando le somme del vecchio e del nuovo mondo, ammontino le vittime martirizzate dalle leggi cristiane, da Costantino il Pio e da Giustiniano ad oggi. Invariabilmente! (3)
    Purtroppo i preti cattolici, a differenza dei protestanti, sono allevati nei seminari e nelle scuole ecclesiastiche fin dalla più tenera infanzia, e vi apprendono non solo la teologia, ma l’intera istruzione, ben sofisticata: così essi hanno alterati il cuore e la mente e divengono incapaci, come i loro istruttori, di ragionare e di sentire, e continuano a tramandare nei futuri preti i vecchi principii canonici, che verranno poi proiettati nelle legislazioni civili. Invece il clero protestante segue di solito le scuole comuni laiche, e, dopo laureato, frequenta un corso annuale di teologia. Sarebbe utile che lo Stato costringesse il clero cattolico a istruirsi allo stesso modo, proibendogli l’entrata nei seminarii qualora non fosse già diplomato in una scuola laica, qualora non fosse di età maggiorenne, qualora non fosse già ‘coniugato, alla pari dei preti cattolici marroniti e greci unificati, figli diletti del Vaticano. Lo Stato del pari dovrebbe proibire i conventi, trasformandone gli immobili in case della maternità, degli orfani, dei derelitti, e adibendovi le monache e i monaci attuali, vietandone le nuove ordinazioni. Finalmente dovrebbe proibire la confessione e la estrema unzione. Se le poche riforme anticattoliche, quali quelle di Cavour, di Bismark, di Combe svanirono, si deve alla mancata emancipazione femminile, cioè al mancato ritorno delle leggi famigliari al diritto romano classico: nelle sofferenze volute dalla legge atroce attuale, la donna rimane il perno non della religione, ma del clericalesimo. Solo la riforma della legge famigliare guarirà d’incanto la politica cattolica fra la stessa maggioranza dei credenti, e colmerà l’abisso che separa le due politiche teocratiche delle branche principali del Cristianesimo.
    Perfino tra i più fedeli al Papato l’etica naturale ebbe i suoi difensori ardenti contro gli insegnamenti morbosi e degeneri. Fra i pensatori cattolici poderosi, i quali ebbero la ventura di non sortire il,rogo dei molti Giordano Bruno, nè il carcere dei molti Galileo Galilei, uno del sedicesimo secolo merita un rilievo particolare.
    San Tomaso Moro, l’oriundo di Venezia come ha dimostrato Padre Domenico Regi nella biografia del 1681 divenuto Primo Ministro d’Inghilterra, decapitato per la sua dedi­zione inflessibile alla Santa Sede da Enrico VIII, e canonizzato nella Città del Vaticano il 19 maggio 1935, fra la massima pompa, presenti ventimila fedeli, tra cui ottomila pellegrini britannici in maggioranza protestanti, e a lato principi reali e diplomatici del mondo intero, segnò nel 1516, un lustro avanti l’apparire degli Anabattisti, e un anno prima di Lutero, l’inizio del ritorno alle profonde concezioni di Platone, molto ampliato poco dopo da Frà Tommaso Campanella di Calabria, anche pei concetti sui perfetti rapporti amorosi fra i sessi, e non limitatamente per l’idea filo-comunista, come fa la Chiesa Cattolica.
    Tommaso Moro, ora riconosciuto Santo, fu sempre difeso dai Cattolici e ritenuto uno dei seguaci più ortodossi. Il Santo resta inscindibile dall’opera Sua l’Utopia, che egli non rinnegò giammai, Nè certo si è canonizzato l’autore per anatemizzare il libro del Santo umanista, col quale tentò fra i primi il ritorno, sia pure parziale e non esteso quanto quello del suo successore Frà Tommaso Campanella, alle profonde concezioni platoniche. Infatti i cattolici d’oggi, specialmente all’estero, hanno messo in rilievo il paralellismo tra alcune idee dell’Utopia a tendenza comunista e la dottrina sociale della Chiesa Apostolica Romana, quale affermata nella Enciclica Rerum novarum di Leone XIII, e nella Enciclica Quadragesimo Anno di Pio XI: vedasi tra gli altri, Padre Grunehaum Ballin nella prefazione da lui premessa alla più recente traduzione francese dell’Utopia, edita da Albin Michel nel 1934. Ora, se il libro è ammesso, ogni sua parte rimane accoglibile, se non accolta.
    L’Utopia fra grande ricchezza di temi, e basti ricordare le pagine sulla politica internazionale dell’Inghilterra nel Se­colo XVI, sempre invariabile, e perciò viva pittura di quanto eseguirà anche quattro secoli più tardi alla pace del 1919, affronta il nodo gordiano dell’assurdità matrimoniale cristiana, non mantenuta dalla Riforma: la pretesa di vigilare lo scioglimento del matrimonio coi suoi motivi in ogni caso, senza la pretesa di vigilare la conclusione del matrimonio, come ad esempio facevano gli Incas nella loro logica e ammirevole legislazione matrimoniale, monumento eccelso di sapienza umaima (4). Tommaso Moro affronta la pretesa cattolica nel modo classico, come Platone colpisce alcune leggi greche, e sostiene la reciproca nudità visiva pei fidanzati prima che pronuncino il « sì » fatale, nel capitolo Degli Schiavi (Edizione Daelli, del 1843):
    « Nell’eleggere le mogli (gli Utopisti) tengono un modo a mio parere ridicolo, ma riputato da loro prudentissimo. Una onesta matrona mostra la vergine, o vedova che sia, nuda allo sposo; e parimenti un uomo di gravità mostra il giovane nudo alla giovinetta. E biasimando io questo costume come inetto, essi all’incontro risposero che si meravigliavano assai  della pazzia delle altre genti, le quali nel comperare un cavallo, ove si tratti di pochi denari, vanno tanto cautamente a che lo vogliono vedere senza sella, acciocehè .sotto quella non avesse qualche piaga, e in elegger la moglie, la quale può dare o sollazzo o dispiacere mentre che dura la vita, sono tanto negligenti che si contentano di vedere la donna quasi  tutta coperta, anzi di non vederne che il volto: e tuttavia potrebbe essa nascondere qualche difetto... pel quale non a mai si vorrebbe averla presa... e veramente tale bruttura potrebbe nascondere sotto gli abiti, che la moglie sempre fosse  odiosa al marito: ed a questo si debba provvedere con leggi prima che segua l’inganno, quando essi soli (gli Utopisti)  di tutte quelle nazioni sono contenti di una sola moglie, né  si scioglie il matrimonio se non per l’adulterio, o per altre  intollerabili molestie».
    Cioè per i casi indicati da Cristo nel Vangelo di San Matteo; tuttavia limite nefasto, se giuridicamente imposto, alla selezione sessuale e all’automatico principio di popolazione. Naturalmente la stessa osservazione di San Tommaso Moro a favore del marito si deve intendere e ripetere a favore della moglie di fronte ai difetti dello sposo, il quale per giunta dovrebbe essere l’unico uomo che la vergine accosta nella sua vita amorosa.
    San Tommaso Moro accenna ad altri principii umanistici, quali il libero esercizio per il gentil sesso di tutte le professioni, la sacerdotale compresa: ed in genere egli si rifà sovente a Platone e alla miglior letteratura classica dei Greci e dei Romani, dei cui testi egli riempie la biblioteca degli Utopisti.

    Alla nudità dei fidanzati corrisponde la moralità intera concepita dal Santo per l’amore, nel capitolo Pellegrinaggi degli Utopisti:

    « Essi definiscono la virtù: vivere secondo natura. a Dio non ci ha dato altro destino... Ma sprezzare la bellezza,  diminuire le forze, mutare la destrezza in pigrizia, estenuare a con digiuni il corpo, fare ingiuria alla sanità, e rifiutare gli a altri sollazzi della natura a noi concessi, se non fosse per  giovare alla Repubblica, reputano una sciocchezza, e che a questo nasca da un animo crudele e ingrato alla natura, i  cui benefici rifiuta, come sdegnandosi di essergliene debitore,  e specialmente facendosi questo per una vana ombra di virtù,  ovvero per sopportare con minor dispiacere le avversità, le quali forse mai non verranno. Questo è il loro parere circa  la virtù e la voluttà; e se Dio non ne ispira ad essi un migliore, credono che non se ne trovi altro più saggio ».
    Un altro grande campione umanista della Chiesa Romana, salvato dalla stessa, e meritevole del più alto elogio anche da parte dei credenti, fu un frate domenicano della seconda metà del secolo di San Tommaso Moro: Padre Tommaso Campanella, di Calabria, Egli, per le sue idee umaniste, fu dal Re di Spagna incarcerato, torturato e segregato per oltre venticinque anni: in sua difesa intervenne energicamente papa Urbano VIII, che ne ottenne la liberazione, e frate Campanella, dopo un breve soggiorno contrastato a Roma, riparò in Francia, dove fu grandemente onorato per il resto della sua, vita da Luigi XIII.
    Fra Campanella seguì Platone più in là di San Moro verso la buona generazione, nei suoi due libri più celebri « La Città del Sole » e « Questioni sull’ottima Repubblica, ossia sulla città del Sole ».
    Il Governo, della Città del Sole è immaginato in un triunvirato della Potenza, Sapienza ed Amore, al quale ultimo (p. 98 dell’edizione Daelli):
    « spetta quanto riguarda la generazione. Principale suo scopo è dunque che l’unione amorosa accada tra individui talmente organizzati clic possano produrre una eccellente prole, e si fanno beffe di noi, che affaticandoci pel miglioramènto delle razze dei cani e dei cavalli, totalmente trasandiamo quella degli uomini ».
    La nudità dei fidanzati è così difesa dal Frate umanista (p. 108);
    « Siccome poi essi al costume degli antichi Spartani. tanto maschi che femmine, mostransi nudi negli esercizi ginnastici, così i precettori hanno mezzo di scoprire non solo  quali siano abili, e quali inetti alla generazione; ma eziandio possono determinare l’uomo che più conviene ad una data donna, secondo le rispettive proporzioni corporali... Laonde devesi adoperare ogni diligenza nel ministerio della generazione e riflettere ai vari meriti naturali, non alle doti od alle nobiltà fittizie e di menzognera specie. Se una donna non viene fecondata dall’uomo destinatole, è confidata ad altri... La maggior parte d’essi essendo nati sotto, la medesima costellazione, riescono consimili ai contemporanei per virtù, per costumi e per fattezze, e ciò è causa di una durevole  concordia, d’un reciproco amore e d’una vicendevole sollecitudine di aiutarsi l’un l’altro  ».
    Anche il vestiario è curato avvedutamente da Padre Campanella, per evitare le confricagioni pericolose alla castità, provocanti il vizio praticato da Onan nella Sacra Bibbia, ed altri ancora: (5) il buon Frate descrive (p. 107): « Riguardo al vestito essi portano sulle carni una camicia bianca... lateralmente aperta in alto e al basso delle gambe, e nel mezzo dell’ombellico alle natiche fra le estremità delle coscie; gli orli delle fessure anteriori vengono chiusi da bottoni sporgenti  al fuori; e dai lati da lacci... E tanto ben fatte sono queste vesti, che... tu discerni chiaramente e senza timore d’ingannarti le ben proporzionate parti di tutta la persona ».
    Tutte le idee platoniche sulla comunione delle donne e dei figli, con esclusione quindi di abbandonate e di derelitte, di illegittime o di illegittimi, sono difese ripetutamente da Campanella, il quale osserva pure, come fece Aristotile e come farà, più tardi il protestante Malthus, che (p. 170) « la confusione dei semi frena il concepimento ».
    L’altro libro di Campanella, le Questioni, ha una parte molto interessante, di erudizione immensa, rigorosamente esatta, di valore reale: lo studio dei vani testi sacri e degli scritti c discorsi appartenenti ai reverendi Padri, Papi, Santi, che si manifestarono favorevoli a Platone nei rapporti, sessuali e nei diritti femminili. Costoro tutti sono ignorati da un pezzo dal  Vaticano
    Moro e Campanella si sono ispirati molto giustamente a Platone, di cui hanno riprodotte quasi le stesse parole, e non solo i pensieri, il che si vedrà esattamente al capitolo XII, dai brani riportati dell’immortale filosofo greco, precedente Cristo di quasi un mezzo millennio, ma di lui incomparabilmente più « cristiano »., nel significato volgare ed infondato dell’aggettivo, di più umano: giacchè egli non mischiò giammai la credenza in una divinità e in un’anima colle feroci superstizioni catto­liche. Del pari i grandi Romani, seguaci della metafisica, ricor­dati da Cicerone nel De Amicitia, e precedenti Gesù.
    Un grande contemporaneo di Moro e di Campanella fu di loro più fortunato e più utile al genere umano: il compatriota di Savigny e di Goethe, il frate agostiniano sfuggito sempre alla mannaia e alla pira, il Capo della Riforma, il benefattore dell’umanità, oltre che della sua patria, non già perchè ha negata la confessione, il culto dei Santi, il Purgatorio, la transubstatazione, quindi la messa e la comunione sotto una sola specie, i sacramenti eccetto due, eccetto la comunione sotto la duplice specie ed eccetto il battesimo, invero non troppo con­ciliabile col matrimonio protestante; ma perchè ha abolito il celibato dei preti, i conventi, i beni temporali del clero, i comandamenti della Chiesa, sostituendovi un proprio catechismo, perché di riflesso ha rigenerato le leggi civili, salvate le classi intellettuali e dirigenti della sua patria, emancipate dalle aberrazioni teocratiche cattoliche, che ancora oggi rovinano le nazioni latine: egli, senza aver lasciato mai l’abito talare, sposò la monaca Caterina di Bora, avendone parecchi figli, e fu padre amoroso alla pari di Maometto.
    Lutero aveva una delle doti principali per essere un realizzatore, dote essenzialmente politica, che mancava a Moro e a Campanella, forse anche per le diverse circostanze delle rispettive vite: Lutero aveva una grande oratoria adatta alle, masse, e aveva la protezione dei principi tedeschi. Moro e Campanella, poi, si fermarono alla speculazione intellettuale, senza innestarla alla riforma religiosa.
    La loro nudità limitata ai fidanzati, a differenza di Platone, fa scandalo? Per pensarlo, bisogna restare ciechi di fronte alla realtà. L’amore e la procreazione sono regolati dagli Stati moderni nel peggior modo offerto dalla storia, per tre ordini di motivi: per una moralità falsa, anzi vera aberrazione; per una legislazione barbara nella conclusione e nello scioglimento del matrimonio; per la mancanza di pensioni nazionali a favore delle donne e dei figli poveri là, dove la donna non trova lavoro adeguato e là, dove le finanze dell’uomo non consentono il mantenimento di più di una famiglia, pluralità poligamica esistente sovente di fatto o pel divorzio o per la illegittimità. Le statistiche ufficiali del mondo intero parlano qui un linguaggio freddamente atro. I numeri elencano una lunga serie di scempi spaventosi nel sesso femminile e quindi nella prole. Basti citare qualche esempio ditali piaghe sociali. Ogni anno, la differenza dell’età tra i coniugi somma a più decine di migliaia di spose vincolate per la vita a mariti più vecchi di loro di trenta di quaranta e di cinquanta anni! Ogni anno de­cine di migliaia di figli illegittimi sono colpiti da una mortalità e da una delinquenza superiori a quella dei legittimi, e. la serie potrebbe continuare molto a lungo.
    La nudità dei fidanzati non correggerebbe certo totalmente talune statistiche, ma indubbiamente concorrerebbe a ridurle. Una prova si ha negli Stati Uniti d’America, dove alla mancanza della nudità dei fidanzati sopperisce la grande facilità dei divorzi, la maggiore facilità concessa nel mondo moderno.

    Le statistiche americane insegnano tre cose: che il novanta per cento in media dei divorzi avviene dopo la prima notte di matrimonio, cioè appunto dopo che i fidanzati, trasformandosi in sposi si sono visti, e non soltanto visti, ignudi; avviene fra coniugi privi dì figli; avviene per mutuo consenso, cioè senza bisogno che il Tribunale abbia ad investigare e a sentenziare sui motivi per cui due esseri non intendono più vivere matrimonialmente insieme. Il tutto come dimostrato nelle accurate statistiche mondiali ufficiali raccolte nel libro Le Leggi del libero amore.
    Moro e Campanella nulla ottenero dal Vaticano. In luogo della nudità dei fidanzati, il Vaticano impone alle donne di non entrare in Chiesa, se hanno le braccia scoperte, come si legge affisso sul portone tetro di San Pietro. E sovente urla strida per i vestiari succinti o consimili. Ancora, dopo ormai molti anni, perdura la eco del suo fracasso per le Najadi ignude della bella fontana in Piazza dell’Esedra a Roma, é per i cenci bronzei che volle apposti a mo’ di foglia di fico fra le ben modellate forme./
    Non si sa se nel mondo moderno si potrà avere una legge che obblighi i fidanzati a vedersi nudi prima che l’ufficiale pubblico registri il matrimonio, come avrebbero voluto e Tommaso Moro di Venezia, canonizzato l’anno 1935, e Tommaso Campanella di Calabria, domenicano liberato da Papa Urbano VIII. Ma diverrebbe certo realtà consuetudinaria, se ai balli, alle palestre, ai teatri, alle spiagge, se ovunque le Questure mondiali non ricevessero più l’ordine ridicolo da sacrestia di violare oltre l’istinto del pubblico, il quale anche qui ha l’intuito della verità naturale e dell’utilità sociale; la moda da un pezzo avrebbe agito da sè! la nudità impererebbe!

    Non appena nell’ambito politico, dove il Protestantesimo sarebbe la guida più adatta per una riforma, ma anche nel­l’ambito prettamente religioso il Cattolicesimo ha ferventi fedeli e puri Sacerdoti che appassionatamente sentono la necessità di una evoluzione, presi dal contrasto tra la loro psiche sinceramente credente e il loro cervello compartecipe alla scienza moderna. Ma il Vaticano si è opposto anche qui alla evoluzione, in due modi: sia perseguitando direttamente i riformatori, sia creando una scienza canonica, specialmente giuridica, la quale tenta a torcere la scienza vera, nell’Accademia Vaticana, nelle Università Cattoliche, in ogni scuola o in ogni cattedra clericali.
    Sopratutto è stato perseguitato un parziale riflesso dell’Umanesimo, il Modernismo cui tanto si è dedicato il meritevole Reverendo Ernesto Bonaiuti: le pagine dell’ultimo suo libro Il Modernismo Cattolico (Ugo Guanda Editore, 1943) commuovono per la descrizione delle amarezze sentimentali di tanti giovani preti.
    Sicché credenti più forti sono giunti alla conclusione che una Chiesa come la Cattolica, la quale accomunava peccati su peccati contro l’Umanità intera da secoli e da millenni, andasse senz’altro distrutta proprio nel suo credo. Così Giuseppe Mazzini. Egli, partendo dalla osservazione elementare dell’infinita varietà delle religioni attraverso il tempo e attraverso lo spazio terrestre, varietà che indica evidentemente la fallacia e la falsità di ciascuno, fra le quali il Cristianesimo resta tra le meno profonde e le meno elevate, assurge a grande visione credente, la quale sotto un certo aspetto rende i credi tutti veri, perchè tutti spirituali, e forse potrebbe trovare riscontro nella realtà scientifica che materia e forza sono la medesima essenza, e che nulla si distrugge come nulla si crea.
    L’immortale Genovese si esprime così: (6) « Lo sviluppo dell’idea religiosa è infinitamente progressivo: la Storia ci dimostra le religioni transitorie tutte, la Religione eterna.  Le forme si modificano e si dissolvono. Le religioni si estinguono. Lo spirito umano le abbandona, come il viaggiatore abbandona i fuochi che lo scaldarono di, notte e cerca altri soli. Ma la religione rimane: il pensiero è immortale, sopravvive alle forme e rinasce dalle proprie ceneri ».
    Storicamente finora è stato così, ma col progredire della scienza è probabile che lo spirito religioso sia un fenomeno destinato a sparire nelle masse, come negli individui più colti, per credere appena la realtà scientifica, forse diversa da come se la figurano oggi le diatribe degli spiritualisti contro i positivisti.. Comunque la religione spogliata dal clericalesimo, non può nuocere, anzi può giovare agli spiriti deboli, timorosi della propria morte o affranti dalla perdita dei propri cari, E il Clero della campagna specialmente, in gran parte buono, idea­lista, come molti religiosi sinceri, può per un certo tempo ancora giovare nella carità e nella educazione, quando gli siano impediti i motivi, di diventare nocivo per gli attuali ordinamenti cattolici.
    Mazzini continua:
    « Dio è Dio, e il Popolo è il suo profeta che manifesta la « legge di Luii ».. « L’umanità è il verbo vivente di Dio, lo  spirito di Dio la feconda e si manifesta sempre più puro, ‘sempre più attivo di epoca in epoca, in essa... Dio si incarna  successivamente nella umanità». —‘ « Crediamo che qualunque si arrogà di concentrare in sè la rivelazione e piantarsi intermediario tra Dio e’ gli uomini, bestemmia ». « Se io  sono, come credo, nel vero, l’epoca cristiana è conclusa ». « Il vecchio Cattolicesimo e morente lasciate che ci si agiti nell’agonia». « La condanna del Papato non viene da noi, ma  da Dio: da Dio che chiama il popolo a sorgere e a fondare la  nuova Unità nelle sue sfere dei dominio spirituale e temporale ». —~ « Il Papato deve perire.., perché ha falsato la propria missione... ha ucciso là fede sotto il materialismo.., ha soffocato l’amore in un mare di sangue ha preteso di  schiacciare la liberta e sarà schiacciato da essa ».
    La profezia giusta e sensata del credente Mazzini non ha, potuto ancora verificarsi per la mancata emancipazione della donna: le sofferenze della schiavitù non permettono la critica e la evoluzione dei’. cristiani.. Ma Mazzini, come il suo coetaneo Garibaldi, ebbe il culto.divino della donna e lasciò scritto:  «L’angelo della famiglia è la donna; Madre, sposa, sorella, la donna è la carezza della vita, la soavità dell’affetto diffusa  nelle fatiche, un riflesso sull’individuo della Provvidenza  amorevole, che veglia sulla umanità... Le sole gioie pure e  non miste di tristezza che sia dato all’uomo di godere sulla  terra, sono, mercè quell’Angelo le gioie della famiglia. Non a tenete in poco conto..».
    Il         libretto I Doveri degli Uomini dovrebbe essere la Bibbia della moderna umanità!
    ***
    Un terzo grande coetaneo di Mazzini, anche lui grande fondatore della unità d’Italia, Cavour, il vero uomo di Stato, il realizzatore, dotato anche di intuizione giuridica, sebbene non uscito come Mazzini da una Università del Diritto, ma da una Accademia Militare quale cadetto, gettò le basi nel suo principio « libera Chiesa in libero Stato » di una graduale riforma ecclesiastica. I suoi discorsi su questo argomento, restano monumenti di oratoria e di pensiero, e non per nulla si è sospet­ta[o il veleno gesuita nella sua immatura morte nel 1861, all’apice della gloria, a soli 51 anni. L’Antica Destra, più liberale e più colta di tutte le Sinistre Italiane, continuò l’opera sua in un complesso ammirevole di legislazione ecclesiastica, liquidando l’asse ecclesiastico e sopprimendo gli Ordini e le Congregazioni religiose. Noti solo quei testi dileggi, ma le discussioni parlamentari di quegli anni, nei resoconti ufficiali fino al 1873 per quasi un decennio, devono essere indicati alle nuove generazioni, perché imparino che sia la sapienza della evoluzione politica. I riflessi importanti si ebbèro anche nel Codice Civile del 1865, purtroppo abrogato, anziché ritoccato unicamente nei Diritti di Famiglia, e non già nei soppressi divieti della ricostituita manomorta. Quelle saggie riforme dei creaori del Risorgimento andarono distrutte dall’avvento delle Sinistre, perchè i patteggiamenti elettorali a voto più esteso colle masse cattoliche ciò richiesero: se invece si fosse andati più lenti nell’allargare il suffragio a elettori ancora troppo arretrati, come fece l’Inghilterra, pur madre della democrazia, e se non si fosse mercanteggiato ma imposto il ritiro del non  expedit Vaticano col rendere il voto non solo un diritto ma un dovere, cioè obbligatorio, si sarebbe salvata e non spenta la riscossa laica. Ora occorreranno contro il potere temporale del clero cattolico riforme molto più radicali e drastiche, per impedire una buona volta per sempre il suo risorgere e la sua invadenza teocratici nella politica di tutti gli Stati, ma specialmente dei latini. .
    ***
    Poichè il teologo ha invaso il diritto, è giusto e necessario che il giurista entri nei canoni colla sua fredda critica scientifica. E vagli se sia o meno utile distruggere il Cristianesimo, e  specie il Cattolicesimo, in Europa e nelle Due Americhe, per studiare non già se risultasse una religione falsa ed assurda, ma soltanto se pericolosa e nociva al genere umano.
    Il Catechismo Cattolico va semplicemente riassunto, senza disamina e senza raffronti col Protestante, il tema esulando completamente dal diritto. Pur tuttavia la sua esposizione farà riflettere se tale insegnamento possa mantenersi nelle scuole pubbliche, e se debba essere consentito anche nelle private ai minorenni, secondo paia o meno che le tenere menti possano essere ottenebrate quando non sono ancora sufficientemente sviluppate.
    Il testo della Dottrina Cristiana adottato da Sua Santità Pio XI, sul quale sono stati modellati i manuali italiani di religione per le scuole elementari, per le scuole tecniche, per le scuole superiori, ginnasii e licei, è « conforme ai vigenti programmi Ministeriali dell’Italia Fascista » come si assevera sulla copertina: l’acquisto obbligatorio per tanti scolari risulta senza dubbio ben redditizio economicamente, se non didatticamente. Ed anche spiritualmente: a coloro che insegnano e a coloro che studiano la Dottrina Cristiana vengono concesse indulgenze varie: da cento giorni a sette anni di Purgatorio, gradualmente, secondo gli ordini terrestri-celesti di Papa Paolo V col Breve 6 ottobre 1607, di Papa Clemente XII col Breve 16 maggio 1736, di Papa Pio IX col Rescritto della Santa Congregazione delle Indulgenze 18 luglio 1877. Sempre per la diffusione del Cate­chismo, già le Lettere Encicliche Acerbo nimis propugnavano la necessità di impartirne l’insegnamento nelle scuole pubbliche: la costante ricerca cattolica del braccio secolare, dell’unione dell’Altare al Trono, dimostra più che all’evidenza, da Co­stantino il Pio in poi, come la Chiesa non ritenga evidentemente di riuscire a farsi credere nè ad imporsi colla persuasione.
    Sono dunque da imparare anche nelle scuole pubbliche, fin dalla più tenera infanzia: il Segno della Croce, il Credo, il Pater Noster, l’Ave Maria, il Salve Regina, l’Angele Dei e il Requiem, gli Atti di Speranza, di Carità, di Dolore, i due Mi­steri Principali della Chiesa, cioè l’Unità e Trinità di Dio e la sua incarnazione passione e morte, i due Comandamenti della Carità, il Decalogo, i cinque Precetti Generali della Chiesa, i sette Sacramenti, i sette Doni dello Spirito Santo, le Tre Virtù Teologali, le quattro Virtù Cardinali, le quattordici Opere di Misericordia, delle quali metà corporali e metà spirituali, i sette Vizii Capitali, i dieci Peccati, di cui sei contro lo Spirito Santo e il resto contro Dio, i quattro Novissimi.
    Deve sapersi dagli scolari come scienza: creazione biblica del mondo e dell’uomo tanto diverse dalla realtà! --- caduta dell’uomo e promessa del Salvatore, corruzione e diluvio, popolo eletto fisima non particolare agli Israeliti schiavitù d’Egitto, liberazione di Mosè, ebrei nel deserto, legge, Giosuè, terra promessa, giudici, re, Davide. Salomone, il Tempio, il Regno di Giuda, la cattività di Babilonia,, il ritorno, il nuovo Tempio, i Profeti, le profezie avverate, vita predicazione morte risurrezione ascensione al. cielo di Gesù ‘Cristo, discesa dello Spirito Santo, apoteosi della Chiesa Cristiana.
    La funzione passiva resta assegnata al fedele, l’attiva al sacerdote.
    Il carattere di Ministro di Dio viene imposto dal Sacramento dell’Ordine per mezzo del Vescovo, il quale sommini­stra all’investito lo Spirito Santo e insieme la potestà sul corpo reale di Dio fatto Uomo, quindi di renderLo di nuovo presente nell’Eucarestia, nonché il potere di governare gli uomini, per condurli alla santità e alla vita beata.
    Il fedele, per ottenere la grazia divina, deve sovvenire il prete e la Chiesa il più lautamente possibile; ubbidire loro ciecamente; osservare i Sacramenti, tra cui l’odiosissimo della indissolubilità; e quotidianamente pregare pregare siccome insegna il Vangelo: « In verità, in verità Vi dico: quanto domanderete al Padre in nome mio, ve lo concederà». (San Giovanni, XVI, 23). Dunque: pregando verrà conceduto tutto, senz’altro, nè fatica, nè lavoro, perchè Dio fattosi Uomo ha ciò promesso e Dio mantiene le sue promesse: quando non si ottiene la richiesta, dipende sia dal non saper pregare col debito fervore, sia dal richiedere cose non utili al vero bene, vale a dire al bene spirituale. Nel pregare giova assai il ripetere continuamente le stesse litanie: no, non c’è pericolo di offendere Dio quasi ritenendolo sordo oppure distratto, nè c’è timore di tediarlo fino alla noia, nemmeno nelle molteplici ed elevatissime sue occupazioni per’ regolare ognora l’universo intero e annotare i peccati di tutti i viventi: e il credente con tali ripetizioni, talvolta pure somministrate quali pene dal confessore, sviluppa eccelsamente le proprie facoltà mentali. Di più’ ancora, ogni qual volta la persona pia recita il salmo 129, ottiene per le anime del Purgatorio una indulgenza di cinquanta giorni, se recita alla luce del Sole, e il doppio se al fioco tremolio ammaliatore delle Stelle: cento giorni per ogni ripetizione del salmo in onore di Maria Santissima: cinque anni ed altrettante quarantene, quante volte ripete in comune i misteri del Santo Rosario, purché abbia una corona in mano: trecento giorni di indulgenza per ciascuna litania alla Beata Vergine, Sancta  Dei Genitrix, Sancta Virgo Virginum, Mater inviolata, Virgo Fidelis Spaeculum Justitiae, Vas Spiritualis, Vas Honorabilis, Vas Insiqnae Devotionis, etc. etc.
    Dopo la preghiera, uno dei Sacramenti più propizii per ottenere, la Grazia Divina, e da ripetersi al possibile, si è l’esercizio della Confessione, la quale rimette i peccati commessi dopo il Battesimo, mentre questo lava appena il peccato originale, non commesso dall’attuale penitente, ma da Adamo ed Eva allorché compirono assieme l’atto immondo della procreazione, creata ma non voluta da Dio, peccato originale trasmesso perciò alle generazioni innocenti successive. Il fedele e la fedele deggiono accusare i propri peccati mortali pienamente, senza giammai lasciarsi sopraffare e vincere da una falsa vergogna, a tacerne alcuno, anche dei più intimi e voluttuosi, deggiono dichiararne la specie il numero le circostanze più particolari. La fedele in ispecial modo, sia pur bella fragrante ignara vergine, sia pur avvenente sposa, sia pur giovane vedova procace, vinca, vinca il rossore, non esiti, si confidi al confessore maschio, non ne avverta l’eventuale digiuno sessuale, nè lo tema, non già soltanto perché egli è obbligato al silenzio, e perché egli è dotato e fornito della facoltà di assoluzione, ma perchè ella, nella persona intermediaria del ministro di Dio, ella si confessa, direttamente a Gesù Cristo, il quale sta lì ad ascoltare, tutto, sebbene onnisciente.
    Il Sacramento della Estrema Unzione, continua il Catechismo, avvantaggia il paziente non soltanto come sollievo spirituale, ma eziandio come vera e propria medicina corporale. S’e tal fiata’ spaventa orrendamente l’ammalato, come avvenne ad una madre ignara di lasciare i suoi tre pargoletti, dolcemente assopita, ma resa edotta della morte incombente dal pio marito per tramite del Sacerdote, cambiando in, disperazione spasmodica la serenità della morente, questo strazio atroce giova alla salvezza dell’anima!, Quando la religione giunge a queste aberrazioni superstiziose, non si dimostra certo un antidoto ma un fomite del male. E giova quanto la tisi acquisita dalle recluse nella Clausura! Invece non nuoce per le disposizioni testamentarie a favore della Chiesa, dettate sotto l’incubo della paura. La legge non dovrebbe’ tollerare oltre neanche simili riti: nessuno contrario alla natura e al bene privato o pubblico.
    Da quasi due millenni il calendario è costellato di feste cristiane. Notevoli: la Circoncisione o taglio ebraico della carne posta a mobile copertura del prepuzio sul membro virile di­vino; il Corpus Domini o pasto composto col corpo del Signore e ammannito al fedele nella Comunione, al prete nella Messa; le Pentecoste o effusione dello Spirito Santo non più nel grembo di Maria Vergine per fecondarLa di Gesù, ma nel seno della Chiesa per dotarla di ogni benedizione celeste e renderla arbitra su Angeli e su Demonii, massimamente sugli Angeli Custodi dei truffatori degli assassini dei lenoni e di simili genìe. Tutti costoro sono puri Spiriti. Dio anzi è purissimo Spirito. Ma di che sono composti gli Spiriti? Il Catechismo non spiega. Bisogna allora ricorrere alla scienza, la quale insegna che nell’universo non esiste che la forza, increabile come indistruttibile: la forza talvolta si trasforma in materia, si coagula per così dire, e la materia si presenta in varie condizioni: allo stato etereo, gasiforme, liquido, solido. In ogni caso la forza come la materia è sottoposta alle leggi della fisica, della chimica, della bilologia, e così via. Di conseguenza noi siamo parte della forza o materia universali, sempre le stesse ovunque nella terra o nel cielo, siamo parte coll’intelligenza e coi sentimenti com­presi. Del pari gli Spiriti, puri purissimi o impuri, sono forza-materia, che è la stessa cosa, e allora sono sottoposti tal quale a tutti i viventi alle leggi generali, oppure non sono nulla, non esistono. Tanto nel primo quanto nel secondo caso, il prete a che serve? Perchè occorre un intermediario tra gli umani e il Purissimo Spirito? Ragionamenti dilemmi domande, superflue, perfettamente oziose: il Catechismo insegna alla scuola che si deve credere sulla autorità di Dio ciò che Egli ha rivelato nella Sacra Scrittura e nelle Tradizioni: petizione di principio poco adatto ad abituare gli scolari alla logica: credere alla rivelazione di Dio, quando manca la prova della sua esistenza, e quindi della sua rivelazione, è dare per dimostrato quanto resta a dimostrare. Il Salvatore, dalla sua apparizione sulla terra, la ha coperta da un diluvio di sangue fino al 1914 e fino al 1939, e ha affogata la civiltà pagana, di una superiorità schiacciante sulla Bibbia.
    Europei ed Americani non dovrebbero arrossire di conservare tuttavia la scelta, tra tante religioni, del Cristianesimo, sopratutto del . Cattolicesimo? Perché non sostituirvi il Maomettanesimo? o meglio la dolce fede cinese, la quale venera ancora, come ai primordi di molti credi, la memoria degli antenati e delle persone migliori, la quale ha per ministri di Dio non il clero ma il padre o la madre? e si officia non in Chiesa ma in ogni famiglia? E che dire dei popoli non redenti duemila anni fa dal Salvatore, perché non ancora scoperti da Cristoforo Colombo o da qualche altro navigatore? Per la stessa ragione è da temersi che non sieno stati redenti gli esseri che popolano gli altri pianeti simili alla Terra, astri che si formano, si sviluppano, si dissolvono, per risorgere nell’eternità dell’infinito.


    Note:
    1 – Giorgio Quartara, La futura Pace, capitolo XVII, Fratelli Bocca Editori, 1942.
    2 – Giorgio Quartara, Le leggi del libero Amore, capitoli LXV a LXVIII, Fratelli Bocca editori, 1928.
    3 – Giorgio Quartara, Le leggi del libero Amore, Libro II per intiero,  Fratelli Bocca editori, 1928.
    4 – Giorgio Quartara, Un viaggio nel Sud-America, capitolo XVII, Fratelli Bocca Editori.
    5 – Giorgio Quartara, Le leggi del libero Amore, Capitolo XL,  Fratelli Bocca editori, 1928.
    6 – Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini – Milano e Roma, G. Daelli, 1861, 1891, in 18 volumi. I brani sono riportati dalla bella sintesi che ne fa ‘La civiltà cattolica’, fascicolo del 18 marzo 1944.