I capolavori perduti tra mafia e Vaticano
Valeria Pacelli
"Il Fatto Quotidiano", 12 novembre. 2012
TRA
GLI ANTIQUARI DI ROMA CIRCOLA UNA VOCE: IL “BAMBINELLO” DELL’ARACOELI,
RUBATO NEL 1994, È NELLE STANZE DI UN CARDINALE “LA NATIVITÀ COI SANTI
LORENZO E FRANCESCO” DI CARAVAGGIO, TRAFUGATA NEL 1969, NELLA CASA DI UN
MAFIOSO
Opere scomparse e trafugate, distrutte, portate
all’estero e ricostruite. Opere comunque sottratte al piacere e alla
contemplazione. Di tutti. Come il bambinello dell’Aracoeli, rubato il 2
febbraio del 1994 e mai più trovato. Era sera, qualcuno entrò nella
basilica di Santa Maria in Aracoeli, sul colle del Campidoglio, e portò
via quella statuetta lignea del XV secolo tanto cara alla religiosità
popolare romana. Da qualche anno, però, tra gli esperti d’arte, si
aggira una voce. Il bambinello, secondo indiscrezioni, si troverebbe
addirittura all’interno delle mura vaticane, in possesso di un
cardinale.
Voci di corridoio, si direbbe. Ma che spesso definiscono
delle vere piste investigative, soprattutto perché a fornire le
informazioni è chi di commercio d’arte vive. E una nuova pista spunta
anche nelle indagini sulla scomparsa della Natività con i santi Lorenzo e
Francesco d’Assisi, di Caravaggio, trafugata nella notte tra il 17 e il
18 ottobre 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo, cui Leonardo
Sciascia dedicò Una storia semplice, il suo ultimo racconto. Secondo le
ultime indiscrezioni sarebbe esposta alle pareti di casa di uomo ben
introdotto in Cosa nostra. Un’opera, questa, che da tempo ha addosso
l’odore della mafia. Già nel 1992 lo “scannacristiani” Giovanni Brusca
riferì che il dipinto venne proposto come pegno per ottenere in cambio
l’alleggerimento del 41 bis, ma lo stato italiano avrebbe rifiutato.
Nelle parole del pentito Salvatore Cangemi, invece, quella tela divenne
il simbolo del potere, esposta con la sua imponenza artistica durante le
riunioni di Cosa Nostra. Nel 2009 fu infine Gaspare Spatuzza a
parlarne, quando riferì che la tela fu consegnata negli anni ‘80 alla
famiglia Pullarà, che l’avrebbe nascosta in una stalla e
irrimediabilmente perduta.
Ma gli investigatori continuano a
cercare. Perché a volte voci e dicerie diffuse tra gli esperti d’arte
possono essere decisive per le indagini condotte dalla magistratura, dal
Nucleo tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri e dal Nucleo
Tutela patrimonio archeologico della Guardia di finanza che - a
differenza del primo - è finalizzato al controllo fiscale. Un lavoro
minuzioso, che ha raggiunto ottimi risultati. Secondo i dati della Tpc,
infatti, il furto di opere è diminuito del 35 per cento negli ultimi
cinque anni. Molti sono stati i beni recuperati, come i 321 mila
manufatti di interesse archeologico, gli oltre 80 dipinti trafugati e le
141 mila opere contraffatte solo durante il biennio 2010-2011, come
invece si legge in una stima del Tpa.
Ma il lavoro dei Carabinieri e
delle Fiamme gialle spesso è un ottimo ingranaggio soprattutto quando
si innesca bene con quella rete informativa composta, a volte, dagli
antiquari della Capitale. Figure importanti nel mondo dell’arte che a
Roma si concentrano soprattutto lungo il cosiddetto “Angolo del
Tridente”, le tre strade che si sviluppano da Piazza del Popolo. Ma gli
antiquari, a volte, sono anche il canale di sbocco privilegiato per
mercato delle opere trafugate dai cosiddetti “tombaroli”, i
professionisti dello scavo clandestino.
Robert Hecht, conosciuto
soprattutto per aver portato in America il vaso di Eufronio, il celebre
cratere proveniente dalla necropoli etrusca di Cerveteri, in provincia
di Roma. Hect detto Bob, deceduto lo scorso febbraio, era il principe
dei trafficanti d’arte.
Nel 1972 vendette illegalmente il Vaso di
Eufronio al Metropolitan Museum of Art di New York. La prescrizione lo
ha salvato da un’accusa per associazione a delinquere finalizzata alla
ricettazione e al traffico internazionale di opere d’arte di fronte al
Tribunale di Roma. Il vaso faceva parte di un gruppo di oggetti
saccheggiati nel 1971 in una necropoli etrusca. Pochi anni dopo il Museo
newyorchese lo acquistò per un milione di dollari direttamente da
Hecht, che aveva dichiarato di averlo acquistato da un mercante
libanese. Le indagini accertarono che Hecht lo aveva acquistato da un
altro discusso - e già condannato - mercante d’arte italiano, Giacomo
Medici.
Prima di morire Hecht però avrebbe voluto restituire
qualcosa all’Italia: ha fatto in modo di far rientrare dopo 21 anni, il
Sarcofago delle Quadrighe ad Aquino. Questo è stato il suo “testamento”
per il patrimonio culturale italiano.