mercoledì 30 novembre 2011

"Rischiamo la vita ma non cederemo agli oscurantisti"

La Repubblica 1.11.11
L´intervista
Il regista Castellucci: "Contro di me e i miei attori gravi minacce"
"Rischiamo la vita ma non cederemo agli oscurantisti"
di Anna Bandettini

ROMA - «Non faccio che stare al telefono con Parigi, voglio essere vicino come posso ai miei attori. Ho paura, sì. Ho paura per loro che sono lì, che devono andare in scena. E ho paura per me. Ne me la sentirei proprio di andare in giro per la Francia in questo momento: la mia foto è sui blog dei fondamentalisti cristiani dove sono additato come terrorista islamico. A loro si sono aggiunti quelli dei nazisti e degli antisemiti. Come a dire: è lui. Chi lo vede, è suo».
Romeo Castellucci è sempre misurato, non si arrabbia mai, ma ora con voce preoccupata sottolinea: «Nel mio lavoro mi è capitata qualche denuncia, qualche contestazione individuale, ma qui c´è una vera e propria falange contro». Regista di Cesena, 51 anni, artefice della Societas Raffaello Sanzio, il più famoso gruppo teatrale italiano in Europa, artista inconfondibile che da sempre lavora con sguardo diverso nel grande bagaglio delle immagini collettive della nostra cultura, è lui il bersaglio dei militanti di Istitut Civitas che per giorni, da metà ottobre, lo hanno minacciato fuori dal Theatre de la Ville di Parigi con l´accusa di blasfemia, fino ad a interrompere il suo spettacolo, Sul concetto di volto nel figlio di Dio, che da domani, sempre a Parigi, si sposterà nel più periferico Le Centquatre e poi in tournèe in altre città francesi.
C´è il serio rischio che vadano avanti.
«Sì, temo ci perseguiteranno ancora. Anche se Le Centquatre è in una periferia dove ci sono molti musulmani e forse questo può tenerli lontano», dice Castellucci, al telefono dalle Marche dove sta preparando il nuovo spettacolo, Il velo nero del pastore, che debutterà a Roma il 10 novembre, e che sfiora a sua volta il tema del sacro.
Sul concetto di volto nel figlio di Dio, è stato visto in Italia, in Spagna, in Polonia: paesi cattolici dove non è successo nulla. Perché in Francia sì?
«In Italia alcuni mi hanno semmai incolpato di essere troppo cristiano, di aver rivelato troppo... La Francia? Gli integralisti hanno colto l´occasione per farsi pubblicità. Già al festival di Avignone, questa estate, c´erano state avvisaglie: una sera c´era stata una rissa tra spettatori, una cosa quasi futurista, ma era a fine spettacolo, che è anche legittimo. Ora invece siamo alle minacce di questi che mi dicono essere lefebreviani, seguaci dell´arcivescovo scomunicato dal papa. Ma la cosa tenebrosa è che si sono amplificati in rete e ora sono tanti, compresi nazisti e gruppi antisemiti, gente che grida fuori dal teatro "abbasso la repubblica", "Viva il re". Ebbene sì. Oscurantisti, medievalisti».
Cosa l´ha impressionata delle loro minacce?
«Le perquisizioni. Tutti gli spettatori devono passare il metal detector. Le minacce ci hanno obbligato a militarizzarci. È una cosa tremenda vedere queste cose in un teatro. Io credo che la polizia abbia avuto sentore di qualche seria minaccia, che non ci ha rivelato».
Mai pensato di dire basta, torniamo a casa?
«No, non è possibile. Bisogna mantenere le posizioni di fronte a tanto oscurantismo».
Ma perché farlo con l´immagine di Cristo?
«È difficile prescindere dal fiume in cui si è nati. Noi siamo nutriti dell´immagine di Cristo. E lo spettacolo è un "de profundis", una preghiera sulla caduta dell´uomo che si leva dal punto più basso, da un nadir dell´uomo che ho voluto rappresentare metaforicamente con le finte feci. Ed è falso che vengono gettate contro il Cristo di Antonello da Messina, in fondo alla scena, perché a quel Cristo lo spettacolo rivolge la domanda accorata "perché ci hai abbandonato?". Cioè l´esatto contrario delle accuse degli integralisti».
Se potesse incontrarli che direbbe loro?
«Convertitevi»
Sarebbe a dire?
«Li ho visti fuori dal teatro, spaventosi, paiono diavoli e da quello che urlano, si capisce: non conoscono le Sacre Scritture»

venerdì 25 novembre 2011

Francia, la bandiera integralista dei cristiani d´assalto

La Repubblica 1.11.11
Francia, la bandiera integralista dei cristiani d´assalto
Assediano piece teatrali giudicate blasfeme. Distruggono opere d´arte a colpi di martello. Ecco chi sono gli estremisti col crocifisso che spaventano la Francia
di Anais Ginori

Assalti per giorni al Théatre de la Ville al grido di "Basta cristianofobia". Opere distrutte a colpi di martello. E cortei nelle strade di Parigi avvolti in mantelli rossi e con il crocifisso in mano. Gli ultracattolici di Action Française compiono azioni sempre più clamorose. "La libertà di espressione non è più un argomento valido", dicono. E annunciano una guerra contro l´arte trasgressiva e le "bestemmie della società"
Gli artisti lanciano un appello: "Il nostro Paese si è sempre battuto per tutelare la laicità"
Il sacerdote Beauvais: "Non siamo cattivi, siamo fedeli alla nostra fede"
Il movimento fa riferimento alla Fraternità San Pio X fondata da Marcel Lefebvre
L´Arcivescovo li ha sconfessati. Duro anche il ministro della Cultura Frédéric Mitterrand

A vederla da vicino, dietro all´ingresso blindato del Théatre de la Ville, la scena è stata ancora più surreale. C´era qualcosa di terribilmente stonato, nelle decine dei sedicenti "crociati" che assaltavano una pièce nel nome del cristianesimo. Non è questa la Francia, la capitale moderna della laicità, il Paese tollerante e aperto a ogni forma d´espressione e d´arte? Invece è successo proprio qui, nel cuore di Parigi. Adesso che le auto della polizia sono andate via, e gli agenti in tenuta antisommossa pure, c´è un´aria di tregua. Ma giusto qualche giorno, perché lo spettacolo Sul concetto di volto del figlio di Dio del regista italiano Romeo Castellucci sta per riprendere in un altro teatro, inseguito dai contestatori. Poche centinaia di persone. La Prefettura di Parigi non fornisce dati ufficiali ma negli ultimi giorni ha fatto almeno cento controlli quotidiani per fermare la protesta dura dei gruppi cristiani. «Non li sottovalutiamo» avverte l´esperto di estrema destra Yves Camus. Alla vigilia della campagna elettorale, questo piccolo movimento di crociati, in polemica anche con la Chiesa ufficiale, riprende la tradizione di nazionalisti ultra cattolici di Action Française ma s´ispira all´uso dei media dei Tea Party americani.
Sigle vecchie e nuove, una galassia in rapida evoluzione. Da mesi i militanti di questi gruppi si muovono al motto di "Basta cristianofobia". Distruggono opere a colpi di martello come fossero organismi vivi, assediano innocui teatranti, sfilano con mantelle rosse, cantici e ceri nelle strade della capitale per riportare la Francia alle sue "radici". «Una serie di azioni così mirate e violente - ammette Camus - non si vedevano da tempo». Lo spettacolo di Romeo Castellucci è stato interrotto più volte, attori e pubblico sono stati colpiti dal lancio di uova, pomodori, olio per automobili. Un giovane è stato fermato mentre saliva sulla facciata del teatro per gettare fialette maleodoranti davanti al botteghino. Alcuni militanti hanno comprato i biglietti per condurre i loro attacchi dalla platea. Gli effetti si sono subito visti. Dopo i primi giorni, sono apparse delle porte scanner al Théatre de la Ville, e gli spettatori si sono dovuti sottoporre ai controlli di sicurezza prima di sedersi in poltrona.
Lo scandalo arriva solo agli ultimi minuti dello spettacolo, quando il volto di Cristo - una riproduzione gigante del "Salvator Mundi" di Antonello da Messina - sembra sporco di escrementi, espressione delle sofferenze dei due personaggi, un vecchio incontinente e il figlio che lo lava e lo cambia. Il bilancio, dopo dieci giorni di rappresentazioni, è di quasi trecento persone fermate, alcune in possesso di lacrimogeni. Una ventina di militanti sono stati denunciati per "atti di degrado del patrimonio pubblico" e "violazione della libertà di espressione", un reato che prevede fino a tre anni di prigione e 45mila euro di multa. Il Comune di Parigi si è costituito parte civile. Nonostante le minacce, il direttore del teatro, Emmanuel Demarcy-Mota, ha deciso di non fermare la pièce. «Perché non è giusto cedere alle intimidazioni di questi neo-fascisti» ha commentato.
La chiesa Saint-Nicolas-du-Chardonnet, nel quinto arrondissement, è considerata la casa di questo movimento che fa riferimento alla Fraternità San Pio X, fondata da Marcel Lefebvre negli anni Settanta. «Signori spettatori, oggi assisterete a una bestemmia e noi siamo qui per rimediare ai vostri peccati» ha urlato il sacerdote della chiesa Xavier Beauvais, mentre cercava di fermare la gente in Place du Chatelet. «Non siamo integralisti cattivi - ha aggiunto - siamo cattolici, fedeli alla fede cattolica, e veniamo a manifestare contro la bestemmia». Il cardinale André Vingt-Trois ha ovviamente preso le distanze da questi contestatori. «Sono gruppuscoli che si riferiscono alla Chiesa cattolica senza avere nessun legame» ha detto l´arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese. «Usano la fede come argomento per giustificare violenze ingiustificabili». Le parole del religioso si sono sovrapposte a quelle del laico Frédéric Mitterrand. «La Chiesa cattolica in Francia - ha commentato il ministro della Cultura - non è né integralista, né oscurantista».
Il portavoce del nuovo movimento, Alain Escada, riceve nella sede dell´Istituto Civitas, nella storica banlieue di destra, Argenteuil. «Dal momento in cui si offende e si umilia Cristo che è sacro per molti fedeli, la libertà di espressione non è più un argomento valido» spiega il segretario generale di Civitas, cittadino belga e titolare di una libreria a Bruxelles. È fermamente convinto che la Francia sia la culla di «una nuova cristianofobia». «Bisogna fare di tutto per fermare questa malattia». Il debutto è avvenuto, non a caso, ad Avignone, la città dei Papi. Il 17 aprile scorso gli integralisti hanno manifestato contro l´opera provocatoria dell´americano Andreas Serrano, "Piss Christ", un crocifisso immerso nell´urina, distrutto dai contestatori a martellate.
«Escada è solo l´esponente di facciata» osserva Camus. «Dietro di lui c´è una rete di personaggi dell´estrema destra legati al mondo universitario e militare». Nel movimento militano anche monarchici, nazionalisti, sigle come France Action Jeunesse, Action Française, Renouveau français. Non sono pochi gli osservatori convinti che la recente svolta a base di azioni sempre più clamorose sia legata al "voltafaccia" del Front National, guidato adesso da Marine Le Pen. La figlia del fondatore del partito di estrema destra ha preso le distanze dagli ultra cattolici e si è anzi schierata in difesa della laicità. Orfani di una rappresentanza politica, sabato scorso, questi gruppi si sono dati appuntamento davanti alla Piramide del Louvre. Hanno sfilato - un migliaio secondo la Prefettura - con crocifissi e raffigurazioni del Sacro Cuore, di Giovanna d´Arco, fino in Place André Malraux per una lunga veglia notturna di preghiere. Molti manifestanti contestano la tolleranza delle istituzioni nei confronti dei musulmani. «Il dibattito sulla laicità ci ha portato a favorire l´integrazione dell´Islam, cancellando le nostre radici cristiane» dice Escada. Il segretario di Civitas poi torna prudente. «Non siamo un movimento politico», precisa. Altri non la pensano come lui. L´abbate Régis de Cacqueray ha già proposto di creare delle liste civiche in vista delle elezioni amministrative del 2014. «Speriamo di conquistare alcune decine di comuni. Vogliamo degli eletti veramente cattolici che possano estendere il regno di Nostro Signore Gesù Cristo».
Lo spettacolo di Castellucci è stato rappresentato in Italia e altrove in Europa senza suscitare simili proteste. «Questi gruppi di individui violenti e organizzati fanno parte di movimenti religiosi e politici su cui è necessario indagare» scrivono diverse personalità della cultura in un appello. «Per noi, questi comportamenti sono il segnale di un crescente fanatismo religioso. La Francia si è sempre battuta per tutelare la libertà di espressione e il teatro è spesso stato al centro di queste lotte» dicono i firmatari, tra i quali gli attori Michel Piccoli e Juliette Binoche, lo scrittore Stephane Hessel, il direttore della Scala di Milano Stephane Lissner. Da domani lo spettacolo "Sul concetto di volto del figlio di Dio" sarà rappresentato in una sede più a rischio, il centro culturale Centquatre, nel diciannovesimo arrondissement. Le misure di sicurezza saranno ulteriormente aumentate. In Rete circolano inviti per contestare altri spettacoli giudicati blasfemi, "Le Vicaire" del tedesco Rolf Hochhut che sarà al Théatre 14 dalla settimana prossima e poi il "Golgota picnic" di Rodrigo Garcia che comincerà l´8 dicembre al Théatre du Rond-Point. La battaglia dei nuovi "crociati" contro le trasgressioni dell´arte è appena cominciata.

mercoledì 23 novembre 2011

Dopo lo scontro sui preti pedofili chiude l´ambasciata presso la S. Sede

La Repubblica 4.11.11
Irlanda
Dopo lo scontro sui preti pedofili chiude l´ambasciata presso la S. Sede

DUBLINO - Il governo irlandese ha annunciato la chiusura della sua ambasciata presso il Vaticano a Roma, una delle suoi sedi diplomatiche più antiche, aperta nel 1929. La motivazione ufficiale è la riduzione dei costi, ma le relazioni tra Irlanda e Santa Sede, un tempo solidi alleati, non sono mai state così tese dopo gli scandali di pedofilia esplosi nel Paese e le accuse di aver coperto gli abusi che il governo di Dublino aveva rivolto contro i vertici della Chiesa. Tanto che a luglio il Vaticano aveva richiamato "per consultazioni" il nunzio apostolico in Irlanda. Il ministro degli Esteri di Dublino, Eamon Gilmore, ha precisato che i due fatti non sono legati. «Per rispondere agli obiettivi del programma dell´Unione europea e del Fondo monetario internazionale e riportare la spesa pubblica a un livello accettabile, il governo è stato costretto a tagliare numerosi servizi pubblici» ha spiegato. Tra i tagli, c´è anche la chiusura delle ambasciate in Vaticano, in Iran e l´ufficio di rappresentanza in Timor Est. «La Santa Sede prende atto della decisione dell´Irlanda» ha commentato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. «Ciò che è importante sono i rapporti diplomatici fra la Santa Sede e gli Stati, e questi non sono in questione per quanto riguarda l´Irlanda».

sabato 19 novembre 2011

Fondi post terremoto Indagato il vescovo

La Stampa 10.11.11
Avviso di garanzia a monsignor D’Ercole
Fondi post terremoto Indagato il vescovo

Il vescovo ausiliare dell’Aquila Giovanni D’Ercole è finito sul registro degli indagati per le vicende relative ai cosiddetti fondi «Giovanardi» per il sociale per il dopo terremoto. L’inchiesta che coinvolge il presule è relativa alla tentata truffa messa in atto dalla Fondazione Abruzzo Solidarietà e Sviluppo i cui organizzatori, il professore romano Fabrizio Traversi e il medico aquilano Gianfranco Cavaliere, avrebbero cercato di appropiarsi di 12 milioni di euro provenienti dai «fondi Giovanardi» destinati ad attività sociali per il post terremoto.
Monsignor D’Ercole che inizialmente era tra i vertici della Fondazione, è accusato dal pm Antonietta Picardi, titolare dell’inchiesta, di aver rilasciato false dichiarazioni nel corso di un interrogatorio e di favoreggiamento per avere messo al corrente il professor Traversi che c’era un’inchiesta sulla Fondazione. Ai due principali indagati, Traversi e Cavaliere, il pm contesta il reato di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato.
Monsignor D’Ercole dal 1987 al 1990 è stato vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede (allora diretta da Joaquín Navarro-Valls), noto al grande pubblico per essere uno dei volti dell’informazione religiosa su Raidue. «Mi si accusa di non aver detto la verità al giudice - ha spiegato ieri D’Ercole - . Posso solo ribadire la mia sincerità e confermare che ho piena fiducia nella Magistratura».

venerdì 18 novembre 2011

La lezione dell’abito talare

il Fatto 6.11.11
La lezione dell’abito talare
Marina Boscaino

In una Scuola Media Statale – ribadisco Statale – di Ladispoli (Roma), l’anno scolastico è iniziato in una maniera a dir poco singolare. Una circolare ha informato studenti e famiglie della Melone che gli alunni sarebbero stati salutati dal vescovo di Santa Rufina, monsignor Gino Reali. Programma dell’evento: colloquio con i ragazzi, benedizione dei crocefissi, consegna degli stessi ai presenti, benedizione finale della scuola. Alle vibrate proteste di Antonia Sani, del Comitato Nazionale Scuola e Costituzione, il dirigente scolastico Agresti rispondeva che la visita era stata inserita nel Piano dell’Offerta Formativa come i previsti altri incontri con “esperti”. “Il buon senso di tutti, ed in particolare di chi sia convinto che sia diritto inalienabile dell’uomo la libera espressione del pensiero farà sì che l’attività didattica contestata (in realtà un approfondimento critico di una disciplina insegnata nella nostra scuola, come già avvenuto per motoria, scienze, cittadinanza, italiano, eccetera) si svolgerà senza inutili e sciocchi strascichi polemici, lasciando che la parola di una persona, che riveste un ruolo specifico, resti quello che è: un momento di libero confronto intellettuale sulla figura di un grande pensatore, precursore di tutti gli illuminati (per chi non crede o crede diversamente) o del figlio di Dio (per chi crede)”.
SIA DETTO tra parentesi: il suddetto prelato (terza visita in un anno in quella scuola) assurse agli onori della cronaca perché – secondo alcune vittime, che lo hanno denunciato – avrebbe coperto l’ex parroco della sua diocesi, don Ruggero Conti, condannato in primo grado per abusi sessuali. Ma – alla luce della violazione del dettato costituzionale – è dettaglio quasi irrilevante. Il Comitato Insegnanti Evangelici Italiani informa che il sottosegretario all’istruzione Guido Viceconte ha invitato le scuole a partecipare all’udienza papale che avrà luogo il 28 novembre in Vaticano, in occasione della “Giornata per la tutela del Creato”, iniziativa organizzata dall’associazione cattolica Sorella natura: tutto ovviamente a carico del contribuente. L’esperto, stavolta, è niente meno che Benedetto XVI, nella funzione di studioso di ecologia. Il cerimoniale – è certezza – non potrà essere esente da aspetti liturgici: discriminatorio, cioè, dei diritti di alunni e docenti non cattolici. Non è un caso che gli atti di culto in orario scolastico siano espressamente proibiti dalla legge italiana. Come la kermesse romana dell’orientamento pre-universitario presso il santuario del Divino Amore, per la quale lo scorso anno furono offerti una serie di gadgets e il trasporto degli studenti del V anno delle superiori, anche in questo caso si reperiscono fondi – nel momento di più profonda crisi economica dello Stato e della scuola – per organizzare uscite e visite che non solo non ne sanano le drammatiche condizioni, ma creano addirittura discriminazioni e violazioni.
La persuasione (non occulta) è ormai pratica estesa, alla luce del sole, come se “pubblico, statale” fossero orpelli retorici, optional falso-pluralisti di uno Stato confessionale. Il progetto di clericarizzazione non si accontenta di una serie di regalie ormai istituzionalizzate. Su “Adista” – storica agenzia di informazione politico-religiosa dell’area della sinistra cristiana – nel suo articolo “Esenzioni, agevolazioni, finanziamenti. Tutti i numeri della casta Chiesa” alla voce scuola, editoria ed oratori, Luca Kocci rimarca che la scuola paritaria nel 2011 ha ricevuto dalla legge di stabilità 245 milioni di euro, a fronte dei tagli alla scuola pubblica.
ALL’EDITORIA cattolica, invece, sono stati erogati nel 2010 contributi statali diretti per 15 milioni di euro, con la parte del leone ad Avvenire, quotidiano della Cei: 5milioni e 871mila euro. Un altro quotidiano cattolico, Il Cittadino, controllato dalla diocesi di Lodi, ha goduto di un finanziamento pubblico di 2 milioni e 530mila euro. Ai settimanali diocesani – periodici ufficiali delle diocesi italiane – sono andati quasi 4 milioni di euro. Il resto, poco meno di 3 milioni di euro, alle riviste di congregazioni religiose, santuari, associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali di varia natura. 8 per mille, (da dieci anni circa 1 miliardo di euro, nel 2011 cifra record di 1.118 milioni, di cui 467 milioni utilizzati per “esigenze di culto e pastorale”, 361 milioni per il “sostentamento del clero”, 235 milioni per “interventi caritativi”, 55 milioni accantonati “a futura destinazione”); entrate per cappellani ospedalieri, carcerari e militari; infine esenzioni (Ici, Ires, canone tv e acqua) ci danno la mappatura di un’egemonia culturale ed economica che potrebbe fare a meno di manipolare coscienze. Qual è il contributo dei privilegi concordatari al nostro debito pubblico e allo spread?

giovedì 17 novembre 2011

“Divorzio” dalla Santa Sede Dublino chiude l’ambasciata

La Stampa 4.11.11
“Divorzio” dalla Santa Sede Dublino chiude l’ambasciata
“È una scelta dettata da motivi economici”. Padre Lombardi: liberi di decidere
di Giacomo Galeazzi

Dublino «divorzia» dal Vaticano e, tra le proteste dei vescovi dell’isola, la cattolicissima Irlanda lascia la Curia Romana. Il governo chiude l’ambasciata presso la Santa Sede e assicura che è una scelta dettata da motivi economici legati alla crisi e non dal «grande freddo» nei rapporti diplomatici con la Santa Sede. Rapporti, però, che attraversano una fase molto difficile. Tre mesi fa sia il premier Enda Kenny sia il Parlamento avevano severamente censurato la Chiesa di Roma, tacciandola di «sabotare le inchieste sui preti pedofili». Non era mai successo che Dublino parlasse con tanta forza contro il Vaticano, accusandolo di mettere i propri interessi davanti a quelli delle vittime degli abusi.
La decisione dell’esecutivo irlandese (che ha chiuso anche le rappresentanze in Iran e a Timor Est) è stata presa «per rispondere agli obiettivi del programma dell’Ue e dell’Fmi e riportare la spesa pubblica a un livello accettabile». Replica il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: «La Santa Sede prende atto della decisione dell’Irlanda. Naturalmente ogni Stato che ha relazioni diplomatiche con la Santa Sede è libero di decidere, in base alle sue possibilità e interessi, se avere un ambasciatore presso la Santa Sede residente a Roma oppure residente in un altro Paese». Ma «importanti sono i rapporti diplomatici fra la Santa Sede e gli Stati, e questi non sono in questione».
In seguito alle polemiche sullo scandalo-abusi, il 25 luglio la Santa Sede aveva richiamato a Roma il nunzio apostolico a Dublino «per consultazioni». Un fatto rarissimo, che ha fatto ancora più rumore perché coinvolge un Paese d’incrollabile tradizione cattolica. Al momento il posto di «ambasciatore del Papa» a Dublino è vacante in quanto il nunzio Giuseppe Leanza, prima richiamato in Vaticano, ha poi avuto un nuovo incarico a Praga. La nunziatura è comunque regolarmente aperta.
A settembre la Santa Sede ha inviato una lettera al governo di Dublino, riconoscendo la gravità degli abusi sui minori. Ma il Vaticano ha respinto seccamente, come infondata, l’accusa del governo irlandese di aver ostacolato le indagini e impedito all’episcopato nazionale di denunciare i preti pedofili alle autorità civili. Il governo irlandese ha riconosciuto «la serietà» della risposta vaticana, pur ribadendo che le sue passate posizioni «hanno dato il pretesto ad alcuni per non collaborare» con le autorità del Paese. Ieri, infine, la decisione di chiudere l’ambasciata romana.
«Profondo disappunto» per la «serrata» è stata espressa dal cardinale Sean Brady, arcivescovo di Armagh e Primate d’Irlanda, avvisato con una telefonata del ministero degli Esteri. Brady ha detto che «molti altri condividono questa delusione», ricordando che le relazioni tra i due Stati risalgono al 1929. «Questa decisione sembra mostrare poca considerazione per l’importante ruolo svolto dalla Santa Sede nelle relazioni internazionali e per i legami storici con il popolo irlandese», lamenta il porporato. «Spero che, nonostante questo passo deplorevole, la stretta e reciprocamente vantaggiosa collaborazione tra l’Irlanda e la Santa Sede nel mondo della diplomazia possa continuare» e che Dublino nomini al più presto «un nuovo ambasciatore residente presso la Santa Sede». Per la Segreteria di Stato la delicatezza dei rapporti che intercorrono in questo momento tra la cattolicissima Irlanda e il Vaticano «merita una particolare attenzione».

mercoledì 16 novembre 2011

Da Oltretevere arriva la benedizione al candidato premier

La Stampa 11.11.11
Da Oltretevere arriva la benedizione al candidato premier
Andrea Tornielli

CITTÀ DEL VATICANO. La Caritas in veritate sembra quasi un documento guida di governo tecnico della società, in cui l’economia ha un ruolo fondamentale, come esito naturale della riflessione etica, con la quale concordano anche coloro che non condividono la visione etica cattolica». Così parlava Mario Monti in San Giovanni in Laterano, la cattedrale del Papa, il 23 febbraio 2010, presentando l’enciclica sociale di Benedetto XVI, invitato dal cardinale Vicario di Roma Agostino Vallini. In quella occasione, il presidente della Bocconi disse pubblicamente di «essere cattolico».
Il governo guidato da «SuperMario» sembra essere un’idea che non dispiace nei sacri palazzi. Ieri pomeriggio L’Osservatore Romano ha elogiato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricordando che «diverse forze, politiche, e non solo» gli «riconoscono un equilibrio e una sapienza esemplari nella guida di questo difficile passaggio della vita del Paese».
Il giornale vaticano ha anche dato notizia della nomina di Monti a senatore a vita, e ha significativamente riportato il telegramma del premier Silvio Berlusconi nel quale si citano gli «altissimi meriti acquisiti nel campo scientifico e sociale» e si augura al nuovo senatore «un proficuo lavoro nell’interesse del Paese». Sugli sviluppi della crisi, L’Osservatore Romano osserva che «sembra accreditarsi sempre di più l’ipotesi di un nuovo governo rispetto a quella di uno scioglimento anticipato delle Camere, ipotesi che comunque rimane ancora in piedi. Sembra quindi probabile che Napolitano verifichi ulteriormente la possibilità che il Parlamento sia in grado di esprimere una nuova e sufficientemente ampia maggioranza parlamentare».
Non ha voluto invece commentare le concitate vicende delle ultime 48 ore il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che a un giornalista che gli chiedeva qualcosa in merito ha risposto: «Oggi non parlo del caso Italia». Chi ha parlato a tu per tu Bertone negli ultimi giorni racconta di averlo trovato non solo preoccupato ma anche contrariato per l’«arroccamento» manifestato nelle ultime settimane da Silvio Berlusconi. Oltretevere, come pure al vertice della Conferenza episcopale italiana, non c’è mai stato alcun desiderio di ribaltoni, ma la consapevolezza che il declino della stagione berlusconiana e il baratro a cui l’Italia si sta avvicinando avrebbero richiesto una responsabilità diversa e la disponibilità da parte del Cavaliere di fare «un passo di lato» favorendo la nascita di un governo guidato da un premier da lui indicato. Invece «è prevalsa invece la logica del muoia Sansone con tutti i filistei», sussurra uno dei più stretti collaboratori del Papa, «ora però le elezioni, in questa fase delicatissima per il Paese, rischiano di essere un salto nel buio…».
Anche i vertici della Conferenza episcopale sono contrari alle elezioni come pure a ribaltoni con governi sostenuti da maggioranze diverse da quella uscita dalle urne nel 2008. Monti ha buoni rapporti con il rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi, uomo notoriamente molto vicino prima al cardinale Camillo Ruini e ora al suo successore Angelo Bagnasco. E non è un caso se anche dalle associazioni del mondo del lavoro che hanno dato vita al Forum di Todi siano arrivati segnali di assoluta contrarietà all’ipotesi delle elezioni anticipate e aperture verso l’ipotesi del governo Monti. È probabile che sia in Vaticano come ai vertici della Chiesa italiana si sarebbe preferito un passaggio più soft, con un nuovo governo politico sostenuto dalla stessa maggioranza ma allargata al centro. Ipotesi praticabile fino a poco tempo fa, oggi non più.

martedì 15 novembre 2011

Se il vento della crisi arriva al vertice della Chiesa cattolica

l’Unità 15.11.11
Se il vento della crisi arriva al vertice della Chiesa cattolica
Nel libro del vaticanista Marco Politi su Joseph Ratzinger un’analisi severa su qualità e limiti dell’attuale Pontefice
di Lorenzo Scheggi Merlini

Un Papa che suscita «tenerezza». Da ammirare per la tenacia con cui affronta le fatiche del pesante ministero petrino; decisamente morigerato nei costumi e quasi ascetico nello stile di vita; uno studioso appassionato; un intellettuale che raggiunge mirabili vette di pensiero e che, come tale, fa breccia negli ambienti intellettuali soprattutto europei. Un ottantaquattrenne coerente che ha già fatto sapere, in caso di impedimento per motivi di salute fisica o mentale, che non esiterà a dimettersi.
Ma anche intransigente nel riaffermare il corpus tradizionale della dottrina cattolica, incurante (o impermeabile) dei segnali che vengono dall’interno dalla Chiesa stessa in materia di morale sessuale, bioetica, sacerdozio femminile, celibato, e che gridano ormai come sia tempo di aprire una discussione senza pregiudizi su tutti questi fronti. E ancora: un uomo che pur essendo stato un protagonista da posizioni innovatrici del Concilio, si colloca ora alla testa di tutti coloro che caparbiamente negano la portata rivoluzionaria che ebbe.
Un Papa eurocentrico, terrorizzato dagli «ismi» che vive come una minaccia mortale per la Chiesa e mai come una occasione. E per questo fu in fondo eletto. Un Papa, ed è il motivo ricorrente di ogni capitolo, incapace e forse anche disinteressato al governo concreto di una comunità mondiale di un miliardo e duecento milioni di fedeli sparsi in tutto il mondo, che per di più si è circondato di collaboratori non all’altezza del compito e non lo aiutano nemmeno ad evitare errori diplomatici.
L’ultima fatica di Marco Politi forse il più acuto, informato e colto fra i vaticanisti italiani giunta da pochi giorni in libreria (Joseph Ratzinger Crisi di un papato, Edizioni Laterza, pagine 328 , euro 18) è un libro che merita tutta l’attenzione richiesta dalla sua complessa, anche se scorrevolissima e appassionante, lettura.
Si presenta con un titolo netto ma non gridato, parla di un papato in «crisi». Ma a ben vedere, nel ripercorrere gli episodi più salienti del settennio ratzingheriano, tutti documentati in maniera certosina, con una messe di materiali davvero imponente, degna di uno storico più che di un giornalista, viene fuori un affresco impietoso che fa spesso pensare ad un vero e proprio fallimento. Sfilano capitolo dopo capitolo la crisi col mondo islamico, quella, ricorrente, con gli ebrei, la revoca della scomunica comminata agli ultraconservatori negazionisti anticonciliari di Marcel Lefebvre, nomine inopportune di vescovi indegni e, il cancro della pedofilia, tollerato, occultato per tanti, troppi anni.
Politi dà atto ovviamente a Benedetto XVI delle ultime, durissime posizioni e dei provvedimenti conseguentemente adottati contro la pedofilia e i preti pedofili ma, constata suffragando l’affermazione con moltissimi documenti, con colpevole ritardo. Ecco, questi aspetti negativi hanno ormai caratterizzato il papato e prevalgono, sostiene il vaticanista, su quelli, pure importanti, positivi.
Una tesi certamente opinabile che ovviamente non è da tutti condivisa. Da parte soprattutto di chi pensa che debba prevalere, nel giudizio, il ruolo di denuncia del Papa contro il capitalismo finanziario impazzito, contro il liberismo che produce miseria e povertà, contro la deriva di un mondo che sembra avere smarrito i valori forti e che si muove senza bussola. Ma certamente le argomentazioni e i fatti sciorinati da Politi, sono macigni che non possono assolutamente essere elusi.