l’Unità 15.11.11
Se il vento della crisi arriva al vertice della Chiesa cattolica
Nel libro del vaticanista Marco Politi su Joseph Ratzinger un’analisi severa su qualità e limiti dell’attuale Pontefice
di Lorenzo Scheggi Merlini
Un Papa che suscita «tenerezza». Da ammirare per la tenacia con cui affronta le fatiche del pesante ministero petrino; decisamente morigerato nei costumi e quasi ascetico nello stile di vita; uno studioso appassionato; un intellettuale che raggiunge mirabili vette di pensiero e che, come tale, fa breccia negli ambienti intellettuali soprattutto europei. Un ottantaquattrenne coerente che ha già fatto sapere, in caso di impedimento per motivi di salute fisica o mentale, che non esiterà a dimettersi.
Ma anche intransigente nel riaffermare il corpus tradizionale della dottrina cattolica, incurante (o impermeabile) dei segnali che vengono dall’interno dalla Chiesa stessa in materia di morale sessuale, bioetica, sacerdozio femminile, celibato, e che gridano ormai come sia tempo di aprire una discussione senza pregiudizi su tutti questi fronti. E ancora: un uomo che pur essendo stato un protagonista da posizioni innovatrici del Concilio, si colloca ora alla testa di tutti coloro che caparbiamente negano la portata rivoluzionaria che ebbe.
Un Papa eurocentrico, terrorizzato dagli «ismi» che vive come una minaccia mortale per la Chiesa e mai come una occasione. E per questo fu in fondo eletto. Un Papa, ed è il motivo ricorrente di ogni capitolo, incapace e forse anche disinteressato al governo concreto di una comunità mondiale di un miliardo e duecento milioni di fedeli sparsi in tutto il mondo, che per di più si è circondato di collaboratori non all’altezza del compito e non lo aiutano nemmeno ad evitare errori diplomatici.
L’ultima fatica di Marco Politi forse il più acuto, informato e colto fra i vaticanisti italiani giunta da pochi giorni in libreria (Joseph Ratzinger Crisi di un papato, Edizioni Laterza, pagine 328 , euro 18) è un libro che merita tutta l’attenzione richiesta dalla sua complessa, anche se scorrevolissima e appassionante, lettura.
Si presenta con un titolo netto ma non gridato, parla di un papato in «crisi». Ma a ben vedere, nel ripercorrere gli episodi più salienti del settennio ratzingheriano, tutti documentati in maniera certosina, con una messe di materiali davvero imponente, degna di uno storico più che di un giornalista, viene fuori un affresco impietoso che fa spesso pensare ad un vero e proprio fallimento. Sfilano capitolo dopo capitolo la crisi col mondo islamico, quella, ricorrente, con gli ebrei, la revoca della scomunica comminata agli ultraconservatori negazionisti anticonciliari di Marcel Lefebvre, nomine inopportune di vescovi indegni e, il cancro della pedofilia, tollerato, occultato per tanti, troppi anni.
Politi dà atto ovviamente a Benedetto XVI delle ultime, durissime posizioni e dei provvedimenti conseguentemente adottati contro la pedofilia e i preti pedofili ma, constata suffragando l’affermazione con moltissimi documenti, con colpevole ritardo. Ecco, questi aspetti negativi hanno ormai caratterizzato il papato e prevalgono, sostiene il vaticanista, su quelli, pure importanti, positivi.
Una tesi certamente opinabile che ovviamente non è da tutti condivisa. Da parte soprattutto di chi pensa che debba prevalere, nel giudizio, il ruolo di denuncia del Papa contro il capitalismo finanziario impazzito, contro il liberismo che produce miseria e povertà, contro la deriva di un mondo che sembra avere smarrito i valori forti e che si muove senza bussola. Ma certamente le argomentazioni e i fatti sciorinati da Politi, sono macigni che non possono assolutamente essere elusi.