l’Unità 10.7.09
Intanto in Italia il governo vieta i finanziamenti
Tutto nasce da un recente bando di finanziamento nel campo della biologia delle cellule staminali gestito dal ministero della sanità. Il bando contiene una frase che esclude in modo esplicito le ricerche sulle staminali embrionali umane dalla possibilità di accedere ai finanziamenti. Tre ricercatrici non ci stanno e presentano ricorso contro il governo italiano. La storia è raccontata in un articolo pubblicato sulla rivista «Nature» del 2 luglio scorso. Il legale delle scienziate, Vittorio Angiolini, che ha depositato il ricorso presso il tribunale amministrativo di Roma il 24 giugno scorso, sostiene che escludere le cellule staminali embrionali è contrario alla libertà di ricerca scientifica sancita dalla Costituzione. In effetti, in Italia l’uso per la ricerca di linee di cellule staminali già derivate dagli embrioni non è vietato. È vietata invece la produzione di nuove linee. Le tre firmatarie sono Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’Università di Firenze, Elena Cattaneo, neuroscienziata dell’università di Milano e Silvia Garagna, biologa dello sviluppo dell’università di Pavia. «Il nostro ricorso è una questione di principio – ha dichiarato Cerbai a «Nature» - I politici dovrebbero decidere gli obiettivi strategici della ricerca e lasciare scegliere agli scienziati come meglio raggiungere quegli obiettivi».
La storia si tinge anche di giallo. Sembra infatti che in una prima versione la frase che esclude l’accesso ai finanziamenti alle ricerche con staminali embrionali umane non ci fosse. A garantirlo è Giulio Cossu, biologo dello sviluppo al San Raffaele di Milano che ha partecipato alla stesura del testo in quanto membro del comitato voluto da Ferruccio Fazio proprio per elaborare una bozza del bando. La frase compare invece on line dopo l’incontro del 26 febbraio della Conferenza Stato-Regioni, l’organo composto dai rappresentanti delle venti regioni italiane che decide come distribuire i fondi nazionali per la sanità. Chi l’ha aggiunta? Fazio, a caldo, disse che era opera delle regioni, ma il rappresentante della Toscana affermò che nessuna modifica era stata fatta in Conferenza. «Noi sospettiamo – ha dichiarato Cerbai - che un accordo di compromesso sia stato fatto ad alti livelli politici». C.P.
Intanto in Italia il governo vieta i finanziamenti
Tutto nasce da un recente bando di finanziamento nel campo della biologia delle cellule staminali gestito dal ministero della sanità. Il bando contiene una frase che esclude in modo esplicito le ricerche sulle staminali embrionali umane dalla possibilità di accedere ai finanziamenti. Tre ricercatrici non ci stanno e presentano ricorso contro il governo italiano. La storia è raccontata in un articolo pubblicato sulla rivista «Nature» del 2 luglio scorso. Il legale delle scienziate, Vittorio Angiolini, che ha depositato il ricorso presso il tribunale amministrativo di Roma il 24 giugno scorso, sostiene che escludere le cellule staminali embrionali è contrario alla libertà di ricerca scientifica sancita dalla Costituzione. In effetti, in Italia l’uso per la ricerca di linee di cellule staminali già derivate dagli embrioni non è vietato. È vietata invece la produzione di nuove linee. Le tre firmatarie sono Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’Università di Firenze, Elena Cattaneo, neuroscienziata dell’università di Milano e Silvia Garagna, biologa dello sviluppo dell’università di Pavia. «Il nostro ricorso è una questione di principio – ha dichiarato Cerbai a «Nature» - I politici dovrebbero decidere gli obiettivi strategici della ricerca e lasciare scegliere agli scienziati come meglio raggiungere quegli obiettivi».
La storia si tinge anche di giallo. Sembra infatti che in una prima versione la frase che esclude l’accesso ai finanziamenti alle ricerche con staminali embrionali umane non ci fosse. A garantirlo è Giulio Cossu, biologo dello sviluppo al San Raffaele di Milano che ha partecipato alla stesura del testo in quanto membro del comitato voluto da Ferruccio Fazio proprio per elaborare una bozza del bando. La frase compare invece on line dopo l’incontro del 26 febbraio della Conferenza Stato-Regioni, l’organo composto dai rappresentanti delle venti regioni italiane che decide come distribuire i fondi nazionali per la sanità. Chi l’ha aggiunta? Fazio, a caldo, disse che era opera delle regioni, ma il rappresentante della Toscana affermò che nessuna modifica era stata fatta in Conferenza. «Noi sospettiamo – ha dichiarato Cerbai - che un accordo di compromesso sia stato fatto ad alti livelli politici». C.P.