giovedì 29 novembre 2007

mercoledì 28 novembre 2007

Il nuovo capo dei vescovi statunitensi colto in fallo in un caso di abusi

Stati Uniti - Preti Pedofili
Il nuovo capo dei vescovi statunitensi colto in fallo in un caso di abusi

di Barbara Bradley Hagerty (Traduzione di Stefania Salomone)

Chi è l’autrice: http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=2100608

Il Cardinale Francis George di Chicago è stato nominato presidente della Conferenza Episcopale statunitense martedì scorso. George è stato un dichiarato sostenitore della soluzione dei casi di abusi sessuali nella chiesa. Ma i critici riferiscono che ha ignorato le accuse rivolte a un prete nella sua stessa arcidiocesi per aver abusato di un ragazzino non meno di un anno fa.
Dopo che gli scandali di abusi sessuali scoppiarono cinque anni fa, il Cardinale diede il via alla politica di tolleranza-zero contro i preti incriminati. Questa politica è divenuta il modello per la riforma mondiale. Lo stesso George si è recato a Roma per convincere il Vaticano ad approvare tale procedura.
Jimmy Lago, il cancelliere dell’arcidiocesi, sostiene che questa procedura è molto semplice: quando un minore denuncia un abuso, la chiesa lo riferisce immediatamente alla polizia e solleva il prete dal suo incarico.
"Non aspettiamo il parere del Comitato di Revisione”, ha detto, riferendosi ai membri laici e non che investigano sui casi di abusi sessuali. “Non aspettiamo l’intervento di nessuno. Quando ci troviamo di fronte ad una accusa, subito si chiede al prete di farsi da parte per favorire la fase delle indagini”.
Questa è la teoria. Ma nel caso specifico di P. Daniel McCormack, questa politica non è stata attuata.
Ignorata la procedura di denuncia
La parrocchia di S. Agata si trova in un’area disagiata di Chicago. Per i ragazzi qui la chiesa e la scuola Lady of the Westside sono il rifugio dal pericolo della strada. Daniel McCormack viveva e lavorava qui. Era un prete giovane e dinamico che aveva chiesto esplicitamente di lavorare accanto ai più poveri, insegnando algebra e allenando una squadra di basket.
I ragazzi lo amavano - una volta tagliò una zucca e la distribuì tra i ragazzi durante una celebrazione - alcuni genitori in verità rimasero perplessi.
"Non mi interessa nulla di quel prete”, osserva una madre, seduta nel suo appartamento nei sobborghi di Chicago. Fotografie dei suoi cinque figli e di suo marito ricoprono le pareti.
Questa madre, che ha chiesto di restare anonima, ha iscritto suo figlio alla scuola Lady of the Westside nell’autunno del 2003. Ha presto notato lo stretto legame che si era creato tra il suo ragazzo di 8 anni e il prete. La famiglia poi si è trasferita per un anno ed è tornata a Chicago nell’estate del 2005. Mentre la famiglia decideva dove iscrivere i figli a scuola al loro ritorno a Chicago, dice la mamma, il ragazzo sembrava agitato.

"Entrò nella stanza piangendo e tremando”, ricorda. “Disse: ’mamma’!”, io gli domandai ’Che ti succede?” Ma lui continuava a piangere. Poi mi disse ’E’ successa una cosa brutta, P. Dan mi ha molestato’. A quel punto gli ho detto ’Aspetta - di che parli? Adesso devi raccontarmi per filo e per segno’ “.
Il ragazzo raccontò che per almeno due volte nel dicembre del 2003, McCormack lo aveva intrappolato, aveva infilato le mani nei suoi slip e lo aveva accarezzato. All’udire tutto questo, la madre dice di aver chiamato Leah McCluskey, la responsabile dell’arcidiocesi incaricata dei casi di abusi. Ha ancora un chiaro ricordo della telefonata, durata 22 minuti.
Ci ha riferito che McCluskey le aveva assicurato che avrebbe indagato sull’accaduto. Secondo la politica tolleranza-zero che il Cardinale George aveva implementato, l’arcidiocesi avrebbe dovuto chiamare la polizia. In base a quanto appreso da una indagine esterna commissionata a posteriori dall’arcidiocesi, questo non è stato fatto. La madre ha inoltre riferito che lo stesso responsabile della scuola non aveva chiamato la polizia. Così ha fatto un esposto.
La polizia ha arrestato McCormack il 30 agosto 2005, poi rilasciato per insufficienza di prove.
Dopo alcune settimane, riferisce la madre, ha svolto una verifica con McCluskey, l’incaricata dell’arcidiocesi.
"Ha detto ’Ci stiamo lavorando. Lo abbiamo allontanato dalla chiesa’” riferisce la madre. “Ma poiché ho amici cattolici che frequentano quella chiesa, loro hanno confermato che ’P. Dan è ancora in servizio, non è andato da nessuna parte’, così mi sono detta ’che cosa?!’ “.
La McCluskey da quel momento si è resa irreperibile.
Nessun allontanamento dalla scuola
Invece di rimuovere McCormack, l’arcidiocesi gli ha detto di stare lontano dai bambini. Sfortunatamente, nessuno aveva avvisato Barbara Westrick, la responsabile della scuola in cui il prete insegnava.
"La prima cosa che avrebbero dovuto fare era informarmi che lui non avrebbe più dovuto insegnare, che non avrebbe più dovuto allenare la squadra di basket e che non avrebbe più dovuto essere a contatto con i bambini”, ci ha detto. “Nessuno mi ha avvertito. Nessuno, mai”.
In base alle indagini esterne, i portavoce ecclesiastici hanno chiesto ai confratelli di McCormack di “controllare” il suo operato - cioè evitare che lui portasse i ragazzi nella sacrestia. Ma McCormack ha continuato ad insegnare, ad allenare o a portare i bambini in giro per shopping.
Il Cardinale Gorge ha rifiutato di essere intervistato. Il cancelliere Lago non ha discusso il caso in dettaglio, poiché è ancora oggetto di indagini.
"Le informazioni sul caso non sono ancora complete”, ha detto Lago. “E molte tra le persone addette al benessere dei bambini non sono ancora giunti alla conclusione che egli andasse rimosso. E’ tutto ciò che posso dire per il momento”.
La strada verso le accuse di abusi
Da una attenta analisi delle informazioni frammentarie reperite dagli investigatori esterni incaricati dalla chiesa si riportano i seguenti fatti:
Nel 1992, due adulti e un minore hanno accusato McCormack di aver sessualmente abusato di loro mentre erano in seminario. Una lettera in merito fu archiviata nel file di McCormack. Questa lettera è sparita.
Nell’ottobre 1999, la vice-preside della scuola dove McCormack insegnava ha informato l’Ufficio delle Scuole Cattoliche e l’arcidiocesi che McCormack aveva abusato di un ragazzo del quarto anno. Lei ha detto di aver scritto una lettera e di averla consegnata all’arcidiocesi. Gli investigatori non hanno mai trovato quella lettera. Gli ufficiali ecclesiastici sostengono di non averla mai ricevuta.
Nel settembre 2003, una donna ha contattato l’arcidiocesi dicendo che suo nipote era stato molestato da McCormack. Lasciò i propri recapiti, ma non il proprio nome.
Mai l’arcidiocesi ha informato la polizia. Gli investigatori esterni hanno concluso che tali gravi mancanze erano una violazione alle leggi di stato e alle procedure stesse dell’arcidiocesi. Marc Pearlman, un avvocato che ha gestito alcuni casi contro più di tre dozzine di preti di Chicago, sostiene che la chiesa ha precise responsabilità.
"In una scuola, in un campo, o altre istituzioni, quando si è a conoscenza della presenza di un pedofilo, la prima cosa da fare per proteggere le persone è allontanarlo” ha detto Pearlman. “Devi chiamare la polizia e allontanarlo. Hanno fatto esattamente il contrario. Lo hanno coperto e lo hanno lasciato nelle fila”.
I ritardi nella rimozione di McCormack
Dopo che McCormack fu arrestato la prima volta e rilasciato nell’agosto del 2005, il Comitato di Revisione dell’arcidiocesi cominciò ad interessarsi alla cosa. Il Comitato è un gruppo di laici e chierici che indagano sui casi di questo tipo. Alcune fonti confermano che il Comitato mandò una lettera al Cardinale George nel’ottobre 2005, intimandogli di rimuovere McCormack dal ministero. Non lo fece.
Il cancelliere Lago ribadisce che l’istruttoria non era ben delineata. “Non esistevano raccomandazioni formali fornite dal comitato”, dice Lago. “Stiamo tentando ancora di gestire la cosa internamente”.
Pearlman afferma che la raccomandazione poteva non essere stata formale, ma certamente non avrebbe potuto essere più chiara.
"Abbiamo sufficienti prove per ritenere che il cardinale abbia ricevuto la raccomandazione di rimuovere McCormack e non ne tenne conto”, ci ha detto. "Alla fine certo lo ha fatto, ma non possiamo sapere, oggi mentre parliamo, quanti altri bambini potrebbero aver subito abusi tra l’autunno del 2005 e il gennaio 2006, data della sua effettiva sospensione”.
Altre vittime
Quattro ragazzi sostengono di essere stati molestati durante il suddetto periodo. Lago stima che, durante la sua carriera, McCormack abbia abusato di “più di 12 e meno di 15” ragazzi. La redazione di NPR ha incontrato la madre di uno di questi.
La donna, che ha chiesto di non rendere pubblico il suo nome data la brutta nomea che avrebbe potuto ricavare da un fatto di abusi, dice di essere stata molto contenta quando nell’autunno del 2005 suo figlio di 10 anni cominciò a giocare a basket, a fare uscite e a frequentare la chiesa passando il suo tempo con “Padre Dan”.
"Sentivo di non dovermi preoccupare perché stava lì vicino in chiesa e saperlo in chiesa mi tranquillizzava”, ci ha detto.
Ha riferito che sotto Natale, quell’anno, McCormack ha molestato suo figlio. Il ragazzo non parlò, ma alcune settimane dopo uscì allo scoperto un terzo ragazzo.
"La mia collaboratrice mi ha chiamato e mi ha detto ’Abbiamo uon problema’ Preside Westrick "Mi ha detto ’Questo ragazzo sostiene di essere stato molestato da P. Dan’. Le ho risposto ’Arrivo subito’ “.
La Westrick ha chiamato immediatamente i suoi genitori, la polizia e l’arcidiocesi. McCormack è stato arrestato il 20 gennaio 2006. Nel marzo 2006- solo dopo l’arresto di McCormack e dopo 14 anni dalla prima denuncia - il George si è pubblicamente scusato.
"Avrei dovuto almeno temporaneamente sospendere P. McCormack," ha detto in una conferenza dopo aver reso pubblici i risultati delle indagini che mostravano tutte le defaillance del caso. “Mi assumo la responsabilità di non averlo fatto e sono molto addolorato per la mia mancanza, lo sono davvero”.
Ancora ad oggi, nessun leader della arcidiocesi ha subito sanzioni. E la madre della seconda vittima si chiede come mai.
"Se il Cardinale George avesse provveduto a tempo debito, questi altri ragazzi non sarebbero stati molestati”, osserva, “E’ come se avesse aperto la porta a P. Dan per potersi approfittare di altri ragazzini di colore”.
Daniel McCormack è stato poi dichiarato colpevole di molestie su 5 ragazzi. Sta scontando una pena detentiva di 5 anni.

Testo originale

Fonte: http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=16235278&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf&sc=emaf

New Leader of U.S. Bishops Faulted in Abuse Case
by Barbara Bradley Hagerty http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=2100608

Cardinal Francis George of Chicago was elected president of the U.S. Conference of Catholic Bishops on Tuesday. George has been an outspoken advocate for cleaning up the sex-abuse crisis in the church. But critics say he ignored complaints that a priest in his own archdiocese was actively abusing boys in a case as recent as last year.
After the church sex-abuse scandal broke five years ago, Cardinal George led the push for a zero-tolerance policy against abusive priests. His policies for Chicago became the model for reform nationwide. George himself traveled to Rome to persuade the Vatican to accept them.
Jimmy Lago, the chancellor of the archdiocese, says those policies are simple: When a minor reports abuse, the church immediately tells the police and yanks the priest from his job.
"We don’t wait for the review board," he says, referring to a group of lay people and clergy who investigate cases of sexual abuse. "We don’t wait for anyone. When an allegation comes in, the interim action is taken to ask the priest to step aside while we do an investigation."
That’s the theory. But in the case of Father Daniel McCormack, those policies failed.
Reporting Policies Ignored
St. Agatha’s parish lies in a poor section of Chicago. For the children here, the church and its Lady of the Westside School are a refuge from dangerous streets. Daniel McCormack lived and worked here. He was a young, dynamic priest who asked to serve in this poor community, teaching algebra and coaching basketball.
The kids loved him - he once carved a pumpkin as he was delivering a homily - but some parents grew concerned.
"I didn’t really care for that priest," observes one mother, while sitting in her apartment in the suburbs of Chicago. Pictures of her five children and her husband cover the walls.
The mother, who asked that her name not be used, sent her son to Lady of the Westside in the fall of 2003. She quickly noticed a bond between her 8-year-old son and the priest. The family later moved away for a year and returned to Chicago in the summer of 2005. As the family discussed where to send their children to school once they returned to Chicago, the mother says, her son grew agitated.
"He came into the room, he was crying and shaking," she recalls. "He said ’Mom!’ I said, ’What’s wrong?’ He just kept crying. He said, ’Something bad happened. That priest, Father Dan - he molested me.’ I was like, ’Wait - what are you talking about? You got to tell me everything.’ "
The boy told her that at least twice in December 2003, McCormack cornered him, put his hands down the boy’s pants and fondled him. When she heard this, the mother says, she called Leah McCluskey, the official in the archdiocese in charge of abuse investigations. She still has the phone records; one call lasted 22 minutes.
She says McCluskey promised to investigate. Under the zero-tolerance policies that Cardinal George promoted, the archdiocese was required at this point to call the police. According to an outside investigation commissioned later by the archdiocese, the archdiocese did not make that call. The mother also told the school principal, who failed to call the police. So she filed a complaint herself.
The police arrested McCormack on Aug. 30, 2005, but they released him for lack of evidence.
A few weeks later, the mother says, she checked back with McCluskey, the archdiocese investigator.
"She said, ’We’re on that now. We took him out of the church,’ " the mother says. "And I have friends that are Catholic that have been attending that church, and they told me, ’Father Dan gave a great service. He’s not going anywhere.’ And I was like ’What?’ "
McCluskey could not be reached for comment.
Not Removed from School
Instead of removing McCormack, the archdiocese told him to stay away from children. Unfortunately, no one told Barbara Westrick, the principal of the school where the priest taught.
"The first thing they should have done is inform me that he shouldn’t be teaching, that he shouldn’t be coaching basketball and that he shouldn’t be with kids," she says. "None of that was told to me. None. Ever."
According to the outside investigation, church officials told McCormack’s fellow priest to "monitor" McCormack - that is, to keep him from bringing boys into the rectory. But McCormack continued to teach, coach basketball and even take children out of state on shopping trips.
Cardinal George declined to be interviewed. Chancellor Lago will not discuss the case in detail, because it is in litigation.
"Bits and pieces of a lot of information didn’t get put together," Lago says. "And a lot of really good people who are committed to the safety of kids didn’t come to this smack, bang, hit-between-the-eyeballs conclusion that he needed to be removed. So I think that’s all I can say at the moment."
A Trail of Abuse Allegations
A closer look at those bits and pieces of information uncovered by the outside investigator hired by the church reveals the following events:
In 1992, two men and one minor accused McCormack of sexually abusing them while he was in seminary. A letter was put in McCormack’s seminary file. That letter has disappeared.
In October 1999, the assistant principal at the school where McCormack taught informed the Office of Catholic Schools and the archdiocese that McCormack had allegedly abused a fourth-grade boy. She says she later wrote a letter and delivered it to the archdiocese. The investigator never found the letter. Church officials say they never received it.
In September 2003, a woman called the archdiocese and reported that her grandson was molested by McCormack. She left her phone number but not her name.
At no time did the archdiocese call the police. The outside investigator concluded that that failure to report violated state criminal laws and the archdiocese’s own policies. Marc Pearlman, an attorney who has handled cases against more than three dozen Chicago priests, says the church had a clear duty.
"In a school, in a camp, in other institutions, when you’re aware that you have a pedophile in your midst, the first thing you do to protect the public is to get rid of them," Pearlman says. "You call the police, and you get rid of them. They’ve done just the opposite. They’ve covered it up, and they’ve kept them within the ranks."
Delays in Removing McCormack
After McCormack was first arrested and let go in August 2005, the archdiocese’s independent review board got involved. The board is a group of laymen and clergy who look into such cases. Several sources confirm that the review board sent a letter to Cardinal George in October 2005, telling him to remove McCormack from ministry. He did not.
Chancellor Lago maintains that the instruction was not clear-cut. "There was no formal recommendation by the review board," Lago says. "We were still trying to get this case in-house."
Pearlman counters that it may not have been a formal recommendation, but it couldn’t have been any clearer.
"We have evidence that, in fact, the cardinal got a recommendation to remove McCormack and did not do so," he says. "He ultimately did. But I just don’t know, as we sit here today, how many kids were abused between the fall of 2005 and January of 2006, when he was finally removed."
More Victims
Four boys say that they were molested by McCormack in that timeframe. Lago estimates that, over the course of his career, McCormack abused "more than 12 and less than 15" boys. NPR met the mother of one of those boys.
The woman, who also asked that we withhold her name because of the stigma associated with the abuse, says she was delighted when, in the fall of 2005, her 10-year-old son began playing basketball and raking leaves at the church and spending time with "Father Dan."
"I felt I don’t have to worry because he’s down here at the church and I know by him being at the church, he’s all right," she says.
She says around Christmastime that year, McCormack molested her son. The boy stayed silent. But a few weeks later, a third boy came forward.
"My assistant principal called me and said, ’We’ve got a problem,’ " Principal Westrick recalled. "She said, ’This kid says he’s been molested by Father Dan.’ I said, ’I’ll be right over.’ "
Westrick immediately called the parents, the police and the archdiocese. McCormack was arrested Jan. 20, 2006. In March 2006 - only after McCormack’s arrest and 14 years after the first complaint - Cardinal George publicly apologized.
"I should have found at least some fashion in the canons to remove provisionally Father McCormack," he said in a news conference after releasing the results of two investigations that showed how the McCormack case went wrong. "I take responsibility for not doing that, and I’m saddened by my own failure, very much so."
Still, no top official in the archdiocese has faced any sanctions. And the mother of the second victim wonders why not.
"If Cardinal George would have done the right thing, these other boys would not have been molested," she observes. "It’s just like he just opened the door for Father Dan to take advantage of other black children."
Daniel McCormack eventually pleaded guilty to abusing five boys. He is serving a five-year sentence in prison.



Giovedì, 15 novembre 2007

pubblicato sul sito: ildialogo.org

Jervis. Etica laica e religione, una battaglia aperta

Jervis. Etica laica e religione, una battaglia aperta
di Renzo Cassigoli
Il rapporto tra etica laica e religione è al centro del dibattito pubblico in Italia, più in generale in Europa e negli Stati Uniti. Anzi, possiamo dire che il concetto di laicità ha assunto dimensioni planetarie dovendo fare i conti con gli integralismi, i fondamentalismi, con i compiti e i limiti delle società democratiche dinanzi ai problemi della bioetica e dello sviluppo della scienza in un sistema ormai globale. Dopo oltre due secoli , insomma, si torna a discutere del valore e del significato dello Stato laico in un confronto-scontro che sembra senza soluzione di continuità. Sono questi gli argomenti che Giovanni Jervis affronta sul piano scientifico in un saggio molto intenso intitolato Pensare dritto, pensare storto. Introduzione alle illusioni sociali, che sarà presentato oggi alle Oblate di Firenze (ore 17.30, ingresso libero). Esplicito il riferimento a Sigmund Freud, che definiva illusioni quella varietà di errori della mente che incidono sulla nostra vita, sui quali Jervis invita a riflettere. In questo contesto gli aspetti psicologici posti dai grandi temi sociali assumono per l’autore un’importanza crescente rispetto a questioni che possono essere chiarite se riusciamo a comprendere i punti deboli del nostro comune modo di pensare. «Per molti anni - scrive - ho diviso il mio tempo fra l’ascolto di persone in difficoltà e l’insegnamento universitario. Dai pazienti ho imparato ad addentrarmi con cautela nella debolezza delle cose umane; dagli allievi a connettere, nei limiti del possibile, la psicologia del buonsenso con la psicologia scientifica». Una riflessione importante quella di Jervis, visto che oggi sul tavolo non c’è solo il confronto con vetusti dogmi o astratti principi, ma il sostanziale contenuto di diritti sociali, umani, di cittadinanza che impongono un nuovo modo di pensare e nuove regole rispetto a quelle dettate da una visione confessionale che ignora e condanna la diversità. Valgano tre esempi: i diritti negati alle coppie di fatto, ma concessi a chi ha il potere; la difesa della salute che porta a combattere il flagello dell’Aids con l’astinenza piuttosto che con la contraccezione; il diritto di decidere della propria vita mediante il testamento biologico. Regole che garantiscano tutti i cittadini lasciando libera la coscienza religiosa di ognuno di accettarle o meno. Fa riflettere sul piano scientifico e umano la conclusione a cui giunge Jervis. «In un’epoca caratterizzata dalla crisi delle ideologie politiche e dal tramonto delle utopie rivoluzionarie, l’attenzione ai limiti della natura umana presenta una rilevanza inedita. Ammaestrati dal fallimento dei grandi sistemi siamo più attenti agli “errori della mente”, consapevoli di essere esposti a illusioni sociali. Accesi antagonismi riguardano oggi la bioetica e il significato dell’evoluzionismo darwiniano, che coinvolgono temi politici e problemi di psicologia. Viene talora ripetuto che il conflitto fra fede e scienza potrebbe essere un falso problema. Il contesto è invece serio e profondo e non pare destinato a risolversi con facilità».
------
commento:
la battaglia non è tra laici e religiosi. Il conflitto provocato dalle religiosi monoteiste deriva dalla loro presunzione di detenere la verità, anzi di detenere LA verità.
Nel paganesimo e nel politeismo il conflitto di di cui parla l'autore non esisterebbe.
Francesco Scanagatta

martedì 27 novembre 2007

Insegnanti di religione

dal libro di Piergiorgio odifreddi,
Perchè Non Possiamo essereCristiani, del 2007:
Agli insegnanti di religione delle proprie scuole lo Stato richiede uncertificato di idoneità da parte dell'orinario diocesano, ma NON UNALAUREA: basta anche un diploma di magistero in scienze religioserilasciato da un istituto approvato dalla Santa Sede. (intesa tra ilministro della Pubblica Istruzione e il Presidente della CommissioneEpiscopale Italiana, resa esecutiva con Decreto del Presidente dellarepubblica n.751 del 1985). Ciò nonostante, il governo Berlusconi hacreato nel 2003 un organico di 15.507 posti che li IMMETTE in massa INRUOLO, e PERMETTE loro un successivo PASSAGGIO ad ALTRE CATTEDRE(legge n. 186 del 2003): 9222 sono stati assunti nel 2005 e 3077 nel2006, mentre gli ALTRI PRECARI, (REGOLARMENTE LAUREATI) della scuolaattendono da anni l'assunzione a tempo indeterminato.Per quanto riguarda il clero, la revisione del Concordato sostituiscela congrua di sostentamento col finanziamento "volontario" dell' 8 permille sul gettito totale dell'IRPEF. L'ammontare ella cifra intascataannualmente dal Vaticano è di circa UN MILIARDO DI EURO (2000 miliardidi vecchie lire): una somma che NON È AFFATTO DESTINATA AD OPERE DICARITÀ, come la pubblicità clericale cerca di far credere ogniprimavera, nel periodo della dichiarazione dei redditi. Piuttosto,come ammettono le cifre ufficiali della CEI relative al triennio2002-2004, in media i fondi vengono destinati a interventi caritativisoltanto per il 20%, mentre al sostentamento del clero va il 34% ealle "esigenze di culto" il 46%.Tra l'altro, il meccanismo del finanziamento è furbescamentetruffaldino. SOLO UN TERZO DEGLI ITALIANI SCEGLIE INFATTI A CHIDEVOLVERE L'8 PER MILLE del proprio reddito: se allo Stato, se allaChiesa Cattolica o ad altre confessioni religiose (NON SONOCONTEMPLATE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE O SCIENTIFICHE). Ma l'art. 37della legge di attuazione (Legge n.222 del 1985) recita: "In caso discelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione sistabilisce in proporzione alle scelte espresse". E poichè nellaminoranza che sceglie, la maggioranza opta a favore della ChiesaCattolica, questa ottiene la maggioranza (circa l'85%) dell'interogettito.Al miliardo di euro dell'8 per mille dei contribuenti, va aggiuntaogni anno una cifra dello stesso ordine di grandezza sborsata dal soloStato (senza contare regioni, provincie e comuni) nei modi piùdisparati: nel 2004, ad esempio, sono statio elargiti 478 MILIONI diEURO per gli stipendi degli insegnanti di religione, €258 MILIONI peri finanziamenti alle scuole cattoliche, €44 MILIONI per le cinqueuniversità cattoliche, €25 MILIONI per la fornitura dei servizi idricialla Città del Vaticano[sic], €20 MILIONI per l'Università CampusBiomedico dell'Opus Dei, € 19 MILIONI per l'assunzione in ruolo degliinsegnanti di religione, €18 MILIONI per i buoni scuola degli studentidelle scuole cattoliche, €9 MILIONI per il fondo di sicurezza socialedei dipendenti vaticani e dei loro familiari, €9 MILIONI per laristrutturazione di edifici religiosi, €8 MILIONI per gli stipendi deicappellani militari, €7 MILIONI per il fondo di previdenza del clero,€5 MILIONI per l'Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, €2MILIONI e MEZZO per il finanziamento degli oratori, €2 MILIONI per lacostruzione di edifici di culto, e così via.Aggiungendo a tutto ciò una buona fetta del miliardo e mezzo deifinanziamenti PUBBLICI alla sanità, molta della quale è gestita daISTITUZIONI CATTOLICHE, si arriva facilmente a una cifra complessivaannua di almeno TRE MILIARDI DI EURO, cioè 6000 miliardi di vecchielire. Ma non è finita, perchè a queste riuscite uscite vannonaturalmente aggiunte le MANCATE ENTRATE PER LO STATO DOVUTE AESENZIONI FISCALI DI OGNI GENERE ALLA CHIESA CATTOLICA, VALUTATEATTORNO AD ALTRI SEI MILIARDI DI EURO, cioè 12.000 miliardi di vecchielire.Gli enti ecclesiastici sono infatti circa 59.000 e posseggono circa90.000 immobili adibiti agli scopi più vari: parrocchie, oratori,conventi, seminari, case generalizie, missioni, scuole, collegi,istituti, case di cura, ospedali, ospizi, e così sia. Il loro valoreammonta ad almeno 30 MILIARDI DI EURO, ma essi SONO ESENTI DALLEIMPOSTE SUI FABBRICATI, SUI TERRENI, SUL REDDITO DELLE PERSONEGIURIDICHE, SULLE COMPRAVENDITE E SUL VALORE AGGIUNTIVO (IVA).Per capire l'entità di questa enorme cifra complessiva di NOVEMILIARDI DI EURO, cioè 18.000 miliardi di vecchie lire, basta notareche si tratta del 45 PER CENTO DELLA MANOVRA ECONOMICA PER LAFINANZIARIA DEL 2006, che è stata di 20 MILIARDI: ovvero senza laChiesa, o almeno SENZA I SUOI PRIVILEGI ECONOMICI, lo Stato potrebbepraticamente DIMEZZARE LE TASSE A TUTTI I SUOI CITTADINI!Come se non bastasse, alle esenzioni fiscali statali si aggiungonoanche quelle comunali: ad esempio dall'ICI (l'Imposta Comunale sugliImmobili), in quanto gli enti ecclesiastici si autocertificano come"non commerciali". Una sentenza della Corte di Cassazione, depositatal'8 marzo 2004, ha però stabilito che un centro di assistenza perbambini e anziani gestito dalle Suore del Sacro cuore di L'Aquila nonpoteva essere esentato dall'imposta, avendo fatto pagare retteregolari ai suoi ospiti: le suore dovevano dunque al comune 70.000euro di imposte arretrate. Poichè il precedente esponeva la Chiesa asimili rischi dovunque, i governi Berlusconi e Prodi sono corsi airipari: il primo allegando un temporaneo provvedimento allaFinanziaria 2006, e il secondo approvando un definitivo provvedimento(Legge n.248 del 2006) che garantisce furbescamente l'esenzionedall'ICI agli enti "non esclusivamente commerciali". Ovvero a TUTTE leIMPRESE COMMERCIALI che siano DOTATE DI UNA CAPPELLA, nella qualepregare Dio per l'animaccia balorda dei Cattolici e dei lorofiancheggiatori laici che siedono in parlamento, a destra o a "sinistra".In tal modo i Comuni Italiani perdono un gettito valutato intorno ai 2MILIARDI e 250 MILIONI di EURO ANNUI: La Santa Sede possiede infattiun enorme patrimonio immobiliare anche fuori della Città del Vaticano,in parte specificato dal Trattato del 1929: dal Palazzo delSant'Uffizio a piazza S. Pietro a quello di Propaganda Fide a Piazzadi Spagna, dall'Università Gregoriana al Collegio Lombardo, dallabasilica di S. Francesco ad Assisi a quella si S. Antonio a Padova, daVilla Barberini a Castel Gandolfo, all'area di Santa Maria di Galeriache ospita la Radio Vaticana, e che da sola è più estesa delterritorio dell'intero stato (44 ettari).Ma questi non sono che i gioielli della corona di una multinazionaleche, secondo una stima recente, nel 2003 disponeva nella sola Italiadi 504 seminari e 8779 scuole, suddivise in 6228 materne, 1280elementari,, 1136 secondarie e 135 universitarie o parauniversitarie.OLtre a 6105 centri di assistenza, suddivisi in 1853 case di cura 1669centri di "difesa della vita e della famiglia", 729 orfanotrofi, 534consultori familiari, 399 nidi d'infanzia, 136 ambulatori e dispensarie 111 ospedali, più 674 di altro genere.E' naturalmente ironico, oltre che illustrativo della citata "svoltacostantiniana", che a possedere un tale tesoro, che si può globalmentevalutare ad ALCUNE CENTINAIA DI MILIARDI DI EURO, e a non pagarcineppure sopra le tasse, siano proprio coloro che dicono di ispirarsiagli insegnamenti di qualcuno che predicava: "Beati i poveri" e "Datea Cesare quel che è di Cesare", facendo letterali miracoli pur dipermettere ai suoi apostoli di pagare anche una sola moneta di tributo(Matteo,XVII,24-27).

Concordati e Cittadini

Dal libro di Piergiorgio Odifreddi,
Perchè Non Possiamo EssereCristiani del 2007:
(...)
La contesa si protrasse per mezzo secolo e si concluse con unaccordo fra Enrico V e Callisto II, che separava i poteri di Stato eChiesa: all'imperatore spettava l'investitura feudale, e al papaquella episcopale. La spartizione dei ruoli fu sancita dal Concordatodi Worms del 1122, ratificato l'anno dopo dal Primo ConcilioLateranense, che divenne il primo dei tanti concordati che la Chiesain seguito stipulò coi potenti della terra: ad esempio, nel 1801 conNapoleone in Francia, nel 1855 con Francesco Giuseppe in Austria, nel1929 con Benito Mussolini in Italia, nel 1933 con Adolf Hitler inGermania, nel 1940 con Antonio Salazar in Portogallo, e nel 1953 conFrancisco Franco in Spagna.Da tutta questa bella genta la Chiesa ha ottenuto diritti e favori, incambio di un sostegno più o meno tacito o espresso ai loro regimi.Tanto per fare l'esempio che ci tocca più da vicino, i PattiLateranensi dell'11 febbraio 1929 fruttarono alla Chiesa un Trattato,una Convenzione Finanziaria e un Concordato. Il Trattato riconobbe lasovranità della Santa Sede e l'indipendenza dello Stato della Cittàdel Vaticano, e la Convenzione Finanziaria elargì una ricompensa per i"danni ingenti" subiti dopo la conquista di Roma nel 1870 da partedello Stato Italiano.Prima del 1929, infatti, i rapporti con la Santa Sede erano regolatidalla cosiddetta Legge delle Guarentigie del 1871, che non leconcedeva alcun diritto territoriale: soltanto la disponibilità deipalazzi del Vaticano e del Laterano, e della residenza estiva diCastel Gandolfo. La legge istituì comunque unilateralmente una seriedi privilegi per il papa e il clero, tra i quali una donazione annualedi 3.225.000 lire dell'epoca (pari ad una decina di milioni di euro dioggi).La Santa Sede non rinunciò formalmente alla somma, ma non la incassòmai per non accettare informalmente lo status quo stabilito dallalegge. Nel 1929 il debito dello Stato Italiano ammontava dunque, congli interessi, a 3.160.501.113 lire (oggi circa dieci miliardi dieuro). La Convenzione finanziaria, "apprezzando i paterni sentimentidel Sommo Pontefice", acconsentì a pagarne più o meno la metà: "750milioni in contanti e un miliardo in consolidato 5 per cento alportatore".Il Concordato vero e proprio, infine, stabilì che le candidaturevescovili dovevano essere sottoposte all'approvazione del governoitaliano, e che i vescovi nominati dovevano giurare fedeltà al regime:l'unica eccezione era il Cardinale Vicario di Roma, comerappresentante del papa. Quanto ai preti, essi non potevano farpolitica, ma venivano esentati dal servizio militare e ricevevano unaprebenda statale chiamata "congrua".Da parte sua, lo Stato acconsentì a RENDERE LE LEGGI MATRIMONIALICONFORMI AI PREGIUDIZI DELLA CHIESA CATTOLICA: IN PARTICOLARE, APROIBIRE IL DIVORZIO, CON DISPOSIZIONI CHE RIMASERO ANACRONISTICAMENTEIN VIGORE FINO AL 1970. Quanto al Cattolicesimo, esso DIVENTAVARELIGIONE DI STATO e DOVEVA ESSERE INSEGNATO IN TUTTE LE SCUOLE: uninsegnamento che rimane in vigore anche oggi, benchè il Cattolicesimoabbia cessato di essere la religione di Stato nel 1984.Il soddisfatto Pio XI iniziò fin da subito a pagare il suo debito neiconfronti del fascismo e già il 14 febbraio 1929, in un discorsoall'Università del Sacro Cuore, rilasciò a Mussolini la famosa patentedi "uomo della Provvidenza":"Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci hafatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni dellascuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi,diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, propriocome i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti edeformi".Quanto a Mussolini, nel suo discorso alla Camera del 5 maggio del 1929spiegò candidamente i motivi per cui un politico si allea col papa,ieri come oggi:"Le idee religiose hanno ancora molto impero, più di quanto non sicreda da taluni filosofi. Esse possono rendere grande servizioall'umanità. Essendo d'accordo col papa si domina nacora la coscienzadi 100milioni (oggi un miliardo) di uomini."Nel 1947 i Patti Lateranensi, lungi dall'essere abrogati dopo lacaduta del fascismo, furono annessi alla Costituzione Repubblicanatramite il famigerato articolo 7, grazie al tradimento di PalmiroTogliatti. I comunisti votarono infatti a favore, insieme ademocristiani e qualunquisti, mentre socialisti, repubblicani eazionisti votarono contro, e i liberali si divisero tra dueschieramenti: fu il primo caso, anche se purtroppo non l'ultimo, deglisciagurati compromessi antistorici che una sinistra "sinistra" ha piùvolte regalato ai clericali, per il loro interesse e la sua vergogna.Come degno ringraziamento a Togliatti, un decreto del Sant'Uffizio del1 luglio 1949 vietava ai cattolici, pena la scomunica, di aderire a (oanche solo collaborare con) partiti o movimenti di ispirazione comunista.L'assurda situazione venutasi a creare con l'inserimento di un pattocatto-fascista, stipulato "in nome della Santissima Trinità" e apertoda un richiamo allo Statuto Albertino del 1848, in una costituzionerepubblicana che all'articolo 9 proclama l'uguaglianza di tutte leconfessioni di fronte alla legge, è stata oggetto di esame nel 1971 daparte della Corte Costituzionale. Essa ha stabilito che i Pattilateranensi sono fonti atipiche dell'Ordinamento Italiano, nel sensoche hanno meno forza delle disposizioni costituzionali, ma più forzadelle leggi ordinarie: sono infatti modificabili col mutuo consenso diStato e Chiesa, ma non sono sottoponibili al sindacato dicostituzionalità e NON SONO ABROGABILI PER VOLONTÀ POPOLARE, nè inmaniera referendaria, nè attraverso una proposta di legge.Dopo sette tentativi falliti, tra il 1967 e il 1983, il Concordato del1929 è stato finalmente riveduto nel 1984 dal governo Craxi. E'ovviamente caduto l'obbligo per i vescovi di giurare fedeltà alloStato, e anche quello di far politica per i preti. Il matrimoniocivile è stato svincolato da quello religioso, benchè quest'ultimocontinui a mantenere validità civile anche senza una doppia cerimonia.Il cattolicesimo ha cessato di essere religione di Stato, ma ciònonostante l'articolo 9 stabilisce:"La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della culturareligiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno partedel patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare,nel quadro delle finalità della scuola, l'inseganmento della religionecattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine egrado."

Vaticano ed enti ecclesiastici tolgono la casa a 200 famiglie

Vaticano ed enti ecclesiastici tolgono la casa a 200 famiglie
A Roma il più grande proprietario di immobili è il Vaticano: almeno un quinto delle case della capitale, la maggior parte delle quali nel centro storico della città, appartiene direttamente alla Santa Sede (cioè all’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio apostolico della Sede Apostolica guidata dal card. Attilio Nicora) e allo Ior (la banca vaticana), ma anche alla diocesi e a circa 2mila fra enti ecclesiastici controllati dalla Conferenza episcopale italiana, istituti e congregazioni religiose, confraternite (v. anche Adista n. 39/07). E dalla metà di ottobre, il proprietario ha iniziato a sfrattare gli inquilini e le famiglie che non sono più in grado di pagare i canoni di affitto che, in molti casi, sono anche raddoppiati. È infatti scaduta lo scorso 14 ottobre la proroga prevista dalla legge approvata dal Parlamento nel dicembre 2006 che ‘congelava’ gli sfratti per i nuclei familiari ‘deboli’, cioè con un reddito medio-basso e in cui siano presenti figli a carico, anziani, malati terminali o disabili. Se per chi vive nelle case appartenenti ai cosiddetti "grandi proprietari" – come casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione e banche – la sospensione dura fino al giugno 2008, per gli inquilini delle abitazioni di proprietà ecclesiastica, invece, il tempo è scaduto, in quanto, come spiega il consigliere del Municipio Centro Storico di Roma Mario Staderini, nel testo di legge è stata cancellata una riga che considerava "grandi proprietari" anche i "soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo". Una omissione che, aggiunge l’esponente radicale della Rosa nel Pugno, "sembra fatta su misura per gli enti ecclesiastici i quali, fra l’altro, godono dell’esenzione Ici (appena confermata in Finanziaria con il voto unanime del Senato, eccezione fatta per i senatori della "Costituente Socialista" di Gavino Angius, ndr), e della riduzione del 50% dell’Ires, ovvero dell’imposta sul reddito cui vanno ricondotti i redditi fondiari derivanti da affitto di immobili". E così, per oltre 200 famiglie che abitano in case del Vaticano o di enti ecclesiastici, dallo scorso 15 ottobre gli sfratti sono diventati esecutivi (a Roma in totale i ‘nuovi’ sfratti sono circa 2mila, in Italia 4mila). "Quasi tutti vengono sfrattati non per morosità – dice ad Adista Luigi Cerini, fondatore dell’associazione "Diritti in Movimento" che sta sostenendo la lotta degli inquilini che rischiano di perdere la casa e di ritrovarsi in mezzo ad una strada – ma per fine locazione". E anche perché i nuovi canoni di affitto fissati dal proprietario sono insostenibili, come nel caso di Nadia Evangelisti, che si è vista proporre dall’Ordine dei Maroniti della Beata Vergine Maria un aumento dell’affitto del 300% che, ovviamente, non può pagare (v. notizia successiva). Eppure, come ricorda l’associazione "Diritti in Movimento" in un "Appello alle donne ed agli uomini di buona volontà", Giovanni Paolo II, nell’Angelus del 16 giugno 1996, aveva chiesto a "quanti si richiamano al Vangelo di Cristo" di mostrare "una più grande sensibilità anche sul terreno concreto e urgente del diritto alla casa" e aveva affermato che "ad ogni persona deve essere garantito un alloggio che sia non solo un riparo fisico, ma un luogo adatto a soddisfare le proprie esigenze sociali, culturali e spirituali". Nonostante queste parole, continua l’associazione, "la Santa Sede, Propaganda Fide, vari collegi e confraternite, attraverso le loro amministrazioni, ci stanno sfrattando per finita locazione, per aprire negli appartamenti in cui abbiamo sempre vissuto bed and breakfast o per affittarli in modo clientelare. Il tutto in nome del profitto e del denaro, in contrasto con i dettami della solidarietà a cui si rifanno non solo le sacre scritture". Prosegue il documento: "Siamo donne, uomini, anziani, bambini, giovani, famiglie che a causa dello sfratto provano sulla propria pelle l’impossibilità di continuare a vivere, di sperare in un domani. Ma siamo determinati ad ostacolare con tutte le nostre forze il progetto di allontanarci dalla città o dal quartiere in cui siamo cresciuti" (un programma – la sostituzione dei vecchi abitanti poveri con nuovi benestanti e la bonifica fisica dei quartieri degradati – che la letteratura urbanistica chiama gentrification, ndr). Scrivono direttamente al presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco, gli "sfrattati dal Vaticano" riuniti nel "Comitato lotta per la casa centro storico". "Siamo un gruppo di famiglie in affitto nelle case di proprietà dell’Apsa, dello Ior e di altri importanti enti religiosi. Da anni oramai ci troviamo quotidianamente a convivere con l’incubo di finire in mezzo alla strada, espulsi dai contesti sociali in cui abbiamo vissuto per decenni: la procedura di sfratto è in fase esecutiva. Secondo le statistiche, il nostro reddito è al limite della soglia di povertà, ed avendo al nostro interno anziani, figli e disabili, sino al 15 ottobre abbiamo potuto bloccare lo sfratto. Nei prossimi giorni molti di noi attendono la visita dell’ufficiale giudiziario e della forza pubblica. Al di là delle questioni legali, non riusciamo a capire il perché di questo calvario. Siamo stati dei bravi inquilini: abbiamo sempre pagato l’affitto e avuto cura dell’appartamento. Se, come spesso accadeva, non avevano bagno né riscaldamento, i lavori erano a nostre spese. Eppure veniamo sbattuti fuori. Sappiamo che la crescita del mercato immobiliare rende le nostre case molto appetibili", proseguono, "ma è possibile che la nostra storia, la nostra realtà, non valga più nulla? Quando nelle settimane passate l’abbiamo sentita invocare ‘uno slancio collettivo’ per risolvere l’emergenza abitativa, una piccola speranza è nata dentro di noi: che il massimo esponente della Chiesa cattolica italiana, nominato per volere del pontefice, potesse fermare la frenesia speculativa che si è impossessata della Chiesa. Nessuno però ci ha proposto di rinnovare il contratto, né tanto meno gli sfratti si sono fermati. Siamo noi in torto, perché ci sono persone più bisognose a cui dare le nostre case, oppure i mercanti sono di nuovo nel tempio?". Condivide in parte le ragioni degli sfrattati mons. Gaetano Bonicelli, membro della Commissione della Cei per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace, intervistato dalla Stampa il 29/10: gli sfrattati "fanno bene a chiedere uno stimolo più forte da parte della Chiesa", dice il vescovo, e noi dobbiamo fare "un’autocritica perché è inutile parlare di sostegno alle famiglie e poi mancare sull’essenziale". "Nella gestione delle case degli enti ecclesiastici deve essere prioritario l’elemento di assistenza e di servizio pubblico. Meglio ricevere affitti più bassi di quelli di mercato piuttosto che negare una mano a chi non riesce a trovare una sistemazione alternativa". Esattamente il contrario di quello che sta avvenendo. E non è l’unica contraddizione, come nota Staderini: "La scorsa settimana il prefetto di Roma Carlo Mosca ha incontrato il card. Camillo Ruini, vicario del papa per la città, chiedendogli un aiuto per trovare una sistemazione abitativa per i cittadini romeni e i rom sgomberati dalle baraccopoli della Capitale in seguito all’omicidio di Giovanna Reggiani, riconoscendo quindi il ‘peso’ della Chiesa dal punto di vista immobiliare. Proprio mentre, nelle stesse ore, diversi enti ecclesiastici stavano sfrattando molte famiglie".
Luca Kocci
www.terrelibere.org

lunedì 26 novembre 2007

Il vero massacro dei Catari

Il vero massacro dei Catari
di Francesco Zambon - 08/02/2007

da "La Repubblica" del 08/02/2007

Assurde enormità su una setta antica

Sul Corriere della Sera di mercoledì 31 gennaio, Vittorio Messori propone la costituzione di una "Lega anticalunnia" in difesa dei cattolici, allo scopo di rettificare - basandosi «sui dati esatti e sui documenti autentici» - alcune verità storiche che sarebbero deformate da "falsi miti". Il "falso mito" che Messori prende di mira nell´articolo è lo sterminio dei catari, con particolare riferimento a un episodio della Crociata scatenata da papa Innocenzo III per debellare l´eresia catara nel Mezzogiorno francese, la presa e il sacco di Béziers (1209). Ma altro che dati esatti e documenti autentici! Gran parte di quelle che ammannisce Messori sono delle vere enormità dal punto di vista storico. Sorvoliamo su pure invenzioni a scopo di calunnia (queste sì!), come il fatto che i catari sarebbero stati seguaci di una «cupa, feroce, sanguinaria setta di origine asiatica». È ben noto da innumerevoli fonti, per lo più cattoliche, che essi praticavano la forma più rigorosa di non violenza, astenendosi dall´uccisione sia degli uomini sia degli animali. Alcuni contadini impiccati a Goslar nel 1051, fra le prime vittime della repressione cattolica, furono accusati di eresia e condannati solo per aver rifiutato di un uccidere un pollo!
Ma veniamo alla strage perpetrata dai crociati a Béziers il 22 luglio 1209, all´inizio della Crociata albigese. Messori afferma che se eccidio ci fu, esso fu giustificato «dall´esasperazione provocata dalla crudeltà dei càtari, che non solo a Béziers da anni perseguitavano i cattolici». Ora, a parte il paradosso di presentare come persecutori coloro che furono perseguitati per oltre un secolo in tutta Europa, proprio il caso di Béziers mostra esattamente il contrario di quanto vorrebbe farci credere Messori: i cattolici erano così poco esasperati dai catari, che la ragione per cui la città fu attaccata e distrutta fu il rifiuto da parte dei suoi abitanti, fedeli alla propria autonomia municipale e ai propri princìpi di tolleranza, di consegnare ai crociati i circa duecento sospetti di eresia (tanti erano) di cui il vescovo Renaud de Montpeyroux aveva provveduto a stilare la lista.
Ma tutta la ricostruzione del sacco di Béziers proposta nell´articolo è pura deformazione storica, costellata di clamorosi errori e falsificazioni. In particolare per quanto riguarda la frase che avrebbe pronunciato il legato pontificio Arnaldo Amalrico, allora alla guida dei crociati, in risposta ai suoi uomini che gli chiedevano che cosa fare della popolazione, in maggioranza cattolica: «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi», avrebbe risposto. Messori nega l´autenticità di questa frase, che è riportata da un autore tedesco, il monaco cistercense Cesario di Heisterbach, nel suo Dialogus miraculorum. Per svalutarne l´attendibilità, egli afferma che l´opera di Cesario sarebbe stata scritta sessant´anni dopo i fatti. Peccato che a quest´epoca Cesario fosse già morto da quasi trent´anni. In realtà il Dialogus fu scritto fra il 1219 e il 1223, appena una decina d´anni dopo il sacco di Béziers.
Certo, l´autenticità della frase attribuita ad Arnaldo è stata molto discussa dagli storici; ma oggi si tende a ritenerla del tutto plausibile, essendo stata dimostrata la molteplicità e attendibilità delle fonti dirette di cui disponeva Cesario. Comunque, autentica o no, la frase (che in realtà suona così nel testo di Cesario: «Massacrateli tutti, perché il Signore conosce i suoi», con una riconoscibile citazione della Seconda lettera a Timoteo di san Paolo), corrisponde esattamente a ciò che avvenne e, contrariamente a quanto sostiene Messori, trova riscontro in numerose altre fonti contemporanee. La più sconvolgente è proprio la lettera ufficiale che Arnaldo in persona, insieme all´altro legato pontificio Milone, scrisse al papa per riferirgli l´accaduto e che si può leggere nel volume 216 della Patrologia latina: «La città di Béziers fu presa e, poiché i nostri non guardarono a dignità, né a sesso, né a età, quasi ventimila uomini morirono di spada. Fatta così una grandissima strage di uomini, la città fu saccheggiata e bruciata: in questo modo la colpì il mirabile castigo divino».
I nostri, dice Arnaldo: siano stati tutti gli assalitori a compiere la strage o solo i cosiddetti "ribaldi" (ossia i mercenari al seguito dell´esercito crociato), Arnaldo se ne assume pienamente e trionfalmente la responsabilità, parlando di "mirabile castigo divino". Il numero di morti di cui si vanta è sicuramente esagerato, come lo è quello fornito da altri testimoni e cronisti (qualcuno parlò addirittura di centomila): si voleva indicare solo una mattanza straordinaria, che restò a lungo nella memoria della gente. Ciò che avvenne fu proprio quel che lascia intendere la frase attribuita ad Arnaldo: fu compiuto uno sterminio indiscriminato degli abitanti di Béziers, cattolici ed eretici, uomini e donne, vecchi e bambini.
Se gli argomenti della "Lega anticalunnia" che Messori propone di costituire sono quelli addotti nel suo articolo, temo che per essa non si aprano grandi prospettive. E credo che la Chiesa non abbia davvero bisogno di questa nuova e goffa forma di "negazionismo" per difendere i propri valori e propri princìpi.

domenica 25 novembre 2007

ISLAM/ EGITTO, DONNA CONDANNATA PER APOSTASIA INCONSAPEVOLE

Roma, 23 nov. (Apcom) - Le colpe dei padri non dovrebbero ricadere mai sui figli. E' un pensiero che deve aver attraversato spesso la mente di Shadiya Naji Ibrahim, una donna condannata a tre anni di prigione in Egitto per una doppia conversione del padre Naji Ibrahim - prima cristiano, poi islamico, poi di nuovo cristiano - di cui lei era del tutto inconsapevole. Si tratta di avvenimenti accaduti 45 anni fa, quando la quarantasettenne di oggi aveva solo due anni e raccontati oggi dal quotidiano palestinese Al Quds al Arabi.

La vicenda è kafkiana e ha i suoi presupposti nel 1962 quando il padre della donna, dopo un litigio con la moglie, decide di lasciare il Cristianesimo e d'abbracciare l'Islam. Una scelta, tutto sommato, comoda: la conversione gli avrebbe permesso infatti di risposarsi, visto che la fede musulmana prevede la possibilità di contrarre più di un matrimonio.

Naji, che con il passaggio alla Fede del Profeta aveva assunto il nome di Mustafa, dopo tre anni d'osservanza islamica, però, si stanca e vuole tornare con la prima moglie. Ma non può, perché la Legge islamica (Shariya) non può essere rinnegata. "E' apostasia - affermano i giudici che hanno condannato la donna - e la sentenza dell'Islam è inequivocabile per questo reato: la morte".

L'uomo non si dà per vinto e decide di ricorrere ai servigi d'un falsario, che gli produce documenti falsi in cui egli appare come cristiano. Tutto fila liscio per oltre un trentennio, ma nel 1996 accade l'irreparabile: il falsario viene arrestato e spiffera alla polizia anche il segreto di Naji-Mustafa. L'uomo viene subito arrestato e, a ricaduta, i ceppi si chiudono anche ai polsi della povera Shadiya.

Il meccanismo legale per il quale la donna sarebbe un'inconsapevole apostata è spietato. Non essendo valida la ri-conversione al Cristianesimo del padre, anche lei non può essere considerata cristiana, ma musulmana, visto che in Egitto i figli acquisiscono la religione dei padri. Ne consegue la condanna per aver dichiarato il falso al momento del matrimonio, contratto nel 1982 con un cristiano e quindi in aperta violazione di un'altra norma che impedisce a donne islamiche di sposare uomini appartenenti ad altre fedi.

La prima condanna in contumacia arriva nel 2000. Poi viene arrestata e il caso viene riaperto. Mercoledì, alla fine, la condanna definitiva. L'Alta Corte del Cairo non ha dubbi e "in una rapida udienza processuale - scrive il quotidiano - decide confermare la pena di tre anni di carcere". A poco valgono le sue proteste. "Io all'epoca avevo solo due anni - si lamenta la donna - e non potevo certo sapere che mio padre si era convertito all'Islam per un breve periodo". Ma la legge, si sa, non ammette ignoranza.

Ceruso: La zona grigia tra Chiesa e Mafia

Ceruso: La zona grigia tra Chiesa e Mafia
Nel libro Le sagrestie di Cosa nostra.
Inchiesta su preti e mafiosi lo scrittore palermitano descrive il filo rosso che lega la Chiesa all’organizzazione criminale, tra omertà e collusioneFrati con la lupara, sacerdoti che durante l’omelia sbeffeggiano i pentiti di mafia, alti prelati che negano l’esistenza di Cosa nostra o non vedono differenze tra una strage mafiosa e l’aborto. Cecità e omertà, quando non vera e propria collusione con la mafia, sembrano caratterizzare una parte del corpo ecclesiastico siciliano ancora oggi. A raccontarlo in un libro (Newton Compton, 9,70 euro) dal titolo Le sagrestie di Cosa nostra. Inchiesta su preti e mafiosi, non è un anticlericale sfegatato, bensì un credente cattolico, da anni studioso della criminalità mafiosa, Vincenzo Ceruso, laureato in filosofia, già ricercatore al Centro studi gesuita “Pedro Arrupe”, impegnato nel volontariato a Palermo.
Ceruso, se un tempo si parlava della mafia come di uno Stato nello Stato, oggi lei sostiene l’inclinazione di Cosa nostra a muoversi come una Chiesa nella Chiesa. Ci spieghi meglio?
La strumentalizzazione della religione non la scopro io: fin dalle sue origini la mafia ha utilizzato simboli, linguaggio e tradizione della Chiesa per consolidarsi al suo interno e trasmettere un’immagine di sé alla popolazione. Cosa nostra usa la religione come collante con la società civile, perché i mafiosi non sono degli emarginati. Medico, avvocato, uomo politico, oltre che killer o mandante, in Sicilia il mafioso è il vicino di casa. Ed è anche un cattolico, che tenta di insinuarsi nel tessuto ecclesiale, spesso con successo, a partire dalle confraternite.
Lei racconta che ce ne sono circa 230, con 20.000 confrati, nella sola Palermo e che nel 2005 il Comune ha stanziato 3,5 milioni di euro per feste religiose di ogni tipo.
È dimostrato che queste associazioni, pur esprimendo una devozione popolare di tutto rispetto, in certe zone sono facilmente permeabili a infiltrazioni mafiose, così come avviene per altri strumenti ecclesiali, basti pensare agli affari che girano intorno ai cimiteri, alle Opere pie. Non è tanto per i soldi, perché quelli li fanno soprattutto con altre attività, quanto per un fatto di consenso sul territorio che diventa anche consenso politico, da barattare nel momento in cui ci sia l’interlocutore giusto. Il fatto principale è l’ansia di “rispettabilità” che muove il mafioso.
Nel suo libro c’è anche la denuncia di un percorso inverso di connivenza: da un lato Provenzano che “usa” la Bibbia, dall’altro i molti ecclesiastici che si lasciano usare dai mafiosi.
Anche se si è molto parlato di un “codice Provenzano”, sono ancora soltanto ipotesi. Quello che si può dedurre dalla lettura dei “pizzini” è che la Bibbia viene utilizzata come una grammatica elementare per la gestione del potere; per codificare un’autorità, sia all’interno che all’esterno. Perché la mafia è anche una comunità politica, e come tale ha bisogno di un alfabeto del potere. Poi, come diceva Falcone, entrare nella mafia equivale a convertirsi a una religione. Mafia e religione hanno la stessa dimensione totalizzante.
E anche un’idea simile di trascendenza. Penso alla storia di Ciccio Pastoia, suicida in carcere per aver tradito la fiducia del suo boss, e all’onta che lo segue fin dopo la sepoltura, con la profanazione del suo loculo. Lei lì si chiede: «Quale altra organizzazione di malviventi si preoccupa del destino trascendente dei propri membri?».
L’ultima giustizia, l’ultima parola deve essere quella dell’Organizzazione. E c’è una volontà di legittimare le azioni criminose con una finalità trascendente. Il problema è che per il mafioso la vera giustificazione, la vera chiesa è in Cosa nostra. Per tornare a come si ponga la Chiesa rispetto a tutto ciò, bisogna considerare che la mafia ha un radicamento secolare in Sicilia. Occorrerebbe una “cultura”, per poter opporsi, che soprattutto in passato è mancata.
Lei ricorda la strage mafiosa del 1963, quando fu la Chiesa valdese a prendere le distanze per prima. Quella cattolica arrivò invece in colpevole ritardo.
La Santa sede richiamò il cardinale Ruffini, allora arcivescovo di Palermo, perché intervenisse a «dissociare la mentalità della cosiddetta mafia da quella religiosa». Il problema oggi è quasi lo stesso. Ci sono segnali di speranza dalla società civile e dalla Chiesa stessa, ma rimane quanto detto dal giudice Roberto Scarpinato: senza una zona grigia nella società la mafia sarebbe già stata sconfitta da tempo.
La zona grigia della Chiesa sono dunque le sagrestie?
Sì, innanzitutto come luogo dove persone non direttamente affiliate alla mafia la favoriscono in qualche modo. Ma anche luogo fisico, dove i mafiosi utilizzano strumentalmente i sacramenti: se un capomafia fa da padrino di battesimo, da testimone o si sposa, istituisce un’alleanza militare e giuridica con un’altra famiglia. Si dovrebbe indagare meglio su come, attraverso i sacramenti, cambiano per esempio i traffici di droga. Secondo me ciò non è sufficientemente percepito in ambito ecclesiale, perché sfugge la dimensione del fenomeno. L’affinità della mafia con la Chiesa è anche nell’essere una miscela di arcaismo e di modernità. Non destinata a scomparire con colletti bianchi e giochi in Borsa. La mafia esiste perché esiste una ritualità che le consente di perpetuarsi e trasmettersi nel tempo e nel territorio, di generazione in generazione.
A chi ha dedicato il suo libro?
A don Pino Puglisi. Ho avuto l’onore di conoscerlo quando insegnava nella mia scuola, prima di trasferirsi a Brancaccio. La Chiesa di padre Puglisi è quella che amo io. Il suo messaggio va oltre la Chiesa, perché è il messaggio di un uomo libero che non si piega di fronte al potere mafioso. Un uomo disarmato e non violento che usa solo la parola, la cultura per ribellarsi a un sistema. Il fatto che sia morto, per l’eredità che ha lasciato in questa città, non ne segna la sconfitta. La mafia non uccide in modo gratuito; lo fa quando percepisce qualcuno come un pericolo per se stessa. Padre Puglisi l’ha ucciso perché ne aveva paura.
5 ottobre 2007 - Left/Avvenimenti - Paolo Izzo

Le sagrestie di cosa nostra. Inchiesta su preti e mafiosi

dal sito: newtoncompton.com
Le sagrestie di cosa nostra. Inchiesta su preti e mafiosi
Vincenzo Ceruso
2007, newtoncompton
Sicari in crisi mistica e teologi con la lupara in mano, ecclesiastici infedeli e assassini devoti,padrini che citano il vangelo prima di far uccidere e sacerdoti come padre Puglisi, che muoiono su ordine di Cosa nostra, per non aver tradito quello stesso vangelo. Questo libro racconta la storia del “tenebroso sodalizio” dei mafiosi con preti e religiosi. Un’inchiesta sulla mafia sub specie ecclesiae: attraverso i palazzi arcivescovili e le chiese di campagna, tra una festa popolare e la processione di un santo patrono, lungo le chiese della desolata periferia di Palermo e le navate dello splendido duomo normanno di Monreale.Cosa nostra è una confraternita criminale con le sue tradizioni e i suoi segreti. Per il mafioso,battesimi, cresime, matrimoni e ogni altro genere di sacramenti non fanno parte di un cammino di fede ma entrano in un sistema di alleanze e di giochi di potere interni alla consorteria. Le vie delle sagrestie, allora, si intrecciano con quelle dell’eroina e la religione diventa uno strumento funzionale alla morte e al predominio criminale.Il giudice Giovanni Falcone diceva che «entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi ad una religione» e per questo, introdursi nelle Sagrestie di Cosa nostra equivale a conoscere quelli che sono i dogmi e i riti di questa setta violenta e spietata. Per conoscere la mafia dall'interno. E per affrettarne la sconfitta.

IL RUOLO DEL VATICANO NEL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA

IL RUOLO DEL VATICANO NEL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA
Gli oscuri legami tra i militari e la «chiesa nera» di Bergoglio
HORACIO VERBITSKY*
Il Manifesto, 24 marzo 2006
La prima edizione di questo libro, alla quale ho lavorato per oltre quindici anni, è andata in stampa a Buenos Aires nel febbraio del 2005, quando a Roma era ricoverato in ospedale papa Giovanni Paolo II, che poi morì il 2 aprile. Secondo i quotidiani italiani, il cardinale argentino Jorge Bergoglio fu l'unico serio avversario del tedesco Joseph Ratzinger, che venne eletto il 19 aprile e assunse il nome di Benedetto XVI. In quegli stessi giorni, il vescovo castrense di Buenos Aires disse che il ministro argentino della salute meritava di essere gettato in mare con una pietra da mulino al collo per aver distribuito preservativi ed essersi espresso a favore della depenalizzazione dell'aborto.(...) Quando il vescovo Baseotto appese la biblica pietra da mulino al collo ministeriale, il presidente Néstor Kirchner invitò il Vaticano a designare un nuovo titolare della diocesi militare. Quando il Nunzio apostolico comunicò che non ve n'era motivo, il governo revocò l'assenso prestato alla nomina di Baseotto e lo privò del suo emolumento da segretario di Stato per aver rivendicato i metodi della dittatura. Il Vaticano disconosce sia «l'interpretazione che si è voluto dare alla citazione evangelica» sia l'autorità presidenziale di revocare la designazione del vescovo castrense.Di motivi per dubitare che Baseotto abbia scelto ingenuamente una citazione biblica riguardante persone gettate in mare, ve ne sono in abbondanza. Il suo primo atto da Vicario fu la visita alla Corte suprema di Giustizia nella quale sostenne la necessità di chiudere i processi relativi alla guerra sporca dei militari contro la società argentina. Il suo segretario generale nell'Episcopato castrense (lo stesso incarico che nel 1976 rivestiva Emilio Grasselli) è il sacerdote Alberto Angel Zanchetta, che fu cappellano della Esma negli anni della dittatura e del quale è comprovata la conoscenza dettagliata di quanto vi accadeva. (...) Dopo aver acceso la polemica pubblica con le sue parole, Baseotto si riferì ai voli come a uno dei «fatti avvenuti, a quanto si dice, durante la famosa dittatura militare». Nessun membro dell'Episcopato ebbe da eccepire su quella frase provocatoria, perché tutta la Chiesa argentina continua a trincerarsi nell'isola del suo silenzio.Bergoglio rispose al libro attraverso il suo portavoce ufficiale, padre Guillermo Marco. Disse che aveva salvato la vita dei sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics e che qualsiasi affermazione in senso contrario costituiva un'infamia. (...) Per screditare la mia inchiesta disse che Yorio non poteva confutare quanto sostenuto nel libro perché era morto, che la mia fonte relativa a Jalics era anonima e che esisteva una foto di un incontro amichevole del sacerdote ungherese con Bergoglio durante una visita di Jalics a Buenos Aires. (...) Né Bergoglio né i suoi intimi hanno detto una parola sulla prova inconfutabile della doppiezza di cui lo accusano Yorio e Jalics. Yorio era ancora vivo quando pubblicai la prima intervista in cui accusa Bergoglio, nel 1999. Lungi dallo smentirmi, mi inviò poche righe intitolate «Grazie» e ci mantenemmo in contatto fino alla sua morte. (...) Figlio di un proprietario terriero e ufficiale dell'esercito ungherese, Jalics sostiene in Ejercicios de Contemplacion che il padre morì avvelenato nella sede della polizia politica comunista, ma che la madre gli insegnò a non odiare, sicché «imparai cosa significa la riconciliazione». Nel raccontare il suo sequestro dice: «Molta gente che aveva convinzioni politiche di estrema destra no vedeva di buon occhio la nostra presenza nelle baraccopoli. Interpretavano il fatto che no vivevamo lì come un appoggio alla guerriglia e si proposero di denunciarci come terroristi. Noi conoscevamo la provenienza e il responsabile di quelle calunnie. Sicché andai a parlare con la persona in questione e gli spiegai che stava giocando con le nostre vite. L'uomo mi promise che avrebbe fatto sapere ai militari che non eravamo terroristi. Da dichiarazioni rese successivamente da un ufficiale e da trenta documenti ai quali riuscii ad accedere in seguito, potremmo appurare senza ombra di dubbio che quell'uomo non aveva mantenuto la sua promessa e che, al contrario, aveva presentato una falsa denuncia ai militari». Durante i cinque mesi del sequestro, la sua ira era diretta più che ai suoi carcerieri «all'uomo che aveva fatto la falsa denuncia contro di noi».Quell'uomo è Bergoglio. La sua identità è svelata in una lettera che Yorio scrisse da Roma il 24 novembre 1977 all'assistente generale della Compagnia di Gesù, padre Moura. I fratelli e i nipoti di Yorio me ne diedero copia in segno di gratitudine per la pubblicazione del libro.«Dato il proseguire delle voci su una mia partecipazione alla guerriglia, padre Jalics ha nuovamente affrontato la questione con padre Bergoglio. Padre Bergoglio ha riconosciuto la gravità del fatto e si è impegnato a mettere un freno alle voci nella Compagnia e ad affrettarsi a parlare con persone delle Forze Armate per testimoniare la nostra innocenza», dice. Ma siccome «il Provinciale non faceva nulla per difenderci, abbiamo cominciato a dubitare della sua onestà».(...) Nel nostro scambio epistolare, Yorio mi fornì una descrizione della doppiezza del suo ex Provinciale che coincide con quella che emerge dai documenti che anni più tardi scoprii nell'archivio del ministero degli Esteri argentino. Nel clima di paura e delazione instaurato all'interno della Chiesa e della società, i sacerdoti che lavoravano con i poveri «erano demonizzati, guardati con sospetto all'interno delle nostre stesse istituzioni e accusati di sovvertire l'ordine sociale». In quel contesto, «potevano concederci in segreto l'autorizzazione a celebrar messa in privato, ma non ci liberavano dalla proibizione e dall'infamia pubblica di non poter esercitare il sacerdozio, dando così alle forze della repressione il pretesto per farci sparire». (...)Riacquistata la libertà, Jalics viaggiò negli Stati uniti e poi in Germania. Nonostante la distanza, «menzogne, calunnie e azioni ingiuste non cessavano». (...) Molte persone legate alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù mi fecero avere dati aggiuntivi e confermativi. Uno di loro è il sacerdote irlandese Patrick Rice, che nel 1976 era il superiore della comunità dei piccoli frati del Vangelo in Argentina. Sequestrato sul finire di quell'anno a Buenos Aires, lo incappucciarono e lo interrogarono senza tregua, gli bruciarono il viso e le mani con sigarette e gli fecero ingerire acqua e pressione fino al limite della sua resistenza. Altri sacerdoti della sua confraternita sono ancora desaparecidos ma Rice riuscì a scappare con l'aiuto del governo irlandese e viaggiò in tutto il mondo per denunciare la situazione argentina. Nel 1979 venne a sapere che Massera, ormai dimessosi dalla Marina e impegnato nella sua attività politica, avrebbe partecipato a un seminario organizzato presso l'Università di Georgetown, a Washington, da due accademici che in seguito svolsero ruoli di primo piano nel futuro governo statunitense di Ronald Reagan: Jean Kirckpatrick e Eliot Abrahmas. Mentre Massera teneva la sua lectio magistralis, Rice e un sacerdote nordamericano lo interruppero con domande sulla repressione di vescovi, suore, sacerdoti e laici cristiani. Massera non poté continuare e lasciò l'aula furibondo. Anche l'Università di Georgetown appartiene ai gesuiti. Patrick Rice sostiene che «tenuto conto della struttura della Chiesa, è impensabile che quell'invito potesse essere partito senza l'iniziativa o almeno l'assenso del Provincialato argentino della Compagnia di Gesù». Come il giorno dell'omaggio a Massera nell'Università del Salvatore, anche in quel caso, il Provinciale gesuita era l'allora sacerdote Jorge Mario Bergoglio.
*Questo testo è «l'epilogo» del libro di Horacio Verbitsky, L'isola del silenzio, pubblicato in Italia dalla Fandango libri, in libreria dal prossimo 30 marzo.

L' isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina

dal sito: fumettidicarta.
L’Isola del Silenzio, o il passato che rimane ancora vivo
"L’isola del silenzio"di Horacio Verbitsky
Fandango Libri ,184 pagine, 15 euro
di Alessandro Bottero
Non è una lettura facile questo libro, ma è da leggere. Parla di una guerra sporca, una guerra che tale era, forse, solo nella testa di chi la scatenò. Parla di una dittatura sottovalutata ma efferatissima e terribile. Parla dell’Argentina dal 1976 al 1983.Dal 1976 al 1981 io ho fatto il liceo. In quegli anni “Argentina” o “Cile” erano sinonimo di dittatura. Ed era vero. I desaparecidos, gli “scomparsi”. Persone che nella notte venivano portati via, e di cui si perdeva le tracce. In Italia che si sapeva? Poco o nulla. O meglio, quel che se ne sapeva era pesantemente condizionato dalla Guerra Fredda, che esisteva. I militari argentini avevano riportato l’ordine. I militari argentini massacravano innocenti. E intanto nel 1978 si andava in Argentina per i mondiali di calcio, e l’Argentina vinceva piegando un’Olanda irripetibile. Ricordo quelle partite. Ricordo gli stadi pieni di persone che acclamavano, forse sfogando in questo modo i terrori di oltre 24 mesi di dittatura e torture. A ripensarci furono Mondiali di calcio di cui vergognarsi, per il modo in cui i giornalisti sportivi italiani evitavano accuratamente di parlare o anche solo fare il minimo accenno alla vita vera di quel paese.E mentre il pallone rotolava in Argentina i desaparecidos continuavano a desaparecidar. La gente spariva. I ragazzi sparivano. I genitori sparivano. C’era una entità socio politica che però tutto sapeva e tutto seguiva. La Chiesa Argentina. Anzi, no. Siamo più precisi. Le alte gerarchie della Chiesa. Non i sacerdoti di base, o i volontari laici che lavoravano a stretto contatto con i poveri. Si parla del Nunzio Apostolico Pio Laghi, che in quella terra e in quegli anni gioca a tennis con i generali torturatori. O del Cardinale Bergoglio, all’epoca generale dei Gesuiti, che dimentica, non sa, dice e non dice, e forse denuncia, sicuramente non difende. O di Don Grasselli, sacerdote e poi vescovo che sa tutto. Sa dove sono gli scomparsi, sa chi non è più scomparso, ma cadavere. Sa ma non dice.L’isola del silenzio è un’isola nascosta, dove i militari argentini tengono dei prigionieri per “rieducarli”. Convertirli ai valori dell’Occidente, e utilizzarli poi come contro-spie, infiltrati tra i fantomatici terroristi rossi senza dio che vogliono precipitare l’Argentina nel caos infernale.Ma l’isola del silenzio è anche la chiesa cattolica argentina, dove si tace di questo passato di evidente contiguità tra gerarchie militari e religiose. Collusione? Difficile a dirsi. Comuni obiettivi? Forse. Eliminare la “gramigna comunista”. Difendere il “bene comune, sacrificando il singolo”. Discorsi che risuonano terrificanti in bocca a chiunque. Tanto più a un uomo di Dio.Horacio Verbitsky è un giornalista investigativo serio. In questo libro tutto si basa su documenti, dichiarazioni, riscontri. Non si inventa nulla, questa è la cosa terribile. Credo che libri come questo servano. È indispensabile aggrapparsi con forza alla memoria storica e non lasciare svanire nel silenzio pagine tragiche.E oltretutto la storia insegna cose curiose e interessanti. All’epoca dell’elezione al pontificato di Ratzinger, uno degli avversari più accreditati dalla stampa era il cardinale di Buenos Aires, tal Bergoglio, appunto, dipinto come sudamericano progressista. Eppure Bergoglio è colui che secondo Verbitsky (e sulla base dei documenti da lui raccolti) quando era generale dei gesuiti in argentina, ha denunciato due gesuiti alla giunta militare, condannandoli così a cinque mesi di torture e prigionia. Lo stesso Bergoglio che ha sempre negato tutto. .

venerdì 23 novembre 2007

Polemiche. L’embrione dell’Avvenire

Polemiche. L’embrione dell’Avvenire
di Carlo Flamigni
Colpisce l’entusiamo con il quale l’Avvenire ha accolto i recenti risultati sulle staminali adulteMa quei risultati non sono forse stati ottenuti proprio grazie a ricerche sugli embrioni?
Non dico di essere commosso, ma certamente sono molto colpito dall’entusiasmo che alcuni commentatori cattolici dimostrano nel presentare, su Avvenire e su altri giornali, le ultime novità della ricerca sulle cellule staminali. Si è letteralmente messa in moto una gioiosa macchina da guerra (che importanza ha che si tratti solo di soldatini di latta? Importanti sono l’entusiasmo e la buona fede), e la fresca ingenuità degli articoli fa passare in secondo piano il fatto che questa stampa cerchi di ammannirci un numero incredibile di inesattezze, che ignori alcuni dei punti più importanti della questione, che citi solo quello che conviene, insomma, che rappresenti un esempio luminoso del giornalismo più indecoroso e insincero.Un signore che non conosco, tale Luc Volonté, ha persino scritto che a questo punto dovrei chiedere scusa agli italiani (a tutti? anche agli embrioni?). Il signor Volontè, che immaginavo di origini francesi, è invece un italiano che sa poco di biologia e del quale si cita una iniziativa contro un fantomatico «Monte dei Maschi di Siena», la maggiore banca del seme italiana (ma secondo me è una calunnia). A mio avviso dovrebbe chiedere scusa lui all’italiano per aver usato la parola «occisivo» alludendo alla fecondazione assistita.Riassumo per i meno attenti. Tutti ricorderanno la diatriba che riguarda le cellule staminali, i cattolici appassionatamente dedicati a sostenere la ricerca sulle staminali “adulte” e a ricordarci con tediosa insistenza che l’embrione è uno di noi, che la ricerca sulle staminali embrionali sacrifica migliaia di esseri umani, magari un po’ piccoli, ma sempre uguali a noi esseri umani adulti, gli altri a sostenere che le cellule staminali embrionali sono, tra tutte, le più dotate della potenza indispensabile per trasformarsi in cellule dei più diversi tessuti. Tra le molte critiche che i bioeticisti cattolici hanno avanzato nei confronti dell’impiego delle staminali embrionali, ne cito al momento solo una: si tratta di esperimenti pericolosi perché nella loro attività proliferativa le staminali embrionali comprendono anche un possibile sviluppo di tumori.Ora, scienziati di due differenti équipes, una giapponese e una americana, hanno ottenuto cellule staminali molto simili a quelle embrionali partendo da linee cellulari adulte prelevate dalla pelle (quindi non da cellule staminali) sia umana che di animali da esperimento. Per ottenere questo risultato hanno inserito nelle cellule le copie di quattro geni (presenti nel corso dello sviluppo embrionale, ma inattivi nelle cellule differenziate adulte) affidati a un retrovirus che si è comportato da vettore. Una volta riattivati, i geni hanno ricostituito nelle cellule una condizione di pluripotenza indistinguibile da quella delle cellule staminali embrionali, consentendo loro di trasformarsi nelle cellule di qualsiasi tessuto umano. Nella sperimentazione fatta sul topo, queste cellule sono state trasferite all’interno di una blastocisti (un embrione giunto al quinto giorno di sviluppo) e hanno contribuito alla formazione di topi chimerici, essendo presenti persino nelle cellule germinali.Leggere i titoli dei giornali cattolici è una vera esperienza di vita: «Scienza, uccidere non serve»; «Spazzato via l’alibi di chi distrugge embrioni»; «È ideologico perseverare sugli embrioni». La lettura degli articoli è ancora più appassionante: si va da un benevolo «Chi insiste su questa strada lo fa per interessi diversi da quelli scientifici» a un ingenuo «Bye Bye Dolly», apprezzabile perché supplisce alla scarsa cultura con un simpatico entusiasmo.Poi uno va a leggere un po’ meglio i resoconti e le interviste, e scopre che sia il giapponese (Yamanaka) che l’americano (Thomson) hanno dichiarato che questi progressi della ricerca scientifica non tolgono nulla all’importanza delle ricerche sulle cellule staminali prelevate dagli embrioni, che continueranno; scopre che entrambi affermano che questi sono risultati preliminari e che bisogna avere molta pazienza prima di poter dare per dimostrato che esiste una applicazione pratica di queste scoperte; che queste cellule hanno la capacità di indurre la comparsa di tumori (ma non era il più straordinario degli ostacoli all’uso delle cellule staminali embrionali fino a ieri?); che bisogna ancora apprendere come poter distinguere con certezza le cellule staminali embrionali da quelle create grazie al nuovo metodo scientifico; che non è ancora sufficientemente chiaro se queste cellule siano analoghe a quelle prelevate dalla massa cellulare interna della blastocisti (in questo caso sarebbero pluripotenti) o piuttosto simili ai blastomeri delle morule (e in questo caso si tratterebbe di cellule totipotenti, cioè di embrioni, e allora che cavolo mi state a raccontare? siamo punto e a capo).A me sembra che la cosa più interessante che risulta da queste ricerche è il riconoscimento della fondamentale importanza delle cellule staminali embrionali, comunque ottenute: la ricerca sulle cellule staminali embrionali è più importante di quella sulle staminali adulte. Quale sarà poi il miglior metodo per ottenerle, lasciamo che ce lo dica il tempo, i ricercatori si adegueranno alla sperimentazione più semplice e meno costosa, nessuno di loro è matto e anche i Frankestein, all’interno del loro sparuto gruppo, sembrano distratti da altre preoccupazioni (capire per esempio dove sono andati a nascondersi tutti quegli uomini politici e quegli scienziati che hanno sempre cercato di sostenere le loro - legittime - riserve etiche raccontando in giro che la ricerca sulle staminali embrionali non serviva a niente e che era più che sufficiente quella sulle staminali adulte).Vorrei comunque alcuni chiarimenti, da questi simpatici festaioli (è generico, tra loro ci sono anche distinte signore). Anzitutto vorrei conoscere le ragioni di tanta sorpresa e di tanti elettrizzati peana di vittoria: se non ricordo male il professor Vescovi, aveva già superato tutti i motivi di questi contrasti etici quando (Science, 1999) aveva dichiarato di poter trasformare le cellule staminali adulte del cervello in sangue, avendo scoperto che le adulte erano altrettanto pluripotenti quanto le embrionali al punto da rendere queste ultime inutili. In ogni caso, se questa è la via da seguire, quella da chiudere con urgenza è la strada lastricata d’oro del trapianto di cellule staminali adulte prelevate da aborti spontanei, mai caratterizzate, mai validate, sulle quali i ricercatori cattolici e gli atei compunti sembrano insistere tanto. In terzo luogo, vorrei tanto sapere come mai non ha più nessuna importanza, per tanti bravi cattolici, la famosa cooperatio ad malum in nome della quale, fino a non molto tempo fa, venivo brutalmente zittito nei pubblici dibattiti. Capisco che la cosa può sembrare misteriosa, ma non è così, ve la spiego rapidamente. Questo concetto si basa sul principio della cosiddetta complicità indiretta: se qualcosa deriva da una catena di eventi che inizia con un atto moralmente eccepibile, tutti i suoi anelli sono macchiati dalla immoralità originaria, non importa quanto grandi siano i benefici e indipendentemente dal fatto che l'atto immorale iniziale sia stato o no condannato da chi ha potuto fruire di questi vantaggi, perché l’immoralità, il disvalore, si trasferisce dal primo atto eticamente condannabile a tutti gli atti successivi. È possibile che questo trasferimento di colpa implicita si arresti in un qualsiasi stadio della catena di indagini, così che da quel momento in avanti chi trae vantaggio dai risultati possa essere considerato esente da colpe morali? Non ne sono sicuro, ma immagino che la risposta dipenda da molte cose, come la gravità dell’atto, il carattere determinante della cooperazione, la natura dei benefici e il fatto che essi siano così importanti da incoraggiare la ripetizione dell’atto immorale iniziale. In ogni caso, ritengo che sarebbe immorale utilizzare una conquista scientifica che si fosse basata su ricerche eseguite dai criminali tedeschi nei campi di concentramento. In ogni caso, la Pontificia Accademia per la vita ha condannato non solo la possibilità di utilizzare le cellule staminali embrionali, ma anche la loro progenie cellulare e ciò perché esiste «cooperazione materiale prossima nella produzione e nella manipolazione degli embrioni umani da parte del produttore o fornitore»: è complicità indiretta, cooperatio ad malum.Che nessuno per favore mi venga a raccontare che gran parte delle conoscenze che hanno consentito a Thomson e a Yamanaka di ottenere i risultati dei quali discutiamo non derivano da studi eseguiti sugli embrioni, studi dei quali Thomson è particolarmente esperto, studi che Yamanaka continuerà a condurre per accumulare ulteriori conoscenze. Quindi, come la mettiamo? Uccidere non serve (forse) più, abbiamo già dato? O la religione cattolica ha deciso di adeguarsi, di non prendere troppo di petto questo mondo inquieto e incerto e di inserire, tra i propri comandamenti, anche un bel “scurdammoce o’ passato”?Leggo, tra le richieste dei bioeticisti cattolici, anche quella di sospendere i finanziamenti delle ricerche sulle staminali embrionali (ma non è un suicidio? Anche quelle di Yamanaka sono, adesso, staminali embrionali!), ma su questo punto ritornerò, ho bisogno di spazio. Per il momento mi limito a riproporre ai bravi cattolici la questione che ho già presentato loro in un precedente intervento su questo giornale: come mai i vescovi irlandesi si sono dichiarati tutti favorevoli a modificare la norma costituzionale che prevede la protezione dell’embrione a partire dal concepimento spostando l’inizio di questa tutela al momento in cui l’embrione si impianta? In altri termini, come mai i buoni vescovi irlandesi hanno scelto di privare di protezione l’embrione fuori dal grembo materno, autorizzando implicitamente la produzione di cellule staminali dalla blastocisti e altre consimili porcherie? Non ci saranno, in seno al Vaticano, eretici e miscredenti che si sono lasciati contagiare da queste o da altre teorie diaboliche? Non sarebbe poi così strano, tutte le dittature creano qualche forma di resistenza, perché la dittatura dell’embrione dovrebbe fare eccezione?

martedì 20 novembre 2007

Tra i 498 beatificati recentemente anche

Tra i 498 beatificati recentemente anche l’agostiniano Gabino Olaso Zabala che avrebbe assistito a torture di preti
Spagna, se questo è un martire
di Franco Mimmi
Gabino Olaso avrebbe incoraggiato le violenze su preti contro la dominazione spagnola nelle FilippineUn sacerdote accusa: «Mi picchiavano il priore e gli altri sette contemplavano il mio martirio»
Sono cose che succedono quando persino il martirio finisce in propaganda: nel numero delle vittime capita anche qualcuno non proprio degno della beatificazione, e la sua macchia rischia di offuscare tutte le aureole. È quanto è successo alla schiera di 498 martiri della guerra civile spagnola che il mese scorso la Chiesa ha elevato al primo gradino dell’altare: tra essi è finito l’agostiniano Gabino Olaso Zabala, che in gioventù – l’accusa è di un altro sacerdote, il filippino Mariano Dacanay – avrebbe assistito, addirittura incoraggiandole, alle torture inflitte ad alcuni preti contrari alla dominazione spagnola nelle Filippine. Un dettaglio ufficiale ma di cui le fonti della chiesa cattolica preferiscono non far cenno, così come è stato lasciato fuori dalla lista dei beatificandi Jeroni Alomar, un sacerdote di Majorca che un consiglio di guerra franchista condannò alla fucilazione, nel 1937, per «aiuto alla ribellione». Ecco, in breve, le due storie.Olaso Zabala, nato nel 1869 ad Abadiano, nella provincia basca di Vizcaya, fu ordinato sacerdote nel 1893 e l’anno seguente inviato nelle Filippine. Erano gli anni del tramonto dell’impero spagnolo, e una decina di sacerdoti locali furono arrestati perché sospetti di simpatie rivoluzionarie. Uno di essi, Dacanay, descrisse poi così ciò che gli era capitato: «La vittima è obbligata a piegarsi sulle ginocchia. Si colloca una sottile canna di bambù sotto le sue ginocchia e con una corda si legano ad essa i suoi polsi, uno a ogni lato del corpo. In questa posizione la vittima è solo una palla che, se cerca di muoversi, rotolerà al suolo. In questa umiliante e dolorosa posizione le guardie mi colpirono mentre mi insultavano... Il priore e i sette superiori del seminario, in vece di compatire la mia sofferenza per la crudele tortura, contemplavano il mio martirio con visibili segni di piacere. Addirittura chiedevano alle guardie che mi trattassero con più crudeltà, il padre Gabino Olaso, per esempio... Un’altra volta rotolai vicino a padre Gabino, che stava tranquillamente contemplando la scena, e mi diede nella testa un tremendo calcio che mi lasciò del tutto incosciente».Olaso tornò in Spagna nel 1900, fu professore in vari collegi e nel ‘36 era superiore a Caudete quando scoppiò il levantamiento franchista. Arrestato con i suoi confratelli, fu fucilato pochi giorni dopo.Ed ecco la storia di Jeroni Alomar, sacerdote di Llubi nel centro di Majorca, isola dove gli esponenti della Chiesa e della destra non erano mai stati oggetto di alcuna violenza e dove il golpe franchista trionfò senza una reale opposizione. Ma la repressione si scatenò ugualmente contro quanti erano conosciuti come simpatizzanti della sinistra o anche solo del centro, peggio ancora se avevano fatto parte delle liste del Fronte Popolare, e furono migliaia i morti assassinati. Jeroni Alomar si impegnò per salvare la vita di alcuni dei perseguitai, non per motivi politici ma per spirito di giustizia e carità cristiana. Arrestato, nel giugno 1937 fu condannato e fucilato senza protesta alcuna da parte del vescovo Josè Miralles (un sostenitore incondizionato dei golpisti che era solito dire gioiosamente: «Solo un 10 per cento di questi nostri amati figli ha rifiutato i santi sacramenti prima di essere fucilati dai nostri buoni ufficiali»).Non stupisce, di fronte a una Conferenza episcopale spagnola sempre più in umor di crociata, che si vadano formando comunità cattoliche di base critiche con l’atteggiamento dei vescovi. Pochi giorni fa si è tenuta a Madrid la Prima Assemblea di Reti Cristiane, per proclamare «davanti alla società un’altra voce della Chiesa, dall’interno della Chiesa». Ma hanno dovuto riunirsi in un locale dell’università Complutense, perché il collegio agostiniano nel quale avevano prenotato una sala é stato loro vietato, all’ultimo momento, su pressione del cardinale Rouco Varela, arcivescovo di Madrid.

La Chiesa si scusa: «errori» nella Guerra civile

In Spagna Memoria e riconciliazione
La Chiesa si scusa: «errori» nella Guerra civile
di Elisabetta Rosaspina
MADRID — Tre settimane dopo la beatificazione di quasi 500 religiosi massacrati, per lo più dagli anarchici, prima e durante la guerra civile in Spagna, la Chiesa ammette: «Dobbiamo anche noi chiedere perdono per gli errori commessi in quel decennio». Il discorso del vescovo Ricardo Blázquez, presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, ha lasciato ieri sbalordita una buona parte del clero locale. Nessuno, o forse soltanto pochi si aspettavano che all'assemblea plenaria dei vescovi potesse essere affrontata così la questione della memoria storica.Il momento è delicato. Si sono appena sopite le polemiche sul criterio con cui il Vaticano ha scelto il nuovo contingente di martiri per la fede, tutti a debito del bando repubblicano; e stanno per riaccendersi le discussioni al Senato sulla legge che cancellerà i simboli franchisti dagli edifici pubblici, riaprirà molte fosse comuni e ricordi dolorosi; e smuoverà inevitabilmente sentimenti e risentimenti, solamente accantonati negli ultimi trent'anni.Il «mea culpa» della gerarchia ecclesiastica, accompagnato però dall'esortazione a «non riaprire ferite né riattizzare rancori», marca comunque un drastico cambio di rotta nell'atteggiamento della Chiesa spagnola che si era considerata finora soltanto una vittima, prima delle persecuzioni durante la seconda Repubblica e, poi, delle barbarie del conflitto fratricida negli anni dal 1936 al 1939. Alle accuse di aver appoggiato il golpe del generale Franco, lo schieramento nazionalista e poi la dittatura, i vescovi avevano opposto un elenco di almeno settemila, fra preti, suore e fedeli, torturati e uccisi spesso soltanto per la loro veste o il loro credo: «La Chiesa nella guerra civile fu soggetto paziente e vittima», proclamava nel 2000 l'allora portavoce della conferenza episcopale, Juan José Asenjo.Mai, prima del vescovo Blázquez ieri, un prelato aveva alluso a eventuali «azioni concrete» che potessero aver generato odio e vendette nei confronti dei sacerdoti. Alla fine del suo mandato al vertice della Conferenza episcopale, Blázquez ha deciso, a sorpresa, di fare qualche concessione alle critiche. Il presidente dei vescovi spagnoli ha la sua diocesi a Bilbao, e proprio nel Paese basco morirono trucidati, questa volta per mano franchista, altri preti non ancora inclusi nella lista dei martiri.Che non sia stata ancora fatta luce su tutta la ferocia di quel periodo è innegabile, e Blázquez ritiene sia arrivato il momento per gli storici di andare a fondo: «In molti casi avremo motivo di ringraziare Dio per ciò che fu fatto e per le persone che agirono; e probabilmente in altri momenti, di fronte ai fatti, senza elevarci orgogliosamente a giudici degli altri, dobbiamo chiedere perdono e ritrovare l'orientamento». Secondo l'insegnamento di Papa Giovanni Paolo II, ha ricordato ancora Blázquez, e il suo invito alla «purificazione della memoria »: che «implica tanto il riconoscimento di limiti e peccati quanto il cambio di comportamento e il proposito di emendarsi ».
---
penso che le parole si Raoul Vaneigem siano più che sufficiente per commentare la notizia:
"
Lo si e' visto come mercante di sofferenze, commesso di grazie, socialista, antifascista, stalinista, barbuto, reichiano, anarchico. E' stato sotto tutte le insegne, sotto tutte le bandiere, ai due lati del bastone, nella maggior parte delle esecuzioni capitali, dove ha tenuto sia la mano del carnefice che quella del condannato.
"

Usa, missionari pedofili anche tra gli eschimesi

Usa, missionari pedofili anche tra gli eschimesi
I gesuiti pagano i danni
La somma, 50 milioni di dollari, è la più alta mai pattuita da un ordine religiosodi Mario CalabresiNew York - La Compagnia di Gesù pagherà 50 milioni di dollari per risarcire 110 eschimesi che subirono abusi sessuali da religiosi gesuiti quando erano bambini o adolescenti, tra il 1961 e il 1987.Gli scandali nella Chiesa americana continuano a rivelare nuove e inaspettate storie, cominciati nel 2002 a Boston, sembravano dover finire con il grande accordo di quest´estate tra la diocesi di Los Angeles e 508 persone che erano state molestate o stuprate negli ultimi settant´anni.Ma ora dall´Alaska arriva la notizia che per tre decenni in 15 minuscoli villaggi, tra i più isolati e remoti al mondo, abitati dagli Yupik, che insieme agli Inuit formano il popolo eschimese, si sono ripetute violenze e abusi da parte di una decina di preti e da tre missionari della Compagnia fondata da Ignazio di Loyola.Da quattro anni erano cominciate le denunce, ma prima del processo si è arrivati ad un´offerta di risarcimento che eviterà il dibattito in tribunale. Secondo l´avvocato degli eschimesi, Ken Roosa, si tratta di una cifra record per un ordine religioso, grazie all´accordo extragiudiziale ogni vittima riceverà oltre mezzo milione di dollari, in cambio nessuno dei gesuiti verrà incriminato e non è richiesta alcuna ammissione di colpevolezza.La Compagnia di Gesù, attraverso il padre provinciale dell´Oregon, John Whitney, responsabile per l´Alaska, ha mostrato fastidio per la pubblicità data all´accordo, ha definito l´annuncio prematuro e ha negato che i gesuiti abbiano inviato per anni «in esilio» in Alaska sacerdoti di cui conoscevano le tendenze sessuali, come invece sostengono alcune delle vittime. Lo stato nel nord-ovest del continente americano viene invece definito dai gesuiti come «una delle terre di missione più difficile» e per questo la Compagnia sostiene di inviarvi i missionari più coraggiosi e preparati.A St. Michael, un´isoletta lunga 15 chilometri che si trova nel Norton Sound, la baia del mare di Bering scoperta dal capitano James Cook nel 1778, il diacono Joseph Lundowski abusò di quasi tutti i bambini di Stebbins e St. Michael, i due minuscoli villaggi abitati da 150 famiglie. Accusato da 34 persone, che nelle testimonianze raccontano delle violenze avvenute in una minuscola chiesa, dopo il catechismo, durante i bui pomeriggi dell´inverno dell´Alaska, Lundowsky era un gigante con la testa pelata e gli occhi blu, lavorava come diacono per la diocesi anche se i gesuiti hanno negato alcun legame con il loro ordine e ufficialmente non sapevano chi fosse. Lasciò l´isola nel 1975 e ora si è scoperto che è morto una decina di anni fa a Chicago alla Pacific Garden Mission, un ricovero religioso con mensa e dormitorio. La maggior parte dei sacerdoti accusati sono ormai morti e le vittime, scelte nel tempo tra chi aveva tra i cinque e i quindici anni, oggi hanno tra i trenta e i sessant´anni.In questa causa, come nel caso di Los Angeles, i gesuiti pagano per un mancato controllo e per aver tenuto nascosto per anni lo scandalo, nel 2004 si erano poi aggiunte accuse di aver bruciato e distrutto documenti che dimostravano il comportamento dei religiosi. Tra i sacerdoti sotto accusa il reverendo James Poole, fondatore della radio cattolica del Nord dell´Alaska, che oggi vive in una casa di riposo. Secondo l´accusa i gesuiti sapevano fin dal 1960 che teneva «comportamenti sessuali inappropriati» ma anche quando lo richiamarono a Portland lasciarono che continuasse ad insegnare ai bambini.L´avvocato delle vittime, da Anchorage dove ha lo studio, racconta che nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciare finché non arrivò notizia dello scandalo che aveva investito la diocesi di Boston, allora a poco a poco emersero storie di disperazione, alcolismo e suicidi. «In alcuni villaggi eschimesi - sostiene Roosa - è difficile trovare un adulto che non sia stato sessualmente abusato. Ma nessuno ha ammesso che i preti problematici venivano confinati in Alaska. Ora per i nostri clienti questo accordo significa che le loro storie di abusi, sempre negate, sono finalmente riconosciute».

domenica 18 novembre 2007

PARADISO FISCALE: La casa di Dio non paga tasse

il manifesto 6.10.05
PARADISO FISCALE
La casa di Dio non paga tasse
Il senato converte un decreto estivo che abbona l'ici a tutti gli edifici di proprietà della chiesa, anche se usati a fini commerciali, educativi o di assistenza. E' l'ennesimo buco nei bilanci dei comuni che perderanno almeno 200 milioni di eurodi Sara MenafraDuecento o forse trecento milioni di euro tolti alle amministrazioni comunali. Teoricamente (ma non troppo) moltiplicabili per tredici, quanti sono gli anni di arretrati che la chiesa potrà chiedere indietro. E tolti proprio alle amministrazioni comunali, che già attualmente lamentano la mancanza di fondi, e che ora dovranno stringere un altro po' la corda del saio, pardon la cintura, per fare contenta la chiesa cattolica. Ieri pomeriggio il senato ha approvato la conversione in legge di un decreto legislativo che dà la possibilità alle curie di non pagare l'ici sugli immobili utilizzati «per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura» «pur svolte in forma commerciale se connesse a finalità di religione o di culto». E' la conversione di un decreto estivo scritto dai ministri nel pieno delle vacanze senza neppure prendersi la briga di tornare a Roma, come rivela l'indicazione in calce «dato a La Maddalena il 17 agosto 2005». Le disposizioni urgenti in materia di infrastrutture contenevano una serie di chicche, come ha notato il senatore dei Ds Paolo Brutti. Tra le altre, l'aumento dell'indennità assegnata al presidente del registro italiano dighe, l'uscita dell'Anas dal bilancio dello stato, un finanziamento studiato su misura per l'amministrazione di Catania perché assuma a tempo indeterminato un certo numero di lavoratori socialmente utili (lsu). E poi, appunto il famigerato articolo 6, che rischia di aprire un ulteriore buco nei già rattoppati bilanci comunali.La prima stima parla di una cifra che va dai 200 e i 300 milioni di euro di incassi Ici in meno. Cinque milioni solo a Roma, città curiale per eccellenza. Con due varianti devastanti. La prima è che l'articolo 6 è una «norma interpretativa» della legge che ha istitutito l'Ici. Già nel primo testo (D. lgs. 504/92) le chiese erano esentate dal pagamento della tassa che grava su tutti i proprietari di immobili. Fino a ieri, però, a non pagare la tassa erano solo le attività esplicitamente a fine religioso così come vuole la legge sui beni ecclesiastici e per il sostentamento del clero cattolico (Lg. 20 maggio 1985, n. 222). «Nella pratica ogni curia autocertificava quali edifici avessero fini religiosi e quali no», dice Esterino Montino che oltre a fare il senatore è anche segretario dei Ds a Roma : «In teoria i comuni avevano il diritto di controllare se i dati dell'autocerficazione fossero corretti. Nella pratica, però, non lo faceva nessuno». Per dieci anni tutto è sembrato procedere col quieto vivere proprio del bel paese. Finché un comune piccolo, e per di più in una regione che appena due secoli fa era parte dello Stato pontificio si è tirato su a dir la sua. Il comune di Vasto, quasi due anni fa ha deciso che il vescovo, residente nella «palazzo vescovile» dovesse pagare l'ici. Infondo - debbono aver ragionato al municipio - il palazzo è la sua abitazione privata dunque dovrà pagare, come tutti. Ne è nata una causa giudiziaria che a marzo scorso è arrivata davanti alla corte di Cassazione. E pure la Suprema corte (sentenza 6316 del 23 marzo 2005) ha dato ragione alla chiesa rigettando la richiesta del comune. La curia però, accorta agli affari di stato, ha presagito il pericolo. Anche se il vescovo di Vasto ha vinto la causa, il palazzaccio ha stabilito un principio: gli immobili della chiesa che abbiano fini «commerciali o comunque di lucro», comprese quelle con fini di «assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura» dovranno pagare la famigerata tassa. E l'estate scorsa qualcuno ha convinto i ministri ospiti di Silvio a riunirsi sull'isola sarda e fare un piccolo favore alla curia.La decisione, inizialmente non aveva convinto neppure la destra. E infatti la settimana scorsa la commissione bilancio del senato aveva persino deciso di cassare la norma per mancanza di fondi. Ma poi una telefonata - pare di palazzo Chigi - ha convinto il presidente della commissione, Antonio Azzollini di Forza Italia, a convocare una riunione d'urgenza e modificare il parere. E ieri il senato ha dato l'ok.