Corriere della Sera 29.4.09
In crescita Dal 1990 al 2008 i non credenti sono passati dall’8 al 15%. E si moltiplicano iniziative, libri e gruppi di pressione dei «senza fede»
La «lobby atea» fa breccia nell’America
di P. Val.
WASHINGTON — In soli 6 anni, la Secular Student Alliance, un network di studenti atei, ha messo piede in ben 146 campus universitari. Nel 2003 era presente solo in una quarantina. Dopo lunga rivalità e tanti battibecchi ideologici, 10 organizzazioni nazionali di atei, umanisti e liberi pensatori hanno dato vita insieme alla Secular Coalition of America, con l'obiettivo di avere a Washington un gruppo di pressione, in grado di far lobby per la separazione tra Stato e Chiesa. Mentre Fred Edwords, vecchio leader del movimento ateo, è finalmente riuscito a creare la sua United Coalition of Reason, fondata al momento su 20 gruppi locali, ma con ragionevoli ambizioni di espandersi.
L'America scopre di avere i suoi atei. Non che non lo sapesse. Ma ora li vede uscire dall'ombra, organizzarsi, far sentire la loro voce, avanzare sul sentiero del coming out, tipico di tante minoranze del crogiolo americano.
A dare il segnale che fosse giunta l'ora di venire allo scoperto, è stato probabilmente Barack Obama nel suo discorso inaugurale, il 20 gennaio scorso: «La nostra eredità composita è una forza e non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei, hindu e non credenti». Nessun presidente lo aveva mai fatto.
Non credenti, una definizione forte per la nazione che sulla sua moneta nazionale ha scritto «In God We Trust». Ma nondimeno, una realtà crescente. Dall'8% del 1990, la popolazione dei cosiddetti «nones» negli Stati Uniti è aumentata fino al 15% del 2008. Non che tutti i non-credenti siano necessariamente atei militanti o agnostici, ma sicuramente sono un vasto bacino di pesca potenziale del nascente movimento ateista. Quando alcuni mesi fa Herb Silvermann, professore di matematica al College of Charleston, in South Carolina, aveva fondato la Secular Humanists of the Lowcountry, pensava piuttosto a un club per pochi intimi. «Non credete in Dio? Non siete soli», diceva il cartello, che annunciava le riunioni del gruppo a un indirizzo privato. Ma quando più di cento persone si sono presentate a uno degli incontri recenti, Silvermann e i suoi fedelissimi hanno dovuto affittare una sala. Oggi la Secular Humanists ha 150 aderenti. Non cosa da poco, in uno Stato celebre per essere la sede della Bob Jones University (il più oltranzista dei college cristiani) e per avere un Congresso che un anno fa approvò una targa automobilistica cristiana con tanto di croce e scritta «I believe».
«Ma la cosa più importante è essere usciti dall'armadio», dice Silvermann al New York Times, spiegando che la strategia degli atei è simile a quella del movimento per i diritti dei gay, che esplose quando scelse di venir fuori. I sondaggi sembrano dargli ragione: secondo l'American Religious Identification Survey, gli americani che si definiscono «senza religione» sono l'unico gruppo demografico in crescita nell'ultimo ventennio negli Usa.
Una grossa spinta a riconoscersi e organizzarsi, l'ha data lo sdegno per l'abbraccio incondizionato dell' Amministrazione Bush all'estrema destra religiosa. Iniziative locali, libri sull'ateismo improvvisamente diventati dei best-seller e donazioni per milioni di dollari hanno dato coraggio e fiducia a una minoranza, ancora di recente considerata nel migliore dei casi una concentrazione di eccentrici, nel peggiore una pericolosa banda di senza Dio.
Uno dei gruppi più attivi alla University of South Carolina è quello dei «Pastafarian» della cosiddetta Church of the Flying Spaghetti Monster. Fra le loro attività preferite nel campus, quella di dare ai passanti «abbracci gratis dai vostri amici e vicini atei».
In crescita Dal 1990 al 2008 i non credenti sono passati dall’8 al 15%. E si moltiplicano iniziative, libri e gruppi di pressione dei «senza fede»
La «lobby atea» fa breccia nell’America
di P. Val.
WASHINGTON — In soli 6 anni, la Secular Student Alliance, un network di studenti atei, ha messo piede in ben 146 campus universitari. Nel 2003 era presente solo in una quarantina. Dopo lunga rivalità e tanti battibecchi ideologici, 10 organizzazioni nazionali di atei, umanisti e liberi pensatori hanno dato vita insieme alla Secular Coalition of America, con l'obiettivo di avere a Washington un gruppo di pressione, in grado di far lobby per la separazione tra Stato e Chiesa. Mentre Fred Edwords, vecchio leader del movimento ateo, è finalmente riuscito a creare la sua United Coalition of Reason, fondata al momento su 20 gruppi locali, ma con ragionevoli ambizioni di espandersi.
L'America scopre di avere i suoi atei. Non che non lo sapesse. Ma ora li vede uscire dall'ombra, organizzarsi, far sentire la loro voce, avanzare sul sentiero del coming out, tipico di tante minoranze del crogiolo americano.
A dare il segnale che fosse giunta l'ora di venire allo scoperto, è stato probabilmente Barack Obama nel suo discorso inaugurale, il 20 gennaio scorso: «La nostra eredità composita è una forza e non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei, hindu e non credenti». Nessun presidente lo aveva mai fatto.
Non credenti, una definizione forte per la nazione che sulla sua moneta nazionale ha scritto «In God We Trust». Ma nondimeno, una realtà crescente. Dall'8% del 1990, la popolazione dei cosiddetti «nones» negli Stati Uniti è aumentata fino al 15% del 2008. Non che tutti i non-credenti siano necessariamente atei militanti o agnostici, ma sicuramente sono un vasto bacino di pesca potenziale del nascente movimento ateista. Quando alcuni mesi fa Herb Silvermann, professore di matematica al College of Charleston, in South Carolina, aveva fondato la Secular Humanists of the Lowcountry, pensava piuttosto a un club per pochi intimi. «Non credete in Dio? Non siete soli», diceva il cartello, che annunciava le riunioni del gruppo a un indirizzo privato. Ma quando più di cento persone si sono presentate a uno degli incontri recenti, Silvermann e i suoi fedelissimi hanno dovuto affittare una sala. Oggi la Secular Humanists ha 150 aderenti. Non cosa da poco, in uno Stato celebre per essere la sede della Bob Jones University (il più oltranzista dei college cristiani) e per avere un Congresso che un anno fa approvò una targa automobilistica cristiana con tanto di croce e scritta «I believe».
«Ma la cosa più importante è essere usciti dall'armadio», dice Silvermann al New York Times, spiegando che la strategia degli atei è simile a quella del movimento per i diritti dei gay, che esplose quando scelse di venir fuori. I sondaggi sembrano dargli ragione: secondo l'American Religious Identification Survey, gli americani che si definiscono «senza religione» sono l'unico gruppo demografico in crescita nell'ultimo ventennio negli Usa.
Una grossa spinta a riconoscersi e organizzarsi, l'ha data lo sdegno per l'abbraccio incondizionato dell' Amministrazione Bush all'estrema destra religiosa. Iniziative locali, libri sull'ateismo improvvisamente diventati dei best-seller e donazioni per milioni di dollari hanno dato coraggio e fiducia a una minoranza, ancora di recente considerata nel migliore dei casi una concentrazione di eccentrici, nel peggiore una pericolosa banda di senza Dio.
Uno dei gruppi più attivi alla University of South Carolina è quello dei «Pastafarian» della cosiddetta Church of the Flying Spaghetti Monster. Fra le loro attività preferite nel campus, quella di dare ai passanti «abbracci gratis dai vostri amici e vicini atei».