Quel tesoro a San Pietro 33 mila chili d'ori e argenti
CLAUDIO RENDINA
La Repubblica (Roma) 25/06/2006
IL TESORO della basilica di San Pietro esiste fin dall'istituzione del luogo sacro intorno alla tomba dell'apostolo, frutto di omaggi e doni preziosi di sovrani e dell'arredo voluto dai papi. Tanto da costituire una collezione di ori e argenti, calcolabili, secondo l'archeologo Rodolfo Lanciani, rispettivamente a 3.000 e 30.000 chili, nonché di arredi sacri e opere d'arte. Una collezione che si è impoverita nei secoli con i saccheggi, da quelli dei Saraceni nell'846 alle sottrazioni di Napoleone e dei repubblicani del 1849. Vi si può accedere dalla Sagrestia della basilica, cominciando da un reperto sacro, la Colonna Santa, sulla quale secondo la tradizione si sarebbe appoggiato Gesù nel tempio di Salomone a Gerusalemme e, nel Medioevo, erano legati gli ossessi mentre venivano esorcizzati. In realtà è una delle colonne tortili vitinee del IV secolo che erano di sostegno alla pergula della basilica costantiniana, mentre una curiosità è costituita dalla Chiave della tomba di San Pietro rinvenuta nel 1901. Procedendo nelle sale si resta abbagliati dalla preziosità degli oggetti che sono un autentico tesoro al di là del valore storico e artistico eppure essi hanno, perché fondamentalmente sono dei gioielli. Così, se hanno un grande pregio artistico il Tabernacolo di Donatello del 1433, con un bassorilievo raffigurante la Deposizione e il sepolcro di Sisto IV del Pollaiolo del 1493 in bronzo istoriato, ambedue appaiono prima di tutto splendidi come capolavori di oreficeria. E ancora, la cosiddetta Dalmatica di Carlo Magno che avrebbe usato l'imperatore per l'incoronazione nel Natale dell'800, mentre è in realtà un sàccos patriarcale bizantino del Trecento, perdendo quindi in parte il valore storico, è apprezzata per gli splendidi ricami. E così l'anello di Sisto IV, in bronzo dorato con cristallo di rocca di dimensioni eccezionali, vale per come appare nella sua preziosità e non certo per un riferimento a papa Riario. Come anche la Crux Vaticana, la croce donata dall'imperatore Giustino II alla città di Roma, rivela tutto il valore nella decorazione a pietre preziose. Così svanisce la finalità religiosa nei numerosi reliquiari che sono autentici capolavori di oreficeria: dalla Stauroteca bizantina con smalti e perle al Reliquiario di San Sebastiano al grande Sarcofago di Giunio Basso, il più prezioso reperto archeologico degli scavi vaticani.
CLAUDIO RENDINA
La Repubblica (Roma) 25/06/2006
IL TESORO della basilica di San Pietro esiste fin dall'istituzione del luogo sacro intorno alla tomba dell'apostolo, frutto di omaggi e doni preziosi di sovrani e dell'arredo voluto dai papi. Tanto da costituire una collezione di ori e argenti, calcolabili, secondo l'archeologo Rodolfo Lanciani, rispettivamente a 3.000 e 30.000 chili, nonché di arredi sacri e opere d'arte. Una collezione che si è impoverita nei secoli con i saccheggi, da quelli dei Saraceni nell'846 alle sottrazioni di Napoleone e dei repubblicani del 1849. Vi si può accedere dalla Sagrestia della basilica, cominciando da un reperto sacro, la Colonna Santa, sulla quale secondo la tradizione si sarebbe appoggiato Gesù nel tempio di Salomone a Gerusalemme e, nel Medioevo, erano legati gli ossessi mentre venivano esorcizzati. In realtà è una delle colonne tortili vitinee del IV secolo che erano di sostegno alla pergula della basilica costantiniana, mentre una curiosità è costituita dalla Chiave della tomba di San Pietro rinvenuta nel 1901. Procedendo nelle sale si resta abbagliati dalla preziosità degli oggetti che sono un autentico tesoro al di là del valore storico e artistico eppure essi hanno, perché fondamentalmente sono dei gioielli. Così, se hanno un grande pregio artistico il Tabernacolo di Donatello del 1433, con un bassorilievo raffigurante la Deposizione e il sepolcro di Sisto IV del Pollaiolo del 1493 in bronzo istoriato, ambedue appaiono prima di tutto splendidi come capolavori di oreficeria. E ancora, la cosiddetta Dalmatica di Carlo Magno che avrebbe usato l'imperatore per l'incoronazione nel Natale dell'800, mentre è in realtà un sàccos patriarcale bizantino del Trecento, perdendo quindi in parte il valore storico, è apprezzata per gli splendidi ricami. E così l'anello di Sisto IV, in bronzo dorato con cristallo di rocca di dimensioni eccezionali, vale per come appare nella sua preziosità e non certo per un riferimento a papa Riario. Come anche la Crux Vaticana, la croce donata dall'imperatore Giustino II alla città di Roma, rivela tutto il valore nella decorazione a pietre preziose. Così svanisce la finalità religiosa nei numerosi reliquiari che sono autentici capolavori di oreficeria: dalla Stauroteca bizantina con smalti e perle al Reliquiario di San Sebastiano al grande Sarcofago di Giunio Basso, il più prezioso reperto archeologico degli scavi vaticani.