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Gli insegnanti cattolici si sforzano di « presentare ai giovani » la «
cultura metafisica e teologica» del cattolicesimo «non come una realtà
sovrapposta », ma come « una organica visione del sapere ». Non
s’accorgono che col loro finalismo metafisico privano la cultura della
necessaria autonomia e ne uccidono la linfa vitale. Quando infatti una organica
visione del sapere non sia frutto di libera e personale ricerca, condotta
innanzi senza preoccupazione alcuna di riuscire disorganica, che altro è se non
«una realtà sovrapposta »? L’omaggio de «le
cattedre della cultura alla Cattedra dello Spirito »
comporta la subordinazione della libertà critica al dogma, della cultura alla
autorità ecclesiastica, subordinazione che è creativamente e moralmente falsa,
sempre che non si confonda la cultura con la propaganda o con l’apostolato. La
Chiesa infatti accoglie e rielabora quegli elementi della cultura che possano
servire a rafforzare la propria organizzazione; respinge, o piega e distorce
tutti gli altri entro il letto di Procuste della sua dottrina. Se è vero che
dal punto di vista cristiano la cultura è frutto del peccato, è anche vero che
spremere da quel frutto un ammonimento che suoni condanna della libertà di
pensiero e minaccia di sanzioni ecclesiastiche non è cultura. La cultura non si
affida ad alcuna definitiva « salvezza » e perciò si arricchisce
delle più diverse e varie esigenze umane. Il cristiano, che la svaluta e la
ripudia, la rispetta più del cattolico, che la mutila e la degrada a strumento
di propaganda.
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dal libro “i preti in cattedra”
capitolo “il cristo-cattedra”,
edizione 1958, pagina 189