Emigranti per abortire
La Stampa del 4 maggio 2009, pag. 19
Francesco Moscatelli
Gentile Signora, La prego di leggere attentamente le seguenti informazioni: l’aborto con il Mifegyne non comporta rischi particolari. Per ottenere i medicamenti, deve presentarsi al mio studio a Lugano. La visita dura 40 minuti. L’invio dei medicamenti per posta, come pure la consegna ad altre persone (anche a medici), sono assolutamente proibiti… E’ necessario portare con sé un documento d’identità ed una tessera del gruppo sanguigno…». Di messaggi come questi, come anche di indirizzi svizzeri dove è possibile abortire con la pillola Ru 486, senza ricorrere ad un intervento chirurgico, il web è pieno. Il sito Internet www.vitadidonna.it fornisce un elenco completo e aggiornato, con numeri di telefono. E così, mentre la procedura di ammissione della pillola nel nostro paese è ancora bloccata alla commissione prezzi dell’Agenzia italiana del farmaco, sempre più donne della Lombardia e di tutto il Nord Italia preferiscono varcare il confine e sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali e negli ambulatori privati del Canton Ticino. Non è necessario il ricovero, il paese è noto per la sua discrezione e dopo qualche ora si può tornare a casa. Il costo? Intorno ai 500 euro.
Il fenomeno è tutto in due numeri: nel 2003 erano andate in Ticino per abortire 78 italiane, nel 2008 si è arrivati a 222, il 33% di tutti quelli registrati nel cantone. A chiederne conto al Consiglio di Stato è stato l’avvocato Luigi Caimi, deputato del Gran Consiglio (il Parlamento ticinese) e presidente della locale associazione «Sì alla Vita». «Sto aspettando - chiarisce Luigi Caimi -. E’ un fenomeno preoccupante, al quale il nostro paese dovrebbe dedicare un’attenta riflessione. In Ticino, nell’ultimo anno, abbiamo registrato un incremento dell’11,25% delle interruzioni di gravidanza».
Nello stesso periodo, in Italia, è stata registrata una diminuzione del 3,9% dei casi di aborto. E se esistesse un collegamento? «Abbiamo notato un aumento delle pazienti italiane - conferma il dottor Francesco Salsano, con studio a Locarno -. In Svizzera, dove la Ru 486 è legale da una decina d’anni, l’unico limite è quello temporale: la pillola può essere somministrata entro 35 giorni dal concepimento. Io ho una mia spiegazione: in Italia c’è stata una discussione molto accesa sull’aborto farmacologico e forse molte donne, che prima non conoscevano nemmeno questa possibilità, hanno cominciato ad informarsi».
Le polemiche
La storia italiana della Ru 486, infatti, è costellata di rinvii e polemiche infinite. Dopo le prime sperimentazioni in un ospedale torinese, e l’opposizione dell’allora ministro della Salute Francesco Storace, la procedura europea del mutuo riconoscimento sembrava aver tolto le castagne dal fuoco alla politica italiana. Infatti il 10 novembre 2007, la Exelgyn, la ditta produttrice, ha presentato la richiesta per vendere la pillola a tutti gli ospedali dalla penisola, gli unici luoghi in cui è possibile effettuare interruzioni di gravidanza secondo la legge 194. A distanza di un anno e mezzo, però, la pratica è ancora bloccata. «La pillola Ru486 è ancora nella fase di negoziazione del prezzo. I tempi sono tecnici: da quando si troverà l’accordo, dovranno passare circa 20-30 giorni prima che il provvedimento arrivi in Cda e in Gazzetta ufficiale» ha ribadito martedì scorso Guido Rasi, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco.
Il «turismo abortivo»
La senatrice radicale Donatella Poretti, però, ha qualche dubbio: «Queste procedure sono degli automatismi. Per stabilire un prezzo basta guardare quanto costa il farmaco nel resto d’Europa e offrire una cifra media - spiega -. Invece, da notizie di corridoio, ho appreso che alla Exelgyn è stato offerto il prezzo più basso. Non voglio pensar male, ma mi sembra solo un modo per farsi dire di no e per bloccare tutto di nuovo. E’ incredibile che dopo trent’anni dall a194 le donne italiane decidano di andare all’estero per abortire». Già, perché il «turismo abortivo», come è stato ribattezzato questo fenomeno, non riguarda solo la Svizzera. Non ci sono dati certi, ma molte donne liguri e piemontesi si spostano in Francia, altre nei paesi del Nord Europa. Per non parlare di quelle donne che ordinano le pillole online. Uno degli indirizzi è il sito dell’associazione olandese «Women on waves»: bastano poche decine di dollari e qualche giorno di attesa.
La Stampa del 4 maggio 2009, pag. 19
Francesco Moscatelli
Gentile Signora, La prego di leggere attentamente le seguenti informazioni: l’aborto con il Mifegyne non comporta rischi particolari. Per ottenere i medicamenti, deve presentarsi al mio studio a Lugano. La visita dura 40 minuti. L’invio dei medicamenti per posta, come pure la consegna ad altre persone (anche a medici), sono assolutamente proibiti… E’ necessario portare con sé un documento d’identità ed una tessera del gruppo sanguigno…». Di messaggi come questi, come anche di indirizzi svizzeri dove è possibile abortire con la pillola Ru 486, senza ricorrere ad un intervento chirurgico, il web è pieno. Il sito Internet www.vitadidonna.it fornisce un elenco completo e aggiornato, con numeri di telefono. E così, mentre la procedura di ammissione della pillola nel nostro paese è ancora bloccata alla commissione prezzi dell’Agenzia italiana del farmaco, sempre più donne della Lombardia e di tutto il Nord Italia preferiscono varcare il confine e sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali e negli ambulatori privati del Canton Ticino. Non è necessario il ricovero, il paese è noto per la sua discrezione e dopo qualche ora si può tornare a casa. Il costo? Intorno ai 500 euro.
Il fenomeno è tutto in due numeri: nel 2003 erano andate in Ticino per abortire 78 italiane, nel 2008 si è arrivati a 222, il 33% di tutti quelli registrati nel cantone. A chiederne conto al Consiglio di Stato è stato l’avvocato Luigi Caimi, deputato del Gran Consiglio (il Parlamento ticinese) e presidente della locale associazione «Sì alla Vita». «Sto aspettando - chiarisce Luigi Caimi -. E’ un fenomeno preoccupante, al quale il nostro paese dovrebbe dedicare un’attenta riflessione. In Ticino, nell’ultimo anno, abbiamo registrato un incremento dell’11,25% delle interruzioni di gravidanza».
Nello stesso periodo, in Italia, è stata registrata una diminuzione del 3,9% dei casi di aborto. E se esistesse un collegamento? «Abbiamo notato un aumento delle pazienti italiane - conferma il dottor Francesco Salsano, con studio a Locarno -. In Svizzera, dove la Ru 486 è legale da una decina d’anni, l’unico limite è quello temporale: la pillola può essere somministrata entro 35 giorni dal concepimento. Io ho una mia spiegazione: in Italia c’è stata una discussione molto accesa sull’aborto farmacologico e forse molte donne, che prima non conoscevano nemmeno questa possibilità, hanno cominciato ad informarsi».
Le polemiche
La storia italiana della Ru 486, infatti, è costellata di rinvii e polemiche infinite. Dopo le prime sperimentazioni in un ospedale torinese, e l’opposizione dell’allora ministro della Salute Francesco Storace, la procedura europea del mutuo riconoscimento sembrava aver tolto le castagne dal fuoco alla politica italiana. Infatti il 10 novembre 2007, la Exelgyn, la ditta produttrice, ha presentato la richiesta per vendere la pillola a tutti gli ospedali dalla penisola, gli unici luoghi in cui è possibile effettuare interruzioni di gravidanza secondo la legge 194. A distanza di un anno e mezzo, però, la pratica è ancora bloccata. «La pillola Ru486 è ancora nella fase di negoziazione del prezzo. I tempi sono tecnici: da quando si troverà l’accordo, dovranno passare circa 20-30 giorni prima che il provvedimento arrivi in Cda e in Gazzetta ufficiale» ha ribadito martedì scorso Guido Rasi, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco.
Il «turismo abortivo»
La senatrice radicale Donatella Poretti, però, ha qualche dubbio: «Queste procedure sono degli automatismi. Per stabilire un prezzo basta guardare quanto costa il farmaco nel resto d’Europa e offrire una cifra media - spiega -. Invece, da notizie di corridoio, ho appreso che alla Exelgyn è stato offerto il prezzo più basso. Non voglio pensar male, ma mi sembra solo un modo per farsi dire di no e per bloccare tutto di nuovo. E’ incredibile che dopo trent’anni dall a194 le donne italiane decidano di andare all’estero per abortire». Già, perché il «turismo abortivo», come è stato ribattezzato questo fenomeno, non riguarda solo la Svizzera. Non ci sono dati certi, ma molte donne liguri e piemontesi si spostano in Francia, altre nei paesi del Nord Europa. Per non parlare di quelle donne che ordinano le pillole online. Uno degli indirizzi è il sito dell’associazione olandese «Women on waves»: bastano poche decine di dollari e qualche giorno di attesa.