mercoledì 21 maggio 2008

Le cattive ragazze che anche oggi non smettono di lottare

Le cattive ragazze che anche oggi non smettono di lottare

Liberazione del 21 maggio 2008, pag. 14

di Olivia Fiorilli
La libertà di scegliere se interrompere o meno una gravidanza, garantita - pur tra molte difficoltà - dalla legge 194 è stata, negli ultimi trent'anni, continuamente messa in discussione nei fatti - attraverso un progressivo "svuotamento" della norma - e a parole. Le femministe, ormai, ci hanno "fatto il callo". Questo attacco perpetuo ha spesso "inchiodato" i movimenti femministi all'urgenza del momento e li ha costretti a stare sulla difensiva. Anche il Sommovimento femminista e lesbico - nato con una grande manifestazione contro la violenza sulle donne - si è sviluppato in contemporanea all'ennesima offensiva contro la libertà di aborto. E non poche hanno espresso la volontà di non lasciarsi dettare l'agenda dai continui attacchi all'autodetrminazione delle donne e alla legge 194. Anche se la consapevolezza dell'importanza di difendere lo spazio di libertà aperto da questa norma, sudato frutto della lotta dei movimenti femministi negli anni 70, resta diffusa. Come è diffusa l'idea che la messa in discussione di questa legge - in questo momento - non potrebbe che essere molto pericolosa. Eppure avanza la percezione di un'importante svolta nella forma degli attacchi all'autodeterminazione delle donne in tema di aborto.
"La legge 194 non va cambiata, ma applicata in ogni sua parte". Questo leit motiv è diventato ormai a dir poco "sospetto" per quante mantengono uno sguardo vigile sugli spazi di autodeterminazione delle donne. Nonostante gli ultimi "affondi" del papa e del settimanale Famiglia cristiana , nell'ultimo periodo l'attacco a questa libertà sembra passare di preferenza attraverso l'uso di alcune parti di una legge che, non a caso, è intitolata "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". Anche la campagna di Giuliano Ferrara a favore di una "moratoria sull'aborto", uno degli attacchi alla libertà di aborto più eclatanti dell'ultimo periodo, non ha mai avuto come obiettivo una modifica del testo della legge. L'elefantino ha sempre sostenuto che la sua è una battaglia culturale contro la «barbarie» dell'aborto ed il «maltrattamento disumanizzante della vita umana». La neo-ministra delle pari opportunità, Mara Carfagna, è riuscita - con un ragionamento contorto e con un linguaggio francamente inquietante - a dare ragione a Benedetto XVI, pur sostenendo di essere contraria alla revisione della legge. «Condivido le parole del Papa quando afferma che la 194 è una ferita, che oggettivamente ha fatto perdere all'Italia milioni di vite provocando un danno spirituale e demografico al Paese» ha scritto la ministra, «questo è dovuto soprattutto ad una cattiva e incompleta applicazione della norma».
Che la legge 194 offra più di una sponda ai progetti degli anti-abortisti nostrani, l'ha notato da tempo anche il collettivo femminista milanese Maistat@zitt@, che all'assemblea nazionale del sommovimento femminista e lesbico del 12 gennaio scorso ha riproposto, come parola d'ordine, la "depenalizzazione dell'aborto", già appartenuta ad una parte dei femminismi degli anni 70. «Adesso che siamo circondate da malintenzionati che vogliono entrare e spaccare tutto possiamo anche gridare "non si fa!", ma forse sarebbe stato meglio, quando lo si poteva fare, rimetterci mano e aggiustare le serrature», scrivono le Maistat@zitt@, che dalla regione Sagrestia - come è stata ribattezzata la Lombardia di Formigoni - hanno assistito a più di un tentativo di "sfondamento" portato avanti "forzando un po'" la 194. A partire dal limite temporale per effettuare un aborto terapeutico, fissato dalla regione a 22 settimane (al momento il Tar ha sospeso il provvedimento, ma la regione ha fatto ricorso al Consiglio di Stato). In questo caso la giunta Formigoni ha approfittato del fatto che la 194 non pone dei limiti temporali per l'aborto terapeutico, ma - all'articolo 6 - specifica che questo può essere praticato solo se l'età gestazionale non permette la sopravvivenza del feto (salvo nel caso in cui la vita della donna sia in pericolo): limite che varia insieme alle evoluzioni della tecnica.
Ma la 194 offre anche la sponda all'ingresso dei volontari anti-abortisti nei consultori (articolo 2) e, soprattutto, al dilagare dell'obiezione di coscienza, prevista dall'articolo 9. E' per fare un "passo avanti", oltre la mera difesa della legge, che le Maistat@zitt@ hanno lanciato la campagna "obiettiamo gli obiettori". Si tratta di organizzarsi non solo per rivendicare, ma anche per praticare dei diritti. Il collettivo milanese ha infatti proposto di raccogliere informazioni negli ospedali e nei consultori, individuando i medici obiettori e boicottando le strutture dove questi sono più presenti.
La campagna è stata accolta da più parti in Italia. «La legge 194 è una conquista per le donne, per la loro libertà di scelta, per la loro salute, ma la legge in questione va cambiata» scrive il collettivo Malefimmine di Palermo, che ha condotto un'inchiesta sui consultori del capoluogo siciliano per monitorare la presenza degli obiettori al loro interno. «La legge 194 sancisce il diritto di ogni donna di decidere della propria vita e poi, con un assurdo controsenso, limita lo stesso permettendo a dei bigotti clerico-fascisti di decidere al posto della donna, opponendo il veto alla richiesta di aborto, rifiutandosi quindi di fornire un servizio. (…) Siamo pienamente convinte che si debba lottare per abolire l'art. 9 e si debba eliminare la figura dell'obiettore. Il contratto di lavoro dovrebbe vincolare il medico a rispettare la salute di ogni donna!».
Anche il gruppo donne dell'ex Snia Viscosa di Roma, che da anni lavora all'interno dei consultori e ultimamente ha dato vita ad un'assemblea delle donne all'interno di quello di piazza dei Condottieri, si è posto il problema dell'obiezione di coscienza e sta cercando soluzioni. Ma la messa in discussione di una legge che negli ultimi trent'anni ha garantito - bene o male - la possibilità di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza fa ancora paura. Soprattutto di questi tempi.