il Fatto 12.10.10
L’Antitrust d’Europa avvia un’indagine sugli «sconti» goduti dalle strutture ecclesiastiche
Niente Ici e sconto del 50% sull’imposta di reddito. Per Bruxelles sono aiuti di Stato
«Vantaggi fiscali alla Chiesa» L’Italia nel mirino della Ue
Centomila fabbricati della Chiesa godono di particolari vantaggi: qui non si paga l’Ici, ad esempio. E Bruxelles vuole vederci chiaro: avviata un’inchiesta per capire se si tratta di aiuti di Stato.
di Marco Mongiello
I risparmi goduti
Secondo uno studio il Vaticano risparmia oltre 2,2 miliardi l’anno
Dopo quattro anni di tira e molla tra Roma e Bruxelles lo Stato italiano torna nel mirino dell’Antitrust europeo per i vantaggi fiscali concessi alla Chiesa cattolica. Ieri, nel corso dei sinodo dei vescovi del Medio Oriente, Papa Benedetto XVI aveva messo in guardia contro il “potere distruttivo” della finanza senza controlli. E proprio oggi per pura coincidenza arriveranno i controlli, ma sulla finanza della Chiesa. Questo pomeriggio infatti il collegio dei commissari della Commissione europea autorizzerà l’apertura di una procedura di indagine formale per stabilire se gli sconti fiscali goduti dalle strutture ecclesiastiche siano da considerarsi aiuti di Stato proibiti dalle normative comunitarie sulla concorrenza. In Italia infatti gli enti ecclesiastici non pagano l’Ici e godono di uno sconto del 50% sull’imposta sul reddito delle società, l’Ires. Tra scuole, alberghi, ospedali e attività commerciali si tratta di un patrimonio immobiliare di 100.000 fabbricati. Secondo le stime dell’Ares, Agenzia Ricerca Economico Sociale, con queste agevolazioni il Vaticano risparmia 2,2 miliardi euro l’anno di tasse. Solo a Roma nel 2006 il mancato pagamento dell’Ici ha comportato una perdita per il Comune di 26 milioni di euro. Un bel gruzzolo sottratto alle casse pubbliche che inoltre, secondo le conclusioni preliminari di Bruxelles, permette alla Chiesa di fare concorrenza sleale ad altri operatori economici. La Commissione, si legge sulla comunicazione che sarà inviata oggi alle autorità italiane, “ritiene che le misure di esenzione costituiscano un aiuto di Stato” e “dubita che questi aiuti siano compatibili” con le normative comunitarie in materia. In teoria le esenzioni concesse dallo Stato italiano sono state giustificate spiegando che queste sono legate ad attività senza fini di lucro, ma gli esperti della Commissione non sembrano pensarla allo stesso modo. I servizi offerti dagli enti ecclesiastici, continua il testo della comunicazione, “sembrano essere in competizione con servizi simili offerti da altri operatori economici” che non beneficiano delle stesse agevolazioni. L’apertura del dossier risale al 2006, quando l’avvocato Alessandro Nucara aveva presentato alla Commissione la denuncia del radicale Maurizio Turco e del fiscalista Carlo Pontesilli, segretario di anticlericale. net. Visto il coinvolgimento della Santa Sede e la sensibilità delle autorità italiane la Commissione europea ha usato il guanti bianchi, i tempi per gli scambi di informazioni si sono allungati e il caso è stato archiviato senza fare troppe domande per ben due volte, l’ultima lo scorso 15 febbraio.
Contro quest’ultima decisione, ritenuta frettolosa e non sufficientemente motivata, il 26 febbraio lo stesso avvocato Nucara ha presentato alla Corte di giustizia europea il ricorso a nome di Pietro Ferracci e della Scuola Elementare MariaMontessori di Roma. Il rischio per la Commissione è che i giudici di Lussemburgo diano ragione ai ricorrenti e condannino l’esecutivo comunitario per inazione. Per questo il commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che quest’anno è succeduto alla testa dell’Antitrust europeo all’olandese Neelie Kroes, ha deciso di riaprire il dossier, ottenendo così la sospensione del ricorso alla Corte di giustizia europea. Ora l’indagine formale durerà al massimo 18 mesi e se alla fine dell’inchiesta l’esecutivo Ue confermerà i propri sospetti lo Stato italiano sarà obbligato a farsi restituire dalla Chiesa i soldi non versati grazie alle agevolazioni.