sabato 30 ottobre 2010

Fondi Ior, si indaga per riciclaggio confermato il sequestro di 23 milioni

La Repubblica 21.10.10
Fondi Ior, si indaga per riciclaggio confermato il sequestro di 23 milioni
Spunta una pista sul sacerdote "cassiere" di Anemone
di Carlo Bonini

Il portavoce vaticano: stupore E il presidente della banca si dice "un po´ depresso"
Gli inquirenti: la vicenda di quei trasferimenti non è un incidente di percorso

ROMA - L´opacità di centinaia di operazioni per contanti disposte negli ultimi tre anni dallo Ior, la banca Vaticana, attraverso una dozzina almeno dei principali istituti bancari italiani, e buon ultimo il sequestro di 23 milioni su un conto del Credito Artigiano, non sono né «un equivoco», né una storia da niente di cavillosa burocrazia bancaria. L´indagine della Procura di Roma sulla cassaforte della Santa Sede coltiva un´ipotesi di reato che si chiama e si scrive «riciclaggio». Che oggi incrocia, solo per dirne una, l´inchiesta di Perugia sui Grandi Appalti e i conti di don Evaldo Biasini, "don Bancomat", e dunque le rimesse del costruttore Diego Anemone, di cui il reverendo era la "tasca", e di Angelo Balducci nella filiale della "Banca Marche" di Roma dove il missionario, economo della "Congregazione del Preziosissimo sangue", era cliente proprio insieme a Balducci e Anemone.
Che sia questa la sostanza dell´inchiesta sullo Ior, ora si ha certezza documentale. Nel giorno in cui il Tribunale del Riesame stabilisce infatti che i 23 milioni di euro congelati tre settimane fa dalla Procura di Roma su un conto della banca Vaticana presso la filiale del Credito Artigiano restino sotto sequestro preventivo per «omessa e incompleta comunicazione alle autorità di vigilanza della natura dell´operazione» cui erano destinati (due bonifici di 20 e 3 milioni alla Jp Morgan di Francoforte e alla Banca del Fucino), la notizia sono le ragioni per le quali quel denaro non può essere restituito. Con una parziale ma assai significativa "discovery" di parte del materiale istruttorio raccolto nella loro inchiesta "madre" sui conti dello Ior, il procuratore aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Rocco Fava annichiliscono l´insistita difesa di Oltre Tevere. Documentano perché la vicenda dei 23 milioni del "Credito Artigiano" non è né un incidente di percorso, né un inciampo in una condotta altrimenti virtuosa.
Non a caso, forse, mentre ancora ieri mattina, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, comunicava lo «stupore» con cui la Santa Sede aveva appreso la decisione del Tribunale del Riesame, «ritenendo che la vicenda altro non presenti che un problema interpretativo e formale», già a sera il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, confidava alle agenzie di stampa di sentirsi improvvisamente «un po´ depresso». E con buone ragioni. Nel sostenere di fronte al Tribunale del Riesame le ragioni del sequestro preventivo dei 23 milioni di euro al "Credito Artigiano", la Procura deposita infatti atti che svelano, a campione e a titolo di esempio, almeno tre operazioni condotte dallo Ior nel corso del 2009 che hanno l´odore del "riciclaggio" e le stimmate di "segnalazione di operazione sospetta" della Banca d´Italia. E, in ogni caso, che non hanno rispettato uno solo dei canoni di trasparenza "rinforzata" che, dal 2007, una legge dello Stato impone alla banca Vaticana.
Si scopre così che, nel novembre dello scorso anno, da un conto acceso in una filiale della banca Intesa-san Paolo, vengono prelevati, su disposizione dei vertici dello Ior (il presidente Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale, Paolo Cipriani), 600 mila euro in contanti per un´operazione di cui non viene comunicata né la natura, né i beneficiari. Per giunta, in perfetta sintonia con una prassi del "silenzio" che vede lo Ior movimentare su quello stesso conto, nel solo 2009, la somma complessiva di 140 milioni di euro. E ancora: si scopre che, sempre in quel 2009, vengono bonificati da una banca di san Marino 300 mila euro su un conto Unicredit intestato a un monsignore. É una somma importante di cui, anche tenendo conto della provenienza geografica, il reverendo non offre giustificazione. Ma, soprattutto, è una somma il cui reale beneficiario non è il prelato ma un imprenditore e una signora, tale Maria Rossi, entrambi cittadini italiani. A richiesta delle autorità di vigilanza, su entrambi, lo Ior fornisce risposte evasive E, a una prima verifica, false. Maria Rossi è infatti un nome di fantasia. E non risponde al vero la circostanza, come pure sostiene lo Ior, che sia la madre dell´imprenditore che risulta aver negoziato il denaro arrivato da san Marino.
C´è di più. Nel 2009, su un conto Ior di Banca Intesa versa due assegni, per un importo che non arriva a 50 mila euro, don Evaldo Biasini, la "tasca" di Diego Anemone. Ebbene, quei due assegni sono tratti da un altro conto che lo stesso Biasini ha acceso presso la "Banca Marche" di via Romagna 17. In quella stessa filiale è cliente di riguardo Angelo Balducci, il cui conto (dalla liquidità importante) è gestito direttamente dal suo commercialista Stefano Gazzani. Ma quel che più importa, appunto, è che in quella filiale siano clienti il costruttore Diego Anemone e, soprattutto, le sue società consortili che si sono aggiudicate gli appalti di cui Balducci è stato il "dominus". La "Imatec", la "Maddalena" e l´"Arsenale" (G8 della Maddalena), la "Cosport" e "Musport" (Mondiali di nuoto 2009), la "Consortile sant´Egidio" (aeroporto di Perugia). É solo una coincidenza? O don Evaldo, grazie allo speciale regime del "silenzio" dello Ior, e come farebbero sospettare anche quei due assegni, ha fatto da spallone del denaro di Anemone tra le due sponde del Tevere?

venerdì 29 ottobre 2010

Nei forzieri dello Ior i conti della “cricca”

il Fatto 21.10.10
Nei forzieri dello Ior i conti della “cricca”
Nelle carte dell’inchiesta spunta il nome di don Evaldo Biasini, il “Don Bakomat di Anemone
di Rita Di Giovacchino

Dalle carte dell’accusa sul presunto riciclaggio di denaro allo Ior, spunta il nome di Evaldo Biasini, il famoso “padre bancomat”, presidente dell’ente missionario Congregazione del Preziosissimo Sangue, cui ricorreva il costruttore Diego Anemone quando aveva bisogno urgente di contanti (ed era meglio che non risultassero prelevati dal suo conto in banca). Non ci sono soltanto i 23 mln di euro prelevati dal conto del Credito Artigiano, nell’ottobre scorso (nonostante fosse già stato bloccato dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia) a dimostrare il disinvolto “modus operandi” dell’Istituto per le opere di Religione, o Banca vaticana, come viene definito. Per vincere il primo round di fronte al Tribunale del Riesame contro il ricorso, presentato dal presidente dell’istituto Ettore Gotti Tedeschi e dal direttore generale Paolo Cipriani (entrambi indagati per violazione della normativa antiriciclaggio della Ue, divenuta legge nel 2007) è bastata ai pm Nello Rossi e Stefano Rocco Fava una memoria in cui sono descritte in modo dettagliato tre operazioni sospette della “valanga” già accertata. La valutazione è di investigatore.
C’È, ad esempio, un’operazione del novembre del 2009, che fa riferimento ad assegni per 300 mila euro, negoziati su un conto Ior presso la filiale di Unicredit in via della Conciliazione, da tal Maria Rossi indicata dalla banca come la mamma di un anziano reverendo, titolare del conto medesimo. Peccato che la signora, per motivi anagrafici, non potesse essere la madre del prelato. Infatti le indagini hanno poi dimostrato che la donna usava un nome di fantasia e che i fondi provenivano da una una banca di San Marino. Il vero destinatario era un noto faccendiere, utilizzatore finale di ingenti somme che gli pervenivano presso lo stesso istituto.
LA SECONDA operazione riguarda invece un prelievo di 600 mila euro presso una sede di Intesa San Paolo, sempre nei pressi del Vaticano. Una somma non astronomica, comunque sostanziosa, di cui lo Ior non indicava la precisa destinazione fatto salvo un vago riferimento a missioni religiose. Non c’è da stupirsi perché sullo stesso conto, hanno poi scoperto gli investigatori, sono transitati con analoghe modalità nel solo 2009 ben 140 milioni di euro in contanti.
PER TORNARE a Don Evaldo Biasini, personaggio ormai noto dopo lo scandalo che ha travolto la Protezione civile, va ricordato che veniva indicato nell’inchiesta della procura di Perugia sui Grandi Eventi: come custode dei “fondi neri” del costruttore Diego Anemone. Anche se in questa vicenda non sembra coinvolto in operazioni sospette. Ma il fatto che sia stato citato è sospetto. Quasi un segnale ai giudici del Riesame, su cosa può emergere dal monitoraggio a tappeto che la Procura di Roma ha già disposto su tutti gli istituti bancari per rintracciare conti Ior e ricostruire tutti i movimenti finanziari che fanno capo alla Banca vaticana. Molti personaggi coinvolti nello scandalo, a partire da Angelo Balducci, disponevano di un conto presso la Banca vaticana o comunque di un corridoio privilegiato per operazioni finanziarie.
PADRE FEDERICO Lombardi, il portavoce della Santa Sede, ha manifestato grande stupore per la decisione presa dal tribunale del Riesame, che ieri nel respingere il ricorso di Gotti Tedeschi e Cipriani, ha confermato il sequestro cautelativo dei 23 milioni di euro sul conto del Credito Artigiano. “Certamente si tratta di un problema interpretativo informale”, ha spiegato padre Lombardi. Una linea di difesa ribadita anche in una nota ufficiale della Santa Sede. Insomma lo Ior non intende recedere da quanto ha sempre affermato: “Nessuna irregolarità, è soltanto un equivoco, chiariremo tutto”. Ma come abbiamo visto le cose non stanno così. E la decisione del collegio, composto dai giudici Claudio Carini, Giovanna Schipani e Alessandra Boffo, sembra preoccupare il presidente Gotti Tedeschi che al momento si trincera con un secco “no comment”.
Anche se, qualche ora dopo, parlando con i giornalisti, lancia un laconico messaggio: “Mi sento un po' depresso”.

giovedì 28 ottobre 2010

I conti sospetti dello Ior. L’ipotesi dei pm: riciclaggio e prelati prestanome

Corriere della Sera 21.10.10
I conti sospetti dello Ior. L’ipotesi dei pm: riciclaggio e prelati prestanome
di Fiorenza Sarzanini

La Procura di Roma ha scoperto una serie di operazioni bancarie sospette effettuate sui conti dello Ior aperti in banche italiane. Per i magistrati sono servite a riciclare il denaro di alcuni clienti dell’istituto di credito della Santa Sede. I pm ipotizzano l’esistenza di prelati prestanome. Restano sotto sequestro 23 milioni che dovevano finire in Germania. Indagini su altri 140 milioni. Il Vaticano: chiariremo

ROMA — Non solo i 23 milioni di euro depositati al Credito Artigiano. Nell’inchiesta sullo Ior la procura ha individuato altre tre operazioni sospette, cioè movimenti finanziari che potrebbero aver violato le norme antiriciclaggio. I trasferimenti in questione risalgono a ottobre e novembre dell’anno scorso: le verifiche sono concentrate su operazioni realizzate su conti Unicredit e Intesa San Paolo. Nella prima banca sono oggetto di verifiche alcuni assegni incassati dallo Ior per 300 mila euro. Nell’altra si indaga su un prelievo di 600 mila euro. E a Intesa San Paolo il Nucleo valutario sta accertando anche la regolarità di una transazione di don Evaldo Biasini, ribattezzato «don Bancomat» nell’inchiesta sulla «cricca» dei Grandi Appalti.
Il procuratore aggiunto Nello Rossi e il pm Stefano Rocco Fava hanno descritto le tre operazioni sospette in una memoria depositata al Tribunale della libertà per dimostrare che il caso del Credito Artigiano non è isolato. Ieri i giudici del Riesame hanno confermato il sequestro del gip Maria Teresa Covatta, che a settembre ha bloccato due bonifici diretti alla JP Morgan Frankfurt (20 milioni) e alla Banca del Fucino di Roma (tre milioni). In tutto sono 15 le banche al centro dell’inchiesta per violazione delle norme antiriciclaggio, in cui sono indagati il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale, Paolo Cipriani. Ancora maggiore il numero dei conti correnti che potrebbero essere stati utilizzati per transazioni irregolari, poiché in alcune filiali l’Istituto per le opere di religione ha più di un deposito.
Ora è probabile che l’avvocato Vincenzo Scordamaglia ricorra in Cassazione. Intanto il Vaticano esprime «stupore» per la mancata revoca dei sigilli: «Si ritiene - sottolinea il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi - che si tratti di un problema interpretativo e formale». Tanto che, aggiunge il gesuita, «i responsabili dello Ior ritengono di poter chiarire tutta la questione al più presto nelle sedi competenti». Gotti Tedeschi (che ha preso possesso della presidenza dello Ior alla fine del 2009), ieri era all’Auditorium di Via Veneto, a Roma, per un convegno su «Etica e finanza» organizzato dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena e dall’Osservatore Romano: non ha voluto commentare la decisione del Tribunale della libertà. Però si è concesso una battuta: «Cercherò di fare un intervento anche spiritoso, perché stasera sono un po’ depresso». Il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, presente allo stesso dibattito, l’ha difeso: «Quella di Gotti Tedeschi è stata una nomina innovativa».
Invece per il capogruppo dell’Idv in Senato, Elio Lannutti, «i giri di denaro e i movimenti finanziari che emergono dalle indagini dei magistrati romani sono inquietanti. Governo e Bankitalia devono dimostrarsi vigili ed effettuare i controlli previsti».

mercoledì 27 ottobre 2010

Ior, quei conti sospetti usati da «Maria Rossi» e don Bancomat

l’Unità 21.10.10
Ior, quei conti sospetti usati da «Maria Rossi» e don Bancomat
Il Riesame conferma il sequestro dei 23 milioni depositati al Credito Artigiano. Il Vaticano: sorpresi
Per i pm c’è stata omissione delle norme antiriciclaggio. E si usa un nome falso per le operazioni...
Sotto la lente. 143 milioni di euro movimentati senza causale nell’ultimo anno
Uno dei conti sospetti è intestato al famoso don Evaldo Biasini, soprannominato dai giornali “padre Bancomat” perché in una cassaforte segreta custodiva il “tesoretto” di Diego Anemone.
di Angela Camuso

Un conto Ior aperto in Intesa San Paolo e intestato al famoso don Evaldo Biasini, economo della Congrega del Preziosissimo Sangue, soprannominato dai giornali “padre Bancomat” perché in una cassaforte segreta custodiva il “tesoretto” di Diego Anemone, l’imprenditore al centro dell’inchiesta sugli appalti truccati della Protezione Civile. Più un altro deposito, presso l’Unicredit di via della Conciliazione a Roma, di cui risulta titolare un anziano reverendo e da cui nel 2009 hanno prelevato assegni, provenienti da fondi localizzati a San Marino, un avvocato di Roma che non esercita la professione e viene definito dagli investigatori, piuttosto, un “faccendiere”, e una donna misteriosa. Una donna che è stata presentata ai vertici dell’istituto di credito dallo stesso prelato titolare del conto, con un nome falso, “Maria Rossi”, nonché come la madre dell’intraprendente avvocato, quando in realtà la signora con quest’ultimo non è legata da alcun vincolo di parentela. Sono queste alcune delle operazioni definite “sospette” dagli investigatori del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma, che su delega del procuratore aggiunto Nello Rossi e del pm Rocco Fava stanno monitorando le movimentazioni effettuate sui conti correnti aperti dalla banca della Santa Sede presso le agenzie delle più importanti banche italiane: movimentazioni sulle quali, com’è noto, secondo la procura lo Ior avrebbe omesso di applicare le norme antiriciclaggio previste dalle disposizioni in materia emanate dalla Ue nel 2007, tant’è che per violazione di quella legge sono stati indagati il presidente della banca vaticana, Ettore Gotti Tedeschi ed il direttore generale Paolo Cipriani.
In merito alla stessa inchiesta, proprio ieri è stato reso noto che il tribunale del Riesame ha confermato il sequestro disposto dal gip in via preventiva dei 23 milioni di euro dello Ior depositati su un conto del Credito Artigiano Spa, 20 dei quali destinati all'istituto di credito tedesco J.P. Morgan Frankfurt e i restanti tre milioni alla Banca del Fucino. E dell’esistenza delle operazioni sospette sul conto Unicredit del reverendo e riconducibili al faccendiere e alla sedicente Maria Rossi, nonché di quelle effettuate da “padre Bancomat”, hanno scritto, non a caso, i magistrati Rossi e Fava nella memoria presentata al tribunale del Riesame per motivare l’esigenza del mega-sequestro. «Queste operazioni sospette dimostrano che gli omessi controlli da parte dello Ior non sono affatto una questione pro-forma, come afferma la Santa Sede”, dichiarano in sintesi dalla procura, evidenziando, in particolare, l’entità delle movimentazioni di denaro finite nel mirino degli investigatori. Sul conto del reverendo, ad esempio, l’avvocato-faccendiere risulta avere incassato, in un’unica tranche, assegni per 300mila euro, mentre la sedicente Maria Rossi circa 50mila euro. E se invece il chiacchierato don Biasini ha incassato sul suo conto in Intesa San Paolo somme definite dalla procura poco ingenti, c’è da considerare che presso la medesima agenzia (sempre con sede a Roma, nei pressi della Santa Sede) la stessa banca vaticana, con i suoi conti, risulta aver movimentato, senza specificare causale alcuna, ben 143 milioni di euro nel solo ultimo anno solare. Di queste transazioni, proprio perché la causale è rimasta generica, soltanto una ovvero un prelevamento in contanti di 600mila euro, senza indicazione del beneficiario, indicato soltanto come correntista Ior è per ora finita all’attenzione della Banca d’Italia attraverso il sistema di segnalazione automatico delle operazioni sospette da parte della Uif (Unità Informazioni Finanziarie). Questo probabilmente perché, è il parere degli investigatori, c’è stata una svista da parte di qualche funzionario, il quale, a differenza della prassi, ha indicato il tipo di operazione di cui si trattava. Per questi motivi, l’indagine è destinata ad allargarsi: la Guardia di Finanza si appresta a scandagliare una valanga di giro-conti Ior su Ior senza indicazione degli effettivi beneficiari.
«I responsabili dello Ior ritengono di poter chiarire tutta la questione al più presto nelle sedi competenti», ha affermato il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, dopo avere espresso “stupore” per la conferma del sequestro.

martedì 26 ottobre 2010

Tutti i movimenti sospetti sui conti dello Ior

Corriere della Sera 23.9.10
Tutti i movimenti sospetti sui conti dello Ior
di Fiorenza Sarzanini

La banca vaticana
Tre operazioni di accredito, due conti correnti estinti, un elenco di «soggetti» che hanno incassato assegni o ricevuto bonifici. Su questo si concentra l’indagine della Procura di Roma sui depositi aperti presso il Credito Artigiano di Roma e intestati allo Ior dopo il sequestro dei 23 milioni avvenuto due giorni fa. Perché, nonostante il blocco operativo deciso dai vertici dell’istituto di credito il 19 aprile scorso, due settimane fa il presidente Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani hanno tentato di trasferire quel denaro in parte in Germania (20 milioni di euro presso la JP Morgan di Francoforte), in parte presso un altro conto (3 milioni presso una filiale della Banca del Fucino sempre nella capitale). E per questo sono accusati di violazione della normativa antiriciclaggio. I vertici dello Ior erano stati avvisati della necessità di mettersi in regola con la normativa che impone a tutte le banche extracomunitarie di comunicare le informazioni sulla propria clientela prima di effettuare qualsiasi operazione. Si tratta dei cosiddetti «obblighi rafforzati» che riguardano la fornitura di assegni, l’esecuzione di bonifici e le operazioni contanti. Avevano assicurato di avere attivato la procedura e di essere pronti a consegnare le informazioni richieste. Ma non è accaduto quanto promesso ed è intervenuta la magistratura.
La riunione riservata tra i vertici delle banche
È proprio il provvedimento firmato dal giudice per «sigillare» la somma a ricostruire le movimentazioni degli ultimi tre anni. Ma anche a rivelare che il 23 aprile scorso, dunque quattro giorni dopo la decisione di «congelare» il conto, ci fu «un incontro tra i vertici dello Ior e del Credito Artigiano i cui esiti però non sono noti» e di cui sarà adesso chiesto conto ai due indagati. Bisognerà infatti verificare come mai, nonostante l’impegno a mettersi in regola, i responsabili della banca vaticana abbiano eluso le richieste formali che invece secondo quanto previsto dalle legge dovevano essere soddisfatte sin dal gennaio scorso e in base a un decreto legislativo entrato in vigore nel 2007. Nell’attesa degli interrogatori, i pubblici ministeri stanno esaminando la documentazione finanziaria già acquisita.
Entrando nel dettaglio delle operazioni si scopre che quelle «censite come "Accrediti e incassi connessi a effetti" per un totale di 72 milioni e 440 mila euro corrispondono a tre distinte operazioni in avere effettuate il 17 marzo, il 17 giugno e il 16 settembre del 2009 rispettivamente da 22 milioni di euro circa la prima e 25 milioni di euro circa le altre due». Ed è a questo punto che si entra nel dettaglio rivelando come i 22 milioni provengono «dall’estinzione del conto 11231 acceso sempre presso il Credito Artigiano, che in contropartita viene censita impropriamente come "prelevamento con moduli di sportello”».
I controlli sui beneficiari di assegni e bonifici. Simile procedura viene seguita anche negli altri casi. Gli accertamenti condotti dal nucleo valutario della Guardia di Finanza hanno consentito di verificare come i due versamenti da 25 milioni «si riferiscono all’accredito per "estinzione di deposito" da ritenere verosimilmente remunerato presso il medesimo istituto (circostanza ancora da verificare nel dettaglio con la banca). Tali operazioni trovano contropartita in altrettante operazioni in dare di analogo importo».
I magistrati dovranno adesso accertare quali siano i reali motivi di questi "giroconto", ma soprattutto identificare i "soggetti" che hanno Indagine Il provvedimento del gip del Tribunale di Roma che vede indagati Ettore Gotti Tedeschi e Paolo Cipriani, rispettivamente presidente e direttore generale dello Ior. Sotto, alcuni dei movimenti che sono oggetto dell’inchiesta ricevuto bonifici o incassato assegni in modo da verificare la natura di questi rapporti. E dunque stabilire se le movimentazioni servissero in realtà a riciclare i soldi. E lo faranno partendo dall’analisi degli estratti conto già acquisiti. In base ai documenti è stato accertato che «al momento del blocco sul conto erano depositati 28 milioni e 300 mila euro, ma tra il 31 dicembre 2007 e il 30 novembre 2009 ci sono state movimentazioni nella colonna "dare" per 116 milioni e 300 mila euro e nella colonna "avere" per 117 milioni e 600 mila euro».
Le contestazioni di Bankitalia sul deposito Unicredit
L'esame di tutte queste operazioni deve partire, secondo il giudice, dalla relazione della Banca d'Italia che alla fine di un'ispezione effettuata «per approfondire il funzionamento di un conto corrente che risultava intestato allo Ior presso una dipendenza di Unicredit ha evidenziato alcune criticità e in particolare: il mancato rispetto degli obblighi di adeguata verifica della clientela, di norma non sono stati infatti individuati i titolari effettivi delle operazioni poste in essere dallo Ior; fino al 31 gennaio non risultano assolti gli obblighi di registrazione nell'archivio unico informatico delle operazioni di versamento di contante sul conto intestato allo Ior; in materia di negoziazione dei titoli di credito è stata riscontrata una prassi tendente ad escludere la tracciabilità dei fondi trasferiti oltre che violazioni alla legge sull'assegno».
Nella richiesta di sequestro del denaro che doveva essere trasferito dal Credito Artigiano i pubblici ministeri evidenziano come «la condotta dell’esecutore di un’operazione che omette di comunicare la generalità dei soggetti per conto dei quali eventualmente esegue l’operazione stessa o non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo integra gli estremi di reato previsti dal decreto 231 del 2007, appunto quello sulle norme antiriciclaggio, dunque non può che concludersi, esclusa evidentemente ogni indagine ulteriore volta a verificare la natura e gli scopi delle operazioni di trasferimento di fondi, che allo stato nei fatti di cui si tratta si ravvisano le fattispecie di reato delineate». Una tesi che il giudice ha accolto con un provvedimento motivato che adesso costituisce la base per effettuare i nuovi accertamenti.

lunedì 25 ottobre 2010

Sconti Ici alla Chiesa, l'Ue indaga

Sconti Ici alla Chiesa, l'Ue indaga

Marco Zatterin, La stampa, 12/10/2010

L'esenzione dell'Ici concessa dal governo italiano alla Chiesa cattolica rivela, «a prima vista, un carattere discriminatorio». Ecco perché la Commissione Ue ha deciso non senza aver riflettuto quasi quattro anni - di approfondire il caso, e aprire un'inchiesta formale sugli immobili dalle finalità «non esclusivamente commerciali» appartenenti alla Santa Sede a cui è stato permesso di non versare l'intera lei e di pagare la metà dell'Ires. Un lungo carteggio con Roma non ha persuaso Bruxelles della legittimità del provvedimento. Oggi l'indagine diventa un procedimento a tutto tondo che potrebbe costringere l'Italia a ripristinare le tasse sospese pena il deferimento alla Corte di Giustizia Ue.
La storia risale al 2005, quando nel pieno della volata elettorale il governo Berlusconi ha sospeso l'imposta comunale sulle proprietà degli enti ecclesiastici. Il voto della primavera 2006 consegnò Palazzo Chigi al centrosinistra e a Romano Prodi che però modificò solo parzialmente il provvedimento scritto dal predecessore, aggiungendo la formula «non esclusivamente», che alla fine - secondo chi contesta la norma - non ha cambiato il quadro. In pratica, qualcosa come 100 mila immobili avrebbero finito per aggirare legalmente i loro doveri fiscali. Si tratta di esercizi attivi non solo a fine benefico - come scuole, alberghi, agenzie di viaggio, club sportivi amatoriali e ospedali che potevano risultare più concorrenziali grazie ai minori gravami impositivi. Avviato sulla base della denuncia di uno studio di avvocati italiano e del radicale Maurizio Turco, il confronto fra Roma e Bruxelles ha consumato carta e linee telefoniche. Bruxelles si è mossa con cautela. Poi ha ritenuto che non si potesse più indugiare.
L'esenzione dall'Ici - osserva la Commissione nella lettera che si appresta a spedire - costituisce in ogni caso un aiuto di Stato poiché si tratta di un vantaggio derivante da una minore esborso nei confronti del Fisco. In tal quadro costituirebbe un aiuto pubblico ingiustificato. Semplice la spiegazione. La Commissione osserva che molti dei servizi offerti dalla Chiesa in regime di esenzione «sembrano essere in competizione con quelli analoghi offerti da altri operatori economici». Secondo più fonti, il sistema di esenzioni avrebbe consentito ogni anno alla Santa Sede di risparmiare due miliardi di euro di contribuzione. L'inchiesta attesa per oggi è qualche misura un ripensamento da parte dell'esecutivo comunitario che, nel febbraio 2009, aveva deciso di chiudere il caso ritenendo che non ci fossero le premesse per portare avanti un'indagine per aiuti di Stato (era stata l'olandese Kroes a firmare l'armistizio).
Il quadro è mutato con l'intervento della Corte di giustizia Ue che ha chiesto di chiarire in modo più concreto la disputa. Nel frattempo, a Palazzo Berlaymont sono piovute nuove carte. Alla fine si è deciso di ricominciare «perché non può escludere di essere in presenza di un aiuto di Stato». Con un nuovo annacquamento. Un mese fa si pensava ad un'immediata apertura di procedura. Ora è diventata un'inchiesta.

domenica 24 ottobre 2010

Addio esenzione Ici per la Chiesa dal 2014

Addio esenzione Ici per la Chiesa dal 2014

Alberto D'Argenio, La Repubblica, 19/10/2010

Pressato dalle esigenze di bilancio per lanciare il federalismo e dalla procedura per aiuti di Stato della Commissione Ue, il governo si appresta a cancellare parte delle esenzioni fiscali concesse alla Chiesa. La porzione più corposa, ovvero quella che ogni anno permette agli enti ecclesiastici di non pagare l'Ici per circa un miliardo di euro. Per intenderci: dal 2014 ospedali, scuole, alberghi e circoli della Chiesa dovranno operare in regime di concorrenza versando le stesse tasse imposte agli altri imprenditori privati. Il taglio ai privilegi - introdotti dallo stesso governo Berlusconi nel dicembre 2005 in vista delle elezioni della primavera successiva - è contenuto in un oscuro comma infilato nel decreto sul federalismo fiscale municipale approvato dal governo lo scorso 4 agosto e mai pubblicizzato.
Il testo, a saperlo leggere, è chi aro: l' articolo 5 del decreto che introduce l'imposta unica municipale (Imu) cancella alcune esenzioni fiscali accordate dalla vecchia Ici (che dall'Imu verrà inglobata). Tra le quali quelle comprese dalla lettera "i" della 504 del 1992 (legge istitutiva della tassa sulla casa) che contempla i soggetti «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive». Tradotto, si tratta degli enti ecclesiastici che operano nella sanità (ospedali e cliniche legate alla Chiesa), nell'educazione (scuole private), nel turismo (alberghi e resort - spesso a cinque stelle - del mondo cattolico) e i circoli. Continueranno invece a non pagare le tasse (cosa mai contestata dall'Unione europea) chi ai sensi dei Patti Lateranensi gode dello status di zona extraterritoriale (ad esempio Castel Gandolfo,l'Università lateranense o il vicariato), nonché i luoghi di culto (le chiese) e le loro pertinenze (i chiostri, il sagrato o la canonica), le parrocchie e gli immobili utilizzati peri servizi sociali in convenzione (mense, centri di assistenza e volontariato).
Dal Tesoro da un lato si conferma che resteranno in vigore solo le esenzioni previste dai Patti, ma dall'altro si fa capire che il testo potrebbe ancora essere modificato prima della adozione definitiva. Fatto sta che il provvedimento, se confermato, cancellerebbe metà della procedura Ue per aiuti di Stato illegittimi concessi dal governo agli enti del Vaticano. Resterebbe in piedi la parte che riguarda l'esenzione del 50% delle imposte sui redditi (Ires) per le centinaia degli enti ecclesiastici attivi nella sanità e nell'istruzione e quella che chiede la cancellazione dell'articolo 149 (quarto comma) del Testo unico delle imposte (Tuir) che riconosce agli enti ecclesiastici lo status perenne di enti non commerciali, norma in virtù della quale accedono ai benefici fiscali. E comunque prevedibile che il governo continuerà a difendersi di fronte a Bruxelles per evitare la condanna al recupero delle tasse fin qui non pagate (con tanto di interessi). Roba da vari miliardi di euro.
La partita - aperta su denuncia del radicale Maurizio Turco e del fiscalista Carlo Pontesilli (segretario di anticlericale.net) assistiti dal legale Alessandro Nucara - vale infatti circa due miliardi all'anno. Metà dei quali arrivano dal mancato pagamento dell'Ici. Con la nuova legge lo Statone dovrebbe recuperare subito 400 milioni, ovvero i soldi non versati dagli enti che ad oggi sono registrati al fisco. Per l'altra metà abbondante dei 100 mila fabbricati della Chiesa che hanno approfittato della possibilità concessa dall'Ici di non registrarsi, invece, dovrebbe scattare l'obbligo ad emergere per il pagamento dell'Imu. E se non lo faranno, assicurano gli esperti, per i Comuni sarà più facile scovarli rispetto ad oggi.

sabato 23 ottobre 2010

Le frecce d'oro di Arcus.

Le frecce d'oro di Arcus.
EDEK OSSER
IL GIORNALE DELL’ARTE – 28 settembre 2010

Dure critiche sui criteri dei finanziamenti elargiti in modo discrezionale a destinatari privilegiati. Dopo lo scandalo dei soldi a Propaganda Fide (edificio fuori dal suolo nazionale, secondo il Concordato), sempre più in crisi la società che gestisce il 3 per cento dei soldi di Stato per le grandi opere infrastrutturali

In sei anni di vita la società Arcus, nata per «sostenere e avviare progetti ambiziosi riguardanti i beni e le attività culturali», ha erogato soldi dello Stato per 400 milioni di euro, 200 dei quali per il triennio 2010 -12, distribuiti a iniziative di ogni tipo, soprattutto restauri edilizi ma anche a teatri, collegi, fondazioni (compresa quella del Banco di Napoli, 500mila euro per il suo archivio storico digitale), istituti, accademie, associazioni e poi mostre, festival, etc. L'assegnazione di questa considerevole quantità di denaro avviene da sempre in modo giudicato poco trasparente attraverso Arcus, società formalmente privata, ma di proprietà del Ministero dell'Economia, gestita da quello delle Infrastrutture in accordo con il Mibac. Nel depresso panorama di tagli e risparmi all'osso imposti alla cultura, Arcus è una ricca anomalia: incassa infatti il 3 per cento delle «grandi opere», i finanziamenti pubblici alle infrastrutture del Paese. Funzionamento ed esistenza della società sono sotto accusa dalla nascita, nel 2004. Pesanti critiche sono arrivate dal Consiglio Superiore per i Beni culturali, da associazioni come Italia Nostra e da ogni relazione annuale della Corte dei Conti. Fino al 2008 la destinazione dei fondi veniva decisa direttamente dai Ministeri in modo del tutto discrezionale. Arcus eseguiva. Poi il Mibac ha finalmente deciso che chi vuole i soldi di Arcus deve presentare una domanda motivata e passare attraverso una istruttoria. Dovrebbe presto essere varato un vero «piano di indirizzi», sollecitato dal Consiglio Superiore per i Beni culturali, per vincolare le scelte. Da notare che nessun atto della società è mai passato in Parlamento negli ultimi due anni. È stato così anche per i 200 milioni dell'ultimo stanziamento triennale di Arcus (2010-12). Su circa 1.200 domande, sono stati finanziati 206 progetti: ragioni e criteri di scelte e bocciature restano vaghi, affidati a «estratti» di poche righe. Ha suscitato scandalo il mancato finanziamento all'Abruzzo del terremoto. Tre i progetti approvati (un convento a Tagliacozzo, archeologia al Fucino e ad Amiternum). Italia Nostra aveva proposto di destinare tutti i 200 milioni di Arcus al restauro del patrimonio artistico abruzzese. Pochissimi soldi alla Calabria (2 progetti: 1 milione), al Friuli Venezia Giulia (3 progetti: 4,6 milioni), al Molise (3 progetti: per 2,6 milioni). Superfavorito il Lazio con 38 finanziamenti per 30,907 milioni di euro, oltre a ben 15,8 milioni per valorizzazione e rilancio di Cinecittà. Spiccano due strutture romane: la Pontificia Università Gregoriana (1 milione e mezzo, oltre ai 2 milioni già stanziati da Arcus nel 2005 e ad altri 900mila sempre di fondi statali dell'8 per mille tra 2007 e 2008) e il Palazzo di Propaganda Fide (ristrutturazione finanziata con 5 milioni nel 2005 e 2006 non ancora interamente versati), entrambi inseriti per il Concordato nell'elenco degli edifici del Vaticano considerati territorio straniero in Italia. A giugno il caso Arcus è espIoso con fragore mediatico intrecciandosi agli scandali immobiliari legati alla Protezione Civile (cfr. lo scorso numero, p. 4) prendendo spunto proprio dal palazzo romano di Propaganda Fide. Secondo la Procura di Perugia, la sua ristrutturazione è stata finanziata da Arcus con 5 milioni sulla base di uno scambio di «favori» con l'allora ministro alle Infrastrutture Pietro Lunardi, cogestore di Arcus. Per avere quel finanziamento, afferma la procura, il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto di Propaganda Fide, ha venduto a Lunardi un edificio della Congregazione a prezzo stracciato. Lunardi e Sepe sono ora indagati per corruzione. Alla vicenda giudiziaria si è aggiunto l'intervento della Corte dei Conti. In giugno ha notificato ai vertici di Arcus la richiesta di risarcimento del «danno erariale» per «finanziamento improprio» (Io Stato non poteva finanziare la ristrutturazione di un palazzo all'estero). La decisione di quel finanziamento spettava ad Arcus. Ma lo stesso direttore della società, Ettore Pietrabissa, ha chiarito che i tecnici di Arcus non possono mettere in discussione le scelte dei politici». Dopo lo scandalo, Bondi ha bloccato l'ultima tranche di 500mila euro a Propaganda Fide almeno fino a quando nel palazzo non sarà aperta al pubblico (pare a fine ottobre) la pinacoteca (prevista della convenzione del 2007 con Arcus), la cappella dei Re Magi e la biblioteca di Borromini. Bloccata da Bondi anche l'erogazione del milione e mezzo di euro per il rifacimento del cortile della Pontificia Università Gregoriana (anch'essa territorio estero). L'esistenza di Arcus, ente pagatore senza potere, soggetto a decisioni discrezionali, appare sempre meno giustificata. Per la Corte dei Conti si limita a distribuire denaro a pioggia, secondo la vecchia logica delle sovvenzioni statali, senza né coordinamento né visione strategica. Intanto restano un rebus le verifiche e i controlli, soprattutto cartacei, sull'esito dei finanziamenti e i risultati raggiunti. Arcus ha un organico molto ridotto e si fa aiutare sul campo dalle direzioni regionali del Mibac. «E un carrozzone da smantellare», dice Gianfranco Cerasoli, componente del Consiglio Superiore per i Beni culturali, segretario Uil del settore: la gestione del denaro andrebbe trasferita al Mibac. Si risparmierebbero così anche il costo della sede e gli stipendi: 2 milioni all'anno. Da luglio Arcus ha un nuovo presidente, l'ambasciatore Ludovico Ortona, che sostituisce Salvatore Italia dimissionario a marzo poco prima delle inchieste. Intanto il Governo non ha ancora presentato la relazione sull'attività di Arcus nel 2009, come vuole la legge.

venerdì 22 ottobre 2010

«Vantaggi fiscali alla Chiesa» L'Italia nel mirino della Ue

«Vantaggi fiscali alla Chiesa» L'Italia nel mirino della Ue

Marco Mongiello,L'Unità, 12/10/2010

Dopo quattro anni di tira e molla tra Roma e Bruxelles lo Stato italiano torna nel mirino dell'Antitrust europeo per i vantaggi fiscali concessi alla Chiesa cattolica. Ieri, nel corso dei sinodo dei vescovi del Medio Oriente, Papa Benedetto XVI aveva messo in guardia contro il "potere distruttivo" della finanza senza controlli. E proprio oggi per pura coincidenza arriveranno i controlli, ma sulla finanza della Chiesa. Questo pomeriggio infatti il collegio dei commissari della Commissione europea autorizzerà l'apertura di una procedura di indagine formale per stabilire se gli sconti fiscali goduti dalle strutture ecclesiastiche siano da considerarsi aiuti di Stato proibiti dalle normative comunitarie sulla concorrenza. In Italia infatti gli enti ecclesiastici non pagano l'Ici e godono di uno sconto del 50% sull'imposta sul reddito delle società, l'Ires. Tra scuole, alberghi, ospedali e attività commerciali si tratta di un patrimonio immobiliare di 100.000 fabbricati. Secondo le stime dell'Ares, Agenzia Ricerca Economico Sociale, con queste agevolazioni
il Vaticano risparmia 2,2 miliardi euro l'anno di tasse. Solo a Roma nel 2006 il mancato pagamento dell'Ici ha comportato una perdita per il Comune di 26 milioni di euro. Un bel gruzzolo sottratto alle casse pubbliche che inoltre, secondo le conclusioni preliminari di Bruxelles, permette alla Chiesa di fare concorrenza sleale ad altri operatori economici.
La Commissione, si legge sulla comunicazione che sarà inviata oggi alle autorità italiane, "ritiene che le misure di esenzione costituiscano un aiuto di Stato" e "dubita che questi aiuti siano compatibili" con le normative comunitarie in materia. In teoria le esenzioni concesse dallo Stato italiano sono state giustificate spiegando che questesono legate ad attività senza fini di lucro, ma gli esperti della Commissione non sembrano pensarla allo stesso modo.
I servizi offerti dagli enti ecclesiastici, continua il testo della comunicazione, "sembrano essere in competizione con servizi simili offerti da altri operatori economici" che non beneficiano delle stesse agevolazioni. L'apertura del dossier risale al 2006, quando l'avvocato Alessandro Nucara aveva presentato alla Commissione la denuncia del radicale Maurizio Turco e del fiscalista Carlo Pontesilli, segretario di anticlericale. net. Visto il coinvolgimento della Santa Sede e la sensibilità delle autorità italiane la Commissione europea ha usato il guanti bianchi, i tempi per gli scambi di informazioni si sono allungati e il caso è stato archiviato senza fare troppe domande per ben due volte, l'ultima lo scorso 15 febbraio. Contro quest'ultima decisione, ritenuta frettolosa e non sufficientemente motivata, il 26 febbraio lo stesso avvocato Nucara ha presentato alla Corte di giustizia europea il ricorso a nome di Pietro Ferracci e della Scuola Elementare Maria Montessori di Roma. Il rischio per la Commissione è che i giudici di Lussemburgo diano ragione ai ricorrenti e condannino l'esecutivo comunitario per inazione.
Per questo il commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che quest'anno è succeduto alla testa dell'Antitrust europeo all'olandese Neelie Kroes, ha deciso di riaprire il dossier, ottenendo così la sospensione del ricorso alla Corte di giustizia europea. Ora l'indagine formale durerà al massimo 18 mesi e se alla fine dell'inchiesta l'esecutivo Ue confermerà i propri sospetti lo Stato italiano sarà obbligato a farsi restituire dalla Chiesa i soldi non versati grazie alle agevolazioni.

giovedì 21 ottobre 2010

L'Italia schedata dai Mormoni

L'Italia schedata dai Mormoni
Stefano Sansonetti e Roberto Gagliardini
Italia oggi 21/10/2010

Accordo per digitalizzare 115 milioni di carte degli archivi di stato

La vicenda non mancherà di destare curiosità. E forse qualche preoccupazione. Il Ministero dei beni culturali, guidato da Sandro Bondi, sta valutando la possibilità di accordarsi con la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Che cos'é? Semplice, si tratta dei Mormoni. Ai quali, come è in grado di rivelare Italia Oggi, il governo italiano sta pensando di affidare la digitalizzazione di qualcosa come 115 milioni di pagine custodite nei nostri archivi di stato civile. Per essere più chiari, si tratta di un incredibile patrimonio di informazioni su date di nascita, di morte e di matrimonio di milioni di italiani. Dati che, per giunta, sono destinati a finire anche in un maxiarchivio situato addirittura nello Utah (Usa), dove c'è la sede della chiesa mormone. Naturalmente viene automatico chiedersi perché il ministero dei beni culturali si sia messo in contatto con i Mormoni e cosa c'entrino questi con la raccolta di dati anagrafici di milioni di cittadini defunti. Sul punto le sorprese non mancano davvero. Diciamo subito che gli esponenti della confessione, ufficialmente, sono mossi da una ragione teologica. In sostanza secondo il loro credo è fondamentale ricostruire l'albero genealogico, per potersi far battezzare al posto di ciascun antenato individuato e poterlo così reincontrare in paradiso. Si dice che un mormone può farsi battezzare decine di volte e dare così ai suoi antenati la possibilità di accedere alla salvezza. Insomma, è la religione ad aver fatto diventare i Mormoni i più grandi cacciatori di dati anagrafici al mondo, a tal punto interessati da affrontare le schedature a proprie spese. E qui entra in scena il governo italiano (non il solo, a dir le verità), che consapevole di questo stato di cose ha deciso di fare due conti. Visto che per digitalizzare gli archivi lo stato spenderebbe una cifra che al momento non si può assolutamente permettere, ecco che al ministero di Bondi hanno pensato di rivolgersi a chi ha propri interessi particolari a fare il «lavoraccio.. Il tutto, di conseguenza, a costo zero per lo stato, dal momento che il sacrifico economico è solo sulle spalle dei Mormoni. Si dice che le risorse messe sul piatto dalla loro chiesa potrebbero valere circa 25 milioni di curo. La strategia del costo zero, tra l'altro, è stata scelta qualche tempo fa dal Mibac con l'accordo con Google books per digitalizzare un milione di libri non coperti dal diritto d'autore. Tornando ai contatti con i Mormoni, al momento il ministero sta trattando l'accordo con FamilySearch, una fondazione senza scopo di lucro crede della Gsu (Genealogical Society of Utah), organizzazione interamente finanziata dalla chiesa mormone. ItaliaOggi ha avuto conferma dei contatti in corso direttamente dalle parti interessate, ovvero Luciano Scala, che guida la direzione generale per gli archivi del Mibac, e Walter Zafarana, rappresentante in Italia di FamilySearch. L'accordo, hanno precisato entrambi, è in via di perfezionamento. All'orizzonte, però, potrebbe esserci qualche ostacolo. In primis una questione legale, relativa al rispetto della privacy e all'uso che poi di questi dati si andrà a fare negli Usa. Già, perché se l'obiettivo del ministero è legittimo, ovvero mettere a disposizione gratuitamente questi dati in Italia, qualche dubbio si pone su cosa accadrà una volta che le informazioni arriveranno nello Utah. Si dà infatti il caso che, secondo un modus operandi che i Mormoni utilizzano anche con altri governi, l'originale di ogni schedatura viene mandato nella sede centrale dello Utah. Qui c'e anche la Family History Library, ovvero la mega-biblioteca di FamilySearch che detiene l'incredibile cifra di 2 miliardi di dati archiviati. In più nello Utah hanno sede società che fanno fior di affari con l'uso di alcuni dati anagrafici. Apparirebbe allora giustificato qualche allarme che in questi momenti comincia a serpeggiare all'interno dello stesso ministero dei beni culturali. Tra le altre cose alcune preoccupazioni stanno filtrando anche dal Vaticano. Pare infatti che la Cei già in passato non vedesse di buon occhio questa attività di archiviazione da parte dei Mormoni, che tempo fa avevano messo nel mirino anche gli archivi parrocchiali. Così, anche ora, Oltretevere sembra che qualcuno stia nutrendo timori circa l'opportunità dell'operazione.

Un buco di quasi venti miliardi di euro. A tanto ammonta il danno erariale per i mancati incassi di lei, Ires e altre imposte o riduzioni comunali che dal 2005 gli enti ecclesiastici

Int. a M. Turco - «Vigliaccheria di Stato »

Articolo di Federico Tulli pubblicato su Terra, il 20/10/10

Un buco di quasi venti miliardi di euro. A tanto ammonta il danno erariale per i mancati incassi di lei, Ires e altre imposte o riduzioni comunali che dal 2005 gli enti ecclesiastici non sono obbligati a pagare, diversamente dai comuni mortali. Vale a dire noi cittadini italiani. Benefici che si configurano platealmente come aiuti di Stato, in violazione della normativa europea che li regola. La denuncia è stata depositata alla Corte di Giustizia europea niente meno che nel 2006 da Maurizio Turco, deputato radicale eletto nelle liste del Pd, e da Carlo Pontesilli, segretario di anticlericale.net. Oggi dopo un lentissimo iter di verifica avviato dall'autorità giudiziaria Ue (con sede a Lussemburgo) potrebbe cominciare a portare i suoi frutti. Tra le pieghe del decreto sul federalismo fiscale municipale approvato dal governo a inizio agosto 2010 e mai pubblicizzato, compare un comma che cancella una parte delle esenzioni finite sotto la lente Ue. A partire dal 2014.

Onorevole Turco, è la fine di una palese ingiustizia?
Per ora quello che c'è di palese, da anni, è la violazione della normativa comunitaria da parte dello Stato italiano e il conseguente danno economico per i cittadini.

Il ministro Tremonti è considerato il padre dell'ottopermille che frutta 4,5 miliardi di euro l'anno alla casse del Vaticano. Con questa mossa ha improvvisamente voltato la schiena alla Chiesa?
Assolutamente no. Inserendo quel comma nel decreto sul federalismo fiscale lui sta scaricando tutto il peso dell'operazione sui singoli comuni. Peraltro, a partire dal 2014 non ci saranno più esenzioni Ici per nessuno.

Cosa vuol dire con questo?
Voglio dire che lo Stato centrale se ne lava le mani. E che ci saranno enormi difficoltà a eseguire un censimento attendibile degli immobili ecclesiastici per verificare quali sono quelli destinati a fini religiosi e quali quelli commerciali. Sarà infatti compito dei sindaci organizzare la ricostruzione della vita di cespiti che potrebbero non essere nemmeno presenti in catasto. Pensiamo ad esempio quante costruzioni esistono nella provincia italiana risalenti a molti secoli addietro.

È pessimista...
La vedo male. Siamo di fronte a uno Stato vigliacco che sa di aver commesso un grave errore, ma che si attiva per sanare l'anomalia solo quando ha l'opportunità di scaricare la responsabilità su altre istituzioni molto più deboli.

Ora cosa accadrà?
La Commissione ha 18 mesi di tempo per fare le proprie valutazioni. Dopo di che in considerazione del fatto che mancheranno solo due anni all'entrata in vigore del federalismo fiscale con le nuove norme, Bruxelles potrebbe anche decidere di non fare nulla. Il problema che però noi poniamo riguarda il pagamento degli arretrati. Riteniamo che dal 2005 al 2010 i cittadini italiani abbiano maturato crediti con lo Stato, per violazione della direttiva comunitaria, pari a dieci miliardi di euro (tra Ici e tutte le altre esenzioni). Crediti che, se fino al 2014 non accade nulla, toccheranno quota 18 miliardi.

mercoledì 20 ottobre 2010

Fecondazione assistita in Polonia la Chiesa minaccia scomuniche

La Repubblica 20.10.10
Fecondazione assistita in Polonia la Chiesa minaccia scomuniche
Nel mirino chi vota la legge. Il governo: "È un ricatto"
di Andrea Tarquini

Lo scontro avvelena il clima tra il liberal Tusk e il clero. Ieri un attentato al partito di Kaczynski

BERLINO - Nella cattolica ma moderna Polonia esplode un conflitto Stato-Chiesa senza precedenti da quando, con la rivoluzione non violenta del 1989, Varsavia conquistò la democrazia. La conferenza episcopale minaccia di scomunica i parlamentari che voteranno qualsiasi legge a favore della fecondazione in provetta. «Denunciamo questo ricatto», ha replicato ieri Pawel Gras, portavoce del governo del premier liberal Donald Tusk. Nelle stesse ore, un grave fatto di sangue sconvolgeva il paese: un uomo, probabilmente squilibrato, armato di pistola e coltello, ha assaltato una sede del PiS, il partito nazionalpopulista e cattolico-conservatore d´opposizione, e ha ucciso una persona ferendone gravemente un´altra. «È il risultato della campagna d´odio contro di noi ispirata da Tusk», ha detto con pesanti accuse il leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski.
Lo scontro sulla fecondazione assistita avvelena il clima tra il governo liberal di Tusk e la Chiesa. In una lettera aperta i vescovi definiscono la stessa fecondazione in vitro «una sorellina dell´eugenetica». Una durissima allusione alla politica nazista di selezione razziale con l´eliminazione delle persone ritenute "inferiori" dal Terzo Reich. I prelati mettono in guardia contro «l´adozione di ogni legge non compatibile sia con gli argomenti scientifici sull´inizio della vita biologica dell´essere umano, sia con le indicazioni morali dei Comandamenti e del Vangelo».
Pochi giorni fa, in un´intervista, il presidente della Conferenza episcopale, Henryk Hoser, aveva apertamente minacciato la scomunica: «Chiunque voterà leggi a favore della fecondazione in provetta - aveva detto - si metterà automaticamente fuori dalla Comunità della Chiesa». Per il premier Tusk, che non è anticlericale ma è deciso a continuare a passo di corsa la modernizzazione del paese, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Sono sorprendenti le minacce e i tentativi di pressione messi in campo per fermare quella legge», ha fatto dire al suo portavoce. Secondo il quale «ovviamente la Chiesa ha il diritto di esprimere la propria posizione, ma non dovrebbe mai farlo con toni così drastici».
In Polonia la fecondazione in vitro è già ampiamente praticata dalle coppie che non hanno altra scelta per mettere al mondo figli, ma non è regolamentata da leggi. Questa settimana il Sejm (Camera dei deputati) esaminerà alcune proposte di legge in merito. «Queste minacce - ha detto il portavoce di Tusk replicando alla Chiesa - accelereranno anziché fermare il processo legislativo».
In una società sempre più moderna, investita da un impetuoso sviluppo economico, la Chiesa ha perso terreno dopo la fine della guerra fredda e la morte di papa Wojtyla, e reagisce a volte al disagio del suo indebolimento con posizioni radicali. Contemporaneamente, a Lodz, un uomo armato, al grido di «morte a Kaczynski», ha assaltato una sede del PiS. Ha ucciso un politico 62enne, ferendo gravemente l´assistente di un deputato europeo. Kaczynski ha subito accusato il governo Tusk parlando di "campagna d´odio che equivale all´incitamento all´omicidio".

lunedì 18 ottobre 2010

Lapidazione psicologica in chiave clericale

La Repubblica 18.10.10
Lapidazione psicologica in chiave clericale
di Mario Pirani

Questa Italia triturata da un federalismo improvvisato sta producendo, tra gli altri fenomeni negativi, l´esplodere di eventi locali destinati a ripercuotersi su scala nazionale, senza alcuna considerazione della coerenza costituzionale e delle contraddizioni e controversie, per effetto riflesso, cui possono dar luogo. È stato il caso, tanto per fare un esempio, della scuola di Adro ricoperta di simboli leghisti. Decisioni improvvide che, se non rintuzzate sul nascere, si presterebbero a una moltiplicazione dirompente. Ancor più grave dei fatti succitati è la legge presentata al Consiglio regionale del Lazio da Olimpia Tarzia (Pdl) presidente del Movimento per la vita, legge che si propone di stravolgere i consultori familiari, quando non di privatizzarli, affidandoli in gran parte ad organizzazioni religiose (naturalmente finanziate dalla Regione) e sottraendoli alle Asl cui oggi fanno capo. Ricordo in proposito che i consultori vennero introdotti per legge nel 1975 da un governo di centrosinistra, presieduto da Aldo Moro, al culmine della stagione delle riforme (diritto di famiglia, aborto, divorzio, sanità). La loro caratteristica è consistita nel fornire in primo luogo alle donne un unico servizio socio- sanitario ad accesso libero e gratuito per la assistenza nella preparazione alla maternità, alla tutela della salute della donna in fase di concepimento, alla informazione, promozione e assistenza sul tema della gravidanza, della sterilità, dei metodi d´intervento e di aiuto nelle procedure per l´adozione e l´affidamento, ecc. È falso, quindi, quanto sostiene oggi la maggioranza di destra che si occupino solo di aborto (dai dati dell´Asp del Lazio risulta che nel 2009 5500 donne si sono rivolte ai consultori per consulenze pre-concepimento e 10790 hanno partecipato ai corsi pre – parto).
La legge controriformista mira invece ad imporre all´universo mondo i dettami del fondamentalismo ecclesiastico. La libera decisione della singola donna è cancellata e al centro della nuova legge campeggia «la dimensione sociale della famiglia fondata sul matrimonio». Donne singole e coppie di fatto sarebbero quindi fuori dal nuovo ordinamento regionale. I consultori, in buona parte non più organi pubblici, dipenderebbero dalle associazioni familiari e dalle organizzazioni senza scopo di lucro che «promuovono la stabilità familiare e la cultura familiare «. Una torsione ideologica anticostituzionale che non solo privatizza il servizio ma esclude qualsiasi apporto del volontariato laico. Non manca, inoltre, la legittimazione del «figlio concepito quale membro della famiglia», una definizione dell´embrione che oltrepassa quella dei vescovi.
Si impone anche la presenza negli organi di direzione di un esperto di bio-etica e di un «mediatore familiare» (figure professionali mai istituite e, peraltro, «inappropriate» come recita una nota in proposito del Servizio legislativo del Consiglio regionale che, inoltre, avverte come molte norme della legge prestino il fianco «a possibili censure di costituzionalità».) Basti ricordare l´introduzione di un incentivo di 500 euro per i primi 5 anni di vita del nascituro promessi alle donne a basso reddito che rinuncino alla decisione di abortire, una voce che graverebbe per 100 milioni di euro annui senza copertura, destinati a crescere perché di fronte a una simile offerta ogni donna gravida fingerebbe di voler abortire. Moralmente la cosa peggiore è, però, il doppio percorso, una «lapidazione psicologica della donna», come ha scritto Giulia Rodano (Idv) attraverso la quale in violazione della legge 194 si vuole imporre ad opera dei bioetici dei neo-consultori un trattamento persecutorio per dissuaderla dall´abortire, accompagnato dall´obbligo se non accondiscendesse alla «difesa della famiglia», a firmare una specie di «consenso informato» con la confessione del rifiuto all´aiuto prestato dal consultorio.
Credo che neanche nella Spagna cattofranchista si fosse giunti a questo punto.

giovedì 14 ottobre 2010

Basilica di San Paolo "Lavori senza permessi"

Basilica di San Paolo "Lavori senza permessi"
LAURA SERLONI
LUNEDÌ, 04 OTTOBRE 2010 LA REPUBBLICA Roma

Sono al lavoro le gru nell´area a ridosso della Basilica di San Paolo. Zona recintata e in via di edificazione, ma non c´è nessun cartello informativo sull´avvio e la fine del cantiere né alcun dato su cosa si stia realizzando. «Non ci sono permessi o documenti. Nulla è stato mai presentato alla Soprintendenza né al Comune per chiedere le autorizzazioni. Li consideriamo lavori abusivi che non tengono conto delle regole urbanistiche della città», affonda Andrea Catarci, presidente del municipio XI.
L´allarme del minisindaco Catarci arriva dopo la denuncia del segretario nazionale dei Radicali, Mario Staderini che ha presentato un esposto in Procura per chiedere la verifica della regolarità dell´intervento a ridosso della Basilica di San Paolo e, qualora ci fossero i presupposti, per procedere al sequestro del manufatto.
«Al Vaticano viene concesso quello che nessun privato potrebbe fare. Il silenzio dei Beni culturali è scandaloso - spiega Staderini - l´edificio in costruzione sembra contrastare in maniera abnorme con i vincoli storici, ambientali e paesaggistici previsti dalle normative nazionali nonché con le disposizioni a tutela dei beni culturali e con le stesse previsioni del piano regolatore». L´area si trova in una zona protetta, un sito compreso dall´Unesco all´interno della lista dei patrimoni dell´umanità. Già perché in epoca romana la zona era occupata da un vasto cimitero subdiale, in uso dal I secolo a. C. al III secolo d. C. che comprendeva diverse tipologie di tombe, dai colombari di famiglia a piccole cappelle funerarie spesso affrescate e decorate con stucchi.
«Non c´è nulla di scritto, ma in quell´area secondo alcune indiscrezioni dovrebbero sorgere ambulatori e uffici dell´ospedale Bambino Gesù - sottolinea Alberto Attanasio, vicepresidente del municipio XI - certamente sarebbe un servizio per il territorio ma andrebbe ristudiata tutta la viabilità, si dovrebbero aprire passi carrabili e istituire numeri civici - spiega aggiungendo - ora però ci domandiamo perché nessuno ci informa e come mai non ci sia trasparenza».
Oltre al patrimonio storico e culturale, il nodo della questione sta nel carico urbanistico che la nuova struttura porterebbe nel quartiere di San Paolo. Sgombra il campo da equivoci, il segretario dei Radicali: «La Santa Sede non si può avvalere dell´extraterritorialità ai sensi dell´articolo 15 del Trattato Lateranense poiché in materia di edilizia, sanità e sicurezza devono sottostare alle disposizioni nazionali». Insomma le facoltà riconosciute dal Trattato non fanno riferimento alla libertà di edificare, ma esclusivamente all´assetto degli immobili già esistenti e non a nuove costruzioni. «Dire che il Trattato Lateranense dà al Vaticano un potere senza limiti è una follia, se fosse così potrebbero costruire un grattacielo senza chiedere il permesso a nessuno. Resta sconvolgente il silenzio di tutte le istituzioni», conclude Staderini.

mercoledì 13 ottobre 2010

L'Europa adesso indaga sullo sconto Ici a diocesi e parrocchie

L'Europa adesso indaga sullo sconto Ici a diocesi e parrocchie

Anna Maria Greco, Il Giornale, 13/10/2010

È un privilegio da cancellare l'esenzione dall'Ici concessa dall'Italia aipalazzi del Vaticano? La Commissione europea ha deciso di aprire un'inchiesta formale e approfondita per accertare se il nostro Paese viola le norme per gli aiuti di Stato, consentendo di non pagare la tassa comunale a molti immobili destinati ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, culturali, didattiche, ricreative, ricettive, sportive e di religione e di culto. Una nota diffusa a Bruxelles parla dell'ipotesi di «aiuto di Stato illegale». In sostanza, ci sono dubbi sull'esenzione concessa a «immobili usati dagli enti non commerciali per fini specifici», perché questi potrebbero essere utilizzati invece anche per attività commerciali. Si tratterebbe allora di un vantaggio ingiusto, che distorce il mercato e non rispetta la libera concorrenza.
«La Commissione - afferma una nota di Bruxelles - ritiene che le disposizioni dell'Ici e del Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) potrebbero concedere un vantaggio selettivo alle attività commerciali dei beneficiari e costituire pertanto aiuto di Stato in base alle norme Ue». Da giorni si parlava di una possibile bacchettata dell'Ue all'Italia. Tutto nasce da una serie di denunce di esponenti radicali che sostengono l'illiceità dell'esenzione dall'Ici, concessa ai fabbricati utilizzati per attività «non commerciali».
La Corte di giustizia Ue ha accolto un ricorso degli stessi radicali e il nuovo commissario all'Antitrust, Joaquin Almunia, ha riaperto il caso archiviato dal predecessore Kroes. Da Oltretevere nessuna reazione ufficiale, ma nei Sacri Palazzi non ci sarebbe allarme. Solo l'impressione di un déjà vu. La questione non riguarda il Vaticano o la Cei, male singole diocesi, parrocchie, enti ecclesiastici proprietari degli immobili. «Non ci sono aiuti di Stato illegittimi, le denunce erano già state archiviate», commenta Patrizia Clementi, esperta dell'avvocatura della diocesi di Milano, molto ascoltata alla Cei.
Il Tuir stabilisce le condizioni per perdere la qualifica di «ente non commerciale», ma sono esclusi gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche. Di qui, i sospetti. Alcune delle attività svolte dagli enti ecclesiastici potrebbero essere considerate commerciali e quindi in concorrenza con quelle svolte da chi non gode dello stesso vantaggio ma paga regolarmente l'Ici. Ecco perché la Commissione verificherà le disposizioni del Tuir e se le misure sono compatibili con il mercato. Secondo le denunce, anche la riduzione del 50 per cento dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche per gli enti ecclesiastici viola le norme Ue. L'Italia ha fornito diverse volte spiegazioni, sostenendo che le esenzioni riguardano beni non commerciali della Chiesa, ma secondo Bruxelles non ha dato «prove sufficienti per consentire alla Commissione di concludere che le misure contestate potrebbero essere giustificate in base ai principi del sistema fiscale italiano». Di qui l'avviso dimessa in mora, l'avvio di indagini e il rischio di sanzioni per l'Italia.

martedì 12 ottobre 2010

Secondo uno studio il Vaticano risparmia oltre 2,2 miliardi l’anno

il Fatto 12.10.10
L’Antitrust d’Europa avvia un’indagine sugli «sconti» goduti dalle strutture ecclesiastiche
Niente Ici e sconto del 50% sull’imposta di reddito. Per Bruxelles sono aiuti di Stato
«Vantaggi fiscali alla Chiesa» L’Italia nel mirino della Ue
Centomila fabbricati della Chiesa godono di particolari vantaggi: qui non si paga l’Ici, ad esempio. E Bruxelles vuole vederci chiaro: avviata un’inchiesta per capire se si tratta di aiuti di Stato.
di Marco Mongiello

I risparmi goduti
Secondo uno studio il Vaticano risparmia oltre 2,2 miliardi l’anno

Dopo quattro anni di tira e molla tra Roma e Bruxelles lo Stato italiano torna nel mirino dell’Antitrust europeo per i vantaggi fiscali concessi alla Chiesa cattolica. Ieri, nel corso dei sinodo dei vescovi del Medio Oriente, Papa Benedetto XVI aveva messo in guardia contro il “potere distruttivo” della finanza senza controlli. E proprio oggi per pura coincidenza arriveranno i controlli, ma sulla finanza della Chiesa. Questo pomeriggio infatti il collegio dei commissari della Commissione europea autorizzerà l’apertura di una procedura di indagine formale per stabilire se gli sconti fiscali goduti dalle strutture ecclesiastiche siano da considerarsi aiuti di Stato proibiti dalle normative comunitarie sulla concorrenza. In Italia infatti gli enti ecclesiastici non pagano l’Ici e godono di uno sconto del 50% sull’imposta sul reddito delle società, l’Ires. Tra scuole, alberghi, ospedali e attività commerciali si tratta di un patrimonio immobiliare di 100.000 fabbricati. Secondo le stime dell’Ares, Agenzia Ricerca Economico Sociale, con queste agevolazioni il Vaticano risparmia 2,2 miliardi euro l’anno di tasse. Solo a Roma nel 2006 il mancato pagamento dell’Ici ha comportato una perdita per il Comune di 26 milioni di euro. Un bel gruzzolo sottratto alle casse pubbliche che inoltre, secondo le conclusioni preliminari di Bruxelles, permette alla Chiesa di fare concorrenza sleale ad altri operatori economici. La Commissione, si legge sulla comunicazione che sarà inviata oggi alle autorità italiane, “ritiene che le misure di esenzione costituiscano un aiuto di Stato” e “dubita che questi aiuti siano compatibili” con le normative comunitarie in materia. In teoria le esenzioni concesse dallo Stato italiano sono state giustificate spiegando che queste sono legate ad attività senza fini di lucro, ma gli esperti della Commissione non sembrano pensarla allo stesso modo. I servizi offerti dagli enti ecclesiastici, continua il testo della comunicazione, “sembrano essere in competizione con servizi simili offerti da altri operatori economici” che non beneficiano delle stesse agevolazioni. L’apertura del dossier risale al 2006, quando l’avvocato Alessandro Nucara aveva presentato alla Commissione la denuncia del radicale Maurizio Turco e del fiscalista Carlo Pontesilli, segretario di anticlericale. net. Visto il coinvolgimento della Santa Sede e la sensibilità delle autorità italiane la Commissione europea ha usato il guanti bianchi, i tempi per gli scambi di informazioni si sono allungati e il caso è stato archiviato senza fare troppe domande per ben due volte, l’ultima lo scorso 15 febbraio.
Contro quest’ultima decisione, ritenuta frettolosa e non sufficientemente motivata, il 26 febbraio lo stesso avvocato Nucara ha presentato alla Corte di giustizia europea il ricorso a nome di Pietro Ferracci e della Scuola Elementare MariaMontessori di Roma. Il rischio per la Commissione è che i giudici di Lussemburgo diano ragione ai ricorrenti e condannino l’esecutivo comunitario per inazione. Per questo il commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che quest’anno è succeduto alla testa dell’Antitrust europeo all’olandese Neelie Kroes, ha deciso di riaprire il dossier, ottenendo così la sospensione del ricorso alla Corte di giustizia europea. Ora l’indagine formale durerà al massimo 18 mesi e se alla fine dell’inchiesta l’esecutivo Ue confermerà i propri sospetti lo Stato italiano sarà obbligato a farsi restituire dalla Chiesa i soldi non versati grazie alle agevolazioni.

Sconto Ici alla Chiesa, la Ue processa l´Italia

La Repubblica 24.9.10
Sconto Ici alla Chiesa, la Ue processa l´Italia
di Alberto D'Argenio

Esenzioni per due miliardi l´anno. Bruxelles accelera: "Sono aiuti di Stato"
Diciotto mesi di tempo per indagare, poi la Commissione darà il suo verdetto
Se l´Italia sarà condannata, dovrà chiedere il rimborso delle tasse non pagate

BRUXELLES - Le esenzioni fiscali concesse alla Chiesa costano allo Stato italiano un´indagine formale dell´Ue per aiuti di Stato incompatibili con le norme sulla concorrenza. Dopo quattro anni di scambi di informazioni, due archiviazioni e una serie di controricorsi, Bruxelles mette in moto «un´indagine approfondita» sui privilegi fiscali attribuiti agli enti ecclesiastici in settori in cui "l´azienda Chiesa" (conta circa 100 mila fabbricati) è leader nazionale: ospedali, scuole private, alberghi e altre strutture commerciali che godono di un´esenzione totale dal pagamento dell´Ici e del 50% da quello sull´Ires. Con un risparmio annuo che si avvicina ai due miliardi di euro e conseguenti vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti laici.
La procedura per aiuti di Stato sarà aperta a metà ottobre dalla Commissione europea. La decisione è già stata scritta e al momento è soggetta alle ultime limature. Nell´introduzione del documento redatto dal commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia si legge: «Alla luce delle informazioni a disposizione la Commissione non può escludere che le misure costituiscano un aiuto di Stato e decide quindi di indagare oltre». In poche parole, da scambi di informazioni informali il dossier diventa ufficiale e fa scattare quella procedura di 18 mesi al termine della quale la Ue dovrà emettere un verdetto.
La procedura contro lo Stato italiano si articolerà su tre fronti: sotto accusa verranno subito messi il mancato pagamento dell´Ici e l´articolo 149 (4 comma) del Testo unico delle imposte sui redditi che conferisce a vita la qualifica di enti non commerciali a quelli ecclesiastici (non svolgete un´attività di impresa a prescindere e quindi pagate meno tasse). Il terzo filone riguarda lo sconto del 50% dell´Ires concesso agli enti della Chiesa che operano nella sanità e nell´istruzione: prenderà la forma di una richiesta di informazioni approfondita essendo risalente agli anni ´50, prima della nascita della Cee.
L´esenzione totale dall´Ici è stata introdotta nel dicembre 2005, in campagna elettorale, dal governo Berlusconi e quindi rivista da quello Prodi (2006) che messo sotto pressione dalla Ue aveva ristretto i privilegi solo alle attività "non esclusivamente commerciali". Intervento aggirato da ospedali o scuole che al loro interno hanno una piccola cappella. Le norme erano state portate a Bruxelles da una denuncia promossa dal radicale Maurizio Turco e del fiscalista Carlo Pontesilli (segretario di anticlericale.net) assistiti dall´avvocato Alessandro Nucara. L´allora commissaria Neelie Kroes aveva però archiviato due volte il caso e a Bruxelles in molti raccontano le fortissime pressioni ricevute da entrambe le sponde del Tevere. Di fronte all´ennesima archiviazione i denuncianti si sono rivolti alla Corte di giustizia e i legali di Bruxelles hanno convinto Almunia ad aprire la scomoda procedura (andare contro il Vaticano e un Paese fondatore non è mai consigliato) per evitare una condanna per inazione da parte dei giudici del Lussemburgo.
Condanna difficile da scampare leggendo le "conclusioni preliminari" contenute nel documento dello stesso Almunia: l´esistenza dell´aiuto di Stato è resa chiara dal «minor gettito per l´erario» e la norma viola la concorrenza in quanto i beneficiari degli sconti Ici «sembrano» essere in concorrenza con altri operatori nel settore turistico-alberghiero e della sanità. Insomma, le condizioni dell´esistenza dell´aiuto e della sua incompatibilità con le norme Ue «sembrano essere soddisfatte». Analisi curiosamente opposta a quella contenuta nelle due precedenti archiviazioni (2008 e 2010) quando non c´erano timori di una sconfessione da parte della Corte. Con l´apertura dell´indagine formale le parti avranno un mese per presentare le proprie ragioni. Quindi entro 18 mesi Bruxelles dovrà decidere se assolvere o condannare l´Italia, con conseguente fine dei privilegi e inevitabile rimborso all´erario delle tasse non pagate dagli enti ecclesiastici.

venerdì 8 ottobre 2010

"Io, abusata da un prete a 11 anni vi racconto una vita di vergogna"

La Repubblica 25.9.10
"Io, abusata da un prete a 11 anni vi racconto una vita di vergogna"
Storia di Laura, una delle vittime italiane. Oggi il primo raduno a Verona
di Vera Schiavazzi

Non c´è risarcimento per qualcosa che ti impedisce di essere te stesso e ti fa perdere la fiducia
Ogni scusa era buona per restare solo con me e attirarmi in casa sua, sopra la sacrestia. Io ero debole e non capivo

ROMA - «Erano giovani, belli, intelligenti, puliti. Molti li ho ritrovati su Facebook, sono rimasta annichilita nel sapere che erano ancora in contatto con quel prete. Soprattutto se penso a quello che hanno subito, più grave e pesante ancora di quel che è toccato a me, forse perché ero una bambina e loro dei maschietti. Gli abusi e le violenze che abbiamo patito hanno cambiato per sempre la nostra vita, non c´è risarcimento per qualcosa che ti impedisce di essere te stesso, ti fa perdere la fiducia, stravolge per sempre la tua vita amorosa». Laura M. ha 35 anni, un compagno, un lavoro da insegnante in un piccolo centro del nordest. Insieme a quello di molti altri sconosciuti che hanno risposto all´appello il suo sarà uno dei racconti che oggi a Verona vorrebbe cambiare la storia italiana delle vittime della pedofilia nelle chiese, nei seminari, nei collegi. Quelle vittime di preti pedofili che - secondo il gruppo ‘La colpa´ (infolacolpa.it) che ha organizzato l´incontro al Palazzo della Gran Guardia, scegliendo non per caso uno dei luoghi più visibili della città - in Italia fanno ancora così fatica a denunciare gli abusi subiti, a essere creduti, a ottenere giustizia. Il racconto di Laura è arrivato prima con una timida mail: «Gentili signori, ho visto il vostro annuncio su Internet. Non so se il mio caso vi può interessare perché non mi sono mai rivolta alla polizia e ancora oggi non ho il coraggio di svergognare quel prete, che sia pure molto anziano è ancora presente nella sua comunità». Dall´altra parte, la donna ha trovato incoraggiamento e comprensione: «È capitato anche a noi, a volte si convive tutta la vita col peso di un´ingiusta vergogna». Così, è riuscita a continuare: «Avevo 11 anni quando ho sentito per la prima volta su di me il sesso di un uomo. Era il mio parroco, e ogni scusa era buona per restare solo con me e attirarmi in casa sua, sopra la sacrestia. Io resistevo, ma ero debole, indifesa, non capivo quanto fossero gravi quelle molestie e non avevo il coraggio di ribellarmi a un adulto del quale mi fidavo ciecamente. Lo scandalo scoppiò quell´estate, un ragazzino più piccolo raccontò a casa quel che gli stava capitando e scoprimmo così che la cosa andava avanti da anni, che alcune famiglie avevano cambiato parrocchia senza però mai pensare a proteggere i figli degli altri…».
Ma, come in molti altri casi, le gerarchie locali scelsero di insabbiare il caso: «Quel prete lo trasferirono per due anni al Tribunale ecclesiastico, poi gli affidarono un´altra parrocchia, poi ancora un´altra, neppure troppo lontana. Andai dal padre spirituale del collegio, mi disse di non parlare e che potevo continuare a volere bene al mio parroco… Dopo, venne un altro prete, un uomo di grande moralità, è grazie a lui se non ho smesso di credere in Dio. Ma per anni e anni non ho potuto avvicinare un uomo, non sopportavo neppure l´idea e soffrivo ancor di più pensando ai miei amici, quelli con cui ho diviso gli anni che dovevano essere i più belli. Ora so che molti di loro non hanno potuto farsi una famiglia né essere felici, e non riesco a perdonare». Resta un peso difficile da cancellare: «Ho cambiato città, mi sono allontanata, a trent´anni mi sono fidanzata, ma ancora non riesco a pensare a dei figli. E vorrei far qualcosa per non lasciare più che la vita di un bambino sia compromessa per un sistema malato, che la vita di un adulto sia sprecata. Naturalmente non farò il nome dei miei amici. Vorrei poter dir loro del mio affetto, ma consegno la mia esperienza come la denuncia del nostro male».
Storie come quella di Laura hanno convinto il gruppo originario dei fondatori di ‘La colpa´, perlopiù ex allievi del ‘Provolo´, la scuola per bambini sordi di Verona dove decine di allievi sarebbero stati abusati, che era giunto il momento di uscire allo scoperto. «Vogliamo offrire a tutte le vittime di preti pedofili italiani il sostegno psicologico che è indispensabile, perché queste violenze sono paragonabili a quelle familiari anche per le conseguenze che lasciano - spiega Salvatore Domolo, 45 anni, il portavoce, che ha alle spalle una storia di bambino abusato e di ex prete - e il sostegno legale. Ma non ci interessano i risarcimenti, quanto l´urgenza di un´azione legale verso la Chiesa cattolica per crimini contro l´umanità. E il 31 ottobre saremo a Roma, insieme alle vittime da tutto il mondo, per manifestare con le nostre facce e le nostre storie quello che è accaduto anche in Italia, a centinaia di bambini e di ragazzi».

giovedì 7 ottobre 2010

la nota quistione dell'insegnamento religioso - Il Diavolo rosso - 28 luglio 1895

la nota quistione dell'insegnamento religioso - Il Diavolo rosso - 28 luglio 1895

La protezione del prete


Beato te, Tonio, che presto partira da questo paese sozzo d'infamia. A mesi s'apriranno l'emigrazioni. Intanto vedi che il buon pastore s'interssa di voi, perchè lui è quasi certo che ne abbiate bisogno.
Resta fedea a dio ed anche in America non ti mancherà la protezione del prete.
da
"Il Diavolo rosso", giornale satirico-illustrato, Cremoma, 8 dicembre 1895

mercoledì 6 ottobre 2010

Preti pedofili, le nuove denunce

Corriere della Sera 26.9.10
Preti pedofili, le nuove denunce

VERONA — «Vorresti fermare il prete pedofilo che è lì, accanto ai bambini». È il sentimento nelle vittime di abusi sessuali commessi all’interno della Chiesa. È emerso durante il primo incontro pubblico «Noi vittime dei preti pedofili» nel Palazzo della Gran Guardia. «Vogliamo far vedere che esistiamo, che non possiamo più essere messi a tacere e che non siamo statistiche ma esseri umani» hanno detto. Una cinquantina di mail di denuncia di altri casi sono arrivate al gruppo «La Colpa», promotore dell’incontro. Lo ha spiegato Mario Lodi Rizzini, fratello di una delle sordomute dell’Istituto San Provolo di Verona, dove — secondo testimonianze dettagliate — ci furono numerosi casi di abuso.

Portateci le prove dell’esistenza di Dio

l’Unità 6.10.10
Portateci le prove dell’esistenza di Dio
di Francesca Fornario

A mensa: «Hai letto? Il cardinale Ruini è contrario al Nobel per la medicina al padre della fecondazione assistita. Dice che una coppia non può fare un figlio con il seme di un donatore esterno». «E Gesù?». «Uhm, non ci avevo mai pensato». «È così che ci fregano, che uno non ci pensa. E pure se ci pensa non lo dice». «Ma cosa?». «Che Dio non esiste». «Che c'entra, non è questo il punto! Il punto è che i cardinali non devono interferire nella vita politica come fa Ruini. Pensa che lui il Nobel per la scienza lo avrebbe dato a Bagnasco». «E che ha scoperto?». «Che Berlusconi può invocare il legittimo impedimento anche per sottrarsi ai dieci comandamenti. Ha detto che le bestemmie vanno contestualizzate. Diavolo di un Bagnasco. È così legato a Berlusconi che vuole chiedere al Parlamento una commissione d'inchiesta contro Mosé». «Non sarà il punto, ma non lo diciamo mai». «Ma cosa?» «Che Dio non esiste». «Che c'etra, non sono cose che si dicono!». «Tipo a Ballarò, in tv, in quei posti lì. Se si parla della legge sul fine vita o del crocifisso nelle scuole, non c'è mai un politico dei nostri che dice: 'Sapete, io non sono d'accordo a mettere il crocifisso in classe perché Dio non esiste e non è corretto dire le bugie'». «Ma è una battaglia di retroguardia! Con la riforma Gelmini che ha ridotto il numero delle classi di crocifissi ne hanno dovuti mettere quindici in ogni aula. E sono gli unici che riescono ad allungare le gambe. E poi si fa presto a dire che Dio non esiste, bisogna provarlo». «Dai, lo dicono il 95 per cento degli scienziati! E poi il Vaticano che prove ha dell'esistenza di Dio? Come fanno i Vescovi a sapere tutto di lui e a dettare legge se ammettono di non averlo mai visto se non prima di nascere?». «Come fanno con l'utero». «Ma te lo immagini che cosa succederebbe se tutti insieme, pacatamente, dicessimo: Signori, se volete continuare a essere presi sul serio come interlocutori politici, portateci le prove dell'esistenza di Dio». «Sì. Che le pubblicherebbe Feltri».