domenica 30 dicembre 2012

I capolavori perduti tra mafia e Vaticano

I capolavori perduti tra mafia e Vaticano
Valeria Pacelli
"Il Fatto Quotidiano", 12 novembre. 2012

TRA GLI ANTIQUARI DI ROMA CIRCOLA UNA VOCE: IL “BAMBINELLO” DELL’ARACOELI, RUBATO NEL 1994, È NELLE STANZE DI UN CARDINALE “LA NATIVITÀ COI SANTI LORENZO E FRANCESCO” DI CARAVAGGIO, TRAFUGATA NEL 1969, NELLA CASA DI UN MAFIOSO

Opere scomparse e trafugate, distrutte, portate all’estero e ricostruite. Opere comunque sottratte al piacere e alla contemplazione. Di tutti. Come il bambinello dell’Aracoeli, rubato il 2 febbraio del 1994 e mai più trovato. Era sera, qualcuno entrò nella basilica di Santa Maria in Aracoeli, sul colle del Campidoglio, e portò via quella statuetta lignea del XV secolo tanto cara alla religiosità popolare romana. Da qualche anno, però, tra gli esperti d’arte, si aggira una voce. Il bambinello, secondo indiscrezioni, si troverebbe addirittura all’interno delle mura vaticane, in possesso di un cardinale.
Voci di corridoio, si direbbe. Ma che spesso definiscono delle vere piste investigative, soprattutto perché a fornire le informazioni è chi di commercio d’arte vive. E una nuova pista spunta anche nelle indagini sulla scomparsa della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, di Caravaggio, trafugata nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo, cui Leonardo Sciascia dedicò Una storia semplice, il suo ultimo racconto. Secondo le ultime indiscrezioni sarebbe esposta alle pareti di casa di uomo ben introdotto in Cosa nostra. Un’opera, questa, che da tempo ha addosso l’odore della mafia. Già nel 1992 lo “scannacristiani” Giovanni Brusca riferì che il dipinto venne proposto come pegno per ottenere in cambio l’alleggerimento del 41 bis, ma lo stato italiano avrebbe rifiutato. Nelle parole del pentito Salvatore Cangemi, invece, quella tela divenne il simbolo del potere, esposta con la sua imponenza artistica durante le riunioni di Cosa Nostra. Nel 2009 fu infine Gaspare Spatuzza a parlarne, quando riferì che la tela fu consegnata negli anni ‘80 alla famiglia Pullarà, che l’avrebbe nascosta in una stalla e irrimediabilmente perduta.
Ma gli investigatori continuano a cercare. Perché a volte voci e dicerie diffuse tra gli esperti d’arte possono essere decisive per le indagini condotte dalla magistratura, dal Nucleo tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri e dal Nucleo Tutela patrimonio archeologico della Guardia di finanza che - a differenza del primo - è finalizzato al controllo fiscale. Un lavoro minuzioso, che ha raggiunto ottimi risultati. Secondo i dati della Tpc, infatti, il furto di opere è diminuito del 35 per cento negli ultimi cinque anni. Molti sono stati i beni recuperati, come i 321 mila manufatti di interesse archeologico, gli oltre 80 dipinti trafugati e le 141 mila opere contraffatte solo durante il biennio 2010-2011, come invece si legge in una stima del Tpa.
Ma il lavoro dei Carabinieri e delle Fiamme gialle spesso è un ottimo ingranaggio soprattutto quando si innesca bene con quella rete informativa composta, a volte, dagli antiquari della Capitale. Figure importanti nel mondo dell’arte che a Roma si concentrano soprattutto lungo il cosiddetto “Angolo del Tridente”, le tre strade che si sviluppano da Piazza del Popolo. Ma gli antiquari, a volte, sono anche il canale di sbocco privilegiato per mercato delle opere trafugate dai cosiddetti “tombaroli”, i professionisti dello scavo clandestino.
Robert Hecht, conosciuto soprattutto per aver portato in America il vaso di Eufronio, il celebre cratere proveniente dalla necropoli etrusca di Cerveteri, in provincia di Roma. Hect detto Bob, deceduto lo scorso febbraio, era il principe dei trafficanti d’arte.
Nel 1972 vendette illegalmente il Vaso di Eufronio al Metropolitan Museum of Art di New York. La prescrizione lo ha salvato da un’accusa per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e al traffico internazionale di opere d’arte di fronte al Tribunale di Roma. Il vaso faceva parte di un gruppo di oggetti saccheggiati nel 1971 in una necropoli etrusca. Pochi anni dopo il Museo newyorchese lo acquistò per un milione di dollari direttamente da Hecht, che aveva dichiarato di averlo acquistato da un mercante libanese. Le indagini accertarono che Hecht lo aveva acquistato da un altro discusso - e già condannato - mercante d’arte italiano, Giacomo Medici.
Prima di morire Hecht però avrebbe voluto restituire qualcosa all’Italia: ha fatto in modo di far rientrare dopo 21 anni, il Sarcofago delle Quadrighe ad Aquino. Questo è stato il suo “testamento” per il patrimonio culturale italiano.