La Stampa 4.11.11
“Divorzio” dalla Santa Sede Dublino chiude l’ambasciata
“È una scelta dettata da motivi economici”. Padre Lombardi: liberi di decidere
di Giacomo Galeazzi
Dublino «divorzia» dal Vaticano e, tra le proteste dei vescovi dell’isola, la cattolicissima Irlanda lascia la Curia Romana. Il governo chiude l’ambasciata presso la Santa Sede e assicura che è una scelta dettata da motivi economici legati alla crisi e non dal «grande freddo» nei rapporti diplomatici con la Santa Sede. Rapporti, però, che attraversano una fase molto difficile. Tre mesi fa sia il premier Enda Kenny sia il Parlamento avevano severamente censurato la Chiesa di Roma, tacciandola di «sabotare le inchieste sui preti pedofili». Non era mai successo che Dublino parlasse con tanta forza contro il Vaticano, accusandolo di mettere i propri interessi davanti a quelli delle vittime degli abusi.
La decisione dell’esecutivo irlandese (che ha chiuso anche le rappresentanze in Iran e a Timor Est) è stata presa «per rispondere agli obiettivi del programma dell’Ue e dell’Fmi e riportare la spesa pubblica a un livello accettabile». Replica il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: «La Santa Sede prende atto della decisione dell’Irlanda. Naturalmente ogni Stato che ha relazioni diplomatiche con la Santa Sede è libero di decidere, in base alle sue possibilità e interessi, se avere un ambasciatore presso la Santa Sede residente a Roma oppure residente in un altro Paese». Ma «importanti sono i rapporti diplomatici fra la Santa Sede e gli Stati, e questi non sono in questione».
In seguito alle polemiche sullo scandalo-abusi, il 25 luglio la Santa Sede aveva richiamato a Roma il nunzio apostolico a Dublino «per consultazioni». Un fatto rarissimo, che ha fatto ancora più rumore perché coinvolge un Paese d’incrollabile tradizione cattolica. Al momento il posto di «ambasciatore del Papa» a Dublino è vacante in quanto il nunzio Giuseppe Leanza, prima richiamato in Vaticano, ha poi avuto un nuovo incarico a Praga. La nunziatura è comunque regolarmente aperta.
A settembre la Santa Sede ha inviato una lettera al governo di Dublino, riconoscendo la gravità degli abusi sui minori. Ma il Vaticano ha respinto seccamente, come infondata, l’accusa del governo irlandese di aver ostacolato le indagini e impedito all’episcopato nazionale di denunciare i preti pedofili alle autorità civili. Il governo irlandese ha riconosciuto «la serietà» della risposta vaticana, pur ribadendo che le sue passate posizioni «hanno dato il pretesto ad alcuni per non collaborare» con le autorità del Paese. Ieri, infine, la decisione di chiudere l’ambasciata romana.
«Profondo disappunto» per la «serrata» è stata espressa dal cardinale Sean Brady, arcivescovo di Armagh e Primate d’Irlanda, avvisato con una telefonata del ministero degli Esteri. Brady ha detto che «molti altri condividono questa delusione», ricordando che le relazioni tra i due Stati risalgono al 1929. «Questa decisione sembra mostrare poca considerazione per l’importante ruolo svolto dalla Santa Sede nelle relazioni internazionali e per i legami storici con il popolo irlandese», lamenta il porporato. «Spero che, nonostante questo passo deplorevole, la stretta e reciprocamente vantaggiosa collaborazione tra l’Irlanda e la Santa Sede nel mondo della diplomazia possa continuare» e che Dublino nomini al più presto «un nuovo ambasciatore residente presso la Santa Sede». Per la Segreteria di Stato la delicatezza dei rapporti che intercorrono in questo momento tra la cattolicissima Irlanda e il Vaticano «merita una particolare attenzione».