lunedì 27 aprile 2009

Se il papa difende la corsia preferenziale per chi insegna religione

Se il papa difende la corsia preferenziale per chi insegna religione

Giuseppe Caliceti

Il Manifesto del 26/04/2009

Tutti ricordiamo come le parole del papa e della Cei, qualche mese fa, abbiano fatto ritirare al governo di Berlusconi la proposta di tagli alla scuola privata (spesso cattolica) in Italia. Non sono riusciti a fare tanto mesi e mesi di proteste di docenti e studenti e genitori fuori e dentro la famosa Onda anomala anti-Gelmini che, con i suoi tagli ministeriali al personale e ai fondi, sta mettendo definitivamente in ginocchio e smantellando la scuola pubblica italiana. Allora forse non è un caso se proprio ieri, 25 aprile 2009, il papa ha pensato bene di dire alcune cose sulla scuola e sulla libertà. La libertà religiosa, naturalmente. Per esempio, ieri il papa ha detto: «L'ora di religione è parte integrante della scuola italiana ed è esempio di "laicità positiva"». Già, certo, perché in passato aveva già spiegato a tutti gli italiani che esiste anche una «laicità negativa», quella che non prevede l'insegnamento della religione italiana insegnata da docenti scelti e selezionati dalla Chiesa nella scuola pubblica italiana. Ma il papa ha detto anche: «L'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia». Parte integrante della scuola e della politica italiana, avrebbe potuto dire in modo più corretto. E ancora: «L'insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti». Da cosa è dimostrato questo? Il papa l'ha capito da questo: il fatto che «con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi». È così perché l'ha detto lui. A ogni modo il papa ha voluto dire tutti questi suoi pensieri solenni non perché ieri era la 64° Festa del 25 aprile, ma perché si concludeva in Vaticano il Meeting degli insegnanti di religione promosso dalla Cei, aperto giovedì scorso dal cardinal Angelo Bagnasco e dal ministro dell'istruzione Maria Stella Gelmini. Naturalmente, le sue parole sono state lungamente e appassionatamente applaudite dagli 8mila professori radunati nell'Aula Nervi. Anche perché, come tutti sappiamo, è difficile che un insegnante di religione possa trovare il lavoro di insegnante di religione - non in una scuola religiosa, ma nella scuola laica italiana - se non si professa "religioso"; anzi "cattolico". Insomma, hanno trovato un lavoro soprattutto grazie al papa. Ma il papa, ieri, forse perché era il 25 aprile, aveva proprio tanta voglia di parlare e perciò ha sottolineato che «l'altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è il segno del valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto». Al papa non è minimamente saltato in testa che, in Italia, per entrare di ruolo anche come prof di Lettere o Geografia la cosa migliore, aggirando le graduatorie, è entrare come docente di religione e poi magari chiedere un passaggio per insegnare altre materie. Al papa non è venuto neppure in mente che in Italia gli unici docenti che non sono stati "falciati" dalla recente riforma Gelmini sono proprio quelli di religione. Che dire di fronte a questa ingerenza della Chiesa? Di fronte a queste parole offensive per chiunque non sia un docente di religione?