domenica 17 maggio 2009

Opere abusive nell´area Quaroni la Curia dovrà sborsare mille euro

Opere abusive nell´area Quaroni la Curia dovrà sborsare mille euro
DOMENICA, 17 MAGGIO 2009 LA REPUBBLICA - Palermo

Il Comune ha chiesto mille euro di risarcimento all´economo della Curia arcivescovile, monsignor Mario Renna, per abusi edilizi nell´area Quaroni. I fatti risalgono al 2008, quando i vigili urbani del Nucleo di tutela del patrimonio svolsero un controllo nell´area rilevando «diversi abusi edilizi». In particolare «la realizzazione di due varchi nelle mura perimetrali in tufo chiusi poi con dei cancelli scorrevoli in ferro, la costruzione di una guardiola e lo sbancamento del terreno interno all´area Quaroni con la realizzazione di vari dislivelli». Tutta l´area, che costeggia via Maqueda, è vincolata dalla Soprintendenza, che non avrebbe dato parere favorevole ai lavori fatti lo scorso anno dalla Curia. Ora invece è arrivato il via libera alla realizzazione di un edificio con annesso parcheggio. Monsignor Renna dovrà versare al Comune mille euro per gli abusi compiuti nel 2008.
a. fras.

Spazi sui quotidiani dopo la censura a Genova. "Libertà di parola per tutti"

La Repubblica 17.5.09
E oggi la campagna degli atei trasloca dagli autobus ai giornali
Spazi sui quotidiani dopo la censura a Genova. "Libertà di parola per tutti"
di Alessandra Retico

ROMA - C´era una volta l´ateobus. Ma è stato fermato, revisionato e infine rottamato. Adesso c´è una pagina di pubblicità comprata sui giornali. Anche su questo quotidiano, proprio oggi. Dice: «Per farlo circolare, abbiamo dovuto metterlo sulla pagina che state leggendo». Lo spazio è stato acquistato dall´Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar), quelli che a Genova nel gennaio scorso hanno scatenato un inferno. Avevano concordato con l´azienda dei trasporti pubblici Amt di far circolare alcuni mezzi con su lo slogan "La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno". Parole forse spiazzanti in un Paese come il nostro, ma altrove sono scivolate facili: l´idea nasce in Gran Bretagna dalla British Humanist Association, poi viene ripresa negli Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile, Finlandia, Germania, Svizzera, Croazia e nella cattolicissima Spagna.
Ma a Genova no, in Italia no. Quella frase va contromano, «offende», dunque va raddrizzata. La città di Bagnasco insorge e si divide fino a che la Igp Decaux, agenzia concessionaria di pubblicità dei trasporti pubblici, blocca tutto. Commenta il cardinale e arcivescovo, presidente della Cei: «Ferita alla sensibilità religiosa. La decisione di cancellarla è un atto di buon senso». Il sindaco Marta Vincenzi invece chiede spiegazioni: «È censura». Alla fine lo slogan viene stemperato, altra strada non c´è, diventa: "La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. Quella ottima, è che credono nella libertà di espressione", solo così il bus numero 36 può partire, gironzolare per la città. Per un po´. Un mesetto. Intanto la Uaar non si arrende. Vuole provare a convincere altre città a mettere sui bus la scritta originale, ma niente. Tutti rifiutano. La Igp Decaux ha un quasi monopolio come concessionaria di pubblicità per i mezzi pubblici. I legali dell´Uaar stanno esaminando come difendere il diritto dei non credenti alla libertà di espressione.
Gli atei riescono nel frattempo ad affiggere manifesti con il medesimo slogan bocciato a Genova: a Pescara (con polemiche), poi nella stessa Genova, a Cernusco sul Naviglio (Milano), Venezia-Mestre, Modena. Raccolgono oltre 31 mila euro con le sottoscrizioni, e vanno avanti perché il loro messaggio, spiegano, «vuole invitare a riflettere, con l´aggiunta di un pizzico di fiducia e ottimismo in chiave umanista». La Chiesa ha e deve continuare ad avere libertà di parola, dicono, «purché vi sia adeguato spazio anche per chi cattolico non è». Questo spazio, in qualche modo, qui c´è.

venerdì 15 maggio 2009

Quanto dura un’ora di religione?

l’Unità 14.5.09
Quanto dura un’ora di religione?
Sergio Bartolomei e Maurizio Mori

Del Papa si parla sempre molto, soprattutto in questi giorni di viaggio in Terra Santa. Poco rilievo, tuttavia, è stato dato dalla stampa al discorso con cui, una decina di giorni fa, il Papa stesso ha ribadito che l’insegnamento della religione cattolica (Irc), lungi dal costituire «un’interferenza o una limitazione della libertà, è un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva».
A prima vista la tesi dell’insegnamento di una religione come modello di autentica laicità è tanto paradossale da essere subito scartata. Ma forse è opportuno continuare a riflettere sulle parole papali, almeno per consentirci di mettere in luce alcuni assunti dell’attuale orientamento vaticano. Eccole.
Con gli altri insegnanti, il docente di religione cattolica deve «porre al centro l’uomo creato a immagine di Dio», sollecitando ad «allargare gli spazi della nostra razionalità». Lo scopo deve essere far capire che «la dimensione religiosa è intrinseca al fatto culturale» e permette di «trasformare la conoscenza in saggezza di vita» dando «un’anima alla scuola». La religione è infatti «parte integrante della persona» e condizione del «vivere umano completo»; in breve, «rende l’uomo più uomo».
Il rilievo del discorso papale emerge quando se ne indichino le implicazioni negative. L’idea che la religione è intrinseca alla cultura implica che senza la religione non c’è cultura o quella che c’è è insufficiente (lo dimostra la cultura scientifica che non attinge il mistero e non allarga la razionalità...). Se la religione è parte integrante della persona, chi non la coltiva è persona meno integra. Se rende l’uomo più uomo, chi non la fa propria è meno uomo, più grezzo o incompleto. E infine se la religione dà un’anima alla scuola, una scuola senza religione è arida o più povera, ecc. ecc.
Quattro secoli fa Pierre Bayle, in polemica coi devoti del suo tempo che negavano potesse esistere una comunità umana priva di religione, riconosceva come del tutto concepibile una società di “atei virtuosi”, persone cioè con solidi valori morali indipendenti dalla religione. Oggi il Papa rivendica il primato morale della religione per l’educazione quasi riecheggiando le parole dei programmi scolastici ministeriali del 1955 che vedevano nella religione «il completamento e il coronamento dell’insegnamento». L’idea di individui pensanti non religiosi è oggi per il Magistero altrettanto improbabile di quella di ateo virtuoso per gli avversari di Bayle. È in fondo l’ammissione indiretta che l’unico “laico virtuoso”, per la Chiesa, è il laico morto, rassegnato al precetto “fuori della chiesa, nessuna salvezza”.
Consulta di Bioetica

martedì 12 maggio 2009

Pillola del giorno dopo, la sfida di Zapatero

Pillola del giorno dopo, la sfida di Zapatero

L'Unità del 12 maggio 2009, pag. 14

Rachele Gonnelli

Tempo tre mesi, per adeguare il prontuario, e anche in Spagna la pillola del giorno dopo sarà in vendita in tutte le farmacie senza bisogno di ricetta medica. Come già in Francia, nel Regno Unito e in Belgio. La potranno comprare anche le minorenni. E le farmacie saranno tenute ad averla come un qualsiasi farmaco da banco. Le ministre della Sanità e delle Pari opportunità del governo di Josè Luis Rodriguez Zapatero, Trinidad Jimenez e Bibiana Aido, hanno dato insieme l`annuncio a Madrid come parte della pianificazione nazionale a favore della «salute riproduttiva e sessuale» che include l`obiettivo di una «maternità libera e responsabilmente scelta». L`obiettivo finale del governo è evitare le gravidanze indesiderate. Nell`immediato è invertire la tendenza ad un aumento degli aborti registrata soprattutto tra le minorenni: 6mila casi l`anno, dei quali cinquecento di ragazzine sotto i 15 anni, per un totale di ll2mila. «È chiaro che il nostro compito è quello di facilitare l`accesso ai metodi anticoncezionali - dice la ministra della Sanità Trinidad Jimenez - e allo stesso tempo fermare l`aumento degli aborti. Perciò eliminiamo ogni ostacolo alle donne più giovani per accedere a questo metodo. Non dovranno più peregrinare da un ambulatorio a un altro per ottenere un certificato medico». La pillola del giorno dopo, anche se è un rimedio d`emergenza e non può essere usato come un anticoncezionale abituale, non è un metodo abortivo. Perciò, aggiunge la ministra, «non crediamo che esistano problemi di obiezione di coscienza da parte dei farmacisti». Anche tra tre mesi quando l`Agenzia del farmaco la inserirà nella lista dei medicinali in vendita senza ricetta medica, la pillola non sarà a carico del servizio pubblico. E già i governi regionali praticamente ovunque la dispensano gratuitamente nei consultori e negli ambulatori. Finora previa ricetta e presentazione di un esame che attesti la gravidanza, spesso difficilmente reperibile in condizioni di emergenza. Adesso la completa liberalizzazione mette fine a questa contestata trafila. Forse riaccenderà la crociata dei vescovi e dei movimento pro vita. Ma come testimonia il flop della marcia organizzata a Madrid a fine marzo contro la proposta di legge di depenalizzazione dell`interruzione volontaria di gravidanza, non è detto che il fondamentalismo pro vita nella Spagna della frenata economica sia destinato a nuovi ardori. È vero che durante le processioni pasquali c`è stato un braccio di ferro, specialmente in Andalusia, sull`esposizione o meno di un fiocco bianco antiabortista sulla statua del santo. L`indicazione delle Fratellanze e Confraternite però contemplava la libera scelta. Inoltre a vedere i commenti dei quotidiani spagnoli online sulla pillola liberalizzata i maggiori timori riguardano casomai i rischi per la salute delle ragazzine. La preoccupazione è che la pillola d`emergenza sia ora più facile da reperire di un normale anticoncezionale e che senza una adeguata informazione venga dunque utilizzata regolarmente. Ma la ministra Jimenez promette: vigileremo.

sabato 9 maggio 2009

La Corte costituzionale cambia la legge 40, insorgono i cattolici

Corriere della Sera 9.5.09
Le motivazioni della Consulta. Sarà il medico a decidere quanti ovociti fecondare
La sentenza sugli embrioni «Si possono congelare»
La Corte costituzionale cambia la legge 40, insorgono i cattolici
I centri esultano: ora potremo scegliere quelli migliori
di Margherita de Bac

ROMA — Sarà più libero il medico. Libero di scegliere le cure migliori e meno rischiose per le coppie. Valutando anche la possibilità di mettere da par­te gli embrioni «prodotti ma non impiantati». È la deroga al divieto di congelamento la ve­ra sorpresa della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha parzialmente bocciato la legge 40 sulla procreazione medical­mente assistita. Nelle motiva­zioni scritte dal giudice Alfio Finocchiaro e pubblicate ieri dopo oltre un mese di attesa si riconosce al ginecologo «auto­nomia e responsabilità» nello stabilire di volta in volta quan­ti ovociti fecondare (attual­mente c’era un limite di tre). Non solo. Potrà decidere quan­ti «frutti» della provetta trasfe­rire nell’utero.
Alcuni dei divieti fondamen­tali della legge secondo il giudi­ce violano l’articolo 3 della Co­stituzione «sotto il duplice pro­filo del principio di ragionevo­lezza e di quello di eguaglianza in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a si­tuazioni dissimili. Violano inol­tre l’articolo 32 «per il pregiudi­zio alla salute della donna ed eventualmente del feto».
La sentenza in teoria rivolu­ziona già da oggi l’attività dei centri. Il medico potrà valutare ad esempio se sia il caso di fe­condare quattro ovociti e, una volta ottenuti un certo numero di embrioni, stabilire di non impiantarli tutti in un’unica so­luzione, come invece era previ­sto. La Corte però chiarisce che «resta salvo il principio se­condo cui le tecniche non de­vono creare un numero di em­brioni superiore a quello stret­tamente necessario». La preoc­cupazione di base resta quella di evitare che si riempiano di nuovo i bidoni di azoto liqui­do, la sostanza usata per la crio­conservazione.
Nel complesso però la Consulta smonta lo steccato che ha delimitato l’at­tività dei centri di fecondazio­ne artificiale negli ultimi 5 an­ni. La considerazione di fondo è che «la tutela dell’embrione non è assoluta» ma che occor­re trovare «un bilanciamento con l’esigenza di procreazio­ne ». Resta in piedi l’ultimo pi­lastro, il divieto di diagnosi preimpianto (se i genitori so­no portatori di malattie geneti­che si possono selezionare gli embrioni sani), barriera che era però stata in parte abbassa­ta con la modifica delle linee guida allegate alla legge da par­te dell’ex ministro della Salute, Livia Turco.
E proprio le linee guida do­vranno essere cambiate, alla lu­ce della sentenza. Il sottosegre­tario al Welfare Eugenia Roccel­la intende muoversi presto: «La legge resta al suo posto pur con le modifiche forzate. Emerge un’incoerenza interna alla Corte. La sentenza rispetta­va l’impianto del testo, le moti­vazioni vanno oltre. Non cono­scono i dati. Ci sono passaggi ambigui». Carlo Casini, del Mo­vimento per la Vita, si dice indi­gnato per una «decisione che offende la ragione e l’egua­glianza tra gli esseri umani». Il sottosegretario all’Interno, Al­fredo Mantovano, parla di «ide­ologica non condivisione» da parte dei giudici. Per la sinistra è una rivincita. «È stata piena­mente confermata la ragione dei ricorrenti e di tutti quelli che avevano denunciato iniqui­tà », affermano i Radicali. «Non si possono fare le leggi igno­rando la scienza», commenta il senatore Pd Ignazio Marino. Barbara Pollastrini, deputata del Pd, chiede al Parlamento di rivedere la legge.

I centri esultano: ora potremo scegliere quelli migliori
ROMA — La paziente sul lettino ha il volto teso ma contento. Sa di es­sere fortunata. È una delle prime a poter beneficiare della sentenza della Consulta che ha cancellato una parte della legge 40. I sei ovociti che ha pro­dotto sono stati tutti inseminati. Si sono formati sei embrioni, i tre mi­gliori sono stati trasferiti. Gli altri so­no rimasti in coltura e il giorno dopo hanno smesso di crescere. Soltanto poche settimane fa questa procedura sarebbe stata impossibile. Siamo al centro Raprui di Severino Antinori. «Sono fiero che esista in Italia un’isti­tuzione come la Consulta — dice visi­bilmente soddisfatto visto che la sen­tenza è frutto di un suo ricorso al Tar

La Consulta sulla legge 40: «La tutela dell’embrione non è assoluta»

l’Unità 9.5.09
La Consulta sulla legge 40: «La tutela dell’embrione non è assoluta»

Spetta al medico, e non al legislatore, individuare, di volta in volta, il numero di embrioni «idoneo ad assicurare un serio tentativo di procreazione assistita, riducendo al minimo ipotizzabile il rischio per la salute della donna e del feto». La Corte costituzioanle ha depositato le motivazione, 33 pagine, della sentenza con cui ha dichiarato parzialmente incostituzionale la legge 40 sulla fecondazione assistita. Era una legge sbagliata, come si evince da quanto scrivono i giudici che affermano, tra l’altro, che gli embrioni «prodotti ma non impiantati per scelta medica» vanno congelati, così derogando al divieto di crio-conservazione. Il giudice costituzionale Alfio Finocchiaro fuga ogni dubbio e chiarisce il perché sia illegittima la produzione di non più di tre embrioni per volta da impiantare contemporaneamente in utero. Tale limite - scrive la Corte - viola l'art. 3 della Costituzione «sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili», e viola anche l'art. 32 per «il pregiudizio alla salute della donna - ed eventualmente (...) del feto - ad esso connesso». La «tutela dell'embrione non è assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela della esigenza di procreazione». La legge ha un limite: «La regola di fondo deve essere l'autonomia e la responsabilità del medico che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali».

giovedì 7 maggio 2009

Veronesi, l’etica laica e la battaglia delle fedi

l’Unità 7.5.09
Veronesi, l’etica laica e la battaglia delle fedi
La conversazione con Cecchi Paone

Alcuni estratti del colloquio del grande scienziato con Cecchi Paone su Sky
«L’etica laica è superiore a quella religiosa perché implica il rispetto dell’altro»

Cecchi Paone: Ben ritrovato Professore. Di recente ho letto una ricerca di «Signs Nanotecnology», una rivista dedicata alle nanotecnologie, secondo cui i Paesi dove è ancora molto forte il sentimento religioso sono quelli più arretrati dal punto di vista scientifico-tecnologico.
Veronesi: È normale. È una conferma perché scienza e fede sono una contraddizione perché la fede è credere ciecamente in una verità che può essere rivelata ma anche solo tramandata. Senza esercitare potere critico che anzi è visto male.
C.P.: Bisogna accettare il dogma
V.: Accettare perché è una verità già preconfezionata, ti arriva direttamente da Dio. E Dio non può sbagliare e quindi tu lo devi prendere così come è. Inevitabilmente il fedele, il credente è un integralista perché non si può credere a metà. La scienza è sul fronte opposto, la scienza non crede ma verifica sperimentalmente con potere critico. Quindi se il credente è integralista, lo scienziato è possibilista per sua natura. Quindi siamo in due mondi diversi. È chiaro che il mondo della scienza deve procedere per farsi strada in una società molto religiosa con difficoltà cercando di trovare dei limiti per non ledere troppo i sentimenti delle persone che vivono insieme.
C.P.: È difficile anche perchè di recente Papa Benedetto XIV ha detto che per lui alcuni scienziati sono un pericolo per l’umanità perché vengono colti da delirio di onnipotenza.
V.: No, l’onnipotenza per lo scienziato non esiste, la scienza è piena di dubbi per sua natura perché non sa scavare filosoficamente nel perché è successo, la scienza ti spiega come tutto è successo. La scienza in se è molto potente, non lo scienziato. La scienza è un corpo di conoscenze che permette lo sviluppo civile di una popolazione.
C.P.: A proposito di sviluppo civile, quali sono i Paesi in cui secondo te c’è più libertà di ricerca?
V.: Nel mondo europeo credo che la grande tradizione naturalistica prima e teorico induttiva dopo, venga dalla Gran Bretagna.
C.P.: Considerando che gli inglesi sono il faro della democrazia e libertà occidentale questo vuol dire che libertà della scienza e democrazia vanno insieme.
V.: Certo. Il regime autoritario non ama la scienza. Viene utilizzata per il proprio potere, questo sì, ma lo scienziato è visto con un certo tipo di paura dall’uomo politico perché gli scienziati hanno una quantità di conoscenze che rappresenta un potere di per sé. E sono sempre un pericolo perché lo scienziato per sua natura non accetta la dittatura perché la scienza è una forma di ragionamento per sua natura libero. Quindi democrazia e scienza vanno d’accordo e siccome la GB è stata una delle prime democrazie è stato facile svilupparsi. Adesso sono ancora i primi, anche nei settori un po’ marginali, la clonazione, le ricerche sugli embrioni.
C.P.: In un’udienza papale sentii dire da un prelato «i medici curano, Dio guarisce». Come la commenti?
V.: Sembra un pò semplicistico. Credo che il medico quando cura è anche in grado di guarire.
C.P.: Quindi non era un tentativo di mettere insieme scienza e fede quella frase...
V.: Non credo. Nè c’è nessuna dimostrazione che un paziente con fede guarisce prima di uno che non ce l’ha.
C.P.: Tu una volta hai detto una cosa ancora più forte, che «i non credenti curano meglio dei credenti».
V.: No non lo è perchè un non credente sa che la vita finisce con la morte. Il fatto che tu muoia perchè è un tuo dovere morire per lasciare spazio a chi verrà dopo di te: questo è un pensiero laico. Quindi il laico che si prepara alla morte con questi discorsi quando arriva la morte è pronto.
C.P.: Ma un credente che crede che dopo la morte ci sia un’altra vita non dovrebbe essere più tranquillo...
V.: Ma si vede che cosi non è. Ti assicuro che dalla mia osservazione molti credenti vivono male il periodo terminale della loro vita.
C.P.: Tu in realtà sei un appassionato delle storie delle religioni...
V.: Beh, la storia della religione dovrebbero saperla tutti. E poi ci sono le religioni cosmiche, dove tutto è sempre accaduto e tutto sempre accadrà. In queste religioni orientali le divinità quasi non esistono, atee. Ti danno indicazioni che riguardano l’introspezione: devi cercare in te stesso il bene e il male. C’è una corrente religiosa protestante che va in questa direzione: questo gruppo di teologi americani ipotizza l’allontanamento di Dio ma ha riversato nell’uomo tutta la sua divinità quindi l’uomo è divinizzato. Ed è interessante come speculazione, anche perchè il grande tema di questi teologi è spiegare come mai c’è stata questa secolarizzazione... L’ateismo sta invadendo il mondo occidentale in maniera molto forte.
C.P.: A te non dispiace?
V.: No, io constato semplicemente, non so dirti se un mondo ateo sia meglio di uno religioso. Per la scienza sì, anche per l’etica laica è mille volte superiore all’etica religiosa perchè ti dice che devi comportarti bene per il rispetto degli altri mentre l’etica religiosa ti impone di comportarti bene perchè cosi vuole Dio.
C.P.: Il 2009 è un anniversario darwiniano. Come è possibile che stiamo ancora a discutere tra darwiniani, evoluzionisti e creazionisti?
V.: Non te lo so dire. Credi che siamo tutti nati cosi come siamo adesso? Animali, piante e che non ci sia stato un cambiamento e tutto questo è avvenuto secondo la Bibbia credo 2500 anni prima di Cristo...
C.P.: Da laico di riferimento, da parte di Giuda si dice spesso “il laico e non credente finisce per essere solo e disperato”. Tu cosa rispondi?
V.: L’opposto. Sono diventato non credente e in quel momento ho acquistato una serenità assoluta perchè non ho più dubbi. Il credente ha molti dubbi, si chiede perchè molte cose non quadrano come vorrebbero le Sacre Scritture. Il credente deve sempre confrontarsi con gli altri credenti, il mondo islamico, ebraico... L’Islamismo è una bella religione molto più evoluta del Cristianesimo perchè Dio è Dio, è uno spirito. Non lo possono rappresentare perchè non c’è, è senza materia. Per l’Islam credere vuol dire operare, non puoi chiuderti in camera o in un convento.

mercoledì 6 maggio 2009

Se la Chiesa vieta l’aborto alle donne violentate

La Repubblica 6.5.09
Se la Chiesa vieta l’aborto alle donne violentate
risponde Corrado Augias

Egregio Dott. Augias, sabato 25 Aprile, verso le 18, mi sono sintonizzata sull'emittente cattolica Radio Maria. Un professore spiegava perché i cattolici devono essere contrari alla cosiddetta "pillola del giorno dopo". Il professore ha toccato anche il dramma delle donne che subiscono violenza ribadendo con forza il no alla pillola del giorno dopo anche dinanzi a simili circostanze. Motivava il rifiuto con il fatto che è difficile che una donna violentata resti incinta e che comunque non si può reagire al male con una mancanza di bene; inoltre ricordava il secco "no", espresso dal vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita monsignor Jean Laffitte in un articolo sull' Osservatore Romano . Queste motivazioni mi hanno turbato; offendono tutte le vittime di stupro che a seguito della violenza sono rimaste incinte. Come si fa a dire che la pillola del giorno dopo è una mancanza di bene dinnanzi ad un male così atroce qual è lo stupro? Semmai è negare tale farmaco che rappresenta un ulteriore male che si aggiunge ad un male devastante! Mi chiedo se questa non è un'ulteriore violenza che viene fatta sul corpo e sull'anima di queste povere creature!
Danielle Ferri d.ferri@fastwebmail.it

Radio Maria è una stazione nota per le sue posizioni ultraconservatrici. In questo caso però ciò che quel professore ha dichiarato è in linea con quanto proclamano le gerarchie vaticane. Ricordo per esempio che un paio di anni fa il cardinal Bertone, Primo Ministro vaticano, partecipando al Meeting di Rimini, attaccò con decisione Amnesty International che aveva inserito tra i diritti umani l'interruzione di gravidanza per le donne violentate. Poche settimane fa ha suscitato scandalo nel mondo la scomunica inflitta dall'arcivescovo brasiliano José Cardoso Sobrinho al medico che aveva fatto abortire una bambina di 9 anni (del peso di 33 chili!) violentata e messa incinta dal patrigno. La legge brasiliana consente l'aborto in caso di stupro o di problemi per la salute della madre. La sventurata bambina rientrava in ambedue le categorie essendo incinta di due gemelli, dunque a rischio della vita. L'implacabile arcivescovo di fronte alle proteste ha dichiarato: «La legge di Dio è superiore a qualunque legge umana. Quindi se la legge umana è contraria alla legge di Dio non ha valore». Chiedere a una donna di portare a termine la gravidanza in nome del diritto alla vita dell'embrione significa obbligarla a farsi strumento della violenza per nove lunghi mesi. Diventare poi madre di un bambino che è figlio anche di un "nemico". Oppure scegliere di affidarlo ad altri. Drammi che sembrano non interessare l'ideologia. Così come si trascura che la pillola del giorno dopo non è un abortivo ma un semplice anticoncezionale come il preservativo o la pillola. Dunque di che mai parlava il professore?

martedì 5 maggio 2009

Quel tesoro a San Pietro 33 mila chili d'ori e argenti

Quel tesoro a San Pietro 33 mila chili d'ori e argenti
CLAUDIO RENDINA
La Repubblica (Roma) 25/06/2006

IL TESORO della basilica di San Pietro esiste fin dall'istituzione del luogo sacro intorno alla tomba dell'apostolo, frutto di omaggi e doni preziosi di sovrani e dell'arredo voluto dai papi. Tanto da costituire una collezione di ori e argenti, calcolabili, secondo l'archeologo Rodolfo Lanciani, rispettivamente a 3.000 e 30.000 chili, nonché di arredi sacri e opere d'arte. Una collezione che si è impoverita nei secoli con i saccheggi, da quelli dei Saraceni nell'846 alle sottrazioni di Napoleone e dei repubblicani del 1849. Vi si può accedere dalla Sagrestia della basilica, cominciando da un reperto sacro, la Colonna Santa, sulla quale secondo la tradizione si sarebbe appoggiato Gesù nel tempio di Salomone a Gerusalemme e, nel Medioevo, erano legati gli ossessi mentre venivano esorcizzati. In realtà è una delle colonne tortili vitinee del IV secolo che erano di sostegno alla pergula della basilica costantiniana, mentre una curiosità è costituita dalla Chiave della tomba di San Pietro rinvenuta nel 1901. Procedendo nelle sale si resta abbagliati dalla preziosità degli oggetti che sono un autentico tesoro al di là del valore storico e artistico eppure essi hanno, perché fondamentalmente sono dei gioielli. Così, se hanno un grande pregio artistico il Tabernacolo di Donatello del 1433, con un bassorilievo raffigurante la Deposizione e il sepolcro di Sisto IV del Pollaiolo del 1493 in bronzo istoriato, ambedue appaiono prima di tutto splendidi come capolavori di oreficeria. E ancora, la cosiddetta Dalmatica di Carlo Magno che avrebbe usato l'imperatore per l'incoronazione nel Natale dell'800, mentre è in realtà un sàccos patriarcale bizantino del Trecento, perdendo quindi in parte il valore storico, è apprezzata per gli splendidi ricami. E così l'anello di Sisto IV, in bronzo dorato con cristallo di rocca di dimensioni eccezionali, vale per come appare nella sua preziosità e non certo per un riferimento a papa Riario. Come anche la Crux Vaticana, la croce donata dall'imperatore Giustino II alla città di Roma, rivela tutto il valore nella decorazione a pietre preziose. Così svanisce la finalità religiosa nei numerosi reliquiari che sono autentici capolavori di oreficeria: dalla Stauroteca bizantina con smalti e perle al Reliquiario di San Sebastiano al grande Sarcofago di Giunio Basso, il più prezioso reperto archeologico degli scavi vaticani.

lunedì 4 maggio 2009

Emigranti per abortire

Emigranti per abortire

La Stampa del 4 maggio 2009, pag. 19

Francesco Moscatelli

Gentile Signora, La prego di leggere attentamente le seguenti informazioni: l’aborto con il Mifegyne non comporta rischi particolari. Per ottenere i medicamenti, deve presentarsi al mio studio a Lugano. La visita dura 40 minuti. L’invio dei medicamenti per posta, come pure la consegna ad altre persone (anche a medici), sono assolutamente proibiti… E’ necessario portare con sé un documento d’identità ed una tessera del gruppo sanguigno…». Di messaggi come questi, come anche di indirizzi svizzeri dove è possibile abortire con la pillola Ru 486, senza ricorrere ad un intervento chirurgico, il web è pieno. Il sito Internet www.vitadidonna.it fornisce un elenco completo e aggiornato, con numeri di telefono. E così, mentre la procedura di ammissione della pillola nel nostro paese è ancora bloccata alla commissione prezzi dell’Agenzia italiana del farmaco, sempre più donne della Lombardia e di tutto il Nord Italia preferiscono varcare il confine e sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali e negli ambulatori privati del Canton Ticino. Non è necessario il ricovero, il paese è noto per la sua discrezione e dopo qualche ora si può tornare a casa. Il costo? Intorno ai 500 euro.

Il fenomeno è tutto in due numeri: nel 2003 erano andate in Ticino per abortire 78 italiane, nel 2008 si è arrivati a 222, il 33% di tutti quelli registrati nel cantone. A chiederne conto al Consiglio di Stato è stato l’avvocato Luigi Caimi, deputato del Gran Consiglio (il Parlamento ticinese) e presidente della locale associazione «Sì alla Vita». «Sto aspettando - chiarisce Luigi Caimi -. E’ un fenomeno preoccupante, al quale il nostro paese dovrebbe dedicare un’attenta riflessione. In Ticino, nell’ultimo anno, abbiamo registrato un incremento dell’11,25% delle interruzioni di gravidanza».

Nello stesso periodo, in Italia, è stata registrata una diminuzione del 3,9% dei casi di aborto. E se esistesse un collegamento? «Abbiamo notato un aumento delle pazienti italiane - conferma il dottor Francesco Salsano, con studio a Locarno -. In Svizzera, dove la Ru 486 è legale da una decina d’anni, l’unico limite è quello temporale: la pillola può essere somministrata entro 35 giorni dal concepimento. Io ho una mia spiegazione: in Italia c’è stata una discussione molto accesa sull’aborto farmacologico e forse molte donne, che prima non conoscevano nemmeno questa possibilità, hanno cominciato ad informarsi».

Le polemiche

La storia italiana della Ru 486, infatti, è costellata di rinvii e polemiche infinite. Dopo le prime sperimentazioni in un ospedale torinese, e l’opposizione dell’allora ministro della Salute Francesco Storace, la procedura europea del mutuo riconoscimento sembrava aver tolto le castagne dal fuoco alla politica italiana. Infatti il 10 novembre 2007, la Exelgyn, la ditta produttrice, ha presentato la richiesta per vendere la pillola a tutti gli ospedali dalla penisola, gli unici luoghi in cui è possibile effettuare interruzioni di gravidanza secondo la legge 194. A distanza di un anno e mezzo, però, la pratica è ancora bloccata. «La pillola Ru486 è ancora nella fase di negoziazione del prezzo. I tempi sono tecnici: da quando si troverà l’accordo, dovranno passare circa 20-30 giorni prima che il provvedimento arrivi in Cda e in Gazzetta ufficiale» ha ribadito martedì scorso Guido Rasi, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco.

Il «turismo abortivo»

La senatrice radicale Donatella Poretti, però, ha qualche dubbio: «Queste procedure sono degli automatismi. Per stabilire un prezzo basta guardare quanto costa il farmaco nel resto d’Europa e offrire una cifra media - spiega -. Invece, da notizie di corridoio, ho appreso che alla Exelgyn è stato offerto il prezzo più basso. Non voglio pensar male, ma mi sembra solo un modo per farsi dire di no e per bloccare tutto di nuovo. E’ incredibile che dopo trent’anni dall a194 le donne italiane decidano di andare all’estero per abortire». Già, perché il «turismo abortivo», come è stato ribattezzato questo fenomeno, non riguarda solo la Svizzera. Non ci sono dati certi, ma molte donne liguri e piemontesi si spostano in Francia, altre nei paesi del Nord Europa. Per non parlare di quelle donne che ordinano le pillole online. Uno degli indirizzi è il sito dell’associazione olandese «Women on waves»: bastano poche decine di dollari e qualche giorno di attesa.