giovedì 30 luglio 2009

Sudan, rinviata al 4 agosto la flagellazione della giornalista Lubna al Hussein

Sudan, rinviata al 4 agosto la flagellazione della giornalista Lubna al Hussein

Francesca Marretta

Liberazione del 30/07/2009

La reporter “colpevole” di aver indossato i pantaloni in pubblico. E’ condannata a quaranta frustate

È stata rinviata al 4 agosto l’esecuzione della condanna a quaranta frustate per la giornalista sudanese Lubna al Hussein, “rea” di avere indossato pantaloni a una festa in un locale pubblico di Khartoum. Per le autorità sudanesi l’abbigliamento di Lubna al party era «sconveniente» e contrastava con il regolamento sull’ordine pubblico».
La giornalista, che scrive per il giornale di sinistra Al-Sahafa e lavora per la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Sudan, è stata arrestata il 3 luglio scorso durante una “retata” della polizia al locale affollato.
Insieme a Lubna sono state arrestate altre dodici donne che portavano i pantaloni. Dieci sono state convocate il giorno dopo e punite con dieci frustate a testa. Almeno quattro delle donne fustigate sono originarie del sud Sudan, che è cristiano e animista e tre sono minorenni. Le donne sono state processate senza la presenza di un legale.
L’esecuzione della sentenza per Lubna era prevista per ieri.
Ma all’udienza il giudice ha chiesto alla donna se intendesse avvalersi dell’immunità, in quanto impiegata presso una missione Onu.
Lubna, che è anche una nota attivista per i diritti umani, ha declinato l’offerta. La sua vicenda è diventata un volano di denuncia su quello che accade alle donne in Sudan.
«Intendo licenziarmi dalle Nazioni Unite e voglio che il processo continui» ha dichiarato ieri la giornalista in un’aula di tribunale gremita.
La donna aveva distribuito per tempo 500 inviti a colleghi e organizzazioni per diritti umani perchè assistessero in gran numero alla sua fustigazione. «Sono cartoncini tipo invito di nozze perchè voglio che la gente veda con i propri occhi e ascolti con le proprie orecchie quale atto osceno avrei commesso con questi vestiti, che indosserò anche in tribunale», aveva dichiarato Lubna prima del processo.
I poliziotti sudanesi il 3 luglio hanno arrestato la persona sbagliata. Le retate alle feste private e nei locali pubblici di Khartuom finiscono in genere con pesanti multe o condanne che passano sotto silenzio.
Ma Lubna al Hussein a stare zitta non ci pensa proprio. Anzi, il processo amplifica una battaglia portata avanti per anni senza troppo clamore.
La donna ha sottolineato di non aver infranto la legge coranica. È la legge sudanese che classifica i pantaloni come abbigliamento indecente. L’articolo 152 del codice penale sudanese per cui è stata rinviata a giudizio parla di «atti osceni in luogo pubblico». E il locale era pieno di gente. Indossare i pantaloni, sostiene Lubna «non ha nulla a che vedere con la sharia». Ha piuttosto a che fare con l’essere donna in un paese integralista islamico che distorce i dettami della religione musulmana a proprio uso e consumo.
A difesa di Lubna al Hussein si è schierata un’altra giornalista sudanese, Amal Habbani, che scrive per Ajrass Al-Horreya, «il caso di Lubna è un esempio che mira a soggiogare il corpo femminile». Dato che non indossava i pantaloni la Habbani non è stata frustata, ma le hanno comminato una multa salatissima.
Oltre ai 40 colpi di frusta, Lubna al Hussein, dovrà pagare pure quasi trecento euro di multa.
Secondo un rapporto pubblicato quest’anno da Amnesty International, i tribunali in Sudan hanno comminato sentenze di morte, anche nei confronti di donne e minori.
In alcuni campi profughi a ridosso di Khartoum sono ammassate coi loro figli migliaia di donne provenienti dal Darfur, dove, sempre secondo Amnesty, sono regolarmente vittime di stupri e altre forme di violenza sessuale.
Nel caso del Sudan il proverbio che dice “il pesce puzza sempre dalla testa” è una certezza.
Sul capo del Presidente Omar al-Bashir pende un ordine di cattura emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja basato su sette i capi d’imputazione, cinque per crimini contro l’umanità e due per crimini di guerra. Il presidente sudanese è ritenuto «indirettamente responsabile dell’assassinio, la tortura, gli stupri e le violenze sui civili commessi nella regione del Darfur».

sabato 25 luglio 2009

Celle, la Curia si dà al mattone

Celle, la Curia si dà al mattone
MARCO PREVE
SABATO, 25 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA - Genova

Mutuo Carige da 50 milioni per l´ex colonia. Nella società anche Spinelli

Al centro dell´intervento un grande complesso con parco a due passi dal mare Il sindaco Zunino: "Non ne so assolutamente nulla"

La Curia di Savona al timone di una delle operazioni immobiliari più importanti (e in controtendenza rispetto alla stagnazione del settore) dell´intera Liguria. Un impegno finanziario da 50 milioni di euro, completamente coperto da un mutuo Carige. Che cosa abbia convinto il parsimonioso presidente Giovanni Berneschi a firmare l´assegno è presto detto. Nessuna particolare vocazione religiosa, quanto la solidità dell´affare e le garanzie offerte dai partner "laici" del business, le Industrie Rebora di Aldo Spinelli e il Gis del costruttore savonese Silvio Accinelli. L´operazione è quella delle Colonie Bergamasche di Celle Ligure (a giugno Repubblica aveva anticipato le prime notizie), grande complesso con enorme parco a due passi dal mare, con accesso e dependance in spiaggia. La proprietà è di un ente religioso di Bergamo, la Fondazione Azzanelli, ma in questo periodo si sta perfezionando la vendita. Ad acquistare è la Punta dell´Olmo spa, società di cui ha la maggioranza l´Istituto diocesano per il sostentamento del clero (Idsc) della diocesi di Savona, il cui presidente è don Pietro Tartarotti, bersaglio di critiche un anno fa per lo sventramento del seminario di Savona in funzione di un autosilos. Tartarotti è anche presidente del Cda della Punta dell´Olmo. Gli altri proprietari sono le Industrie Rebora (con il figlio di Aldo, Roberto Spinelli) e poi il Gis di Accinelli. Capitale di un milione di euro, versati 250 mila. Tra i compiti affidati al presidente-sacerdote quello di procedere all´acquisto per 23 milioni di euro del complesso e di accendere un mutuo di 48 milioni (25 è il costo ipotizzato per gli interventi di ristrutturazione) presso la Carige attraverso la controllata Carisa. Impossibile sapere se l´Idsc, che ha come unica finalità quella di provvedere al sostentamento dei sacerdoti in pensione (ma lo statuto probabilmente consente operazioni finanziarie di questa portata), abbia fornito a garanzia del consistente mutuo propri immobili oppure depositi della Curia. Un altro mistero, se così si può dire, riguarda il destino delle Colonie Bergamasche, un tesoro da 13mila metri quadri di edifici e 70mila di parco. Dieci anni fa era abortito un progetto per un centro di formazione europeo. Negli ambienti finanziari savonesi c´è chi parla di nuova destinazione in senso residenziale. Interpellato dai consiglieri di opposizione della lista Futuro Oggi, il sindaco di Celle Renato Zunino ha detto di non sapere assolutamente nulla dell´operazione. Il 30 luglio, durante il consiglio comunale i rappresentanti di Futuro Oggi, Giovanni Durante, Carla Venturino e Luigi Bertoldi, chiederanno di approfondire il caso Bergamasche. Un tema caldo, tanto più che Celle Ligure, in questi ultimi anni ha fornito diversi spunti, urbanistici e giudiziari, al dibattito sulla speculazione edilizia.

lunedì 20 luglio 2009

Tg3, ci aspetteremmo un gesto di caritas dal Papa

Tg3, ci aspetteremmo un gesto di caritas dal Papa

Europa del 17 luglio 2009, pag. 6
Ezio Pelino

Sig. Direttore, per un punto Martin perse la cappa. Il vaticanista Balducci per una battuta il posto. Persino Zavoli s’è desto, che nemmeno un sopracciglio aveva sollevato per i lunghi silenzi del Tg1 sul sexgate di Berlusconi che pure ha fatto il giro del mondo. E dopo Balducci potrebbe saltare persino la poltrona del direttore del Tg3. Eppure il giornalista punito ha presentato le sue scuse e padre Lombardi le ha accettate. Tanto rumore per nulla, a meno che non si voglia far pagare a Di Bella il fatto che sia stato l’unico in Italia a raccontare l’inchiesta di Bari e dintorni. Ma Pannella definisce la rimozione del giornalista «episodio di taleban-vaticanismo italiano». Se è così, viene in mente il comportamento di un altro papa per una questione molto, ma molto più grave. Se Giovanni Paolo II seppe perdonare il suo mancato assassino, ci aspettiamo che papa Benedetto XVI sappia ridere di quella spiritosaggine sui due o quattro gatti che gli faranno compagnia in montagna durante le sue vacanze. È di questi giorni la sua enciclica "Caritas in ventate". Cadrebbe bene, quindi, un gesto di caritas, d’amore per restituire serenità ad un onesto giornalista. E tutti augureremmo al pontefice con accresciuta simpatia buone vacanze.

domenica 19 luglio 2009

un recente bando di finanziamento nel campo della biologia delle cellule staminali

l’Unità 10.7.09
Intanto in Italia il governo vieta i finanziamenti

Tutto nasce da un recente bando di finanziamento nel campo della biologia delle cellule staminali gestito dal ministero della sanità. Il bando contiene una frase che esclude in modo esplicito le ricerche sulle staminali embrionali umane dalla possibilità di accedere ai finanziamenti. Tre ricercatrici non ci stanno e presentano ricorso contro il governo italiano. La storia è raccontata in un articolo pubblicato sulla rivista «Nature» del 2 luglio scorso. Il legale delle scienziate, Vittorio Angiolini, che ha depositato il ricorso presso il tribunale amministrativo di Roma il 24 giugno scorso, sostiene che escludere le cellule staminali embrionali è contrario alla libertà di ricerca scientifica sancita dalla Costituzione. In effetti, in Italia l’uso per la ricerca di linee di cellule staminali già derivate dagli embrioni non è vietato. È vietata invece la produzione di nuove linee. Le tre firmatarie sono Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’Università di Firenze, Elena Cattaneo, neuroscienziata dell’università di Milano e Silvia Garagna, biologa dello sviluppo dell’università di Pavia. «Il nostro ricorso è una questione di principio – ha dichiarato Cerbai a «Nature» - I politici dovrebbero decidere gli obiettivi strategici della ricerca e lasciare scegliere agli scienziati come meglio raggiungere quegli obiettivi».
La storia si tinge anche di giallo. Sembra infatti che in una prima versione la frase che esclude l’accesso ai finanziamenti alle ricerche con staminali embrionali umane non ci fosse. A garantirlo è Giulio Cossu, biologo dello sviluppo al San Raffaele di Milano che ha partecipato alla stesura del testo in quanto membro del comitato voluto da Ferruccio Fazio proprio per elaborare una bozza del bando. La frase compare invece on line dopo l’incontro del 26 febbraio della Conferenza Stato-Regioni, l’organo composto dai rappresentanti delle venti regioni italiane che decide come distribuire i fondi nazionali per la sanità. Chi l’ha aggiunta? Fazio, a caldo, disse che era opera delle regioni, ma il rappresentante della Toscana affermò che nessuna modifica era stata fatta in Conferenza. «Noi sospettiamo – ha dichiarato Cerbai - che un accordo di compromesso sia stato fatto ad alti livelli politici». C.P.

Così, mentre la medicina ufficiale va avanti coi piedi di piombo, su internet sta prendendo forma un mercato parallelo di terapie basate proprio sull’

l’Unità 10.7.09
Staminali in rete
Per l’applicazione clinica delle cellule su larga scala si prevedono ancora tempi lunghi. Ma i malati non possono attendere. Così, mentre la medicina ufficiale va avanti coi piedi di piombo, su internet sta prendendo forma un mercato parallelo di terapie basate proprio sull’uso delle staminali
di Cristiana Pulcinelli

Negli ultimi anni sono diventate le star della ricerca: gli articoli che le riguardano sulle riviste scientifiche ormai non si contano più. Del resto, da quando si è riusciti a farle crescere in provetta, alla fine degli anni Novanta, si è capito subito il potenziale di queste cellule «bambine» in grado di trasformarsi in qualsiasi altra cellula e quindi, in teoria, di dar vita a qualsiasi organo e tessuto del nostro organismo. E, nonostante i dubbi etici che una parte della società ha sollevato sull’utilizzazione delle cellule staminali embrionali, molti ricercatori in tutto il mondo stanno lavorando per capire come sfruttare questa loro caratteristica. Ma a che punto è il passaggio dalla ricerca alla clinica? Ovvero, le cellule staminali sono già utilizzabili per curare le persone? Uno speciale della rivista «Science» parte proprio da questa domanda e, attraverso una serie di articoli che riassumono le ricerche più recenti, arriva alla conclusione che il passaggio verso l’applicazione clinica delle staminali è ancora in costruzione. E non è una costruzione semplice. Ancora non sono chiari i materiali da usare (cellule progenitrici o tipi cellulari già differenziati da riportare ad uno stato indifferenziato), le tecnologie e neppure la destinazione (quali tessuti da rigenerare).
Nonostante, quindi, la ricerca di base stia facendo passi da gigante, per l’applicazione clinica delle staminali su larga scala si prevedono ancora tempi lunghi. Il problema è che i malati di tempo ne hanno poco. In particolare, i pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali e che vedono nelle staminali la possibilità di una guarigione o un miglioramento della loro condizione spesso non accettano l’idea che prima di somministrare una terapia ed essere certi che sia sicura ed efficace (ovvero che non faccia male e, possibilmente, faccia anche bene), ci vogliono molte sperimentazioni cliniche e la messa a punto di linee guida. Tutte cose che richiedono anni di lavoro. Così, mentre la medicina ufficiale ci va con i pedi di piombo, sta prendendo forma un vero e proprio mercato parallelo di terapie basate sulle cellule staminali diffuso via internet. Un articolo pubblicato 7 mesi fa sulla rivista «Cell Stem Cell» spiega come avviene. Alcune cliniche private (la ricerca ne ha identificate 19) fanno pubblicità alle terapie da loro praticate rivolgendosi direttamente ai possibili consumatori via internet. Qualche esempio? Beite Biotech, una clinica cinese specializzata in malattie neurologiche, afferma sul suo sito di aver trattato oltre 3000 pazienti con le cellule staminali. Emcell, che ha la sua sede in Ucraina, dice di averne già trattati oltre 2000. I risultati sono sempre presentati come eccellenti. Le terapie offerte sono varie: le più diffuse sono quelle con cellule staminali adulte autologhe, seguono quelle con cellule staminali fetali, da cordone ombelicale e infine con cellule staminali embrionali. Per trattare quali malattie? Un po’ di tutto, dal Parkinson alle allergie, ma le più raccomandate sono le malattie neurologiche e quelle cardiovascolari. Naturalmente, mentre i vantaggi vengono ampliamente sottolineati, i rischi vengono per lo più sottaciuti. Purtroppo, si legge nella ricerca, non ci sono prove che possano sostenere le affermazioni fatte da queste cliniche private: le applicazioni cliniche delle staminali sono ancora incerte. In particolare, spiegano gli autori, non ci sono studi controllati sulle terapie con le staminali per il Parkinson e l’Alzheimer. Per la sclerosi multipla sembra che il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche abbia un ruolo nel rallentare la progressione della malattia, ma gli esiti sono variabili. Solo nell’infarto del miocardio la stessa terapia risulta dotata di una certa efficacia. Considerando che un trattamento in media costa oltre 21mila dollari (viaggio escluso) e che il mercato cui si rivolgono è potenzialmente amplissimo (visto che ogni giorno solo negli Stati Uniti 8 milioni di persone cercano informazioni mediche su internet), sembra proprio che queste cliniche abbiano fiutato la gallina dalle uova d’oro. A fianco a questo fenomeno, sostiene un articolo pubblicato su «Science», ne sta nascendo un altro che potrebbe assumere nel futuro una dimensione importante. I pazienti che possono permetterselo cominciano a muoversi verso centri di ricerca accreditati dove si sperimentano terapie con le cellule staminali che nel loro paese non sono disponibili, magari perché sottoposte a un bando politico o religioso in quanto basate sull’uso di staminali embrionali. E questo, secondo gli autori, rientra nel diritto del paziente a cercare la migliore cura disponibile.
Le questioni sul tavolo sono molte, ma tutti si dichiarano convinti che solo evitando bandi e sostenendo la ricerca si potranno affrontare. Un passo avanti significativo in questa direzione è l’annuncio fatto dal presidente degli Stati Uniti di voler inaugurare una nuova politica sulle staminali. Obama ha deciso che il governo federale tornerà a finanziare le ricerche che utilizzano staminali embrionali, eliminando le principali limitazioni poste da Bush nel 2001. Questo vuol dire che gli Stati Uniti rientreranno in gioco e che, molto probabilmente, la ricerca sulle staminali da oggi progredirà più speditamente.

Il caso Maciel. Ricostruita nel film la storia dei Legionari di Cristo, il cui fondatore fu accusato di gravissime molestie

Corriere della Sera 10.7.09
Il caso Maciel. Ricostruita nel film la storia dei Legionari di Cristo, il cui fondatore fu accusato di gravissime molestie
La setta degli abusi: un documentario scuote il FictionFest
di Emilia Costantini


ROMA — Più che come un or­dine religioso, viene rappresen­tato come una setta, con un pa­dre carismatico che ha potere assoluto sui suoi discepo­li- adepti, anche quello di abusa­re di loro. È il racconto doloro­so delle vittime che hanno subi­to tali abusi, a essere protagoni­sta del documentario Vows of Silence (Voti di Silenzio), pre­sentato ieri al RomaFictionFest. Una brutta storia che punta i ri­flettori sui Legionari di Cristo, potentissima congregazione re­ligiosa nata nel 1941, e sul suo fondatore, il messicano Padre Marcial Maciel Degollado, accu­sato di molestie, tirannia psico­logica e plagio. Autore è il gior­nalista Jason Berry che con Ge­rald Renner ha pubblicato un li­bro sull’argomento. Il film è un’inchiesta durata sei anni, con centinaia di interviste che hanno rivelato uno dei più con­troversi scandali sui presunti abusi, attribuiti a Maciel e ad al­tri membri della congregazio­ne. Dice Berry: «Come cattolico mi chiedo perché la Chiesa non possa parlare liberamente della piaga dell’abuso dei minori».
Accuse molto crude con par­ticolari scabrosi si susseguono in Vows of Silence, alcune pro­nunciate tra le lacrime di chi ha subito i soprusi. Ma è anche una storia di omissioni, insab­biamenti, colpevoli silenzi da parte del Vaticano, quando le vittime reclamavano giustizia. Secondo Berry e Renner, le pri­me denunce di pedofilia comin­ciarono a circolare sin dalla me­tà degli anni ’50, ma solo nel 1997 vennero allo scoperto, «pe­rò non ci fu una reazione da par­te di Papa Wojtyla, anzi, sotto il suo pontificato le indagini si arenarono». Ripresero solo do­po la sua morte con Papa Ratzin­ger, che «tuttavia — precisa Ber­ry — quando era cardinale subì a sua volta pressioni perché pas­sasse tutto sotto silenzio». Final­mente nel 2006 l’ormai pluriot­tantenne Maciel (è morto nel 2008) viene riconosciuto colpe­vole dal Vaticano. Ma la formu­la usata è quella caritatevole di rinunciare a un processo cano­nico «a causa dell’età avanzata e della salute cagionevole del re­verendo Maciel, invitandolo a una vita riservata e di peniten­za, rinunciando a ogni ministe­ro pubblico».
Per la messa in onda del do­cumentario, Berry spiega che «è in corso un accordo con una rete spagnola e trattative con una tv italiana, ma non mi sor­prenderei se non dovessimo ot­tenere il permesso di realizzare un dvd».
Sullo scabroso argomento de­butta a Roma, nel prossimo au­tunno, anche un dramma teatra­le: Vite violate di Fabio Croce, che affronta non solo il «caso Maciel», ma anche altre presun­te storie di abusi commessi da alti prelati.

Al Roma Fiction Fest il film che accusa la Chiesa di aver chiuso gli occhi sugli abusi di Padre Marcial Maciel

La Repubblica 10.7.09
"Vows of silence" di Jason Berry
"Nel mio documentario lo scandalo insabbiato dei preti pedofili"
Al Roma Fiction Fest il film che accusa la Chiesa di aver chiuso gli occhi sugli abusi di Padre Marcial Maciel
di Silvia Fumarola

«Cerchiamo giustizia» dice Jason Berry «Come cattolico mi chiedo perché la più antica Chiesa del Cristianesimo non possa parlare della piaga dell´abuso dei minori, che l´ha travolta in Usa e in Irlanda». Nel documentario Vows of silence ripercorre la storia della potente congregazione religiosa dei Legionari di Cristo fondata nel 1941 da padre Marcial Maciel, accusato di pedofilia. Un documento sconvolgente in cui parlano gli ex seminaristi e i preti molestati, presentato al Roma Fiction fest (per la messa in onda ci sono trattative con una tv italiana); come il film della Bbc Sex crimes and Vatican, susciterà polemiche. Un atto d´accusa contro la Chiesa, che avrebbe insabbiato il caso, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Le indagini su padre Maciel (scomparso nel 2008) si arenarono; ripresero solo alla morte di papa Wojtyla.
Il film, scritto da Berry con Gerald Renner, nasce dal libro I Legionari di Cristo (Fazi). «Non ci sono solo gli abusi» accusa Berry «ai ragazzi viene fatto il lavaggio del cervello. Maciel era protetto perché era un grande procacciatore di fondi, aveva un budget di 650 milioni di dollari».
Il Vaticano quest´anno ha affidato a cinque vescovi un´altra indagine. Jose Barba Martin, uno degli ex seminaristi molestati spiega: «Hanno tutti paura di parlare. Sono rimasto in silenzio fino al ´94, quando ho letto sui giornali messicani la lettera di Wojtyla in cui citava Maciel come esempio per i giovani. Ho capito di non poter più stare zitto». «Da cardinale» sostiene Berry «Ratzinger ha subito pressioni per passare tutto sotto silenzio; una volta diventato papa ha aperto l´indagine: sta riparando all´errore».

Battuta sul Papa, rimosso il vaticanista del Tg3

Corriere della Sera 15.7.09
Il caso Balducci. sollevato da Di Bella, che potrebbe essere sostituito dalla Berlinguer. Pannella: è taleban-vaticanismo
Battuta sul Papa, rimosso il vaticanista del Tg3
Zavoli: «Disarmante grossolanità». E la poltrona del direttore torna in bilico
di Andrea Garibaldi



ROMA — Roberto Balduc­ci, da due anni vaticanista del Tg3, autore di una battuta iro­nica sul Papa in un servizio di domenica scorsa, non segui­rà più le vicende della Chiesa cattolica. Balducci ieri ha scritto una lettera al suo diret­tore, Antonio Di Bella, nella quale, «in virtù della decenna­le amicizia», si rimetteva alle valutazioni del direttore stes­so. Balducci ribadiva di non aver mai voluto essere irri­spettoso nei confronti del Va­ticano e di essere dispiaciuto per il danno causato al diret­tore, alla testata e all’azienda. Di Bella ha sollevato Balducci dalle competenze sul Vatica­no. Spiega: «Ho dovuto farlo, per difendere la testata».
Ieri sera, ore dopo la «rimo­zione », è intervenuto nella vi­cenda il presidente della Com­missione parlamentare di vi­gilanza Rai, Sergio Zavoli: «Ho scritto una lettera al pre­sidente e al direttore generale della Rai in cui richiamo l’ur­genza di far rispettare i vinco­li contrattuali del servizio pubblico, stabilendo il princi­pio che al merito professio­nale deve corrispondere la re­sponsabilità. L’episodio del Tg3 — in sé un tentativo mal­destro di fare dello spirito, ri­soltosi in una palese e disar­mante grossolanità — ag­giunge nuove voci al vocio di quanti si dicono scontenti della Rai senza distinzioni e senza mezze misure. La lezio­ne di questa spiacevole circo­stanza riconduce all’indiriz­zo della Commissione di vigi­lanza la necessità di incre­mentare il rapporto fiducia­rio che lega l’azienda e l’opi­nione pubblica».
Una censura che investe an­che la direzione del telegior­nale coinvolto. Domani il Consiglio di amministrazio­ne Rai si occuperà proprio di nomine, compresa quella del direttore del Tg3. Di Bella an­dava con una certa sicurezza verso la riconferma, per i buo­ni risultati dei suoi otto anni di comando. Come possibile concorrente alla direzione è circolato un unico nome, quello di Bianca Berlinguer, conduttrice e inviata della te­stata. Questione interna al centrosinistra, quindi. Ieri Eu­ropa, ex quotidiano della Mar­gherita, ha scritto che l’inci­dente del Papa può «diventa­re il pretesto per un colpo di mano che qualcuno ha in mente da tempo». E poi: «Il tg di Di Bella è stato pratica­mente l’unico a raccontare gli sviluppi dell’inchiesta di Ba­ri, il solo a fare le pulci alle promesse sulla ricostruzione in Abruzzo. E’ questo che dà fastidio? O gli ascolti troppo alti? Prima di cambiare facce, sarebbe bello sapere perché». Da cosa nasce tutto ciò? Bal­ducci presentando le vacanze del Papa in Valle d’Aosta ha raccontato che lassù lo atten­dono anche due gatti, «che gli strapperanno un sorriso al­meno quanto i proverbiali quattro gatti, forse un po’ di più, che hanno il coraggio e la pazienza di ascoltare anco­ra le sue parole». Il comitato di redazione del Tg3 esprime «la sensazione che il Tg3 sia vittima di una strumentalizza­zione politica: stiamo parlan­do di una battuta riuscita ma­le e di cui il collega si era scu­sato. Il Vaticano sembrava avesse accettato questa lettu­ra ». Marco Pannella definisce la rimozione di Balducci «epi­sodio di 'taleban-vaticani­smo italiota'». Di Bella non ha nominato il nuovo vatica­nista. Attende, prima, la ri­conferma al suo posto.

sabato 18 luglio 2009

Aborto, passa la mozione Buttiglione

l’Unità 16.7.09
Il comitato ad hoc presieduto dal professor D’Agostino, detto «il mastino della Cei»
Dovràscrivere le linee guida per la fecondazione assistita dopo la sentenza della Consulta
Integralisti per rivedere la legge 40
Aborto, passa la mozione Buttiglione
di Susanna Turco

Alla Camera passa con una sostanziale convergenza la mozione per il no all’aborto. Intanto, al ministero della Salute, si insedia una commissione che lavora sulla legge 40: i membri “laici” sono due su undici.

Mentre la Camera con una sostanziale convergenza bipartisan (via astensione di Pd e Idv al testo proposto dal centrista Buttiglione e sostenuto dal Pdl)dice no all’aborto come strumento di controllo delle nascite, non nuovissimo principio contenuto anche nella legge 194, e rinuncia invece a dire una parola esplicita sul tema della «libertà di scelta della donna» (per non parlare della contraccezione), tutt’altro clima si respira dalle parti del ministero della Salute.
Molto più fattivo, molto più concreto. Di certo pochissimo alla ricerca di quel «minimo comun denominatore etico» sbandierato dai fautori della mozione che, da ieri, impegna il governo a proporre in sede Onu una risoluzione antiabortista. Un clima tutt’altro che trasversale.
Commissioni al Welfare
Si è, infatti, che proprio oggi, a ventiquattr’ore dalle gentili convergenze Buttiglione-Binetti, e dalla soddisfazione della gran parte del mondo cattolico, si insedierà la commissione istituita a fine giugno dal ministro Maurizio Sacconi per «valutare le implicazioni giuridiche ed etiche» della sentenza della Consulta sulla legge 40 che regola la procreazione assistita. All’inizio di aprile, infatti, la Corte Costituzionale aveva dichiarato inammissibili alcuni punti della legge, in particolare quello sul limite dei tre embrioni. Rendendo opportuno un ulteriore lavoro per armonizzare il testo con le indicazioni della Consulta. «Procederemo emanando nuove linee guida», aveva risposto all’epoca la sottosegretaria Eugenia Roccella a chi già si azzardava a ipotizzare una revisione della legge.
Detto, fatto. Le nuove linee guida, come annunciato in un trafiletto di Avvenire, «scaturiranno» dal lavoro di questa commissione, che si occuperà in particolare dei problemi relativi alla crioconservazione degli embrioni, più quello di un Osservatorio che dovrà monitorare l’applicazione delle norme sulla fecondazione assistita.
Due su undici
Curioso è tuttavia che, in stridente contrasto con la ricerca volenterosa di convergenze parlamentari su un tema come l’aborto, le personalità di giuristi e bioeticisti individuate per lavorare su una questione controversa come la procreazione assistita provengono tutte o quasi dalla stessa parte. Circostanza sulla quale i radicali hanno già presentato una interrogazione parlamentare. Presidente, per dire, è Francesco D’Agostino. Qualche maligno lo chiama «mastino della Cei». Più laicamente, di lui si può dire che ha guidato per otto anni complessivi il Comitato nazionale per la bioetica, che è presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, che è membro della Pontificia Accademia per la Vita, che è editorialista di Avvenire. C’è poi Bruno Dalla Piccola, presidente dell’associazione Scienza e Vita, plaudentissimo ieri per «il fronte trasversale che ha detto no all’aborto». Assuntina Morresi, consulente ministeriale e alter ego ciellino della Roccella. Alberto Gambino, mente giuridica di Rutelli e teodem nella campagna per l’astensione al referendum sulla legge 40. Angelo Vescovi, altro protagonista della campagna referendaria «la vita non si tocca» e convinto sostenitore della tesi che la ricerca sulle staminali embrionali sia inutile. Enrico Garaci, il «signor nessuno» che Comunione e liberazione candidò all’89 a sindaco di Roma sotto le insegne della Dc. Ci sarebbe da citarne qualcun altro, ma in sostanza, per fare un bilancio, di cosiddetti “laici” figurano Carlo Alberto Redi e Amedeo Santosuosso. Due membri su undici. Un bell’esempio di ricerca di convergenze, non c’è che dire.

giovedì 2 luglio 2009

Chi boicotta la pillola RU486

l’Unità 1.7.09
Chi boicotta la pillola RU486
Contro i furori ideologici
di Sergio Bartolommei

Continua e si intensifica la campagna di lotta (Avvenire) e di governo (Sottosegretario Roccella) contro la registrazione in Italia della pillola Ru486.
Si tratta, come ormai tutti sanno, di un farmaco per l’interruzione della gravidanza che costituisce un’alternativa chimica alla via chirurgica. Il prodotto (due diversi tipi di pillola) è impiegato da tempo in 13 Paesi sui 15 della ex-Europa. Sono passati quasi due anni da quando è stata inoltrata all’Agenzia Italiana del Farmaco la domanda di «mutuo riconoscimento». Si trattava solo di stabilire prezzo e modalità di prescrizione. Tra intoppi, richieste di «delucidazioni» e continui rinvii l’Agenzia è riuscita a dilatare oltre misura i tempi dell’approvazione. C’è il timore che nessun ulteriore chiarimento da parte della ditta produttrice sulla sicurezza del farmaco potrà mai spuntarla sui furori ideologici di chi è deciso a ostacolarne l’introduzione nel nostro Paese.
Nel concreto la tendenza ad alzare l’asticella e pretendere dal farmaco abortivo prove di assoluta innocuità (impossibile da ottenere per qualsiasi tipo di medicinale) ha conseguenze paradossali per le donne.
In primo luogo, facendone mancare o ritardandone l’adozione, le condanna a ricorrere al metodo chirurgico con tutti gli inconvenienti (anestesia e invasività) che comporta.
In secondo luogo non tiene conto, a fronte dei rischi (rari e remoti: 1 su 100.000) di morte connessi alla assunzione della Ru486, dei rischi reali che molte donne corrono ancora nel Sud del Paese dove, a detta degli esperti, ancora un quarto degli aborti è clandestino.
Inoltre trascura che il rischio di morte in caso di aborto chimico, se è superiore al rischio di aborto chirurgico, è identico a quello per aborto spontaneo e inferiore a quello di morte in gravidanza (e nessuno si batte per abrogare le gravidanze).
Infine, se le perplessità riguardassero davvero i rischi connessi all’assunzione del farmaco, il buon senso comune suggerirebbe non già di boicottarne l’introduzione, ma fornire informazioni accurate rispettando comunque l’esercizio della libertà di scelta.
Se questo non accade viene il sospetto che l’obiettivo non sia tanto quello prudenziale di garantire l’aborto in condizioni di sicurezza, bensì quello di principio di impedire una modalità abortiva che offre alle donne un controllo più diretto della riproduzione e riduce il potere di veto connesso all’obiezione di coscienza dei medici.
*Dipartimento di Filosofia Università di Pisa

mercoledì 1 luglio 2009

La chiesa, l’inquisizione e i libri all´indice

La Repubblica 30.6.09
La chiesa, l’inquisizione e i libri all´indice
La caccia all’eretico
di Adriano Prosperi

Dai vescovi al papa
All´inizio scovare e perseguire l´errore era compito di vescovi e concili. Poi con il tempo la condanna e la persecuzione divennero una specializzazione di corpi alle dirette dipendenze del papato

Nella tradizione della chiesa cristiana d´Occidente la condanna dell´errore ha preso il nome latino di una istituzione dell´antica Roma: censura.
Non è solo una questione di parole. La lotta contro l´errore, per la Chiesa, ha cessato presto di essere la parola carismatica dell´apostolo che corregge Simon Mago per diventare la funzione di un potere regolato dal diritto. Da correzione fraterna dell´errante si è trasformata in volontà di uniformazione del consenso e domanda di adesione acritica secondo la formula recitata dall´eretico pentito: «Credo quod credit Sancta Mater Ecclesia» (credo quello che crede la santa madre chiesa). Il percorso storico è stato lungo ma lo spirito del dubbio e della disobbedienza è sempre stato identificato col volto di Satana, il tentatore. E col costituirsi della Chiesa come società gerarchica dominata da un potere sacrale accentrato la censura si è esercitata soprattutto contro gli ingegni indocili. La scelta personale ("eresia") fu la colpa da perseguire. Se all´inizio scoprire l´errore e denunciarlo fu il compito di vescovi e concili, l´ascesa del potere papale portò a concentrare la censura delle opinioni e la persecuzione degli eretici nelle mani di corpi specializzati alla esclusiva dipendenza del papato: gli ordini religiosi domenicano e francescano. Dominanti nella predicazione e nell´insegnamento della teologia, i frati furono anche i titolari dell´ufficio dell´inquisizione. Fu così che i roghi di libri aprirono la via ai roghi di uomini.
La "rivoluzione silenziosa" del libro a stampa e quella del movimento luterano portarono a profonde modifiche. Fu allora che il papato accentrò nelle sue mani la censura. Il primo e più celebre degli indici dei libri proibiti fu pubblicato da Papa Paolo IV nel 1559 inaugurando una tradizione destinata a lunga durata. Da allora la censura divenne una funzione ordinaria del potere ecclesiastico che precedette quello statale. Si trattò di un´impresa gigantesca: oltre alla propaganda protestante ci si propose di passare al setaccio tutta la produzione libraria antica e moderna. L´esito fu micidiale per l´attività intellettuale e per l´editoria (quella veneziana perse la sua egemonia europea). Era un esito obbligato per un sistema teocratico: nella Ginevra calvinista, per salvare affari e religione, si ricorse all´astuzia di far pubblicare i testi pagani "licenziosi" sotto il falso luogo di stampa di Lione. Nel mondo cattolico italiano i libri pericolosi furono distrutti (Machiavelli) o "espurgati" (Boccaccio). Ci furono autori di pasquinate anticlericali che pagarono la satira con la vita. Al popolo, considerato come un gregge da mantenere docile o come un fanciullo destinato a non diventare mai adulto, si fornì una cultura premasticata e innocua. L´autodenunzia di Torquato Tasso, il rogo di Giordano Bruno, il processo a Galileo, sono gli episodi più celebri della svolta dell´attività intellettuale in Italia verso l´età dell´autocensura preventiva e dell´ossequio cortigiano.
Mentre la migliore cultura italiana trovava ospitalità fuori d´Italia, si svolse il lavoro assiduo dei laboratori della censura accentrati nella Roma papale: la Congregazione cardinalizia dell´Inquisizione (creata nel 1542) e la Congregazione dell´Indice (1571) hanno accompagnato la cultura cattolica e in modo speciale quella italiana fino al secolo XX inoltrato. Oggi la loro eredità sopravvive nell´opera della Congregazione Vaticana per la Dottrina della Fede.