mercoledì 29 aprile 2009

La «lobby atea» fa breccia nell’America

Corriere della Sera 29.4.09
In crescita Dal 1990 al 2008 i non credenti sono passati dall’8 al 15%. E si moltiplicano iniziative, libri e gruppi di pressione dei «senza fede»
La «lobby atea» fa breccia nell’America
di P. Val.

WASHINGTON — In soli 6 anni, la Secular Student Alliance, un network di studenti atei, ha messo piede in ben 146 campus universita­ri. Nel 2003 era presente solo in una quarantina. Dopo lunga rivalità e tanti battibecchi ideologici, 10 orga­nizzazioni nazionali di atei, umani­sti e liberi pensatori hanno dato vi­ta insieme alla Secular Coalition of America, con l'obiettivo di avere a Washington un gruppo di pressio­ne, in grado di far lobby per la sepa­razione tra Stato e Chiesa. Mentre Fred Edwords, vecchio leader del movimento ateo, è finalmente riu­scito a creare la sua United Coali­tion of Reason, fondata al momen­to su 20 gruppi locali, ma con ragio­nevoli ambizioni di espandersi.
L'America scopre di avere i suoi atei. Non che non lo sapesse. Ma ora li vede uscire dall'ombra, orga­nizzarsi, far sentire la loro voce, avanzare sul sentiero del coming out, tipico di tante minoranze del crogiolo americano.
A dare il segnale che fosse giunta l'ora di venire allo scoperto, è stato probabilmente Barack Obama nel suo discorso inaugurale, il 20 gen­naio scorso: «La nostra eredità com­posita è una forza e non una debo­lezza. Siamo una nazione di cristia­ni e musulmani, ebrei, hindu e non credenti». Nessun presidente lo ave­va mai fatto.
Non credenti, una definizione for­te per la nazione che sulla sua mone­ta nazionale ha scritto «In God We Trust». Ma nondimeno, una realtà crescente. Dall'8% del 1990, la popo­lazione dei cosiddetti «nones» ne­gli Stati Uniti è aumentata fino al 15% del 2008. Non che tutti i non-credenti siano necessariamen­te atei militanti o agnostici, ma sicu­ramente sono un vasto bacino di pe­sca potenziale del nascente movi­mento ateista. Quando alcuni mesi fa Herb Sil­vermann, professore di matematica al College of Charleston, in South Carolina, aveva fondato la Secular Humanists of the Lowcountry, pen­sava piuttosto a un club per pochi intimi. «Non credete in Dio? Non siete soli», diceva il cartello, che an­nunciava le riunioni del gruppo a un indirizzo privato. Ma quando più di cento persone si sono presen­tate a uno degli incontri recenti, Sil­vermann e i suoi fedelissimi hanno dovuto affittare una sala. Oggi la Se­cular Humanists ha 150 aderenti. Non cosa da poco, in uno Stato cele­bre per essere la sede della Bob Jo­nes University (il più oltranzista dei college cristiani) e per avere un Con­gresso che un anno fa approvò una targa automobilistica cristiana con tanto di croce e scritta «I believe».
«Ma la cosa più importante è es­sere usciti dall'armadio», dice Sil­vermann al New York Times, spie­gando che la strategia degli atei è si­mile a quella del movimento per i diritti dei gay, che esplose quando scelse di venir fuori. I sondaggi sem­brano dargli ragione: secondo l'American Religious Identification Survey, gli americani che si defini­scono «senza religione» sono l'uni­co gruppo demografico in crescita nell'ultimo ventennio negli Usa.
Una grossa spinta a riconoscersi e organizzarsi, l'ha data lo sdegno per l'abbraccio incondizionato dell' Amministrazione Bush all'estrema destra religiosa. Iniziative locali, li­bri sull'ateismo improvvisamente diventati dei best-seller e donazio­ni per milioni di dollari hanno dato coraggio e fiducia a una minoranza, ancora di recente considerata nel migliore dei casi una concentrazio­ne di eccentrici, nel peggiore una pericolosa banda di senza Dio.
Uno dei gruppi più attivi alla Uni­versity of South Carolina è quello dei «Pastafarian» della cosiddetta Church of the Flying Spaghetti Mon­ster. Fra le loro attività preferite nel campus, quella di dare ai passanti «abbracci gratis dai vostri amici e vi­cini atei».

martedì 28 aprile 2009

L'otto per mille, il maligno e la Chiesa cattolica

L'otto per mille, il maligno e la Chiesa cattolica

Il Manifesto del 28 aprile 2009, pag. 12

Nicola Fiorita

Ai tanti piccoli misteri della nostra vita occorrerà aggiungere quello dell`otto per mille, oggetto di grandi entusiasmi sin dalla sua nascita e ancora oggi presentato come un sistema efficace, buono e giusto, quando invece si è rivelato discriminatorio, inadeguato e del tutto irragionevole. Basterà ricordare che questo sistema avrebbe potuto garantire un eguale trattamento delle confessioni religiose e invece esclude tutti i gruppi (dall`Islam alle organizzazioni ateistiche) che non hanno un`intesa con lo Stato; che esso doveva fondarsi sulla volontarietà dei contribuenti mentre, al contrario, il gettito viene ripartito anche in assenza di ogni indicazione da parte del cittadino e, infine, che la maggior parte dei contribuenti preferisce non esprimere alcuna scelta, dimostrando così di rifiutare, o di non conoscere, il sistema. Ma c`è di più: la possibilità per ogni cittadino di destinare allo Stato l`otto per mille è vanificata dal disinteresse che l`apparato pubblico ha dimostrato verso queste somme, dall`opacità del loro impiego, dall`incredibile circostanza, che,esse vengano a volte utilizzate per finalità religiose. L`incrocio di questi dati produce un risultato davvero perverso. La progressiva diminuzione di coloro che, barrano la casella dell`otto per mille ha prodotto un vorticoso aumento dei soldi ricevuti dalla Chiesa cattolica, che riesce a capitalizzare al massimo (anche in questo settore) l`astensione dei cittadini. In virtù della ripartizione delle scelte non espresse in proporzione a quelle espresse, la Chiesa con il 34% di indicazioni in suo favore raccoglie quasi l`87% del gettito complessivo. Se guardiamo al vangelo («il vostro parlare sia si si, no no, ciò che è in più viene dal maligno») dobbiamo concludere che dal maligno provengono circa 500 milioni di euro all`anno, ovvero la differenza che corre tra quel che riceve in concreto la Chiesa e quel che riceverebbe se il silenzio del contribuente lasciasse i soldi nelle disponibilità del suo proprietario (il cittadino prima di pagare l`Irpef, lo Stato dopo). La Chiesa cattolica riceve circa un miliardo di euro all`anno da parte dello Stato con incrementi astronomici (più del 100%) rispetto ai primi anni di funzionamento del sistema; un aumento che non trova riscontro in nessun`altra voce del bilancio statale e che non è giustificabile in un`epoca di sacrifici pubblici e privati. A fronte di questa abnorme situazione provo ad indicare tre rimedi. 1. È opportuno che la Commissione paritetica, istituzionalmente incaricata di monitorare il funzionamento di questo sistema, provveda a ridurre la quota dell`Irpef destinata a sostenere i gruppi religiosi, riportando il sostegno dello Stato a cifre ragionevoli. 2. Poiché le somme ricevute da tutte le confessioni sono largamente superiori alle loro necessità sarebbe possibile ipotizzare una moratoria dell`otto per mille, destinando quest`anno il gettito corrispondente (circa un miliardo e 400 milioni di euro) alle popolazioni abruzzesi. 3. Laddove non fosse possibile acquisire il consenso delle altre parti, lo Stato potrebbe comunque impegnarsi a destinare la propria quota di otto per mille al medesimo fine, indicando ai cittadini la possibilità di indirizzare, attraverso l`apparato pubblico, una parte delle loro tasse ad uno scopo così meritorio. Il recupero di risorse consistenti, l`impulso verso una sana concorrenza che intacchi il monopolio cattolico e la riduzione degli ingenti contributi economici che le gerarchie ecclesiastiche hanno utilizzato in questi anni per imbrigliare la vitalità del mondo cattolico e costruire una nuova egemonia sociale sono gli obiettivi che queste, pur minime, proposte permetterebbero di realizzare senza dover attendere l`improbabile superamento del sistema vigente.

lunedì 27 aprile 2009

Se il papa difende la corsia preferenziale per chi insegna religione

Se il papa difende la corsia preferenziale per chi insegna religione

Giuseppe Caliceti

Il Manifesto del 26/04/2009

Tutti ricordiamo come le parole del papa e della Cei, qualche mese fa, abbiano fatto ritirare al governo di Berlusconi la proposta di tagli alla scuola privata (spesso cattolica) in Italia. Non sono riusciti a fare tanto mesi e mesi di proteste di docenti e studenti e genitori fuori e dentro la famosa Onda anomala anti-Gelmini che, con i suoi tagli ministeriali al personale e ai fondi, sta mettendo definitivamente in ginocchio e smantellando la scuola pubblica italiana. Allora forse non è un caso se proprio ieri, 25 aprile 2009, il papa ha pensato bene di dire alcune cose sulla scuola e sulla libertà. La libertà religiosa, naturalmente. Per esempio, ieri il papa ha detto: «L'ora di religione è parte integrante della scuola italiana ed è esempio di "laicità positiva"». Già, certo, perché in passato aveva già spiegato a tutti gli italiani che esiste anche una «laicità negativa», quella che non prevede l'insegnamento della religione italiana insegnata da docenti scelti e selezionati dalla Chiesa nella scuola pubblica italiana. Ma il papa ha detto anche: «L'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia». Parte integrante della scuola e della politica italiana, avrebbe potuto dire in modo più corretto. E ancora: «L'insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti». Da cosa è dimostrato questo? Il papa l'ha capito da questo: il fatto che «con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi». È così perché l'ha detto lui. A ogni modo il papa ha voluto dire tutti questi suoi pensieri solenni non perché ieri era la 64° Festa del 25 aprile, ma perché si concludeva in Vaticano il Meeting degli insegnanti di religione promosso dalla Cei, aperto giovedì scorso dal cardinal Angelo Bagnasco e dal ministro dell'istruzione Maria Stella Gelmini. Naturalmente, le sue parole sono state lungamente e appassionatamente applaudite dagli 8mila professori radunati nell'Aula Nervi. Anche perché, come tutti sappiamo, è difficile che un insegnante di religione possa trovare il lavoro di insegnante di religione - non in una scuola religiosa, ma nella scuola laica italiana - se non si professa "religioso"; anzi "cattolico". Insomma, hanno trovato un lavoro soprattutto grazie al papa. Ma il papa, ieri, forse perché era il 25 aprile, aveva proprio tanta voglia di parlare e perciò ha sottolineato che «l'altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è il segno del valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto». Al papa non è minimamente saltato in testa che, in Italia, per entrare di ruolo anche come prof di Lettere o Geografia la cosa migliore, aggirando le graduatorie, è entrare come docente di religione e poi magari chiedere un passaggio per insegnare altre materie. Al papa non è venuto neppure in mente che in Italia gli unici docenti che non sono stati "falciati" dalla recente riforma Gelmini sono proprio quelli di religione. Che dire di fronte a questa ingerenza della Chiesa? Di fronte a queste parole offensive per chiunque non sia un docente di religione?

No all’ora di religione. Berlino boccia il referendum dei cattolici

l’Unità 27.4.09
No all’ora di religione. Berlino boccia il referendum dei cattolici
di Gherardo Ugolini

Contro l’insegnamento dell’etica voluto dalla coalizione Spd-Linke, erano scesi in campo i gruppi cattolici. Anche la cancelliera Merkel si era schierata per l’abrogazione. Ma i berlinesi hanno detto no.

Il referendum non ha raggiunto il quorum ed è fallito. E chi ha votato ha detto no. E così la «battaglia sull’ora di religione», combattuta ieri a Berlino, si è conclusa con una chiara e netta vittoria del fronte laico. Se c’era bisogno di un’ulteriore conferma del fatto che i cittadini di questa metropoli sono orgogliosi del loro spirito tollerante e alieno da integralismi e fondamentalismi, questa è arrivata in modo clamoroso con l’affossamento dell’iniziativa Pro Reli, che mirava a modificare l’attuale sistema d’insegnamento della religione a scuola introducendo l’obbligo di scelta tra ora di religione o di etica.
Flop alle urne
Solo il 29% degli aventi diritto si è recata ieri alle urne e tra i votanti solo coloro che hanno detto «sì» alla proposta di cambiamento sono stati molto meno dei 612mila necessari per far scattare il quorum. Di conseguenza nelle scuole di Berlino si continuerà come prima: tutti gli scolari dovranno frequentare obbligatoriamente le lezioni di etica (intesa come educazione civica e trasmissione dei valori costituzionali), mentre solo chi lo vorrà potrà facoltativamente seguire l’ora di religione. Attualmente ben il 70% dei berlinesi in età scolare sceglie di non avvalersi dell’insegnamento di religione.
Fino a ieri la città era invasa di manifesti e volantini invitanti a mobilitarsi «per la libertà di fede», contro «il materialismo imposto dalle sinistre».
Toni da crociata
Evidentemente questi toni da guerra fredda, questi slogan da crociata, non piacciono in una città che come nessun’altra ha vissuto sulla sua pelle il dramma novecentesco della contrapposizione ideologica. La sconfitta è cocente per Christoph Lehmann, il quarantaseienne avvocato di successo che un anno fa ha fondato l’iniziativa Pro Reli e l’ha guidata fino a ieri. Se ce l’avesse fatta avrebbe con ogni probabilità utilizzato la vittoria per catapultarsi alla guida della Cdu locale, travolta da scandali finanziari, relegata all’opposizione e in perenne attesa di un serio rilancio. Ha perso il vescovo della chiesa evangelica Wolfgang Huber. Hanno perso la Cdu e i liberali della Fdp. E ha perso Angela Merkel che alla vigilia del voto ha lanciato un appello a votare in massa per Pro Reli rompendo una tradizione che vuole il cancelliere neutrale in faccende di politica locale. Vero vincitore dalla consultazione referendaria è senz’altro il borgomastro Klaus Wowereit, il personaggio che meglio interpreta il sentimento di forte laicismo in cui si riconosce la stragrande maggioranza dei berlinesi. Era stato lui, governatore socialdemocratico alla guida di una maggioranza in cui Spd e Linke cooperano pragmaticamente e con discreti risultati, a volere che fosse introdotta etica come materia obbligatoria per tutti i ragazzi.

venerdì 24 aprile 2009

Berlino. Se la capitale laica si divide sull’ora di religione

La Repubblica 24.4.09
Berlino. Se la capitale laica si divide sull’ora di religione
di Andrea Tarquini

I gruppi "Pro Reli" e quelli "Pro Ethik" domenica si sfidano sull´ingresso delle confessioni a scuola Uno scontro culturale e politico che via referendum rischia di ricreare il muro tra Ovest e Est

Da una parte, con la Cdu-Csu, gruppi cattolici, protestanti, ebrei e musulmani
Dall´altra i sostenitori della lezione di etica: "Una materia che unisce tutti"

Una guerra sulla religione a scuola, un Kulturkampf, spacca Berlino e la Germania, e domenica gli elettori della capitale diranno chi vincerà. Sembra un paradosso, ma proprio la capitale, che è la più laica e atea tra le grandi città tedesche, è chiamata a decidere quali devono essere il posto e di fatto il rapporto di forze tra etica non confessionale e religioni nell´insegnamento e nella società. Lo scontro mobilita partiti, associazioni civiche, media e vip. E soprattutto polarizza più che mai, divide destra e sinistra democratiche, a volte con toni da guerra fredda. Il suo esito sarà rilevante anche in vista delle elezioni politiche di dicembre.
Due milioni e quattrocentomila persone, tanti sono i berlinesi aventi diritto di voto, sono chiamati a esprimersi al referendum che "Pro Reli", cioè "Per la religione", un´associazione di base di cattolici, protestanti, ebrei, musulmani moderati, sostenuta dalla CduCsu della Cancelliera, ha ottenuto con una raccolta di firme. Sfida il sindaco-governatore socialdemocratico (Spd) Klaus Wowereit, il quale del 2006 ha fatto di Berlino un´eccezione nel paese sul tema difficile dell´ora di religione. Nella maggior parte dei 16 Stati (Bundeslaender) tedeschi, infatti, religione (cristiana, ebraica, musulmana o qualsiasi altra) o etica universale sono materie facoltative alternative, a pari dignità. Wowereit, che governa la città insieme ai postcomunisti della Linke, ha invece introdotto l´etica quale materia obbligatoria per tutti, mentre la religione è facoltativa. L´associazione di base "Pro Ethik" ("Per l´etica") fa campagna per lui. La vecchia opinione di Juergen Habermas, uno dei massimi pensatori laici tedeschi, secondo cui nella società, senza i valori religiosi, perdono punti di riferimento anche i non credenti, non sembra convincere l´ultralaico Wowereit.
"Votate sì alla pari dignità tra etica e religione, perché è una questione di libertà", dicono i vip schierati con "Pro Reli". Personaggi non sospetti di foga clericale, anzi noti per posizioni liberal e aperte, come Guenter Jauck, uno dei più noti conduttori tv tedeschi, o la moderatrice Tita von Hardenberg: «Lo Stato non può arrogarsi su questo tema una posizione di monopolio». Tutto sbagliato, ribattono i portavoce del no, come il giovane scrittore di sinistra Arne Seidel: «Io voglio la lezione di etica insieme, per tutti gli scolari e studenti, quale che sia la loro confessione e origine». Sono due posizioni entrambe rispettabili, ma lontanissime. L´etica obbligatoria per tutti, afferma l´ex sindaco Spd Walter Momper, è importante anche in nome dell´integrazione tra diverse comunità, qui a Berlino dove 40 bambini su 100 nascono figli di stranieri o di cittadini d´origine straniera. «Se ognuno studia la sua religione separato, danneggeremo l´integrazione che deve cominciare dalla scuola». Sul fronte opposto, pareri opposti. Da voci insospettabili di volontà discriminatorie: come Stephan Kramer, un leader della comunità ebraica. «Se voglio rispettare un´altra concezione del mondo devo prima sapere chi sono, quali sono le mie radici», afferma. Fin qui i toni civili del dibattito. Ma la propaganda dei due fronti poi si è fatta pesante. Un manifesto di "Pro Reli" mostrava una cesta con dentro indumenti solo di colore rosso, come a dire che chi chiede di votare no è automaticamente comunista. Neanche quelli di "Pro Ethik" vanno per il sottile: nei loro poster raffigurano la famosa stampa di Albrecht Duerer, le mani in preghiera, sullo sfondo di un tappeto di fiori bruni, il colore che in Germania indica i nazisti. Oppure affiancano un prete cristiano e un Taliban ritratti entrambi a far lezione.
Chi vincerà? Gli ultimi sondaggi danno al "sì" un lieve vantaggio, il 51%, nonostante si calcola che i berlinesi non credenti siano 6 su 10. Ma se domenica sera il numero di partecipanti al voto si rivelerà insufficiente, il risultato del referendum sarà nullo. Comunque finisca, il Kulturkampf sull´ora di religione sta ricreando un Muro nelle anime tra le due Berlino: all´Ovest i paladini della pari dignità tra religione ed etica a scuola sono in decisa maggioranza, mentre nell´Est "rosso" il "no" si prepara a stravincere.

martedì 21 aprile 2009

Funerali di Stato e laicità. I riti del lutto collettivo

Corriere della Sera 17.4.09
Funerali di Stato e laicità. I riti del lutto collettivo
Risponde Sergio Romano

Ricordo che l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana dice testualmente: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Le chiedo quindi: a chi spettava la decisione di far celebrare i funerali di Stato delle vittime del sisma dell’Aquila al cardinale Tarcisio Bertone? La decisione viola palesemente l’articolo 3, impedendo che tutti i cittadini possano sentirsi parimenti rappresentati come si conviene a uno Stato effettivamente laico. La scelta, al contrario, ne privilegia alcuni e ne discrimina molti altri. I funerali di Stato devono essere laici e, a seguito di questi, ogni famiglia può decidere se e come celebrare un rito che soddisfi la propria fede, religiosa o laica che sia. Dato il ripetersi gravissimo di queste imposizioni tutt’altro che democratiche, sarebbe il caso che si avesse il coraggio di modificare davvero quella Costituzione partendo proprio dall’articolo 3 e accettando la realtà che vede il nostro come uno Stato confessionale che non considera affatto i cittadini tutti uguali, perché alcuni sono più uguali di altri.
Enrico Bonfatti

Caro Bonfatti,
Potrei risponderle che l’Italia è stata laica sol­tanto per qualche de­cennio fra l’Unità e il 1929, vale a dire negli anni in cui gli uomini pubblici sfidava­no la scomunica pur di resta­re fedeli all’indipendenza dello Stato che stavano co­struendo. Non è più laica dal momento in cui, nel 1929, firmò con la Santa Sede un trattato (il Concordato) che garantisce alla Chiesa un ruo­lo privilegiato nella società nazionale e le affida alcune funzioni ufficiali. Da allora, il problema italiano non è la separazione fra Stato e Chie­sa, ormai impossibile, ma il rapporto di forze tra i due fir­matari del Trattato. Vi è sta­to un periodo, durante il fa­scismo, quando lo Stato poté usare la Chiesa, entro certi limiti, per rafforzare se stesso e conquistare maggio­re consenso. Vi è stato un se­condo periodo, dopo la fine della Seconda guerra mon­diale, quando la Chiesa di Pio XII cercò di fare dello Sta­to, nelle questioni etiche, l’esecutore della sua volon­tà.
Vi è stato un terzo perio­do, fra gli anni Sessanta e Ottanta, quando la società strappò ai governi alcuni di­ritti che la Chiesa considera­va contrari ai suoi insegna­menti. E stiamo attraversan­do una fase, infine, in cui la politica, chiunque governi, è troppo debole per resiste­re alle offensive della Chie­sa nelle questioni a cui que­sta attribuisce grande im­portanza.
Detto questo, caro Bonfat­ti, è difficile immaginare che l’Italia, anche senza i vincoli del Concordato, possa essere laica nel senso che lei sem­bra attribuire alla parola. Il cristianesimo romano, per noi, non è soltanto una reli­gione. È la forma concreta­mente assunta, nel corso dei secoli, dalla spiritualità italia­na. È il titolare dei riti e delle liturgie con cui scandiamo la nostra vita quotidiana e cele­briamo i momenti fonda­mentali dell’esistenza. Vi è una parte della società italia­na che ha cercato di elabora­re liturgie alternative a cui ciascuno di noi può libera­mente ricorrere. Ma temo che un grande funerale laico nella piazza d’Armi dell’Aqui­la per le vittime del terremo­to sarebbe stato una ridicola scopiazzatura e non avrebbe soddisfatto nemmeno i mol­ti agnostici che hanno parte­cipato alla messa del cardina­le Bertone. È possibile essere laici e liberali senza ignorare i sentimenti e le tradizioni della maggior parte della so­cietà in cui viviamo. La Fran­cia, ad esempio, è probabil­mente lo Stato più laico d’Eu­ropa. Ma la prima cerimonia a cui il generale de Gaulle prese parte dopo la liberazio­ne di Parigi nel 1944 fu un so­lenne Te Deum nella catte­drale di Notre Dame. E a nes­suno venne in mente che la Francia stesse rinunciando al principio della separazio­ne tra lo Stato e la Chiesa.

Parigi, tutte le case del Vaticano anche Kouchner tra gli inquilini

La Repubblica 17.4.09
Parigi, tutte le case del Vaticano anche Kouchner tra gli inquilini
Affitti bassi per molti politici. E scoppia la polemica
Imbarazzo per il ministro degli Esteri. Che replica: "Contratto vecchio di 35 anni"
di Anais Ginori

PARIGI - In un lussuoso appartamento di rue Guynemer, nel cuore di Parigi, abitano Bernard Kouchner e sua moglie, la giornalista Christine Ockrent. Il palazzo ottocentesco ha una splendida vista sui giardini del Luxembourg. «Non vedo dove sia il problema» ha commentato ieri il ministro degli Esteri.
L´indirizzo del titolare della diplomazia non avrebbe in sé nessun interesse se non fosse per il padrone di casa che ogni mese riscuote l´affitto. Kouchner è infatti uno dei tanti inquilini eccellenti del Vaticano. Certo è in buona compagnia. Un tempo, nello stesso immobile di Kouchner, viveva François Mitterrand. E a pochi passi, in un altro palazzo della Santa Sede, in boulevard Montparnasse, ha abitato l´attuale ministro della Cultura, Christine Albanel.
"Le ricchezze nascoste della Chiesa", titolava ieri in prima pagina Le Parisien con una documentata inchiesta. Nella capitale francese, ha rivelato il giornale, il Vaticano gestisce una decina di immobili di grande valore attraverso una sua controllata, la Sopridex. Albanel ha confermato la notizia, precisando però che ha lasciato l´appartamento nel 2006: 85 metri quadrati a 1.700 euro al mese. «Un prezzo di mercato» ha commentato il ministro della Cultura. Kouchner non ha voluto invece rivelare dettagli sulla casa né dire quanto paga. Il suo portavoce ha fatto sapere che il contratto è vecchio di 35 anni, quando era solo un «french doctor», semplice militante di organizzazioni umanitarie. Il nuovo incarico di governo rischia però di creare qualche imbarazzo. Il Quai d´Orsay è interlocutore costante della Santa Sede. Negli ultimi tempi non sono mancati i punti di disaccordo: Kouchner ha duramente criticato le frasi di Papa Benedetto XVI sui preservativi.
Ci sarebbero, secondo Le Parisien, altri politici e personalità importanti che abitano in case del Vaticano. Ma il quotidiano non è stato in grado di fornirne i nomi. Ancora più ricco sarebbe il patrimonio immobiliare della Chiesa francese. Secondo Jean-Michel Coulot, vice segretario generale alla Conferenza episcopale, gli affitti a Parigi equivalgono a un reddito variabile fra i 10 e i 20 milioni di euro. «Smettiamola con queste polemiche - ha replicato Coulot - La Chiesa è povera, abbiamo più spese che entrate». I redditi immobiliari, ha spiegato ancora il responsabile, sono infatti destinati alla manutenzione di scuole e chiese, che secondo la legge del 1905 sono beni dello Stato. Eppure la Chiesa francese ha comprato due anni fa, nell´elegante settimo arrondissement, altri 5.000 metri quadri sulla avenue de Breteuil, per 36 milioni di euro. Le «Piccole suore dei poveri» hanno invece venduto il loro ospizio e i terreni adiacenti in boulevard Murat, nel sedicesimo arrondissement, alla società Cogedim. Prezzo della transazione: 37 milioni di euro. Qui sorgeranno 180 appartamenti, 80 alloggi popolari, una casa di riposo e un giardino pubblico. Sarà il più grande cantiere immobiliare dentro Parigi dei prossimi anni. Con il ricavato, hanno detto le suore, finanzieranno le loro missioni nel mondo.

In Francia vacilla la fede ma non è colpa dei filosofi

Corriere della Sera 18.4.09
In Francia vacilla la fede ma non è colpa dei filosofi
di Francesco Margiotta Boglio

La stampa italiana non ha dato notizia dei sorprendenti risultati di un recente sondaggio commissio­nato in Francia dal settimanale cattolico Pèlerin, che lo ha pub­blicato per Pasqua, su un fonda­mento centrale delle fede cri­stiana. Si tratta della credenza dei francesi nella resurrezione, propria e del Redentore, che vie­ne proclamata nel «Credo».
Ebbene solo il 13 per cento dei cattolici crede nella resurre­zione e solo il 19 spera di resu­scitare, mentre sul totale degli interrogati solo il 10 ci crede e solo il 14 ci spera. Il 7 per cento del totale e dei cattolici pensa a una reincarnazione in terra, il 33 (40 dei cattolici) spera che ci sia qualcosa dopo la morte, ma non sa di che genere; il 43 per cento del totale e il 33 dei catto­lici è persuaso che non ci sia nulla dopo la morte, mentre il 19 dei cattolici (che sale al 61 per i praticanti regolari) spera nella resurrezione, il 21 nella reincarnazione in terra e il 24 non è interessato all’aldilà.
«Dobbiamo vedere in questi dati il segno di una regressione della fede nei Paesi di antica cri­stianità? », si è chiesto il diretto­re del settimanale. Forse no, ri­sponde, ma è certo che fare am­mettere e comprendere la resur­rezione resta la sfida per tutti i predicatori della recente setti­mana santa. Di chi la colpa? Del solito relativismo, diranno ov­viamente le autorità religiose, ma sarebbe utile che le «sommi­tà » pontificie si interrogassero su una situazione, quella france­se, che dagli anni Quaranta del Novecento è andata sistematica­mente degradandosi, nonostan­te l’alto livello della cultura teo­logica francese. Sarebbe più produttivo del frequente baloc­carsi con dotte ma pastoralmen­te sterili dispute sulle filosofie di ieri e di oggi. Ma com’è ben noto, anche i docenti universita­ri, come i lupi, perdono il pelo, ma non il vizio...

Una Canossa vaticana per l´ambasciatore belga

La Repubblica 18.4.09
Il diplomatico che doveva presentare al Papa il documento del Parlamento ha atteso due settimane
L’anticamera dell´ambasciatore costretto a una "Canossa belga"
Parla il direttore dell´Osservatore Romano: "I veri problemi sono altri, l’Africa l’ha capito"
di Orazio La Rocca

CITTÀ DEL VATICANO - Una Canossa vaticana per l´ambasciatore belga. Ma con una variante peggiorativa. Se l´imperatore Enrico IV nel gennaio del 1077 per farsi ricevere da papa Gregorio VII fu costretto ad attendere davanti al castello di Canossa 3 giorni e 3 notti, al rappresentante del Belgio è andata peggio: per essere ricevuto dal «ministro» degli Esteri della Santa Sede (e non dal Papa) ha dovuto aspettare 2 settimane. Per presentare la nota di protesta votata dal suo Parlamento il 2 aprile scorso, il diplomatico ha dovuto attendere, infatti, fino a mercoledì 15. «Non è stato un ritardo casuale», si apprende Oltretevere, dove non si nasconde che «l´attesa è stata voluta e ponderata per meglio accentuare il disappunto della Santa Sede per il passo inconsueto, deplorevole e intollerante» fatto dai governanti belgi contro papa Ratzinger.
Canossa torna, dunque, a fare scuola in Vaticano? «E´ paragone azzardato, ma la tempistica di questa vicenda si può tranquillamente evincere dal comunicato della Segreteria di Stato», risponde il direttore dell´Osservatore Romano, lo storico Giovanni Maria Vian, secondo il quale «i veri problemi sono altri, e gli africani, contrariamente ai paesi occidentali, lo hanno capito benissimo». Il direttore addita, in particolare, «quel clima neocolonialistico che gli africani, proprio durante la visita del Papa, hanno notato negli atteggiamenti dell´Occidente sull´aids». Un atteggiamento provocato, a suo dire, «dal cortocircuito mediatico esploso intorno a una parola, preservativo, decontestualizzata dalla risposta data a una domanda di un giornalista, che ha oscurato tutto quanto Benedetto XVI ha detto in difesa dell´Africa». Quasi un black out ideologico, azzarda il direttore, il quale assicura pure che la Santa Sede non è contro l´Onu in materia di morale, ma solo contro «alcune agenzie che promuovono l´aborto come metodo contraccettivo e il condom come il solo mezzo per combattere il l´aids, come le grandi industrie vorrebbero fare in Africa». «Questo continente ha invece bisogno di ben altro», come ha detto il Papa durante la visita, chiedendo medicine gratis, aiuti, lotta a povertà, abbandono e sfruttamento; la fine delle guerre e degli armamenti. Quanto all´aids - ricorda ancora Vian - «il Papa ha parlato di sessualità responsabile, rispetto della donna, educazione, difesa dei più deboli. Ma di tutto questo niente è stato detto in Occidente per le polemiche sollevate artatamente intorno al preservativo. L´Africa non ha bisogno di essere invasa da condom». Ma il Papa sull´aids non è isolato? «Assolutamente no - conclude Vian - la sua posizione è condivisa da tanti studiosi, anche non credenti, ed ora anche da giornali come il Washington Post, il Guardian e Le Monde. Ma soprattutto dall´Africa. Non è quindi solo. Basta ascoltarlo».

Ratzinger contro il Belgio "Intimidazioni"

La Repubblica 18.4.09
Il Vaticano: in Europa campagna mediatica
Ratzinger contro il Belgio "Intimidazioni"
"Campagna mediatica contro il Papa" il Vaticano condanna il Belgio
Polemiche sul preservativo, accuse al parlamento di Bruxelles
di Marco Politi

I deputati belgi avevano votato una risoluzione di condanna delle parole di Ratzinger
CITTA´ DEL VATICANO - La "guerra del preservativo", scatenata dalle parole di papa Ratzinger in volo per Yaoundè nel marzo scorso, provoca uno scontro al massimo livello tra Vaticano e Belgio. Mercoledì scorso, subito dopo le feste pasquali, l´ambasciatore belga si è presentato dal ministro degli Esteri vaticano mons. Mamberti per trasmettergli una risoluzione del parlamento di Bruxelles con la richiesta di «condannare le dichiarazioni inaccettabili del Papa in occasione del suo viaggio in Africa e di protestare ufficialmente presso la Santa Sede». Aspra e offesa la reazione del Palazzo apostolico: «La Segreteria di Stato prende atto con rammarico di tale passo, inconsueto nelle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Regno del Belgio». Di più, il Vaticano deplora ufficialmente che un´«assemblea parlamentare abbia creduto opportuno di criticare il Santo Padre, sulla base di un estratto d´intervista troncato e isolato dal contesto».
«Il problema dell´Aids - aveva dichiarato il pontefice ai giornalisti in aereo, suggerendo costumi sessuali improntati alla responsabilità e alla spiritualità - non si può superare con la distribuzione di preservativi. Al contrario, aumentano il problema». La frase aveva subito provocato indignate reazioni da parte dei governi di Francia, Germania, Spagna e dell´Unione Europea nonché delle organizzazioni non governative impegnate nel contrasto dell´epidemia. Forte era stato anche l´imbarazzo di preti, suore e missionari impegnati in Africa e che non condividono affatto la demonizzazione dei profilattici, e anzi spesso li distribuiscono direttamente. Paradossalmente, nei giorni in cui l´Osservatore Romano in prima pagina svalutava l´utilizzo dei profilattici, si poteva leggere nelle pagine interne dello stesso giornale vaticano l´intervento di un missionario che - oltre a sostenere l´importanza della fedeltà coniugale, dell´astinenza e del rifiuto di rapporti promiscui - sosteneva l´utilità dei condom in caso di situazioni epidemiche e in presenza di «gruppi a rischio», tra cui prostitute, omosessuali e drogati.
Ma in Belgio non hanno voluto fermarsi alle proteste estemporanee. Il 3 aprile la Camera dei deputati ha votato una risoluzione di protesta ufficiale, definendo «inaccettabili» le espressioni di Benedetto XVI. Hanno votato a favore quasi tutti i gruppi parlamentari: dai cristiano-democratici fiamminghi (a cui appartiene il premier Van Rompuy) ai centristi francofoni, ai socialisti e ai liberali. Contro solo i partiti dell´estrema destra e i nazionalisti. 95 voti a favore, 18 contrari, 7 astensioni. Significativo è stato l´intervento del premier democristiano Van Rompuy, secondo cui «non spetta al Papa mettere in dubbio le politiche della sanità pubblica, che godono di unanime sostegno e ogni giorno salvano delle vite».
E proprio questo brucia al Vaticano: il disconoscimento che il romano pontefice venga considerato automaticamente suprema autorità internazionale di ciò che è bene e male in ogni campo. La Nota vaticana accusa che in alcuni paesi d´Europa si sia scatenata una «campagna mediatica senza precedenti sul valore preponderante, per non dire esclusivo, del profilattico nella lotta contro l´Aids». E poi denuncia certi gruppi mobilitati con «chiaro intento intimidatorio» nei confronti del Papa per dissuaderlo dall´esprimersi in merito a temi di grande rilevanza morale e impedirgli di «insegnare la dottrina della Chiesa». Contro la campagna mediatica anti-Ratzinger si schiera anche l´Osservatore Romano.

Rinnovamento in vista allo Ior, anche Fazio tra i candidati

La Repubblica 19.4.09
Sostituito Barragan, l’anti Englaro e Ratzinger avvia il ricambio in Vaticano
Rinnovamento in vista allo Ior, anche Fazio tra i candidati
di Orazio La Rocca

Il nuovo "ministro" della salute è il polacco Zimowski, ex collaboratore di Benedetto XVI

CITTÀ DEL VATICANO - Grande festa in Vaticano per l´odierno quarto anniversario dell´elezione di Benedetto XVI; ma anche grande apprensione tra i cardinali-ministri del governo papalino, 9 dei quali hanno tagliato - o stanno per farlo - il fatidico traguardo dei 75 anni, per cui a norma di Diritto Canonico devono dimettersi in attesa della sostituzione. Come è avvenuto proprio ieri, col pensionamento del cardinale messicano Javier Lozano Barragan, 75 anni compiuti lo scorso anno, salito più volte agli onori delle cronache per le severe prese di posizioni assunte in materia di morale sessuale, aborto e contraccezione. Tra i suoi più clamorosi recenti richiami, l´accusa di «assassinio» per chi decise di interrompere l´alimentazione di Eluana Englaro, suscitando la ferma reazione del papà Beppino: «E´ una accusa che non si cancellerà mai, ma anche la Chiesa capì che il cardinale esagerava».
Polemiche a parte, il Papa al posto di Barragan ha nominato il vescovo polacco Zygmunt Zimowski, un monsignore che era stato tra i suoi più stretti collaboratori quando era prefetto dell´ex Sant´Uffizio. La scelta di Zimowski è in linea con la tendenza di Ratzinger a circondarsi di uomini di sua fiducia, chiamandoli a sostituire, via via, i prelati di nomina wojtyliana. Come sta succedendo anche allo Ior (Istituto per le opere di religione), la banca vaticana, dove da mesi si sta giocando una partita non meno importante per la successione del presidente Angelo Caloia, il finanziere chiamato 20 anni fa da papa Wojtyla dopo lo scandalo-Marcinkus. Il suo mandato scadrà il prossimo ottobre. Per la sua sostituzione si parla dell´economista vicino all´Opus Dei e collaboratore dell´Osservatore Romano, Ettore Gotti Tedeschi; di Luigi Profiti, direttore dell´ospedale Bambino Gesù, sponsorizzato da Bertone; e Antonio Fazio, ex governatore della Banca d´Italia, sostenuto dal cardinale Giovanni Battista Re.
La prima nomina di Ratzinger fu quella del cardinale Tarcisio Bertone alla segreteria di Stato, suo fido segretario all´ex Sant´Uffizio, che il 2 dicembre prossimo compirà 75 anni, ma è da escludere che il Papa accetterà le sue dimissioni. La stessa cosa, però, non avverrà per altri presuli in età pensionabile. Come, ad esempio, si vocifera per il cardinal Re (75 anni compiuti il 30 gennaio scorso), prefetto dei vescovi, per il quale il sostituto potrebbe arrivare a fine anno. In dirittura d´arrivo anche il cardinale Claudio Hummes (75 anni ad agosto), prefetto del Clero, al posto del quale potrebbe andare il vescovo Mauro Piacenza, genovese, sponsorizzato da Bertone. Altro importante porporato in scadenza, Franc Rodè (75 anni a settembre), prefetto della Vita Consacrata. Chi è invece in prorogatio da ben 2 anni è il cardinale Renato Raffaele Martino, 77 anni ben portati come il collega James Francis Stafford, Penitenziere Maggiore. Martino, ministro di Giustizia e Pace, ed Immigrazione, è il prelato che sta attivamente affiancando il Papa nella stesura della prossima enciclica sociale. Sarà probabilmente sostituito all´indomani della pubblicazione dell´atteso documento, forse a maggio al ritorno di Ratzinger dalla Terra Santa. Tra le candidature più forti per la sostituzione di Martino, l´arcivescovo di Dublino Martin Diarmuid, già segretario di Giustizia e Pace. In partenza anche il cardinale tedesco Walter Kasper, 76 anni, capo del Pontificio consiglio per l´Unione dei cristiani, al posto del quale sono in ballottaggio i cardinali George Pell, australiano, e Appiah Turkson Peter Kodawo, ghanese. Niente sorprese, infine, per altri 2 cardinali pensionabili, Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario, e Paul Josef Cordes, presidente di Cor Unum, il dicastero della carità del Papa, per i quali si parla di possibili proroghe.

«Mai in Italia si è assistito a un attacco di tale portata allo statuto epistemologico e morale della ricerca. Dietro c'è un pregiudizio religioso

Terra 19.4.09
Il progresso della scienza chiede politiche più moderne
Corbellini: «Mai in Italia si è assistito a un attacco di tale portata allo statuto epistemologico e morale della ricerca. Dietro c'è un pregiudizio religioso
di Simona Maggiorelli

Per dirla con un celebre lavoto di Thomas Kuhn sulle rivoluzioni scientifiche, quello che si configura in questo inizio di nuovo millennio è un vero e proprio salto di paradigma. E questo grazie alla ricerca genetica e ai nuovi orizzonti della medicina rigenerativa che in poche decine di anni potrebbero schiudere orizzonti insperati di terapia. Ma anche grazie agli importanti progressi che ha compiuto la psichiatria dagli anni 70 a oggi, permettendo una nuova e più profonda conoscenza della realtà umana.
I passi avanti che la medicina sta facendo nei più diversi ambiti impongono alla società e alla politica riflessioni nuove sulle questioni cosiddette (con imprecisa espressione) "eticamente sensibili". Di fatto questioni che riguardano il nascere e il morire, ma anche il diritto di ciascuno di noi a scegliere liberamente per la propria vita, nel rispetto di se stessi e degli altri.
In questo qaadro anche la morte ormai - come ha scritto il neurologo Carlo Alberto Defanti nel libro Soglie. Medicina e fine vita (Bollati Boringhieri) - è divenuta un fatto culturale, non solo perché perlopiù preceduta da una diagnosi e da un tentativo di cura. Ma anche perché lo sviluppo della trapiantistica e delle tecniche rianimative hanno imposto dagli anni '60 a oggi un ripensamento della morte, prima intesa rozzamente come cessazione del battito cardiaco, poi come morte cerebrale e oggi come morte corticale quando, come nel caso specifico di Eluana Englaro, una persona si trovi, dopo un grave incidente e per esiti infausti di protocolli rianimativi, in uno stato vegetativo persistente, senza più percezioni, né immagini, senza affetti e pensieri, né alcuna possibilità di relazionarsi con gli altri. Purtroppo Eluana «è morta a 21 anni in un incidente dauto»,come ha detto e ripetuto più volte il neurologo che l'ha seguita da allora. Ma, come è ben noto, ci sono voluti 17 anni di battaglie nelle aule di tribunale perché venisse riconosciuta la volontà della ragazza, espressa quando era ancora cosciente, di non essere obbligata a una vita meramerite biologica attaccata alle macchine.
E mentre coraggiosamente il padre di Eluana, Beppino Englaro, ha saputo trasformare quella tragedia in una battaglia per la conquista di diritti di tutti, qualche settimana fa una coppia portatrice di una grave malattia genetica,grazie in primis a una sentenza del Tribunale di Firenze, è riuscita a riportare davanti alla Consulta la legge 40/2004, ora dichiarata parzialmente incostituzionaIe.
Ma che Paese è, viene da chiedersi, quello in cui il cittadino debba ricorrere al giudice per veder riconosciuto il proprio diritto alla salute e il rispetto della propria dignità umana, garantiti dalla Carta? E che Stato è quello che violando il rapporto medico-paziente proibisce la fecondazione eterologa come fa la legge 40 oppure impone idratazione e alimentazione artificiale al paziente, quale che sia, come vuole il ddl Calabrò sul biotestamento? Questioni importanti, urgenti, che toccano direttamentela vita dei cittadini e alle quali un giurista come Stefano Rodotà nel suo pamphlet Perché laico (Laterza) dà risposte preoccupate e forti. «Quella che si profila in Italia è una deriva da Stato etico» chiosa Rodotà, che avverte: «È in atto un attacco strisciante alla Costituzione da parte di questo governo di centrodestra che non rispetta sentenze passate in giudicato (come nel caso di Eluana, ndr) e impone norme come quella sul biotestamento, che nega i diritti fondamentali del cittadino e quella laicità in cui una sentenza del 1989 ha riconosciuto il principio supremo della nostra Costituzione».
Di questa grave crisi politica che il Paese sta attraversando e in cui Rodotà vede anche i segni di una «forte, drammatica, regressione culturale» il professore parlerà alla Biennale democrazia (www.biennaledemocrazia.it): l'iniziativa ideata da Gustavo Zagrebelskyche dal 22 al 26 aprile riunisce a Torino la migliore intellighenzia nazionale, dal filosofo Giacomo Matramao alla studiosa di diritto Eva Cantarella, dal politologo Marco Revelli all' economista Claudia Saraceno, al sociologo Alain Touraine e molti altri. Su democrazia e laicità, in particolare, interverrà anche il filosofo Salvatore Veca, che di questo binomio ha fatto il filo rosso del suo ultimo libro Dizionario minimo.Le parole della filosofia per una convivenza democratica da poco uscito per Frassinelli. «Al di là della frastagliata geografia di partiti che connota oggi la sinistra, quello che vorrei lanciare - dice Veca - è un appello alla sinistra nel suo insieme perché torni a dire a voce alta parole forti di un lessico civile come libertà, laicità, pluralismo, democrazia». «lo sono da sempre convinto - prosegue Veca che dal dibattito pubblico nessuna voce debba essere esclusa, gerarchia cattolica compresa. Ma una volta che si siano ascoltati tutti i punti di vista il politico e il legislatore hanno il compito di fare leggi erga omnes, in cui non prevalga il principio inaccettabile di una minoranza che dice: io non lo farei, dunque anche tu non devi farlo». Come è accaduto, solo per fare un esempio, con la diagnosi pre impianto per la selezione di embrioni sani ancora oggi proibita in Italia dalla legge 40. E mentre norme antiscientifiche come quella sulla fecondazione assistita e il nuovo ddl Calabrò sul testamento biologico hanno visto un'opposizione di sinistra fiacca e (da quando Verdi e Rifondazione comunista non sono piÙ in Parlamento) addirittura afasica, cresce sui giornali e in tv la disinformazione scientifica. Dal salotto di "Porta a porta" abbiamo ascoltato di tutto su Eluana, perfino che nonostante 17 anni di stato vegetativo la donna potesse fare passeggiate in giardino, mangiare panini. Ma se la stampa e i media cattolici da tempo non perdono occasione per dipingere ì ricercatori come novelli Frankenstein e per paventare derive di eugenetica liberale (con il placet di Habermas, filosofo un tempo progressista) stupisce che anche un giornale illuminato come Repubblica pubblichi articoli palesemente antiscientifici come una recente pagina in cui si parlava di attività onirica nel feto, incuranti del fatto che a quello stadio l'apparato cerebrale è ancora immaturo e del tutte deconnesso.
«Forse mai come in questo momento in Italia si è assistito a un attacco di questa portata allo statuto epistemologico, ma anche politico morale della scienza e degli scienziati» nota Gilberto Corbellini. Nel suo nuovo libro Perché gli scienziati non sono pericolosi (Longanesi) lo storico della medicina dell'università la Sapienza tenta una interessante analisi di questo fenomeno, specifico del nostro Paese e che non trova rispondenze nell'area anglosassone. Alla base dì questa immagine alterata della scienza che si riverbera sui media italiani c'è un retrostante pregiudizio religioso. «Essendo la scienza, per definizione, un metodo di indagine della natura, in grado cioè di produrre soluzioni dimostrabili e quindi condivisibili dei problemi, dovrebbe essere interesse di tutti valorizzarne la portata educativa e culturale. Invece - scrive Corbellini - proprio la scienza si trova messa sotto accusa in quanto rappresenterebbe la maggiore minaccia alla libertà e alla dignità dell'uomo.
E questo perché alcune discipline metterebbero in discussione la natura spirituale e metafisica della cosiddetta "creatura', mentre altre diffonderebbero !'idea che l'uomo può conoscere».
Come dice il premio Nobel Rita Levi Montalcini «la scienza non ha bisogno di un'etica imposta dall'esterno», perché la ricerca scientifica ha come suo interesse specifico il progresso umano, senza trascurare che la comunità internazionale degli scienziati svolge un lavoro di monitoraggio di continuo verificando ipotesi e scoperte e mettendole alla prova dei fatti. E se in privato ognuno può avere le convinzioni che meglio crede, da ultimo torniamo a chiederci: è giusto, nella prospettiva di «un'etica condivisa» (come la chiama Enzo Bianchi nel suo libro appena uscito per Einaudi) che queste convinzioni siano imposte come valori non negoziabili nel dibattito pubblico? E più in là: è lecito che un'etica basata su fondamenti metafisici abbia l'ultima parola nell'agone della politica quando si tratti di fare leggi che riguardano tutti, credenti e non credenti?

domenica 12 aprile 2009

La giustizia di dio nella pasqua del terremto

La Repubblica 12.4.09
La giustizia di dio nella pasqua del terremto
risponde Corrado Augias

Gentile Augias, la domenica delle Palme a L'Aquila centinaia di fedeli, cantando e pregando, in mano un ramoscello di ulivo, si sono recati in pellegrinaggio alla Madonna Fore, santuario di San Giuliano. Come la folla a Gerusalemme duemila anni fa, hanno gridato: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!». Poi sono tornati a casa con la pace nel cuore. Durante la notte è arrivata la tragedia. Molti fedeli restano sconcertati. Non capiscono l'assenza di Dio. Ma la delusione deriva dal fatto d'avere di Dio un concetto sbagliato. Il Signore non frena i terremoti, non sceglie l'ora in cui arrivano, non calma gli uragani, né i vulcani; il Signore non fa miracoli, non salva un bambino e ne fa morire cento, non liquefa sangue rappreso. La fede in Dio può darci solo la forza di affrontare, qualora sia inevitabile, il dolore e le tragedie della vita. Chi crede in questo Dio, nel Signore che dà speranza, ma non fa miracoli neppure la domenica della Palme, non rischia delusioni.
Miriam Della Croce miriamdellacroce@tiscali.it

Questa lettera solleva ancora una volta un problema mai risolto che Leibniz battezzò "Teodicea", ovvero il problematico rapporto di Dio con la Giustizia e con il Male del mondo. Domanda terribile che affiora già nella Bibbia con la vicenda di Giobbe che, innocente, viene colpito da una serie di sciagure. Unde malum ? Da dove viene il Male, si chiedeva già Tertulliano aggiungendo che si trattava di una di quelle domande «che rendono le persone eretiche». La parola Teodicea venne coniata giustapponendo due lemmi greci Theos (Dio) e Dike (Giustizia). L'occasione fu l'evento tragico e grandioso che, il primo novembre 1755, colpì la città di Lisbona. Un terre e maremoto spaventoso devastò la capitale portoghese ma anche le coste settentrionali dell'Africa e perfino quelle di una parte dell'Europa. Un'onda alta più di dieci metri si abbatté su Lisbona uccidendo migliaia di persone; tra gli altri un gruppo di bambini che s'erano rifugiati sotto un grande crocifisso nella cattedrale. Il crocifisso si staccò dalla parete schiacciandoli. Per teologi e filosofi l'evento fu difficile da spiegare, Voltaire colse l'occasione per sferzare il sistema dell'ottimismo filosofico ( Candide ). Quanto al delicatissimo tema dei miracoli, un altro grande filosofo, Baruch Spinoza già nel XVII secolo aveva scritto ( Breve trattato su Dio ): «Dio, per farsi conoscere agli uomini, non può né deve usare parole o miracoli né alcuna altra cosa creata, ma solo se stesso». È un pregiudizio, concludeva il grande pensatore, sperare che Dio possa sospendere con un "miracolo" le leggi che egli stesso ha assegnato alla natura. Questa è, per chi crede, una visione adulta e coerente. Il resto è infantile superstizione.

martedì 7 aprile 2009

USA: CHIESA HA SBORSATO QUASI UN MLD DOLLARI IN 2 ANNI PER SCANDALO PEDOFILIA

USA: CHIESA HA SBORSATO QUASI UN MLD DOLLARI IN 2 ANNI PER SCANDALO PEDOFILIA

Citta' del Vaticano, 26 mar. - (Adnkronos) - Nel 2008 la Chiesa cattolica americana ha sborsato 436 milioni di dollari in relazione ai casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi; l'anno prima, nel 2007, la cifra aveva raggiunto il tetto record di 526 milioni di dollari, per un totale nei due anni che sfiora l'incredibile cifre di un miliardo di dollari. E' quanto si legge in un rapporto ufficiale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti pubblicato in questi giorni. Il rapporto che fa il punto sulla situazione dello scandalo e' stato pubblicato in America negli ultimi sei anni. L'enorme somma di 436 milioni di dollari e' stata devoluta alle vittime degli abusi, spiega il documento, in seguito agli accordi raggiunti. Dal 2007 al 2008 si registra comunque un calo del 29% delle somme pagate dalla Chiesa americana per le conseguenze giudiziarie delle violenze sui minori messe in atto nelle diverse diocesi degli States. Nell'anno appena concluso circa 22 milioni di dollari sono stati versati per pagare le spese per le terapie cui si sono sottoposte le vittime degli abusi, o per le cure cui si sono sottoposti gli accusati. Tuttavia se le somme dovute alle vittime hanno fato registrare un calo, sono invece aumentate nel 2008 le denunce del 16%: in tutto ne sono state presentate 803, erano 692 l'anno precedente. Di queste 803 oltre la meta' sono state presentate per episodi che riguardano bambini. Ancora si rileva che due terzi delle vittime erano maschi, e piu' della meta' avevano meno di 18 anni quando si verificarono gli abusi. Nel corso del 2008, registra il documento, ci sono state dieci nuove denunce giudicate attendibili contro bambini che avevano meno di 8 anni. Cresce anche il numero delle vittime che e' passato dalle 698 del 2007 alle 796 del 2008. Tuttavia molti dei casi cui si riferiscono le denunce riguardano un periodo compreso fra il 1960 e il 1974, molti dei responsabili hanno lasciato la Chiesa o sono morti.

(Fpe/Col/Adnkronos)

26-MAR-09 12:13

I vizi nascosti degli uomini di fede

Liberazione 2.4.09
Un prelato e sua figlia. Una storia di António Cabral nel Portogallo del 1917
I vizi nascosti degli uomini di fede
di Marco Peretti

E' sufficiente ricordare l'incesto rappresentato nelle pagine de Il crimine di Padre Amaro di Eça de Queiros o alcune scene tratte dai film di Manoel de Oliveira per dar credito alla tesi che uno degli obiettivi prediletti dalla cultura portoghese sia sempre stato quello di indagare, dietro i rispettati abiti talari, i "vizi" nascosti degli uomini di fede. Un umano contrappasso alla pretesa di un'etica assoluta della Chiesa, un proliferare di storie di finzione che inducono a guardare con altri occhi gli uomini che dal pulpito predicano ogni domenica.
A questa sorta di sottogenere culturale oggi possiamo aggiungere Il canonico (traduzione di Daniele Petruccioli, La Nuova Frontiera, 2009, pp. 311, € 17,50) di António Manuel Pires Cabral, scrittore trasmontano arrivato alla sua sesta prova in prosa. L'origine di Pires Cabral già significa molto, nascere e vivere nella regione nordestina di Trás-os-Montes - letteralmente "oltre le montagne" - vuol dire innanzitutto scegliere di rimanere a debita distanza dalla vetrina mediatica di Lisbona, in una terra aspra e dura che continua a produrre scrittori di notevole spessore, oltre a un cospicuo numero di emigranti buoni per tutte le epoche di crisi, compresa quella che stiamo vivendo oggi. E' tra queste terre impervie che Pires Cabral ha ambientato la storia de Il canonico , in un piccolo villaggio - Vilarinho dos Castelhanos - che nel nome allude alla vicina Castiglia e in qualche modo all'illustre protagonista, Fernando Benigno Ochoa, detto lo spagnolo, uomo di notevole mole, irascibile e pieno d'energia, amante delle battute di caccia e monarchico ultraconvinto. Convinto a tal punto che nel 1917, con la guerra in corso e con il Portogallo in mano ai repubblicani intese sfruttare, sulla scia degli eventi miracolosi di Fatima, le "visioni" di due bambine di Vilarinho dos Castelhanos, inventando che queste avrebbero sentito un appello della Vergine ai veri portoghesi, un invito a lottare per reinsediare il legittimo re. Il fine giustifica i mezzi, «spesso la verità è fatta di menzogne ripetute. Se non altro la gente si porrà il dubbio».
Protagonista illustre, dicevamo, perché oltre ad esser stato nominato assai giovane canonico era ricco di famiglia e in un piccolo villaggio tanto basta per andar sulla bocca di tutti. Se non fosse sufficiente questo, il nostro, così come si racconta, ha avuto una figlia e questo ovviamente alimenta i pettegolezzi e contribuisce a incasellare il romanzo nel sottogenere di cui parlavamo.
La storia è narrata da un giovane prelato, Salviano Taveira, giunto al villaggio per sostituire padre Agostinho ormai morente. In attesa dell'estrema unzione il vecchio parroco riesce però a stuzzicare la curiosità del nuovo arrivato, raccontandogli le vicende di quella figura ingombrante, il canonico, morto sei anni prima. In un piccolo villaggio sperduto la loquacità dei testimoni si manifesta immediatamente, non c'è bisogno di aspettare i parrocchiani in confessionale e il giovane Salviano Taveira, anche per ammazzare il tempo, comincia a cercare la Verità che si nasconde dietro le contraddittorie testimonianze dei paesani. La coscienza del giovane parroco s'imbatterà con il "relativismo" sessuale del canonico e la morale teologica appresa in seminario dovrà fare i conti con il pragmatismo del vescovo di Bragança che, all'epoca, saputa la notizia della gravidanza della perpetua del canonico così giustificò l'avvenimento: «Dio ha fatto i sacerdoti con la stessa identica argilla degli uomini. Debole».
L'abilità narrativa di Pires Cabral, assai originale ai nostri giorni anche per una scrittura che ricorda più il romanzo ottocentesco che non quello postmoderno, intreccia gli elementi dell'indagine "poliziesca" con l'intertestualità biblica. Il proliferare di proverbi ricorda da vicino l'amore per la cultura popolare di José Saramago mentre la struttura dell'investigazione con al centro il narratore che come un nucleo assorbe le informazioni delle particelle/testimoni rimanda a Il Delfino di José Cardoso Pires, letto con l'ausilio della fisica quantistica di Debenedetti. Un romanzo che si può leggere da diverse latitudini, per esempio e toccando un nervo ancor oggi scoperto - come fa l'autore con i suoi personaggi di finzione - richiamando l'attenzione sul celibato e la castità che mirano a un clero tendente alla "perfezione", mentre per usare le parole del canonico «il richiamo della carne è tanto pressante in noi come in chiunque altro. E la tentazione non si fa strada solo attraverso il canale della concupiscenza, ma anche attraverso quello della ragione».
Oppure accettando la conclusione che la Verità è irraggiungibile e di tante piccole verità - le nostre - ci dobbiamo contentare o, infine, molto più semplicemente, forse per il giovane prelato, così come per il vescovo di Bragança o per lo stesso padre Agostinho è meglio non giudicare il canonico, perché in fondo è pur sempre "uno di loro".

Carlo Flamigni: «Demolito l'impianto della norma. L'embrione non è più persona»

Liberazione 3.4.09
Carlo Flamigni: «Demolito l'impianto della norma. L'embrione non è più persona»
intervista di Laura Eduati

La Corte costituzionale cancella parti fondamentali della legge 40 come il limite dei tre embrioni, l'obbligo di impianto e il divieto di crioconservazione. «Quello che davvero importa è l'abrogazione dell'impianto della legge» sostiene il ginecologo Carlo Flamigni, docente di Ostetricia e Ginecologia all'università di Bologna e membro del Comitato nazionale di bioetica: «Finalmente viene data la priorità alla salute della donna sull'embrione che questa normativa equiparava alla persona umana».
Esperto di fertilità e procreazione artificiale, Flamigni ha sempre lottato per l'abolizione della legge 40. «Roccella pensa di emanare delle linee guida ma non sa che queste non possono ripristinare i punti aboliti dalla Consulta». E dunque via libera per i medici e soprattutto per le coppie: «Nasceranno forse nuovi contenziosi, ma ora possiamo produrre più embrioni e impiantarli quando la donna lo desidera».
Professor Flamigni, che cosa cambia davvero con l'abolizione del limite di tre embrioni?
Questo limite aveva prodotto dei problemi differenti a seconda delle classi di età: alle donne maggiori di 36 anni produceva minori successi e dunque un numero minore di gravidanze, mentre alle donne giovani aumentava il rischio delle gravidanze plurime, con una crescita del 4%. Dunque provocava danni alla salute materna. Senza contare che dalla promulgazione della legge 40 sono diminuiti complessivamente i cicli andati a buon fine del 3-3, 5% e cioè abbiamo registrato una diminuzione del 12-15% delle gravidanze calcolate sul numero di cicli ormonali. I signori del ministero sono dei mentitori quando dicono che, invece, sono cresciute le gravidanze: questo accade perché sempre più coppie si affidano alla fecondazione assistita. Non bisogna paragonarsi con il passato ma con il resto dell'Europa e con gli Stati Uniti dove i successi sono molto più elevati, noi con questa legge scontavamo un ritardo unico in Occidente.
Ha ragione chi sostiene che la Consulta ha abolito l'impianto della legge 40?
Sì. Il fondamento della legge era la protezione dell'embrione come persona, un embrione-uomo con i medesimi diritti della donna. La Corte Costituzionale ora ha stabilito che prevale l'interesse per la salute materna, una sentenza molto simile a quella che alla fine degli anni '70 aveva stabilito la priorità della salute della donna su quello del feto.
Inoltre sarà finalmente possibile la crioconservazione degli embrioni.
Finora la donna doveva accettare forzatamente l'impianto degli embrioni, in quanto il suo consenso non poteva essere revocabile almeno per legge. Oggi, invece, una donna può avere molti embrioni e decidere quando impiantarli, senza sottoporsi forzatamente a più cicli, di conseguenza il medico potrà congelarli.
Però consiglia alle coppie che si rivolgono ai centri di fecondazione assistita di portare un avvocato. Potrebbero sorgere dei problemi di natura legale?
So che ora i centri non sanno come comportarsi, ma è semplice: i medici possono produrre un numero maggiore di embrioni e, nel caso, congelarli in attesa dell'impianto.
I ginecologi della Hera di Catania, da tempo impegnati contro la legge 40, annunciano che grazie alla sentenza della Consulta potranno finalmente fare la diagnosi pre-impianto formalmente vietata dalla stessa legge. Che ne pensa?
Esistono delle sentenze della magistratura ordinaria che bocciarono il divieto alla diagnosi pre-impianto. A mio parere questa diagnosi può essere fatta, ma sono certo che nasceranno nuovi contenziosi su questo punto.
La sottogretaria al Welfare con delega alle questioni di bioetica, Eugenia Roccella, afferma che il Parlamento non cambierà la legge 40 e il ministero aggiornerà soltanto le linee guida.
Roccella dice una cosa sciocca. Le linee guida sono norme secondarie e non possono smentire la legge così come è stata definitivamente cambiata dalla sentenza della Consulta.
Ci sono voluti quattro anni per arrivare alla sconfessione della normativa sulla fecondazione assistita, cosa accadrà ora?
Se il Parlamento deciderà di lasciare invariata la legge, avremo un periodo di assestamento nel quale ogni medico deciderà quanti embrioni produrre e impiantare, conservando i rimanenti. Chi piange su questo accumulo di embrioni inutilizzati dovrebbe suggerire una mediazione e ricordo che quando la legge passò, blindata, qualcuno da fuori cercava un compromesso che poi non ci fu. Ho profonda simpatia per il mondo cattolico e so che la base è sempre migliore del vertice.

Melilla, clandestini indù ingaggiati per la processione

Corriere della Sera 6.4.09
In Spagna
Melilla, clandestini indù ingaggiati per la processione

MADRID — Per Opara, un nigeriano 31enne arrivato a nuoto dal Marocco, sarà un modo di ringraziare chi, lassù, gliel’ha mandata buona. Per gli altri un atto di fede per farsi accettare nella terra promessa: Melilla, enclave spagnola in Africa. Qui, per la processione della Settimana Santa, sono stati reclutati dalla Confraternita di Nuestro Padre Jesus Cautivo, 34 clandestini come portatori dei troni dedicati alla Vergine del Rocio e al Gesù prigioniero. Un anno fa la statua di Maria Santissima aveva rischiato di perdersi la processione per mancanza di spalle. Poi si erano offerti gli agenti locali, tra i quali alcuni musulmani. Questa volta i portatori saranno subsahariani, prevalentemente cattolici, e 5 tra indiani, pachistani e induisti. Opara non ci vede niente di strano: «Dio è lo stesso per tutti». (eli. ros.)

domenica 5 aprile 2009

Pasqua con il prete d’importazione

La Repubblica 5.4.09
Pochi sacerdoti, per le benedizioni nelle case i parroci reclutano in Polonia
Pasqua con il prete d’importazione
di Jenner Meletti

I polacchi che arrivano qui non hanno la chiave inglese, come il mitico idraulico che in mezza Europa è diventato il simbolo dell´artigiano arrivato dall´Est. «Noi in mano abbiamo soltanto l´aspersorio con l´acqua benedetta e portiamo la solita "divisa": l´abito talare con la stola».

L´orario di lavoro è scritto nel depliant che viene consegnato a ogni famiglia
Dove non arrivano i sacerdoti pendolari si inventa la benedizione fai da te

Non solo l´agricoltura ha bisogno di lavoratori stagionali, chiamati a raccogliere i pomodori della Puglia o le mele dell´Alto Adige. Con la crisi delle vocazioni c´è bisogno anche di preti chiamati da lontano per fare sì che dell´antico rito delle benedizioni pasquali non resti solo il ricordo. «Quando ho provato - dice don Roberto Bianchini, 68 anni, parroco in San Francesco d´Assisi - a visitare tutte le 2150 famiglie che sono sotto la mia cura, ho impiegato tre anni. Ci sono cento attività da seguire: gli scout, i Focolarini, i corsi per fidanzati, i pellegrinaggi� Ci sono le visite agli ammalati. Una volta in una parrocchia come questa c´era almeno un cappellano ma ormai da decenni sono solo. E´ per questo che ho pensato ai preti polacchi. Sono tanti, sono giovani e pieni di entusiasmo. Quest´anno ne ho chiamati cinque. Con le offerte dei fedeli portano anche a casa un po´ di soldi, così possono continuare gli studi. Frequentano le università di teologia a Roma poi torneranno nella loro diocesi polacca, Drohiczyn, a insegnare in seminario».
Vitto e alloggio gratis, per questi pendolari dell´acqua santa. «A pranzo vengono da me, in canonica. Si mangia e si parla, così mi raccontano cosa hanno trovato nelle case. Mi segnalano se c´è un malato, se c´è una persona sola, se qualcuno ha chiesto di vedermi� Alla sera cenano nell´ex seminario e si fermano poi per la notte». L´orario di lavoro è scritto nel depliant che viene consegnato ad ogni famiglia. «I Sacerdoti polacchi passeranno dalle ore 9,30 alle 12 e dalle 16 alle 18,30». Nel volantino ci sono anche le fotografie dei preti, così chi apre l´uscio si sente più sicuro. «Per noi - racconta don Wojciech Tarasiuk, 35 anni, assistente di analisi e pratica dell´informazione alla Pontificia università della Santa Croce - questa esperienza è bellissima. Certo, portare le benedizioni nella nostra Polonia è diverso. Noi andiamo nelle case dopo Natale e tutti ci aspettano. Si passa da una famiglia all´altra senza problemi. Qui a Carpi troviamo dei musulmani e anche degli atei, che però sono gentili e ci spiegano perché non gradiscono la benedizione. Il problema sono le porte chiuse. C´è chi ha paura ad aprire e non si fida nemmeno di noi che pure siamo vestiti da sacerdoti. Forse sono rimasti vittime di truffe e allora non aprono più a nessuno. E ci sono anche le case vuote. Ci sono fedeli che sono al lavoro e lasciano le chiavi al vicino, così noi possiamo entriamo e benediciamo. Certo, benedire i muri e non le persone non è il massimo».
Dove non si chiamano i pendolari dell´acqua benedetta si inventa la benedizione fai da te. «Per le 3.300 anime delle mie due parrocchie - dice don Angelo Sesini, che guida Caselle Lurani e Calvelzano vicino a Lodi - ho preparato 700 bottigliette di acqua santa. A benedire le case saranno così i papà e le mamme. Ho deciso così perché è sempre più difficile raggiungere tutte le abitazioni e spesso sei costretto a benedire case vuote. Ma la proposta ha anche un significato preciso: l´acqua benedetta è un aiuto a costruire in ogni casa un angolo della preghiera, con un´immagine sacra. Il rito della benedizione deve trasformare una casa o un appartamento in una chiesa familiare, in cui si prega, si riflette e, appunto, si benedice».
Ma c´è anche un altro motivo che ha spinto alla benedizione self service. «Ho 72 anni e anch´io tante volte ho fatto il giro delle case prima di Pasqua. Qui in campagna si girava con il chierichetto che portava la cesta per raccogliere le uova e qualche soldo offerti dai contadini. Io mi vergognavo, mi sembrava di andare all´elemosina. Consegnando l´acqua benedetta a chi la chiede, durante una cerimonia in chiesa, si evita poi di mettere in imbarazzo chi non vorrebbe la benedizione poi si trova il prete davanti alla porta e dice sì solo per gentilezza». Problema, questo, risolto nel centro storico di Forlì. «Io non me la sentivo - racconta monsignor Franco Zaghini, parroco di San Mercuriale - di bussare a vuoto a troppe porte. Tre anni fa, quando sono arrivato qui, non conoscevo quasi nessuno. Non potevo sapere come sarei stato accolto: ci sono i non credenti, ci sono gli extracomunitari che hanno altre religioni� E allora ho inviato una lettera a tutte le famiglie. «Se desiderate la benedizione pasquale, nel giorno previsto per il mio passaggio mettete sulla porta questa targhetta». È adesiva e sopra c´è scritto: «Sì, desidero la benedizione pasquale». Quando entro in un condominio, vedo subito chi mi accetta volentieri e chi invece non vuole essere disturbato. Non perdo tempo in inutili attese e ho più tempo per parlare con chi accetta la benedizione». L´esperienza forlivese è utile anche alla statistica. Solo una famiglia su quattro, a precisa domanda di monsignor Zaghini, ha |invitato in casa il prete con l´aspersorio..

sabato 4 aprile 2009

Beni spariti sacerdote sotto inchiesta

Beni spariti sacerdote sotto inchiesta
FRANCA SELVATICI
SABATO, 04 APRILE 2009 LA REPUBBLICA - Firenze

Don Sergio Pacciani, responsabile dell´Ufficio arte sacra della Curia arcivescovile di Firenze, è sotto inchiesta per alienazione di beni culturali senza autorizzazione. Un antiquario restauratore, Fabio Serotti, è indagato per ricettazione. Quando, tempo fa, i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale si presentarono dal sacerdote con un avviso di garanzia, furono accolti con un drammatico anatema: «Siate maledetti». Giovedì, su ordine del pm Sandro Cutrignelli, i carabinieri hanno perquisito l´abitazione del sacerdote e casa e laboratorio del restauratore. Quest´ultimo è stato trovato in possesso di diversi beni scomparsi dalla Curia in piazza San Giovanni: un armonium, un cabreo (antica mappa del podere della chiesa di Santa Cristina in Salivolpe a San Casciano), una scrivania, due candelieri e le reliquie di Santa Cristina, San Giovanni Battista, della Santa Croce e dei Santi Re Magi. Le indagini erano partite con il sequestro di un divano che faceva parte degli arredi dell´Arcivescovado ed era scomparso. L´Arcivescovo Giuseppe Betori ha incaricato l´avvocato Gianluca Gambogi di depositare una nomina come persona offesa e ha disposto il censimento dei beni della Curia.

Procreazione, la politica si divide

Procreazione, la politica si divide

L'Opinione del 3 aprile 2009, pag. 12

Erano passati pochi minuti dal pronunciamento della corte costituzionale e già le agenzie di stampa battevano una dopo l`altra le prese di posizione dei nostri esponenti politici, tutti impegnati a non farsi prendere in contropiede dalla notizia che parte della legge 40, la norma che regola la materia inerente la procreazione assistita, è incostituzionale. Un rincorrersi affannoso di dichiarazioni e di opinioni che, ingerendo in tecnicismi oscuri per larga parte dei dichiaranti, ha regalato un florilegio di inesattezze nel quale anche luminari di chiara fama, si dice così in questi casi, hanno brillato per confusione espositiva. Ma d`altronde un lancio d`agenzia nel mondo dell`esposizione mediatica val pure una castroneria. Per non cadere nel tranello, o almeno nel tentativo, sarebbe stato utile aspettare almeno il comunicato ufficiale della Corte costituzionale, che qui riportiamo sinteticamente: "L`illegittimità costituzionale è riferita all`art.14, comma 2, della legge 19 febbraio 2004, n.40, limitatamente alle parole "ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre". La corte dichiara inoltre "illegittimo il comma 3 del medesimo articolo nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come previsto in tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna". In sostanza vengono ritenute illegittime le norme sulla restrizione del numero degli embrioni e il fatto che non si preveda che il trasferimento debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Un punto, quest`ultimo, sul quale si rischia di dare adito ad ulteriori interpretazioni delle interpretazioni e così via, creando le condizioni per la prolificazione, quanto meno, della confusione più totale. Mantovano è tra i primi a prendere tempo per capire le motivazioni della sentenza sulla questione della salute della donna, ma al contempo sottolinea come i "sostenitori del far west della provetta abbiano poco dà cantare vittoria", visto che le altre questioni di legittimità che erano state sollevate sono state ritenute inammissibili, come nel caso del divieto di crioconservazione. Ormai però la macchina mediatica si era messa in moto e quindi via alla sarabanda dei virgolettati, con la senatrice Poretti dei radicali che parla di "norme ideologiche e incostituzionali, che fanno strage di diritto, ma alla fine decadono". II fronte laico ha gioito "a prescindere", mentre Franceschini, incisivo come non mai, ha chiesto "regole" per disciplinare i temi etici e lo "sconcerto" s`impadroniva di Buttiglione, la "perplessità" di Lupi, con Bondi "allarmato per la sovranità del Parlamento intaccata" e convinto dell`esistenza di "un problema democratico e dell`orientamento culturale prevalente di organismi costituzionali". Di diverso avviso Pisanu che alla discussione della sentenza preferisce una discussione che "rimetta in ordine" la legge 40. Il sottosegretario Roccella, incalzata dalla Turco, che chiedeva una dichiarazione a caldo, avendo compreso che la confusione era tale da poter ipotizzare un eventuale scivolone del Governo, ha espresso dubbi sulle concrete novità che verranno introdotte nella pratica dei centri di fecondazione ed ha garantito che verranno emanate nuove linee guida. Emma Bonino prende la palla al balzo per estendere la questione etica al testamento biologico, che diciamoci la verità, è il problema al quale il mondo della politica pensa anche senza fare esplicito collegamento trai due temi. Della Vedova, che per la sua quasi isolata laicità all`interno dei Pdl sembra sempre più un panda da difendere, invita a non "sacralizzare" le leggi, in previsione anche del ddl sul testamento biologico, sul quale è ormai certo che lo scontro sarà durissimo. Per gli ottimisti ad oltranza, speranzosi nel dialogo tra gli opposti schieramenti, basti la lettura delle dichiarazioni degli esponenti dell`Idv. Palagiano che invita i sostenitori della legge 40 a farsi da parte, lasciando il Parlamento, è il più pacato e questo la dice lunga su come in Italia si affrontano i cosiddetti temi etici.

venerdì 3 aprile 2009

Flores all'attacco "questa Chiesa catto-khomeinista"

Flores all'attacco "questa Chiesa catto-khomeinista"

La Stampa del 2 aprile 2009, pag. 33

Jacopo Iacoboni

E’ sicuro che tutti i cattolici fossero contro Beppino Englaro? Il tratto più caratteristico del nuovo libro di Paolo Flores d’Arcais - A chi appartiene la tua vita?, Ponte alle Grazie - lo si coglie quasi alla fine del primo dei quattro saggi che raccoglie il testo, intitolato polemicamente, quasi un pamphlet, Il partito della tortura. Racconta Flores che fu lo storico cattolico Paolo Prodi a render noto un episodio che compare negli atti della canonizzazione di San Filippo Neri come uno dei suoi miracoli, «una sorta di miracolo della “eutanasia cristiana”». In visita a una nobildonna romana che, afflitta da una malattia incurabile, invocava il passaggio alla vita eterna, il santo l’aveva confortata e poi, salutandola, s’era fermato sulla soglia della stanza, era tornato indietro e le aveva posto le mani sul capo. «Anima ti comando di uscire da questo corpo», disse San Filippo. Dopo queste parole la donna si spense in modo dolce. Flores conclude: «Far morire prematuramente, con un intervento extranaturale, una persona che non considera più la sua vita ma tortura viene qui, vale la pena sottolinearlo, considerato dalla Chiesa un miracolo tale da contribuire alla canonizzazione».

Esistono dunque cattolici e cattolici, ma esistono persino Chiesa e Chiesa, la Chiesa di San Filippo Neri (ma anche di dom Franzoni, che s’è unito alla manifestazione per Eluana Englaro in piazza Farnese assieme a intellettuali come Barbara Spinelli, Umberto Eco, Paolo Veronesi) accanto alla Chiesa di Bagnasco a Ratzinger. Fino a qualche anno fa, prima che una serie drammatica di eventi di cronaca - uniti al mutar del clima politico nel Paese - cambiassero taluni atteggiamenti in certa gerarchia vaticana, la Chiesa amava discutere con i laici. L’allora cardinale Joseph Ratzinger poteva andare a discutere in teatro, per MicroMega, con il direttore Flores, e il patriarca di Venezia Angelo Scola veniva sistematicamente coinvolto in discussioni sul rapporto tra etica cristiana ed «etica senza fede». Ora quella stagione pare finita.

Capita così che la posizione opposta a quella di Flores venga difesa da quelli che lui chiama «catto-khomeinisti», oppure «sanfedisti»: in sostanza, dice, un manipolo di integralisti che hanno costruito un’ideologia della vita, oltretutto sgradita alla maggioranza degli italiani. Nei tre tristi casi di Luca Coscioni, Piergiorgio Welby e infine di Eluana Englaro, s’è assistito a «un’orgia di ipocrisia cui si è abbandonato il partito oscurantista. La volontà di Eluana non è stata accertata, sproloquiavano le Roccella e i Formigoni e i Lupi da tutti i canali tv», osserva Flores. Per concludere che «la libertà di cui parla la legge Calabrò (ossia il progetto del Pdl in discussione in Parlamento) è certamente libertà, ma solo nel senso della libertà del cardinale Tomás de Torquemada: la libertà della Santa Inquisizione». Ossia l’obbligo di considerare nutrizione ciò che, invece, è un accanito insistere sui corpi in stato vegetativo permanente. Ma Fini, ultimo eroe a sinistra, come sapete stopperà quella legge così com’è adesso.

Insomma, né laici contro cattolici, né destra versus sinistra, parrebbe. Una storica come Lucetta Scaraffia, che ha da poco scritto Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Laterza), contesta a Flores ciò che lui contesta ai suoi rivali: «La verità è che nessuno è libero, e la vita non è una proprietà di cui si può disporre. Ognuno è in una rete di condizionamenti fatta da parenti, amici, stati d’animo, situazione economica, ed è dunque un’utopia, quella sì un’ideologia, credere che possiamo essere noi a disporre di noi stessi». Ma il matematico Piergiorgio Odifreddi ritiene che questa pretesa sia «fondamentalismo cattolico», divida ormai anche Oltretevere, e sia frutto di una Chiesa sulla difensiva: «A me Ratzinger pare come il pugile che serra i pugni perché sa che anche il mondo intorno a lui sta cambiando. Lo dice la lettera della settimana scorsa, in cui denuncia di sentirsi poco seguito anche da parte della base ecclesiale...». Si attacca, insomma, per difendersi.

Oggi anche il 55% dei cattolici, secondo Renato Mannheimer, ritiene giusta una legge che consenta di interrompere le cure, di fronte a malati in stato vegetativo permanente. E le terze vie paiono, più di sempre, impervie. Angelo Panebianco sostiene che potrebbe esser cercata in quella «zona grigia» che «rimane al di qua dello spazio pubblico, affidata al silenzio, agli sguardi e alle parole a mezza bocca scambiate fra i medici e gli assistiti o fra i medici e le persone effettivamente vicine agli assistiti». Una morale pratica che s’è già esercitata mille volte, all’italiana, e inviterebbe a non legiferare. Ma così non finiamo per affidare tutto alla lotteria della decisione dei medici, chi incappa nel medico compassionevole e chi no? E cos’è, tra l’altro, compassione?

Legge 40, per la Consulta è "parzialmente illegittima"

Legge 40, per la Consulta è "parzialmente illegittima"

Liberazione del 2 aprile 2009, pag. 6

Incostituzionale. E ora il Parlamento dovrà riscrivere, finalmente, la legge 40 sulla «procreazione assistita». La sentenza della Consulta sulle questioni di illegittimità sollevate dal Tar del Lazio e dal Tribunale di Firenze è arrivata rapidissima. Dopo l`udienza di martedì, la pronuncia è stata emessa ieri. Bisognerà attendere per la pubblicazione delle motivazioni, ma l`effetto dell`intervento dei giudici costituzionali è chiaro sin d`ora: perché hanno dichiarato l`illegittimità al cospetto della Carta del comma 2 dell`articolo 14 della legge, laddove quanto agli embrioni prevede un «unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; e perché hanno dichiarato fuori Costituzione anche il comma 3 del medesimo articolo 14, laddove vincola al trasferimento degli embrioni stessi nell`utero della donna senza subordinarlo alla tutela della sua salute. La Corte ha invece dichiarato inammissibili, «per difetto di rilevanza» quanto ai quesiti principali d`incostituzionalità - cioè la violazione degli articoli 2, 3, 13 e 32 della Carta in ordine ai principi di uguaglianza, di salvaguardia della salute e di rispetto della dignità umana -, le questioni sollevate sull`articolo 6 della legge che tratta l`irrevocabilità del consenso della donna; nonché sui commi 1 e 4 dello stesso articolo 14, quanto al divieto di crioconservazione degli embrioni e di riduzione embrionaria di gravidanze plurime (salvo i casi previsti dalla 194 sull`interruzione volontaria di gravidanza). E` da notare che il Tribunale di Firenze aveva emanato 2 distinte ordinanze, su cause presentate da coppie sterili o affette da malattie ereditarie. E proprio le difese di queste coppie hanno fatto valere nell`udienza dell`altro ieri le ragioni pratiche della richiesta di sanzione d`incostituzionalità della legge. L`avvocato Giandomenico Caiazza aveva dichiarato all`uscita dalla Consulta: «Abbiamo due coniugi sterili, con la donna affetta da malattie ereditarie, i medici dicono che sarebbe necessario prelevare almeno sei embrioni. Ciò che contestiamo è la manifesta irragionevolezza di una legge che sconta una matrice ideologica». Mentre Gian Carlo Muccio, per la Warm ammessa tra le parti insieme a Severino Antinori, aveva rincarato anche sul terreno apparentemente caro ai ."pro vita" e affini: «Questa legge compromette il diritto alla salute del concepito e la donna è considerata come un contenitore. Dal registro europeo emerge un dato esplicativo di come questa legge sia portatrice di effetti limitativi: su 100 cicli, il numero di gravidanze portate a termine risulta pari ad 8, mentre la media europea è intorno a 18-20». Invece l`Avvocatura dello Stato, per la voce di Gabriella Palmieri aveva sostenuto che la 40 «ha connotati forti e di impatto». S`era speso anche il professor Baldassarre, in rappresentanza dei "movimenti per la vita": sostenendo che la Corte costituzionale «non può modificare il numero massimo di embrioni, ma solo far cadere il limite» e che dunque «questa sarebbe una soluzione profondamente irragionevole poiché la tutela dell`embrione sparirebbe e si darebbe piena espansione all`interesse della salute della donna». Argomento che deve aver convinto pienamente i giudici costituzionali, ma al contrario rispetto all`obiettivo di Baldassarre: visto che la sentenza di illegittimità colpisce precisamente il limite dei tre embrioni prescritto dalla legge 40. Ora gli schieramenti di quella che fu un`accesa battaglia su questa normazione legislativa della fecondazione assistita si polarizzano nel giudizio sulla pronuncia della Consulta. Il professor Carlo Flamigni parafrasa Manzoni sulla provvidenza e dichiara: «Là c`è la giustizia». Da Rifondazione comunista come da Sinistra e Libertà si parla di «conferma» delle ragioni della battaglia sostenuta dalle sinistre contro la legge, fino a Di Pietro che con Palagiano prende parola per l`Italia dei Valori e parla di «legge incostituzionale, ingiusta, oscurantista e illiberale». Nel Pd, parla Angela Finocchiaro per dire che la sentenza vale a monito a «rifuggire da posizioni ideologiche», con la testa rivolta al voto "bipartisan" sul biotestamento. Ad insorgere, invece, è l`intero asse tra teocon di Forza Italia (e Udc) ed ex An nel Pdl. Gasparri, Mantovano e Lupi sono tutti un avvertimento alla Corte che si farà valere la «coscienza» dei parlamentari. Buttiglione addirittura intima alla Consulta di «non schierare la Carta contro il diritto alla vita». E il governo prepara la scappatoia, ora, delle «linee guida» per l`applicazione delle norme.

Sesso. Perché va insegnato insieme alle tabelline

La Repubblica 3.4.09
Sesso. Perché va insegnato insieme alle tabelline
di Anais Ginori

Dopo il caso della maestra sospesa per una lezione "hard", si discute su quando sia bene iniziare a essere espliciti La psicologa americana Sharon Maxwell, in un libro, avverte: "Meglio essere i primi ad affrontare questi temi"

"I ragazzini sono già bersagliati di informazioni sull´argomento. Ci pensano amici e tv"
L´esperienza italiana dell´Aied: un tempo teneva corsi nei licei, oggi va nelle elementari

«Mamma, tu lo sai che cos´è una spogliarellista? E una prostituta?». Ben Maxwell aveva appena 7 anni. Quando fece quella domanda, era imbrigliato dalla cintura di sicurezza sul sedile posteriore della macchina, di ritorno da scuola. «Faticai a tenere saldo il volante - ricorda la madre Sharon - . Dove diavolo aveva sentito parlare di spogliarelliste e prostitute?». A Novara una maestra è appena stata ammonita dal preside perché durante la lezione di scienze ha risposto in modo esplicito a quesiti che assomigliavano molto a quelli del piccolo Ben. I genitori della scuola elementare non hanno gradito e la maestra è stata temporaneamente sospesa.
Negli Usa, invece, Sharon Maxwell è ormai diventata una star, specializzata in lezioni di sesso per bambini. Dopo aver tentato di rispondere alle domande piccanti del figlio, questa psicologa americana ha infatti deciso di trasformare l´istintivo imbarazzo in una sfida professionale. Dieci anni fa ha iniziato organizzando centinaia di corsi e incontri di educazione sessuale nelle scuole. Il successo è stato tale che ha pubblicato un manuale diventato bestseller, "The Talk", in cui invita i genitori ad affrontare il tema del sesso già alle elementari e spiega come superare il disagio. Nostro, non loro. «Dobbiamo essere i primi a farlo» ammonisce la psicologa nel suo libro, "È ora di parlarne", in uscita per Feltrinelli. «Oppure - avverte - lo farà qualcun altro al posto nostro».
L´invito della psicologa americana nasce da una semplice constatazione. «Bisogna aprire gli occhi sul fatto che il mondo intero parla di sesso ai nostri figli». Suo figlio Ben aveva scoperto la parola "prostituta", ma l´originale era ancora più triviale, imparata passando il pomeriggio a casa di un amico a divertirsi con un videogioco. Nel libro, Maxwell nota come - a dispetto della liberazione dei costumi - discutere di sesso in famiglia è ancora assai complicato.
«Prima se ne parla, meglio è». Anna Sampaolo, coordinatrice dei corsi dell´Aied (associazione per l´educazione demografica), condivide la tesi della Maxwell. L´episodio di Novara non deve quindi stupire. «Dalla mia esperienza - racconta Sampaolo - posso dire che le domande dei bambini di quinta elementare sono precise. Vogliono sapere cos´è un omosessuale, cos´è una prostituta. Utilizzano spesso un linguaggio molto crudo». L´Aied è stata costretta a cominciare sempre più presto le sue lezioni. «Trent´anni fa ci occupavamo solo dei licei - ricorda la psicologa - . Poi siamo passati alle medie, e oggi andiamo anche nelle quinte elementari». Tutto su base volontaria, visto che l´educazione sessuale non è prevista da nessuna legge. «Ci affidiamo a quei pochi illuminati dirigenti scolastici che ci chiamano».
La difficoltà ad affrontare il sesso in famiglia non è prettamente italiana. Secondo un sondaggio europeo, la principale fonte di informazione sessuale per i ragazzi sono i media (stampa, tv e Internet) e gli amici. «I bambini ne parlano tra di loro in un modo differente. La parola dell´adulto è dunque fondamentale». I corsi dell´Aied sono di «affetto e sesso», cercano di estendere il discorso a emozioni e sentimenti. Per chi se la sente, consiglia l´Aied, è giusto intavolare un discorso su come nascono i bambini, o almeno provarci. «Se c´è vergogna da parte dei genitori, meglio esplicitarla piuttosto che mantenere un non-detto». E comunque, rispondere sempre. «Per non perdere un´occasione di integrare e correggere l´educazione sessuale che i bambini si fanno altrove». È quel che ha potuto verificare Sharon Maxwell. «Ben, so cosa sono una spogliarellista e una prostituta. E tu lo sai?». «Sì. La spogliarellista è una che si sfila il reggiseno, la prostituta è una che si toglie tutto».

«Quando una legge si basa su dogmi, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità».

l’Unità 3.4.09
Il presidente della Camera plaude alla Consulta: «Quando una legge si basa su dogmi, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità». Miete consensi (e dissensi) trasversali e aggrega l’area laica del Pdl.
Fini femminista: la Consulta rende giustizia alle donne
di Susanna Turco

Il paradosso dei fini vuole che proprio mentre le agenzie diffondono il suo plauso alla sentenza della Consulta che dichiara illegittime alcune norme della legge 40, nel cortile di Montecitorio il presidente della Camera si intrattenga a chiacchierare, lupus in fabula, proprio con il vicedirettore dell’Osservatore Romano Carlo Di Cicco. Un incontro del tutto casuale, che però non viene disturbato da quelle parole. Sul tema, del resto, Gianfranco Fini ha espresso chiaramente i suoi dissensi sin dai tempi del referendum del 2005. E allora, a Cesare ciò che è di Cesare eccetera. Quelle stesse parole fanno invece imbizzarrire mezzo Parlamento. Mietono consensi, ma anche dissensi, trasversali. E mostrano, sul fronte del Pdl, quanto la linea assunta dall’ex leader di An sia in grado di aggregare un’area laica finora assai meno visibile.
giustizia alle donne
Sono le quattro del pomeriggio quando la terza carica dello Stato, fino a quel momento defilata, decide di rendere pubblica la sua posizione. Lo fa senza mezzi termini: «La sentenza della Consulta rende giustizia alle donne italiane», dice Fini. E, in attesa di conoscere le motivazioni della Corte, aggiunge: «Mi sembra fin d’ora evidente che quando una legge si basa su dogmi di tipo etico-religioso, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità, in ragione della laicità delle nostre istituzioni».
Fini di ieri, Fini di oggi
Così, in un colpo solo, il Gianfranco di oggi stringe la mano a quello di ieri: e insieme, dando un ulteriore spallata agli ex colonnelli di An, guardano al domani. Già, perché è chiaro che l’orizzonte sul quale si misura il giudizio sulla Consulta non è soltanto quello della fecondazione assistita, che i più nella maggioranza dichiarano di non voler cambiare, ma anche quello del biotestamento, in procinto di iniziare il suo percorso a Montecitorio. Solo qualche giorno fa, al congresso del Pdl, il leader del Pdl aveva criticato proprio il pdl Calabrò , definendolo «da Stato etico». Un posizionamento destinato a incrociarsi politicamente con quanti nel Pdl non vedono di buon occhio il monolite uscito Palazzo Madama. E non sono pochi, a partire da Benedetto Della Vedova e Peppino Calderisi fino a Fiamma Nirenstein e Beatrice Lorenzin, passando per socialisti come Chiara Moroni, ex aennini come Raisi e Urso.
plausi e dissensi
In ogni caso, Fini si tira addosso plausi e dissensi vigorosi e spesso sorprendenti. «Condivide assolutamente» le sue parole Anna Finocchiaro, augurandosi «un po’ di buon senso sul biotestamento». La Mussolini corre a baciarselo. Volontè lo accusa di «cercare visibilità nel ruolo di ventriloquo dei radicali». La Roccella ritiene che sia «vittima di una campagna di disinformazione» e intanto assicura che lavorerà sulle linee guida. Paola Binetti spera «che il biotestamento non ne risulti rallentato» e trova sacrosanto quel che vuol fare la Roccella. La Turco si augura una «riapertura del dibattito». Rotondi parla di divisione tra « i clericali e i cattolici democratici, che stanno con Fini». Notevole l’atteggiamento di Pier Ferdinando Casini. Richiesto di un commento a caldo, il leader Udc dice di non sapere cosa abbia dichiarato Fini ma di essere «d’accordo a prescindere». «Non ti conviene», lo avverte l’altro. E in effetti, poco dopo, proprio Casini si intesta una delle risposte più dure all’ex alleato di un tempo: «La laicità non si difende con slogan contro lo Stato etico, che in Italia ha avuto la sua unica applicazione durante il fascismo».

giovedì 2 aprile 2009

La legge 40 è incostituzionale. La Consulta riapre il caso

l’Unità 2.4.09
La legge 40 è incostituzionale. La Consulta riapre il caso
di Maria Zegarelli

La Corte boccia il limite di tre embrioni, che condanna le donne a stimolazioni ormonali ripetute
La sottosegretario Roccella: nuove linee guida. Il Pd: si rispetti la sentenza

La Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità della legge 40. Non si può fissare un limite di tre embrioni e non ci può essere un obbligo a impiantarli tutti contemporaneamente.

Parzialmente illegittima la legge 40 sulla Fecondazione assistita: la sentenza della Corte Costituzionale è arrivata ieri nel tardo pomeriggio, dopo un giorno e mezzo di camera di consiglio, e ha colpito il cuore stesso della legge.
L’INCOSTITUZIONALITÀ
Illegittimo l’articolo 14 al secondo comma, laddove prevede il limite dei tre embrioni e l’obbligo «a un unico e contemporaneo impianto». Incostituzionale anche il comma 3 «nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna». Inammissibili per difetto di rilevanza nei giudizi principali le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 6 comma 3 (l’irrevocabilità del consenso all’impianto da parte della donna) e dell’articolo 14 comma 1 e 4 (crioconservazione degli embrioni al di fuori di ipotesi limitate e divieto di riduzione embrionaria di gravidanze plurime).
I giudici dell’Alta Corte di fatto hanno riconosciuto che il medico non può prescindere dalla valutazione dello stato di salute della donna, mentre, abolendo l’obbligo dei tre embrioni e l’impianto contemporaneo degli stessi, «è possibile che abbia ammesso quel principio di eccezione alla regola avanzato dal giudice Delle Vergini, del tribunale di Firenze, - spiega l’avvocato Maria Paola Costantini che insieme alla professoressa Marilisa D’Amico rappresenta Miriam e Giovanni, i due pazienti che hanno presentato ricorso - secondo il quale la crioconservazione è ammessa in caso di pericolo per lo stato psico-fisico della donna».
Esultano per il risultato i ricorrenti: la World association reproductive medicine (Warm) presieduta da Severino Antinori e la Fondazione Hera di Catania, del professor Antonino Guglielmino i cui pazienti si sono rivolti al tribunale. «È una vittoria dei pazienti che da anni patiscono a causa di una legge sadica, ingiusta e priva di qualunque razionalità scientifica. La legge infatti - commenta Guglielmino - è stata concepita seguendo una sorta di modello punitivo per la donna, costretta a ripetuti e pesantissimi protocolli di stimolazione o a gravidanze plurigemellari creando situazioni di pericolo oltre che per la salute della madre anche per quella dei nascituri». Di grande «vittoria per lo stato di diritto e per lo Stato laico, che non deve essere soggetto a spinte religiose che impongono le leggi con una grave riduzione dei diritti civili», parla Antinori.
IL GOVERNO IN GUERRA
Sul piede di guerra il governo, con la sottosegretaria al Welfare Eugenia Roccella che avverte: «Sarà indispensabile emanare al più presto nuove linee guida che possano eliminare qualsiasi contraddizione». La blocca l’ex ministro alla Salute Livia Turco: «Proprio sulla base della stessa legge 40 le linee guida non hanno alcun potere interpretativo ma sono solo uno strumento tecnico». Il ministro Sandro Bondi parla di un grave «problema per la nostra democrazia, in quanto la sovranità del Parlamento viene intaccata parallelamente alla percezione della sparizione di autorità di garanzia», mentre Maurizio Gasparri imbraccia la spada di paladino della vita. Il segretario del Pd Dario Franceschini ricorda che «le sentenze della Corte vanno sempre rispettate» e che «il pronunciamento della Corte non potrà che essere recepito dal nostro ordinamento». Non si stupisce della sentenza Anna Finocchiaro: «La Corte dichiara l’illegittimità di parti della legge che già nella discussione parlamentare erano apparsi irragionevoli. Adesso si deve rifuggire anche sul testamento biologico da posizioni ideologiche». È proprio questo che spaventa il Pdl.

mercoledì 1 aprile 2009

Chiesa: Usa, nel 2008 aumento denunce per abusi sessuali

Chiesa: Usa, nel 2008 aumento denunce per abusi sessuali
14 Marzo 2009

ROMA - Il numero di denunce contro presunti abusi sessuali da parte di religiosi negli Stati Uniti è aumentato del 16% nel 2008. A diminuire, invece, del 29% è l'ammontare dei risarcimenti rispetto all'anno precedente. È quanto emerge dal sesto rapporto annuale sull'applicazione della "Carta per la protezione dei bambini e dei giovani" adottata dai vescovi cattolici statunitensi nel 2002. Secondo quanto riferito da vari media statunitensi, le diocesi e gli ordini religiosi americani hanno speso nel 2008 oltre 436 milioni di dollari (pari a 337 milioni di euro) per risarcimenti e altre spese legate agli abusi sessuali commessi da sacerdoti. Sempre nello stesso anno, le denunce sono state 625, e circa il 10 per cento riguardavano persone sotto i 18 anni di età, tra i quali alcuni bambini. (Agr)

La legge bigotta

La legge bigotta

L'Avanti! del 1 aprile 2009, pag. 1

Venerio Cattani

La legge sul cosiddetto testamento biologico, o trattamento di fine vita (linguaggio burocratese, fra il gesuitico e il sindacale), è una tale vergogna che ci pone, meritatamente, agli ultimi posti della cultura moderna. Anzi, propriamente all`ultimo, perché nessun altro Paese europeo ha espresso un simile onore. E’ incostituzionale, è illiberale, è inapplicabile: induce la gente a beffare la legge e a dire il falso, a fare il proibito. Come la negazione dell`aborto terapeutico moltiplica l`aborto clandestino, così, la “legge della cannula, o della sonda obbligatoria", moltiplicherà le eutanasie. Parenti intimi e medici amici faranno incetta di morfina da siringare nel momento della verità. Ma quel che ancora è peggio è che la questione rischia di diventare l`ennesima contesa fra Guelfi e Ghibellini. Proprio lunedì scorso, il Consiglio comunale di Firenze ha onorato della cittadinanza Beppino Englaro; e la minoranza del Popolo della libertà è uscita dall’aula. Hanno fatto male i comunisti e hanno fatto male i berlusconiani: con questi gesti, inutili e perentori con queste baruffe chiozzotte comincia l`ennesima stupida guerra di religione, che divide e distrae il Paese, afflitto da ben altri urgenti problemi reali. Berlusconi, stia attento a non farsi travolgere da questi falsi ma mefitici problemi. Sono serpenti velenosi, scorpioni politici: avvelenano un Paese. D`altra parte, noi non possiamo arrenderci a morire da bigotti. Il merito storico di Berlusconi è quello di averci evitato di morire comunisti: ci salvi ora, il Cavaliere, dai beghini e dalle beghine. Se la sciagurata legge passasse alla Camera dei deputati, infatti, qualcuno brandirebbe l`arma del referendum, e noi (liberali, socialisti, atei o credenti) saremmo costretti a votarlo. Ho letto che l`Emma Bonino si è dichiarata contraria al referendum, perché si perderebbe. E’ strano, dato il passato e il temperamento della Bonino: ci sono battaglie che si è costretti a fare, anche se si perde. Ma sul testamento biologico non si perde. Gli italiani sono credenti (almeno pare), ma non cretini. Se la cosa sarà spiegata come si deve (come fa Veronesi, come fa Marino) la gente capirà e voterà contro la legge. Non bisogna fare della questione un dilemma di partito, perché non lo è. Lo ha dimostrato benissimo il discorso di Gianfranco Fini al congresso del Popolo della libertà. Ma che religione e non religione; ma che destra e che sinistra: non vogliamo la cannula, è basta. E anche qui bisogna intendersi. Certi trattamenti artificiali sono più che accettabili se si deve tentare di salvare a una giovane vita, alla vittima di un incidente o di un delitto, di recuperare un traumatizzato che possa continuare qualche anno. Ala solo un rimedio infame, una tortura inumana per il malato terminale, che aspetta solo di "tornare alla casa del Padre". I santificatori e glorificatori del grande Giovanni Paolo II dovrebbero tener scritta in fronte quella memorabile finse, che è stata, quella davvero l`ultimo "testamento biologico" e l`ultimo dono del grande Papa polacco. Quella è la giusta considerazione sulla frontiera tra la vita e la morte. Sospendere, rinviare almeno dopo le prossime elezioni. La morte non ha fretta. Solo lei sa quando deve abbassare il falcione, né prima, né dopo. Rinviare e ripensarci. Non alla ricerca di un possibile compromesso, ma alla ricerca di una soluzione che sia laica e liberale.