martedì 6 maggio 2008

Il Mare nostrum e la Legge 40

l’Unità 6.5.08
Il Mare nostrum e la Legge 40
di Carlo Flamigni

Le nuove linee guida sulla legge 40 sono un passo nella direzione giusta
Certo, si poteva fare di più. Ma in un Paese dove il neopresidente della Camera ricomincia a parlare di Mare Nostrum è bene non illudersi

In questi ultimi tempi, a peggiorare ulteriormente il mio malessere (inutile che ne precisi le cause) sono arrivate alcune dichiarazioni degli esponenti della destra vittoriosa che hanno deciso che non esistono più barriere per le loro esternazioni. Ne potrei citare una infinità, mi limito a riportarne due, entrambe dell’onorevole presidente Fini, che mi sembrano particolarmente significative e che il neo-presidente della Camera dei Deputati ha inserito nel suo primo discorso al Parlamento, subito dopo la sua elezione. Il Paese è laico, ha detto Fini, e la laicità è un bene prezioso e una ricchezza incalcolabile per tutti noi; naturalmente, ha aggiunto, il primo dovere di un Paese laico è quello di riconoscere il fondamentale ruolo del cristianesimo nella costruzione della nostra società e nella formazione delle nostre radici culturali. Se ho capito bene - qualche volta il pensiero del Presidente è tortuoso - la laicità se la sono inventata i Vescovi, ai quali dobbiamo imperitura gratitudine e naturale ubbidienza. C'è stata in passato una teoria del genere (la dottrina delle due spade) ma riguarda papa Gelasio II e l’anno, se lo ricordo bene, era il 494... Poi l’onorevole Presidente Fini mi ha rispedito nel passato, in un momento della mia vita di ragazzo che pensavo di aver dimenticato: avevo poco più di dieci anni e partecipavo a una delle poche adunate oceaniche alle quali mia madre mi consentiva di esser presente, preoccupata come era per la mia salute e terrorizzata dal timore che prendessi freddo. Il capomanipolo, voce stentorea, mani sui fianchi, ci arringava sui diritti dell’Italia Fascista, parlava di Nizza, della Savoia, di Malta, della fatale Corsica e soprattutto parlava del Mare Nostrum e continuava a ripetere Mare Nostrum, Mare Nostrum. Così, quando il neopresidente ha detto «Mare Nostrum», ho avuto una piccola crisi di nervi, mi sono completamente confuso e, dritto (per quanto possibile) sulla persona, convinto di aver intonato a gola spiegata «Bella ciao», ho invece cominciato a cantare, sotto lo sguardo stupefatto e un po’ spaventato di mia moglie, «Ciao ciao bambina». L’età, sapete.
Nel pomeriggio le cose sono molto migliorate, perché è uscita la notizia che il ministro della Salute ha finalmente approvato le nuove linee guida sulla legge 40, eliminando la proibizione di eseguire indagini genetiche pre-impiantatorie, ammettendo ai trattamenti le coppie affette da malattie infettive e inserendo, come novità, l’obbligo per i centri di mettere a disposizione delle coppie che ne facciano richiesta una consulenza psicologica. Poiché molti mi hanno chiesto un parere, ho pensato di confidarlo (il clima non è adatto alle dichiarazioni, accontentiamoci delle confidenze) ai miei lettori dell’Unità.
È bene anzitutto ricordare che le linee guida previste per la legge 40, contrariamente alle linee guida relative a tutti gli altri problemi della medicina che sono soltanto indicative, non possono essere ignorate, rappresentano un vero e proprio obbligo. Le prime linee guida sono state preparate da una commissione nella quale hanno avuto un ruolo prevalente due professori di storia del diritto romano, noti soprattutto per il loro rigore di cattolici radicali. Questo fatto giustifica alcune delle scelte fatte dalla commissione, che ha interpretato in senso restrittivo molti degli articoli della legge, recando imbarazzo persino in una parte dei commissari cattolici meno intransigenti.
Uno dei temi più controversi affrontati da quella prima commissione è stato proprio quello delle indagini genetiche preimpiantatorie, che in realtà la legge non proibisce espressamente ma che trovavano un serio ostacolo solo in un articolo nel divieto di eseguire interventi definiti genericamente come “eugenetici”. Le linee guida, con una scelta molto discutibile, hanno invece espressamente proibito ogni indagine sull’embrione che non sia morfologica (in pratica hanno consentito solo esami completamente inutili) e questo ha sollecitato molte coppie portatrici di malattie genetiche ad andare a cercare fortuna nei laboratori stranieri. Negli ultimi tempi il tribunale di Cagliari e quello di Firenze hanno accettato il ricorso di coppie che ritenevano illegittima questo divieto e il Tar del Lazio ha considerata illegittima la parte delle linee guida che contiene proprio questa proibizione. Le nuove linee guida, appena varate dal ministro Turco, hanno deciso di tenere conto di queste decisioni della Magistratura e non fanno menzione di particolari divieti.
È, lasciatemelo dire, una vittoria molto parziale, per varie ragioni. Anzitutto resta l’obbligo di fertilizzare soltanto tre oociti, cosa che in pratica annulla il significato della liberalizzazione, che resta solo una dichiarazione di principio, importante dal punto di vista simbolico, ma niente di più. Per varie ragioni, infatti, per far sì che le indagini genetiche sull’embrione possano essere eseguite con qualche speranza di risultare utili, è necessario che il laboratorio possa disporre di un numero di embrioni significativamente maggiore. È vero che il Tar del Lazio ha interrogato la Corte Costituzionale sulla liceità della norma che limita il numero di oociti che possono essere fertilizzati e che esistono vari ricorsi recentemente presentati in varie città italiane proprio su questo punto, ma al momento la proibizione resta valida e le coppie italiane continuano a frequentare i laboratori stranieri. Il secondo punto riguarda la proibizione di eseguire interventi che possano essere considerati “eugenetici” e immagino che sul significato di questo termine si aprirà una discussione infinita: solo per fare un esempio ricordo che la signora Binetti, donna di sentimenti deliziosi e di convinzioni inesorabilmente sbagliate, ritiene che sia un atto di eugenetica impedire a un embrione gravemente malformato di proseguire nel suo sviluppo e di nascere, laddove a me sembra un atto di straordinaria crudeltà lasciarlo venire al mondo. Comunque la scelta di non trasferire un embrione nel grembo materno ha a che fare soltanto con la salvaguardia della salute psicologica e fisica della madre e questo ha ben poco a che fare con l’eugenetica, ammesso che questa parola abbia il senso che il mondo cattolico le vuole attribuire. In ogni caso sono convinto che su questo argomento moltissime persone troveranno modo di far sentire la propria voce e che, come sempre accade quando parlano gli incompetenti, ne udiremo delle belle. Per ultimo, ricordo che alle coppie portatrici di malattie genetiche non è comunque concesso di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (a meno che non siano sterili) e che questo problema dovrà inevitabilmente essere affrontato dalla magistratura, che sarà certamente chiamata a decidere cosa in realtà significhi “coppia infertile”, una definizione che identifica non tanto la sterilità, quanto piuttosto l’abortività ripetuta e la incapacità di mettere al mondo figli sani, cioè il problema che affligge, tra le altre, anche le coppie che sono portatrici di malattie genetiche.
La seconda novità delle linee guida era attesa, da oggi anche le coppie con malattie infettive potranno accedere ai trattamenti: proibirli era una ingiustizia troppo grossa e comunque era molto facile per queste coppie evitare i rigori della legge auto-certificando la propria sterilità.
Ultimo punto: la disponibilità di uno psicologo esperto per le coppie che ne richiedono la consulenza, un provvedimento giusto e corretto, non so quanto necessario perché la maggior parte dei Centri avevano già da tempo provveduto ad arruolare un esperto.
In conclusione, ritengo che queste linee guida rappresentino il massimo che il ministro Turco era in grado di fare. La donna è brava, ha molti pregi e molta determinazione (soprattutto quando la via è sgombra da ostacoli) ma non è certamente un cuor di leone e ho la sensazione che la signora Binetti (che gode del vantaggio di essere molto più vicina di lei alle sfere celesti) la intimorisca un po’. In assoluto, si poteva certamente fare di più, sia ammettendo direttamente ai trattamenti le coppie con problemi genetici, che accettando le proposte di molti biologi e di moltissimi bioeticisti (parte dei quali di fede cattolica) relative alla definizione di embrione e all’esistenza di una fase pre-embrionale che termina con la formazione dello zigote (che rappresenta il primo momento in cui l’embrione ha un patrimonio genetico unico, prima i cromosomi materni e quelli paterni sono separati). Per fortuna in questo Paese la saggezza non scompare mai contemporaneamente in tutte le categorie: attualmente, mentre mi sembra che non ce ne sia più (ma proprio più) negli uomini politici, mi accorgo che la conservano, con bella tenacia, i magistrati.

Post Scriptum
Non ho avuto il coraggio di verificare se le nuove linee guida hanno finalmente incluso un limite d’età per le donne che chiedono di poter disporre dei propri embrioni congelati. Vorrei che qualche compagno lo controllasse per me e poi mi informasse sui risultati della sua ricerca. Con cautela.