Banditi o «espurgati» nel nome di Dio
di Michela Catto
Attraverso l'indice dei libri proibiti, istituito da Paolo IV nel 1559 e soppresso nel 1966, la Chiesa cattolica ha influenzato la diffusione della cultura e la circolazione delle idee. Scrittori come Boccaccio, Machiavelli, Gide o Sartre, o ancora Voltaire, Croce, Leopardi o Mazzini hanno in comune l'essere stati censurati e proibiti. Nelle maglie della censura fini ogni tipo di letteratura, perfino le versioni in lingua volgare della Bibbia.Gli studi in materia hanno ricevuto nuovo impulso dall'apertura dell'Archivio della Congregazione della dottrina per la fede, che raccoglie i documenti completi della Congregazione dell'indice dei libri proibiti, e che ha permesso agli storici di consultare le discussioni dei censori intorno ai libri, di valutarne gli appunti e le osservazioni. Non che prima del 1998 non fossero possibili studi sui meccanismi della censura e sugli effetti nella società, come dimostra la recente raccolta di saggi di Ugo Rozzo, uno dei più grandi studiosi dell'Indice. Nel suo La letteratura italiana negli "Indici" del Cinquecento (Udine, Forum), Rozzo appunta la propria attenzione sui testi ritenuti licenziosi e sul meccanismo dell'espurgazione, cioè la cancellazione delle parti del testo ritenute contrarie alla morale e alla dottrina, un meccanismo di pulizia ideologica che condizionò la tradizione filologica di molti testi letterari. Alle origini dell'Indice, e ai meccanismi della censura prima della nascita della Congregazione è dedicato Nascita dell'indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma (Morcelliana) di Vittorio Frajese. Sempre sul Cinquecento va segnalato l'importante studio di Gigliola Fragnito (Proibito capire. La chiesa e il volgare nella prima età moderna, il Mulino) in cui si ripercorrono i meccanismi di censura alla base della letteratura religiosa attraverso la proibizione dell'uso della lingua volgare; scelta che sul lungo periodo influenzò la coscienza degli italiani e il loro approccio alla fede.Della condanna dell'opera giobertiana si occupano Luciano Malusa e Mauro Letterio (Cristianesimo e modernità nel pensiero di Vincenzo Gioberti. Il "Gesuita moderno" al vaglio delle Congregazioni romane (1848-1852). Da documenti inediti, Franco Angeli) in un saggio che fa coincidere la proibizione del Gesuita moderno con la fine dell'ideale politico neoguelfo e con l'inizio di una profonda diffidenza da parte della Chiesa verso le trasformazioni del mondo moderno.Agli anni del fascismo è dedicato lo studio di Guido Verucci, Idealisti all'Indice. Croce, Gentile e la condanna del Sant'Uffizio (Laterza) in cui si affronta, accanto alla condanna dell'opera omnia di Giovanni Gentile e Benedetto Croce, la ricostruzione del grande dibattito intorno ai manuali, di filosofia, pedagogia e storia per le scuole secondarie e il fallito tentativo di una cattolicizzazione dell'insegnamento scolastico.