giovedì 1 maggio 2008

Dove sono finiti i laici?

Dove sono finiti i laici?
Il Riformista del 1 maggio 2008, pag. 1

di Filippo Facci

L’ultimo toto-ministri sussurra che il ciellino Maurizio Lupi dovrebbe diventare ministro della Funzione pubblica e non quindi della Sanità.

Meno male: sia perché Lupi nel primo dicastero può solo far bene (è un grandissimo lavoratore, oltretutto) sia perché ciellini e atei devoti è sempre meglio che dalla Sanità restino comunque lontani: così come sarebbe stata una sciagura, opinione personale, l’immaginarsi un Giuliano Ferrara sullo stesso scranno. Il perché è ovvio: Lupi è l’uomo di Roberto Formigoni nella Capitale (si conoscono da vent’anni) e sarebbe logico aspettarsi, nel caso, che l’antiabortismo della Regione Lombardia potesse replicarsi su scala nazionale, e con esso, nell’ordine: 1) un occhio di riguardo per gli obiettori; 2) un rifiuto totale per ogni ipotesi di testamento biologico; 3) un diniego assoluto delle cosiddette «linee guida» sulla 194, quelle che a suo tempo furono suggerite del ministro Livia Turco e immediatamente rigettate dal Pirellone: troppo abortiste.



Detto questo, e sempre che l’altro papabile alla Sanità, Ferruccio Fazio, non finisca per fare le veci di un Lupi (Fazio è un tecnico, ma è anch’egli suggerito da Formigoni) restano da capire le intenzioni del prossimo governo circa i temi eticamente sensibili Nel marzo scorso, a tal proposito, nel Pdl fu preannunciato un gruppo di lavoro composto da Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella, Mara Carfagna, Barbara Saltamartini e Alfredo Mantovano. Questo gruppo, sempre prima del voto, ha tenuto una conferenza stampa rassicurante e al tempo stesso allarmante per genericità. L’esistenza di una pluralità di opinioni «etiche» in una stessa parte politica, in sostanza, è stata denigrata in particolare da Quagliariello e Roccella, e con essa quella libertà di coscienza che il liberista Berlusconi ha tuttavia sempre avallato. Quagliariello, poi, liquidando eventuali «scarti di coscienza individuale», ha parlato di «visione antropologica condivisa» e quindi di soluzioni, le sue, le loro, che «valgono per tutti gli aderenti al Pdl». Ne sono davvero certi? E su quali fonti si basa la loro valutazione? Meglio ancora: chi li assicura che l’elettorato del Pdl la pensi come loro a proposito per esempio della contraccezione o del testamento biologico? La contraccezione, secondo Eugenia Roccella, «promuove una cultura dell’aborto». Il testamento biologico, secondo Mantovano, è «il nome gentile dell’eutanasia». Da studi e sondaggi, sinceramente, non risulta che l’elettorato del centrodestra la pensi proprio così. E infatti l’impressione, il timore, è che il centrodestra circa questi temi voglia orientare l’elettorato anziché recepirlo. Senza contare che una buona fetta dei parlamentari laici del Pdl, coloro che potrebbero obiettare qualcosa, semplicemente non sono stati ricandidati.