giovedì 1 maggio 2008

Era necessario un blitz per un risultato così magro?

Era necessario un blitz per un risultato così magro?

Il Riformista del 1 maggio 2008, pag. 4

di Anna Meldolesi

Quando arriva la notizia della pubblicazione delle nuove linee guida della legge 40, dopo il ballottaggio romano e mentre si elegge il nuovo presidente della Camera, la sorpresa sconfina nell’incredulità: chi l’avrebbe mai detto, Livia Turco ha fatto il blitz. Dopo aver letto le nuove linee guida, però, la sensazione è un’altra: se non è un bluff, poco ci manca. In definitiva ci ritroviamo con delle linee guida che cambiano poco la situazione concreta delle migliaia di coppie vessate dalle restrizioni della legge sulla fecondazione assistita, ma rischiano di funzionare come un drappo rosso agitato nell’arena politica.



Vediamo perché. L’apertura ai portatori di malattie infettive, come Hiv ed epatite, è positiva, ma i bene informati sostengono che fosse stata concordata da tempo con il mondo cattolico. Di fronte al pericolo di contagiare madre e bambino con la procreazione naturale, in pochi avrebbero alzato le barricate. E poi gli specialisti di fecondazione assistita contano sulle dita di una mano gli interventi eseguiti a questo scopo nell’arco di carriere pluridecennali. Assai più decisivo, in termini politici e numerici, sarebbe stato consentire finalmente alle coppie portatrici di malattie genetiche di selezionare gli embrioni sani prima del trasferimento in utero. Le nuove linee guida, però, non garantiscono questo risultato. Mentre la definizione di sterilità viene allargata per permettere anche ai sieropositivi l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, non si compie lo stesso passo nei confronti dei portatori di malattie genetiche. Certo questi ultimi potranno affermare di essere sterili pur non essendolo, per aggirare l’ostacolo. C’è un altro impedimento, però, che non si può superare in alcun modo: il problema è che la diagnosi genetica preimpianto, finché si avranno a disposizione soltanto tre embrioni, servirà a poco. Perché la situazione cambi davvero, dunque, dovremo aspettare nuovi pronunciamenti della magistratura che boccino il limite dei tre embrioni, a cui le linee guida non hanno rimediato né potevano rimediare. E allora, valeva la pena di ricorrere a modalità da blitz per portare a casa un bottino tanto magro? C’è da dubitare che con metodi del genere si possano ottenere buoni risultati quando in ballo ci sono materie tanto delicate, ma se proprio si voleva fare un colpo di mano, allora bisognava farlo fino in fondo. Magari per introdurre una definizione di embrione che avrebbe modificato concretamente l’applicazione della legge, aprendo la strada agli zigoti tedeschi che qui in Italia siamo soliti chiamare ootidi. Questa via, teorizzata da Giuliano Amato nel tentativo di evitare il trauma referendario, può essere criticata su più fronti e a suo tempo l’abbiamo fatto. Ma avrebbe avuto il merito di consentire il congelamento prima della fusione dei nuclei di ovocita e spermatozoo.



Nel ristretto gruppo di lavoro di Livia Turco pare che l’idea sia stata perorata, ma non è mai stata seriamente presa in considerazione. Quello sì che sarebbe stato un atto di coraggio, ma questo? Il giudizio di uno dei più noti specialisti di fecondazione assistita, Luca Gianaroli, è lapidario: il direttore del Sismer di Bologna, che è anche chairman dell’European Society for Human Reproduction and Embriology, giudica le linee guida deludenti, addirittura patetiche perché calate a sorpresa nel momento politico meno appropriato. E dire che le vecchie linee guida erano scadute dal luglio 2007, davvero in nove mesi di lavoro non si poteva fare di meglio? Neppure l’impianto giuridico del nuovo testo è esente da critiche. Cinzia Caporale, in particolare, fa notare che Livia Turco commette lo stesso errore del suo predecessore Girolamo Sirchia, quello di tirare la legge dalla propria parte anche se con la lodevole intenzione di renderla meno restrittiva. La coerenza interna del provvedimento, insomma, viene meno perché da una parte si seguono le indicazioni della magistratura ripulendo le vecchie linee guida da un divieto che non era esplicitato nella legge (la diagnosi preimpianto), dall’altra si inserisce un’altra novità che non era prevista nella legge (la sterilità di fatto dei portatori di malattie infettive). Il coniglio uscito dal cilindro di Livia, dunque, non è un’operazione compiuta dal punto di vista bioetico o biogiuridico e non allarga significativamente la porta di accesso alle tecniche di fecondazione assistita. E allora, a che serve? Forse a segnalare un riposizionamento simbolico sul fronte della laicità? Certo i tempi dei ricatti teodem sono lontani, le elezioni hanno dimostrato uno scarso potere di attrazione del Pd sull’elettorato cattolico, gli equilibri tra le diverse anime democrat sono tutti da ridefinire e le leadership da riaffermare. E allora c’è una domanda che vorremmo fare a Livia Turco: quanti dentro al Pd erano al corrente della sua mossa a sorpresa?