l’Unità 2.4.09
La legge 40 è incostituzionale. La Consulta riapre il caso
di Maria Zegarelli
La Corte boccia il limite di tre embrioni, che condanna le donne a stimolazioni ormonali ripetute
La sottosegretario Roccella: nuove linee guida. Il Pd: si rispetti la sentenza
La Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità della legge 40. Non si può fissare un limite di tre embrioni e non ci può essere un obbligo a impiantarli tutti contemporaneamente.
Parzialmente illegittima la legge 40 sulla Fecondazione assistita: la sentenza della Corte Costituzionale è arrivata ieri nel tardo pomeriggio, dopo un giorno e mezzo di camera di consiglio, e ha colpito il cuore stesso della legge.
L’INCOSTITUZIONALITÀ
Illegittimo l’articolo 14 al secondo comma, laddove prevede il limite dei tre embrioni e l’obbligo «a un unico e contemporaneo impianto». Incostituzionale anche il comma 3 «nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna». Inammissibili per difetto di rilevanza nei giudizi principali le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 6 comma 3 (l’irrevocabilità del consenso all’impianto da parte della donna) e dell’articolo 14 comma 1 e 4 (crioconservazione degli embrioni al di fuori di ipotesi limitate e divieto di riduzione embrionaria di gravidanze plurime).
I giudici dell’Alta Corte di fatto hanno riconosciuto che il medico non può prescindere dalla valutazione dello stato di salute della donna, mentre, abolendo l’obbligo dei tre embrioni e l’impianto contemporaneo degli stessi, «è possibile che abbia ammesso quel principio di eccezione alla regola avanzato dal giudice Delle Vergini, del tribunale di Firenze, - spiega l’avvocato Maria Paola Costantini che insieme alla professoressa Marilisa D’Amico rappresenta Miriam e Giovanni, i due pazienti che hanno presentato ricorso - secondo il quale la crioconservazione è ammessa in caso di pericolo per lo stato psico-fisico della donna».
Esultano per il risultato i ricorrenti: la World association reproductive medicine (Warm) presieduta da Severino Antinori e la Fondazione Hera di Catania, del professor Antonino Guglielmino i cui pazienti si sono rivolti al tribunale. «È una vittoria dei pazienti che da anni patiscono a causa di una legge sadica, ingiusta e priva di qualunque razionalità scientifica. La legge infatti - commenta Guglielmino - è stata concepita seguendo una sorta di modello punitivo per la donna, costretta a ripetuti e pesantissimi protocolli di stimolazione o a gravidanze plurigemellari creando situazioni di pericolo oltre che per la salute della madre anche per quella dei nascituri». Di grande «vittoria per lo stato di diritto e per lo Stato laico, che non deve essere soggetto a spinte religiose che impongono le leggi con una grave riduzione dei diritti civili», parla Antinori.
IL GOVERNO IN GUERRA
Sul piede di guerra il governo, con la sottosegretaria al Welfare Eugenia Roccella che avverte: «Sarà indispensabile emanare al più presto nuove linee guida che possano eliminare qualsiasi contraddizione». La blocca l’ex ministro alla Salute Livia Turco: «Proprio sulla base della stessa legge 40 le linee guida non hanno alcun potere interpretativo ma sono solo uno strumento tecnico». Il ministro Sandro Bondi parla di un grave «problema per la nostra democrazia, in quanto la sovranità del Parlamento viene intaccata parallelamente alla percezione della sparizione di autorità di garanzia», mentre Maurizio Gasparri imbraccia la spada di paladino della vita. Il segretario del Pd Dario Franceschini ricorda che «le sentenze della Corte vanno sempre rispettate» e che «il pronunciamento della Corte non potrà che essere recepito dal nostro ordinamento». Non si stupisce della sentenza Anna Finocchiaro: «La Corte dichiara l’illegittimità di parti della legge che già nella discussione parlamentare erano apparsi irragionevoli. Adesso si deve rifuggire anche sul testamento biologico da posizioni ideologiche». È proprio questo che spaventa il Pdl.
La legge 40 è incostituzionale. La Consulta riapre il caso
di Maria Zegarelli
La Corte boccia il limite di tre embrioni, che condanna le donne a stimolazioni ormonali ripetute
La sottosegretario Roccella: nuove linee guida. Il Pd: si rispetti la sentenza
La Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità della legge 40. Non si può fissare un limite di tre embrioni e non ci può essere un obbligo a impiantarli tutti contemporaneamente.
Parzialmente illegittima la legge 40 sulla Fecondazione assistita: la sentenza della Corte Costituzionale è arrivata ieri nel tardo pomeriggio, dopo un giorno e mezzo di camera di consiglio, e ha colpito il cuore stesso della legge.
L’INCOSTITUZIONALITÀ
Illegittimo l’articolo 14 al secondo comma, laddove prevede il limite dei tre embrioni e l’obbligo «a un unico e contemporaneo impianto». Incostituzionale anche il comma 3 «nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna». Inammissibili per difetto di rilevanza nei giudizi principali le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 6 comma 3 (l’irrevocabilità del consenso all’impianto da parte della donna) e dell’articolo 14 comma 1 e 4 (crioconservazione degli embrioni al di fuori di ipotesi limitate e divieto di riduzione embrionaria di gravidanze plurime).
I giudici dell’Alta Corte di fatto hanno riconosciuto che il medico non può prescindere dalla valutazione dello stato di salute della donna, mentre, abolendo l’obbligo dei tre embrioni e l’impianto contemporaneo degli stessi, «è possibile che abbia ammesso quel principio di eccezione alla regola avanzato dal giudice Delle Vergini, del tribunale di Firenze, - spiega l’avvocato Maria Paola Costantini che insieme alla professoressa Marilisa D’Amico rappresenta Miriam e Giovanni, i due pazienti che hanno presentato ricorso - secondo il quale la crioconservazione è ammessa in caso di pericolo per lo stato psico-fisico della donna».
Esultano per il risultato i ricorrenti: la World association reproductive medicine (Warm) presieduta da Severino Antinori e la Fondazione Hera di Catania, del professor Antonino Guglielmino i cui pazienti si sono rivolti al tribunale. «È una vittoria dei pazienti che da anni patiscono a causa di una legge sadica, ingiusta e priva di qualunque razionalità scientifica. La legge infatti - commenta Guglielmino - è stata concepita seguendo una sorta di modello punitivo per la donna, costretta a ripetuti e pesantissimi protocolli di stimolazione o a gravidanze plurigemellari creando situazioni di pericolo oltre che per la salute della madre anche per quella dei nascituri». Di grande «vittoria per lo stato di diritto e per lo Stato laico, che non deve essere soggetto a spinte religiose che impongono le leggi con una grave riduzione dei diritti civili», parla Antinori.
IL GOVERNO IN GUERRA
Sul piede di guerra il governo, con la sottosegretaria al Welfare Eugenia Roccella che avverte: «Sarà indispensabile emanare al più presto nuove linee guida che possano eliminare qualsiasi contraddizione». La blocca l’ex ministro alla Salute Livia Turco: «Proprio sulla base della stessa legge 40 le linee guida non hanno alcun potere interpretativo ma sono solo uno strumento tecnico». Il ministro Sandro Bondi parla di un grave «problema per la nostra democrazia, in quanto la sovranità del Parlamento viene intaccata parallelamente alla percezione della sparizione di autorità di garanzia», mentre Maurizio Gasparri imbraccia la spada di paladino della vita. Il segretario del Pd Dario Franceschini ricorda che «le sentenze della Corte vanno sempre rispettate» e che «il pronunciamento della Corte non potrà che essere recepito dal nostro ordinamento». Non si stupisce della sentenza Anna Finocchiaro: «La Corte dichiara l’illegittimità di parti della legge che già nella discussione parlamentare erano apparsi irragionevoli. Adesso si deve rifuggire anche sul testamento biologico da posizioni ideologiche». È proprio questo che spaventa il Pdl.