mercoledì 29 ottobre 2008

Un decalogo laico

Un decalogo laico
di Piergiorgio Odifreddi

la Rinascita della Sinistra del 19/10/2008

Per una delle ironie della storia, il motto risorgimentale «Libera Chiesa in Libero Stato» viene considerato nell'Italia repubblicana un'espressione di anticlericalismo, invece che un'asserzione di laicismo. Naturalmente, quasi tutti i nostri politici concordano sul fatto che la Chiesa e il Vaticano debbano avere la massima libertà di parola e di azione, e che lo Stato non debba interferire né con l'una, né con l'altra. Ma quasi nessuno pensa, o almeno dice, che le stesse libertà le debba avere anche lo Stato, senza esser costretto a subire la pressione ufficiale e ufficiosa delle gerarchie ecclesiastiche, a legiferare in ossequio alle loro credenze, e a pagare di tasca propria per la propaganda e gli affari altrui.

Per affrontare concretamente la pratica di un comportamento laico nella quotidianità individuale e sociale, proviamo dunque a formulare un Decalogo Laico che isoli una serie limitata di «comandamenti» sui quali ci si potrà confrontare ed, eventualmente, chiamare a raccolta. «Comandamenti» che, a seconda dei casi, sono rivolti al laico come stimoli propositivi, o al clericale come moniti dissuasivi.

1. Non avrai altro Stato all'infuori di me

Il rapporto fra Stato e Chiesa deve tener conto del fatto che quest'ultima è indissolubilmente legata in matrimonio col Vaticano, e che il Papa è anche il capo di uno stato estero indipendente. Questo conflitto di interessi genera un'indebita confusione tra la religione e politica, che un laico (anche, e soprattutto, se credente) dovrebbe sapere e volere dirimere: in particolare, favorendo l'abrogazione dell'articolo 7 della Costituzione e del relativo Concordato, che limitano l'indipendenza e la sovranità dello Stato italiano in maniera ormai anacronistica, perpetuando il «giogo pretesco» (come lo chiamò Benedetto Croce) che Mussolini le impose l'11 febbraio 1929, e Togliatti le reimpose il 25 marzo 1947.

2. Non nominare il nome di Dio invano

Il precedente conflitto di interessi tende a far sì che, andando ben oltre i diritti sanciti dal Concordato, la Chiesa pretenda di dettare politiche allo Stato sulle questioni più disparate, ritenendosi l'unica interprete di valori etici universali. Anzitutto, un laico non può accettare un preteso monopolio della religione sull'etica: al contrario, rivendica da un lato l'assolutezza di alcuni principi etici basati sulla natura e sulla ragione umane, e dall'altro la relatività di altri princìpi etici basati sulle convenzioni e sulle consuetudini sociali. Inoltre, un laico non può neppure accettare un preteso monopolio religioso della Chiesa Cattolica sull'etica, a scapito delle altre confessioni cristiane (protestanti o ortodosse) e delle altre religioni (monoteiste e non).

3. Ricordati di rispettare il tuo ruolo istituzionale

Un politico che ricopra incarichi istituzionali rappresenta l'intero elettorato, nazionale o locale, e non deve dunque compiere atti pubblici che ledano la sensibilità di una parte di quell'elettorato e la dignità del suo ruolo. Ad esempio, un ministro o un assessore laici non devono prendere parte a funzioni religiose, seguendo l'esempio del cattolico De Gaulle, che rifiutava di fare la comunione in pubblico per questo motivo. In particolare, sono lesive del principio della laicità le partecipazioni alle funzioni religiose dei rappresentanti della nazione e degli enti locali, soprattutto se effettuate come prassi regolare.

4. Onora il credente e il non credente

Un laico rispetta le credenze altrui, e questo rispetto si manifesta in maniere complementari. Un laico non credente, infatti, rispetta qualunque fede e religione (non solo una), e non rifiuta un'istanza etica soltanto perché dedotta da princìpi religiosi: semplicemente, non ritiene quei princìpi probatori e rivendica il diritto di valutarne le conseguenze indipendentemente dalle premesse. Un laico credente, simmetricamente, rispetta la mancanza di fede degli agnostici e degli atei, e non pretende di affermare che solo chi crede ha un senso etico, e che «senza Dio tutto sarebbe permesso»: non fosse altro, perché la storia ha sistematicamente smentito entrambe le affermazioni.

5. Non uccidere la razionalità scientifica

La scienza ricerca la verità mediante dimostrazioni ed esperimenti, e non si sottomette a giudizi e tribunali che non accettino questo metodo. Questa sua caratteristica la rende più compatibile con certe religioni, ad esempio il buddismo, e meno con altre: soprattutto con il cattolicesimo, la cui ricerca della verità si affida invece alla rivelazione biblica e ai pronunciamenti dogmatici dei Concili e del Papa. Il motto «la scienza è laica» significa semplicemente che si può essere scienziati, credenti o no, solo se si accettano le regole del gioco scientifico, che richiedono di tenere la religione fuori dalla porta dei laboratori: altrimenti si abiura e, come dice il Galileo di Brecht, «si tradisce la propria professione».

6. Non commettere adulterio filosofico

Più delicato è il rapporto tra filosofia e religione. E' innegabile che ci siano stati e ci siano filosofi cattolici, ma rimane il fatto che «nessun servo può servire due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro» (Luca, XVI, 13). Un filosofo laico, dunque, dovrebbe scegliere con chiarezza se servire la filosofia o la teologia, e soprattutto evitare di fare i salti mortali per «servire Dio e mammona», come oggi va di moda fra gli «atei devoti».

7. Non rubare

Tra spiritualità e materialità della Chiesa esiste un innegabile conflitto di interessi, che si manifesta in maniera dirompente negli immensi benefici economici, concordatari e non, che essa riceve dallo Stato e dagli enti locali italiani. La legge di attuazione dell'otto per mille, ad esempio, assegna alla Chiesa non solo le quote ad essa esplicitamente destinate da circa il trenta per cento dei contribuenti, ma anche la quasi totalità delle quote non destinate: una furberia tremontiana che si configura come un vero e proprio furto, che un laico (anche, e soprattutto, se credente) dovrebbe denunciare come truffaldino, alla stregua di molti altri «finanziamenti illeciti» che assommano a miliardi di euro all'anno.

8. Non dire falsa testimonianza

Parte delle tensioni laiche nel rapporto con la Chiesa sono dovute all'esagerata cassa di risonanza che i media offrono alle sue istanze, unita a una loro diffusa mancanza di obiettività. L'Osservatorio Radicale ha fatto notare, ad esempio, che nei suoi primi tre anni di pontificato il Papa ha ricevuto dal Tg1 e dal Tg2 più copertura sia del Presidente del Consiglio che del Presidente della Repubblica, come ci aspetterebbe da una Televisione Vaticana: un laico dovrebbe invece chiedere e pretendere un opposto comportamento dalle televisioni e dai giornali nazionali.

9. Non desiderare la scuola d'altri

La Chiesa continua ancor oggi a pretendere che si attui la richiesta del restauratore De Maistre: «dateceli dai cinque ai dieci anni, e saranno nostri per tutta la vita». Un laico progressista, credente o no, dovrebbe invece invocare la libertà di insegnamento religioso negli oratori e nelle scuole private, ma la neutralità dell'insegnamento nella scuola pubblica: che si abolisca dunque l'anacronistica ora di religione, o che almeno la si muti in un'ora di religioni (al plurale), insegnata da docenti statali che non siano sottoposti a un benestare della Curia che umilia uno Stato sovrano, tanto quanto il benestare del governo alle nomine dei vescovi umiliava una Chiesa coatta.

10. Non desiderare l'università d'altri

Ricordando la polemica sull'opportunità di invitare il Papa a parlare alla Sapienza, un laico non avrebbe certamente nulla da obiettare a che egli aprisse da solo l'anno accademico di un'università cattolica (forse sì, invece, al fatto che essa fosse finanziata coi soldi dello Stato). E sarebbe comunque felice di sentirlo dibattere con altri sul rapporto tra fede e ragione, o tra religione e scienza, anche in un'università pubblica. Facciamoli allora questi dibattiti, a tutti i livelli e in tutte le sedi, comprese quelle vaticane e non solo in quelle statali, per affermare i princìpi dell'ascolto reciproco e della mancanza di preclusioni da entrambe le parti, come richiede appunto la laicità.

Ma soprattutto osserviamo questi “comandamenti”, per affermare e riaffermare che le chiese e le religioni non hanno il monopolio dell'etica, e che comportarsi «come se Dio non ci fosse» non significa affatto rinunciare al nostro essere uomini morali, ma è piuttosto l'unico vero modo di farsene carico completamente.

lunedì 27 ottobre 2008

LAZIO - più di un milione di euro per il recupero di tre edifici parrocchiali

LAZIO - più di un milione di euro per il recupero di tre edifici parrocchiali
Notiziario Marketpress di Lunedì 27 Ottobre 2008

OLTRE 1 MILIONE DI EURO PER IL RECUPERO DI EDIFICI PARROCCHIALI DEL LAZIO

Roma, 28 ottobre 2008 - La giunta regionale, su proposta dell´assessore ai Lavori pubblici Bruno Astorre, ha stanziato poco più di un milione di euro per il recupero di tre edifici parrocchiali a Rocca di Cave, Arcinazzo Romano e Bracciano. "La Regione concorre alla realizzazione di interventi di restauro, ristrutturazione e manutenzione straordinaria – spiega Astorre - e dotazione di impianti di chiese ed edifici pertinenti aventi valore artistico, storico ed archeologico, di proprietà anche di enti ecclesiastici partecipando alla spesa fino al massimo del 70% dell´intero costo dell´opera. Il concorso dell´amministrazione, inoltre, si esplicita con il pagamento di rate di mutuo ventennale che gli enti ecclesiastici accendono presso un istituto bancario". In particolare la Parrocchia San Nicola Vescovo di Rocca di Cave ha chiesto la concessione di un contributo di 800mila euro, la Parrocchia Santa Maria Assunta di Arcinazzo Romano ha invece chiesto la concessione di un contributo di 182mila euro e la Parrocchia Santo Stefano Protomartire di Bracciano usufruirà di un contributo di 185. 483 euro. .

domenica 26 ottobre 2008

Lettere alle parrocchie: cancellateci

La Repubblica Genova 26.10.08
La provocazione
Lettere alle parrocchie: cancellateci
Atei all´attacco ieri la giornata dello "sbattezzo"

SONO venti i neo-sbattezzati genovesi di ieri, giornata nazionale dello sbattezzo lanciata dall´Uaar, l´associazione degli atei, agnostici e razionalisti. Come già in analoghe iniziative, ieri mattina alcuni rappresentanti dell´associazione tra cui il segretario Silvano Vergoli e la tesoriera Isabella Cazzoli hanno effettuato il passaggio burocratico, cioè spedito dalla posta centrale di via Dante le raccomandate alle diverse parrocchie di battesimo di chi vuole venir cancellato dai registri. Questa volta, però, non c´è stata la consegna delle ricevute alla Curia di piazza Matteotti: inutile ripetere un gesto che può sembrare di pura propaganda, è il ragionamento dei vertici dell´Uaar, cerchiamo se mai di avviare delle iniziative che permettano di facilitare la pratica dello sbattezzo a chiunque voglia effettuarla, mettendo a disposizione il sito e le strutture associative per tutti quei cittadini che trovano difficoltà nel portare a termine la pratica, soprattutto perché, spiegano Vergoli e Cazzoli, non sempre le parrocchie rispondono alle richieste di cancellarsi dagli elenchi. Ma va anche detto che sono decine i cittadini che, anche a Genova, hanno invece inviato la loro richiesta ottenendo in poche settimane una comunicazione stringata che conferma l´avvenuta cancellazione, e il conseguente divieto di avvicinarsi ai sacramenti e di poter avere un eventuale funerale religioso. Ieri, intanto, oltre seicento persone hanno aderito in tutta Italia alla giornata comune dello sbattezzo.

Adonis: la laicità fa bene alla pace

Corriere della Sera 26.10.07
Incontri. Il poeta siriano, domani alla Biennale Teatro di Venezia, parla del ruolo degli scrittori in Medioriente
Adonis: la laicità fa bene alla pace
«Intellettuali arabi e israeliani uniti contro i fondamentalismi»
di Paolo Foschini

Essenziale il nostro ruolo per arginare gli estremismi. Penso al mio amico Amos Oz, autore di uno dei saggi più belli Protagonista
Adonis è lo pseudonimo di Ali Ahmad Said Esber, poeta libanese di origine siriana nato a Qassabin nel 1930. Residente dagli anni Ottanta in Francia, è stato varie volte candidato al Nobel per la letteratura

Un monito contro la «dittatura della paura, maschera e alibi di ogni potere». Un primo appello a tutti gli «intellettuali e uomini di cultura, principale baluardo contro i fondamentalismi». E un secondo appello, ancora più forte, alla «responsabilità dell'Europa, delle democrazie occidentali, e in questo senso anche di Israele, per la costruzione della pace nel mondo in generale e in Medioriente in particolare»: perché «è chiaro che tutti devono contribuire, ma il primo passo non può che venire da chi una democrazia ce l'ha già». Questa la sintesi del pensiero dell'uomo noto da una vita come Adonis, alla nascita Ali Ahmad Said, più volte candidato al Nobel e considerato con formula ormai datata il «caposcuola dei nuovi poeti arabi»: da domani a Venezia per intervenire alla tre giorni che la Biennale Teatro dedica al «Mediterraneo » con una lectio magistralis su La bellezza del dialogo e un testo da lui recitato: Concerto per il Cristo velato.
Nato in Siria nel 1930, laureato a Beirut, sei mesi di carcere in curriculum come attivista del Partito socialista siriano, professore alla Sorbona, fondatore di riviste politiche e letterarie, definitivamente domiciliato a Parigi dall'85, da sempre fautore di una «responsabilità» anche dell'arte nelle sorti politico-sociali del pianeta, il poeta della Memoria del vento e de La musica della balena azzurra
parla sorseggiando con calma un Montepulciano d'Abruzzo e non ha dubbi su ciò che per un concetto culturalmente complesso come «il Mediterraneo » rappresenta oggi l'urgenza più evidente: «La soluzione del problema israeliano- palestinese. Senza una pace definitiva e condivisa in Medioriente, ogni altra strada è preclusa». E fin qui si fa presto a dire che lo dicono tutti. Il punto è: come si fa? Adonis pronuncia tre parole: «Intellettuali, cultura laica, democrazia». Poi passa alla spiegazione.
«Quando parlo di democrazia — comincia — intendo riferirmi alla "responsabilità" che i Paesi democratici hanno nei confronti di se stessi e degli altri. Ora, per quanto riguarda quell'area del mondo, qualsiasi osservatore concorda nel ripetere che Israele è non solo uno Stato democratico, ma una sorta di prolungamento mediorientale delle democrazie occidentali. Detto questo, è evidente, ripeto, che la pace bisogna volerla in due. Ma in quanto "democrazia" è Israele che a questo punto deve fare il passo fondamentale: e cioè riconoscere ai palestinesi uno Stato indipendente».
Va da sé che pure l'obiezione è sempre la stessa: anche Israele ha il problema della propria sicurezza, o no? «Certo che sì. Ma non dobbiamo confondere i Paesi arabi circostanti con i fondamentalismi presenti nell'area. Paesi come Egitto, Giordania, Marocco, hanno fatto già tutto il possibile per andare incontro a Israele e la maggioranza degli arabi vede il fondamentalismo come fumo negli occhi. Riconoscere lo Stato palestinese toglierebbe qualsiasi alibi a chi invece continua a soffiare sul fuoco».
A proposito di fondamentalismo... «Ci sto arrivando: è proprio in questo senso che il nostro ruolo di intellettuali è determinante. Intellettuali di ogni provenienza. Penso ad esempio al mio amico israeliano Amos Oz, che contro il fondamentalismo ha scritto uno dei suoi saggi più belli. Penso alla responsabilità di tutti noi "laici" nel senso culturale del termine, e penso al fatto che qualsiasi Stato fondato su un'appartenenza religiosa è contraddittorio in sé: e questo vale per Iran e Arabia Saudita, ma, benché in modo diverso, vale anche per Israele. Ci vuole una svolta. E poiché tanto il fondamentalismo quanto le appartenenze religiose sanno parlare solo alla "pancia" dei popoli, quindi alle loro paure, sono gli uomini di cultura che devono parlare ai loro cervelli».
E l'Europa? «L'Europa e l'Occidente hanno appunto questa grande responsabilità da affrontare: uscire dal ricatto della paura con cui, più ancora del terrorismo, l'Occidente stesso si tiene soggiogato da solo. Perché niente come la paura serve a chi detiene un potere per mantenerlo e alimentarlo». Oddio, un altro con la tesi dei complotti? «Ma no, è ovvio che il terrorismo è un problema reale! Dico solo che la strada per sconfiggerlo non passa attraverso la guerra. Dico che Europa e Occidente hanno responsabilità storiche — penso all'imperialismo dei secoli passati — che oggi si traducono nella possibilità di fare molto per il resto del mondo. La democrazia si esporta con l'esempio, non con la spada. E così la capacità di dialogo». Parola ultimamente abusata, secondo l'ultima lezione di Gianni Vattimo: «Che ha ragione — conclude Adonis — se, come molti oggi fanno, si considera il dialogo solo come adesione al pensiero dell'altro e si accusa chi non la pensa come te di "non voler dialogare". Ma se il dialogo è rispetto, confronto fra creatività, allora dalla diversità non può nascere che arricchimento. E in ultima analisi pace».

venerdì 24 ottobre 2008

Bioetica, le compassioni pericolose

l’Unità 24.10.08
Bioetica, le compassioni pericolose
di Maurizio Mori

Un tempo i cattolici condannavano senza mezzi termini i miscredenti. Ad esempio, Pio IX bollava come “delirio” la pretesa di considerare un diritto la libertà di coscienza e di culto ed esortava i fedeli affinché «avessero in sommo abominio l’infezione di una peste così crudele e la fuggissero». Quello stile si è rivelato controproducente. Hanno così cambiato strategia e oggi rinunciano alle condanne per passare invece alla “comprensione” della persona che sbaglia, dell’errante. Esemplare al riguardo è stato un editoriale uscito qualche tempo fa (Avvenire, 1 ottobre) di Francesco D’Agostino che spiegava come mai gli fosse difficile discutere con Beppino Englaro sul “caso Eluana”. Englaro, osservava D’Agostino, è un interlocutore valido, ed «è uomo garbato, di intense e radicate convinzioni, che ha dedicato con sincerità e con un ammirevole senso della misura una parte ormai davvero ampia della sua vita ad una sola causa», insomma una brava, un’ottima, persona. Perché, allora, se è un «testimone autentico», l’imbarazzo a discutere e ragionare con lui?
Perché D’Agostino ritiene che Englaro «sia un uomo da compiangere (nel senso etimologico del termine: vorrei piangere assieme a lui il tristissimo destino di Eluana), che sia un uomo da compatire (nel senso etimologico del termine: dovremmo tutti patire assieme a lui, come assieme ad un fratello, a causa della vicenda che ha sconvolto la vita di Eluana e la sua)». E non si può ragionare e discutere di un problema serio come quello di Eluana con un uomo che «merita in primo luogo di essere “compianto” e “compatito”». Questo modo di fare, mostra il livello raggiunto dai cattolici nostrani nel dibattito bioetico: dietro una patina di gentilezza mascherano il disprezzo degli altri. La comprensione che mostrano sul piano personale serve solo come arma per squalificare l’interlocutore: Englaro è da “comprendere” per la tragedia che lo ha colpito e che lo avrebbe sconvolto al punto da non essere più in grado di ragionare. Il dolore lo avrebbe distrutto, e per questo va “compianto” e “compatito”, non preso sul serio e condannato. Qui sta la totale mancanza di rispetto verso Englaro, che invece è uomo forte e lucido, dalle solide convinzioni: può essere criticato e condannato per le sue idee, ma non squalificato con una pacca sulla spalla. Secondo D’Agostino non si può ragionare e argomentare con Englaro perché Beppino ti sbatte in faccia con esuberante passione la situazione concreta e reale di Eluana, mentre la razionalità richiesta dal ragionamento porta a riconoscere che una legge non può essere emanata «per risolvere nell’immediato singoli casi umani, per quanto emotivamente conturbanti: essa deve mirare ad un orizzonte ben più ampio di quello dell’immediatezza». Così D’Agostino ci insegna che già Aristotele tanti secoli fa ci «ha spiegato in modo definitivo e insuperabile» che «una “buona” legge è “ragione senza passione”». Si potrebbe osservare che la tesi di Aristotele è controversa e molti ritengono che le leggi vadano fondate su “passioni buone”. Ma questo è un dettaglio marginale. È sicuramente vero che le leggi sono generali e ampie, non ad personam e limitate al caso specifico. Ma è altrettanto vero che devono poi risolvere il caso concreto, perché altrimenti sarebbero inutili astrazioni. Pertanto, è corretto partire dal caso concreto di Eluana e poi passare con “ragione senza passione” agli altri casi simili. Come risolverebbe D’Agostino lo specifico caso Eluana? Non lo dice. Si limita però a dire che «il cuore della questione (di Eluana, ndr) e di ogni possibile legge sulla “fine vita”, che si voglia “giusta”» sta nell’osservare che il “caso Eluana” non coinvolge solo lei, ma coinvolge «innumerevoli malati ... attuali e futuri, il cui diritto alla vita è messo in pericolo e che noi dobbiamo garantire contro ogni rischio di abbandono terapeutico». Sembra di capire che per D’Agostino la posizione passionale di Beppino per il suo caso singolo non è sbagliata in sé: se fosse sbagliata, andrebbe condannato, non “capito” e “compreso”. Sembra che D’Agostino accetti che, dopo quasi 17 anni è certo che Eluana non si risveglierà mai più. È per questo che non condanna Beppino. Il punto, quindi, è che la “ragione senza passione” ci deve far considerare gli altri «innumerevoli malati ... che dobbiamo garantire contro ogni rischio di abbandono terapeutico». Ma perché dice questo? È lapalissiano che nel caso di Eluana non c’è alcun “abbandono terapeutico”: è stata accudita in modo esemplare per più di 16 anni. Se già nel caso singolo di Eluana ci fossero violazioni, D’Agostino avrebbe dovuto dirlo subito, rendendo del tutto inutile e superfluo l’appello alla tesi aristotelica della “ragione senza passione”.
Se, quindi, nel caso singolo è lecita la sospensione della terapia, la “ragione senza passione” ci dice che in tutti i casi simili è giusto lo stesso trattamento. L’argomento di D’Agostino è in realtà invalido. L’errore sta nel fatto che l’intensa passione che lo anima gli impedisce di immaginare che i casi come quelli di Eluana abbiano soluzione analoga: il solo pensiero “fa accapponare la pelle”, “sconvolge”, “atterrisce” e via dicendo con espressioni analoghe che confermano come sia la passione ad impedire alla ragione di estrinsecarsi. Diversamente da quanto lui propone di fare con Beppino, non credo che per questa sua irruente passionalità D’Agostino sia da “compatire” e da “compiangere”. Lo si deve invece prendere sul serio per la posizione sostenuta, ma si deve anche far notare che, al di là delle citazioni dotte, il ragionamento di D’Agostino è fallace e trasmette solo stimoli “puramente emotivi”: i suoi.
Alla fine del suo editoriale D’Agostino auspica, «a bassissima voce», che il signor Englaro fuoriesca «dal sistema mediatico nel quale si trova immerso da anni» perché la sua è sì una «testimonianza autentica, che merita rispetto», ma è «testimonianza di “passione”, non di “ragione”». Anche qui, diversamente da quanto fa D’Agostino, non auspico niente perché non è mio compito e la mia voce è tanto bassa da risultare impercettibile. Resta però che anche quella di D’Agostino è «testimonianza di “passione” e non di “ragione”». Il fatto che D’Agostino occupi posizioni istituzionali importanti non cambia la situazione. Anzi, la aggrava. Perché da questa posizione di forza, le sue emozioni ammantate da ragionamenti fallaci influenzano la vita civile producendo disastri.
Presidente della Consulta di Bioetica, Università di Torino

«Ecco perché le donne fanno paura ai fondamentalisti»

l’Unità 24.10.08
Nawal El Saadawi. La scrittrice egiziana a Roma per presentare il suo libro: «Temono la nostra intelligenza. La religione è basata sulla discriminazione, non ha futuro»
«Ecco perché le donne fanno paura ai fondamentalisti»
di Umberto De Giovannangeli

È l’autrice egiziana femminista universalmente più conosciuta e premiata. Medico, psichiatra. già docente alla Duke University, Nawal El Saadawi, 77 anni, è autrice di romanzi, racconti, commedie, memorie, saggi. Per le sue attività politiche e i suoi scritti a sostegno dei diritti delle donne, si scontra ripetutamente con il regime del Cairo e nel 1981, durante la presidenza di Sadat, viene incarcerata. Dalla metà degli anni Novanta vive in esilio: nel maggio 2008, vince la causa intentata contro di lei per apostasia. Le battaglie e i libri sulla condizione delle donne nella società egiziana e araba hanno esercitato una profonda influenza sulle generazioni degli ultimi trent’anni. Oggi, il suo nome compare su una lista di condannati a morte emanata da alcune organizzazioni terroristiche. In Italia per presentare il suo ultimo libro: «Dissidenza e scrittura. Conversazione sul mio itinerario intellettuale» (Spirali), Newal El Saadawi argomenta con la consueta passione civile e lucidità intellettuale, una tesi che farà discutere: « Non c’è futuro per la religione - dice - perché la mente umana non può arretrare, la conoscenza è irreversibile. È come la luce. Se nel mio cervello c’è la luce, non può tornare il buio....». «L’Antico Testamento, il nuovo Testamento e il Corano - afferma decisa Newal El Sadaawi - non dovrebbero essere utilizzati in politica o in economia o nella morale o nella sessualità, se vogliamo una vera eguaglianza, in qualsiasi Paese. Se c’è vera eguaglianza non c’è spazio per la religione, che si basa invece sulla discriminazione. Quindi, non credo che si verificherà l’islamizzazione dell’Europa».
Cosa significa oggi lottare con l’«arma» della parola, delle idee per rivendicare diritti, eguaglianza, nel mondo arabo?
«Ritengo che il potere della scrittura sia molto importante. Anche se non abbiamo la libertà di parola, possiamo combattere per le idee in cui crediamo. Anche se siamo in prigione o in esilio, possiamo farlo. Ad esempio, quando io ero in carcere, riuscii a ottenere grazie ad una prostituta, della carta igienica e una matita per le sopracciglia. Con quella carta e quella matita sono riuscita a scrivere un libro: “Memorie in prigione”. Adesso sto insegnando negli Stati Uniti, e il corso riguarda in particolare la creatività e la dissidenza, e poi continuo a scrivere. Negli Stati Uniti ma anche in Egitto. La mia esperienza personale mi fa dire che anche sotto la dittatura più rigida, è possibile utilizzare il potere della scrittura».
Perché le donne fanno paura al potere come ai fondamentalisti?
«Fin dall’inizio della storia dell’umanità,i governanti, ma anche i fondamentalisti e gli stessi Dei maschili, erano contro le donne. Perché erano contro Eva, la nostra progenitrice. Perché lei ha mangiato dall’albero della conoscenza, e quindi e diventata una peccatrice. Da lì sono cominciate due cose: è iniziata l’oppressione delle donne, e contemporaneamente la conoscenza veniva proibita. L’oppressione, la schiavitù sono iniziate con Evo e proseguite con Iside, la divinità femminile della conoscenza. Tutto questo accade perché gli uomini hanno paura delle donne, e hanno paura perché le donne sono più intelligenti degli uomini. Eva era più intelligente di Adamo...per questo si ha paura delle donne in una società che è, al tempo stesso, patriarcale e capitalista».
Nel 2005, Lei ha sfidato per la presidenza dell’Egitto, Hosni Mubarak, un leader sostenuto dagli Usa e dall’Europa. Ma possono essere personalità come Mubarak, da sempre al potere, un baluardo contro l’integralismo?
«Purtroppo l’Unione Europea si sta comportando come un’organizzazione imperialista come l’amministrazione di George W.Bush. Vi sono state molte speranze che questa nuova Europa unita potesse diventare una organizzazione diversa. E invece vediamo che si comporta esattamente come l’America, collaborando con essa. E lo fanno contro di noi. Ci trattano come quelli del Terzo mondo, un tutto indistinto che viene visto come una entità ostile, altroché inferiore. L’Europa e l’America collaborano con i nostri oppressori, con i dittatori. Pensiamo a Saddam Hussein: Saddam collaborava con gli americani ma quando ha detto “no” è stato ucciso. La stessa cosa può accadere con Mubarak. Nel momento in cui dirà di no, uccideranno anche lui, come è successo con Saddam. È questo il problema. Mi lasci dire che io sono venuta qui in Italia non per il governo italiano ma per il popolo italiano, per gli intellettuali, gli scrittori, per presentare il mio nuovo libro. Attualmente io insegno negli Stati Uniti, in una università progressista, però sono molto critica nei confronti di George W.Bush e la sua amministrazione mentre sono negli Usa. Per quanto riguarda Mubarak, il suo proposito dichiarato è di far ereditare il suo potere al figlio. E questo con il sostegno degli Stati Uniti. E stanno negoziando questo con gli Usa, perché Washington vede il potere di Mubarak prima, e di suo figlio dopo, come un’alternativa al fondamentalismo. Contemporaneamente, però, gli americani stanno negoziando con Mubarak da un lato e con i Fratelli Musulmani dall’altra. Davvero un bell’esempio di coerenza...».
Da donna, democratica, femminista, scrittrice araba che vive e insegna in America: come si schiera tra Barack Obama e John McCain?
«Spero vivamente che Obama vinca perché lui è molto meglio di McCain. Io vivo negli Stati Uniti da due anni e mezzo e ho seguito fin dall’inizio questa campagna presidenziale. Mc Cain è un imperialista, è un militare, lui potrebbe uccidere chiunque per i propri interessi o per denaro. Proprio come la Palin o George W. Bush, come tutti i repubblicani. Loro sono di destra, militari, imperialisti., e al 100% a favore di Israele. Barack Obama è sicuramente meglio anche se pure lui sostiene Israele. Nel sessantesimo anniversario della nascita dello Stato d’Israele gli ho sentito dire che l’America è Israele, e che Israele è l’America. Questo assunto non mi piace affatto, e spero che Obama si ricreda. Detto questo, lo considero immensamente meglio di McCain e per questo voterò per lui».

Conventi sempre più vuoti: sono diminuite di un terzo in 13 anni. La scomparsa delle suore

La Repubblica 24.10.08
Conventi sempre più vuoti: sono diminuite di un terzo in 13 anni. La scomparsa delle suore
di Jenner Meletti

In 13 anni le religiose sono calate di un terzo Molte congregazioni abbandonano scuole e ospedali
Monastero addio poche novizie e solo straniere

BOLOGNA. Come le api, come le rondini. Anche le suore stanno scomparendo. «La più giovane, fra noi sorelle, è suor Carla e ha più di settant´anni. Io sono suora dal 1949, l´ultima novizia è arrivata più di 15 anni fa». Suor Domenica Cremonini, superiora generale delle Visitandine dell´Immacolata, allarga le braccia. «Non ci sono più ragazze che vogliano donarsi al Signore. Hanno altri valori, pensano ad altro. Qualcuna, ogni tanto, bussa ancora al convento e dice di avere la vocazione. Resta con noi qualche giorno o qualche mese». Poi capisce che diventare suora vuol dire lavorare e pregare una vita intera, e se ne va».
Il palazzo è bellissimo, nel cuore di Bologna. Mura del �700, affreschi e giardino. «I numeri - dice suor Domenica - non ci danno molta speranza. Eravamo 149, noi Visitandine, quando io ho preso i voti. Avevano 40 case diverse - istituti, asili, case di riposo� - e ora che siamo rimaste in 14 riusciamo a gestire solo un istituto professionale (gli insegnanti sono però tutti laici) e un convitto per studentesse universitarie qui nella casa generalizia. Non abbiamo più nemmeno un prete che venga a celebrare la Santa Messa nella nostra cappella».
I portoni di via Santo Stefano nascondono storie centenarie. Di fronte alla Visitandine ci sono le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù. Erano almeno trenta, vent´anni fa, ed ora sono 6. Passano ore nella cappella per l´adorazione eucaristica, mentre le dipendenti curano una «residenza universitaria». A poche decine di metri ci sono, per l´ultimo anno, le Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Sono rimaste solo in due, mentre fino a qualche anno fa decine di consorelle riuscivano a gestire asilo e materna, la scuola elementare e anche la media. Una parte dell´istituto, fondato nel 1865, sarà venduto. Bologna non è il solo buco nero nel quale le suore scompaiono. In tutto il Paese la Wall Street delle religiose segna da anni un tracollo continuo. «Stiamo preparando - dice suor Pieremilia Bertolin, segretaria generale dell´Usmi, Unione superiore maggiori d´Italia, organismo di diritto pontificio che riunisce le congregazioni - un nuovo censimento. Sarà pronto, speriamo, a metà dell´anno prossimo. Gli ultimi dati sono del 2001: in Italia c´erano 81.723 religiose, riunite in 627 congregazioni. Nel 1988 le religiose erano ben più numerose: 121.183, con 645 congregazioni».
Un terzo delle suore è scomparso in 13 anni. Ma basta osservare i dati bolognesi per comprendere che il nuovo censimento confermerà il crollo. Nel 1988 le suore che vivevano sotto le Due Torri e in provincia erano 1.600. «Nel 2006 - dice suor Enrica Martignoni, segretaria dell´Usmi regionale - siamo scese a 856. Quest´anno ci siamo contate ancora e siamo 808».
Suor Enrica, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, conosce bene conventi e monasteri anche perché dirige la «scuola intercongregazionale delle novizie». «Tante comunità non possono più organizzare il noviziato da sole, perché le ragazze che entrano sono pochissime. La scuola comune è però positiva: ogni novizia, pregando e studiando assieme alle altre, scopre che nella vita religiosa diverse sono le chiamate e diverse sono le risposte. Impara a vivere in una comunità più ampia, quando per secoli i conventi sono stati chiusi alle altre esperienze religiose».
Decine di celle vuote anche nei monasteri di clausura. Sono rimaste in 8, le Clarisse del Corpus Domini di via Tagliapietre. Un tempo il monastero occupava un intero isolato. Negli otto monasteri della città ci sono in tutto 77 monache. C´è la «Casa per suore anziane» a San Giovanni in Persiceto, ma anche tanti conventi, con l´avanzare dell´età, sono diventati ormai case di riposo. Secondo un´indagine nazionale, solo il 7% delle suore ha meno di trent´anni. Il 17% è compreso fra i 40 e i 60 anni, il 53% ne ha più di sessanta e il 21% è compreso fra i 70 e i 79 anni. In questo mondo dove le giovani sono mosche bianche, nascono equivoci e malintesi. M., monaca benedettina del Ghana, assieme a una sorella è arrivata in Toscana credendo di essere chiamata a una vita di clausura. Si è trovata invece a fare la «badante» in una piccola comunità di monache anzianissime. Se n´è andata e ha trovato rifugio in un´altra congregazione. «Oggi le famiglie sono meno numerose - dice suor Enrica Martignoni - e certo non sollecitano la vocazione di una figlia unica. In una società così superficiale, è poi difficile trovare una spinta verso il sacrificio. Oggi tante nuove vocazioni arrivano dall´India, dall´Africa e dal Sud America. Nell´ultimo incontro con le novizie, qui a Bologna, su venti partecipanti solo una era di origine italiana».
Non c´è fuga dai conventi. Si spengono da soli. Le suore sono scomparse anche dalle corsie di cliniche e ospedali. «Le Serve di Maria Addolorata di Chioggia - dice padre Alessandro Piscaglia, cappuccino, vicario episcopale per la vita consacrata nella diocesi bolognese - pochi giorni fa hanno lasciato anche Villa Erbosa. All´ospedale Sant´Orsola c´erano le suore dell´Immacolata: erano 40 e sono rimaste in quattro, non più infermiere ma assistenti spirituali. Al Maggiore erano 20 e sono in 3. Al Bellaria le Piccole Suore della Sacra Famiglia erano 70 e non ce n´è più nessuna. A Castenaso la casa di riposo adesso è gestita dalle suore Missionarie della Carità, che arrivano da Palai, nel sud dell´India».
Il vicario episcopale dice che «la crisi è pesante ma ci sono anche speranze». «Le giovani suore sono poche ma molto impegnate. Alla vita conventuale preferiscono la presenza apostolica in una parrocchia, assieme ad altri giovani. Ci sono poi esperienze del tutto nuove: le Missionarie del lavoro, ad esempio, all´alba di ogni giorno raccolgono frutta e verdura al mercato generale per distribuirle poi alle mense dei poveri».
Una delle poche congregazioni che ancora resiste - quasi 300 sorelle impegnate in Italia, in Tanzania e in India - è quella delle suore Minime dell´Addolorata. Ma chi entra nella casa madre delle Budrie, dove nacque la fondatrice Santa Clelia Barbieri, incontra pochi volti bianchi di suore anziane e tanti volti sorridenti e giovani di sorelle africane e indiane. Sono loro a gestire gli asili, le scuole, le case di riposo degli italiani piccoli e grandi. «So che tanti conventi sono in crisi - dice suor I., indiana, mentre mostra orgogliosa la casa dove Santa Clelia fondò la prima comunità - ma non bisogna dimenticare che Gesù, con appena dodici apostoli, conquistò il mondo». C´è però chi non accetta le suore di altri continenti. «Abbiamo partecipato a una riunione a Roma - racconta suor Domenica, la superiora generale delle Visitandine - e ci hanno spiegato che le straniere creano tanti problemi. E allora abbiamo fatto una bella offerta alle missioni, così quelle ragazze possono fare le suore nel loro Paese». Tutto come sempre, nella casa madre di via Santo Stefano. Sperando che una postulante italiana bussi alla porta: così suor Carla, settant´anni compiuti, non sarà più l´ultima novizia.

giovedì 23 ottobre 2008

"Dio non c´è, spassatevela" e l´ateismo diventa uno spot

La Repubblica 23.10.08
"Dio non c´è, spassatevela" e l´ateismo diventa uno spot
L´idea lanciata da un blog, in un giorno raccolte quasi 50mila sterline
L´arcivescovo di Westminster: "Ma i cristiani conoscono la gioia della fede"
di Enrico Franceschini

Londra. La pubblicità, diceva Karl Marx, è l´anima del commercio. Ma può anche servire a smentire che l´uomo abbia un´anima. L´idea lanciata da un blog del quotidiano Guardian ha attecchito come fuoco in un´arida prateria: in meno di 24 ore sono state raccolte donazioni per quasi 50 mila sterline (60 mila euro), che serviranno a mettere dei cartelloni a favore del secolarismo sugli autobus di Londra. Gli organizzatori della campagna si sarebbero accontentati di raccogliere 5 mila sterline, cifra sufficiente per riprodurre sulla fiancata di trenta bus, per quattro settimane, nelle strade della capitale, la seguente ironica scritta: «Probabilmente Dio non esiste. Dunque smettete di preoccuparvi (sottinteso: dell´aldilà) e godetevi la vita (sottinteso: sulla terra)». Un tram, parafrasando Tennessee Williams, che si chiama ateismo. Avendo raccolto dieci volte tanto, adesso i promotori pensano di ampliare la campagna su tutto il territorio nazionale, variando gli slogan e mettendoli non solo sugli autobus ma anche in metropolitana. «A questo punto il nostro limite è il cielo», dice Ariane Sherine, la scrittrice che ha ideato l´iniziativa, aggiungendo: «Con la consapevolezza, tuttavia, che lassù non c´è niente».
Lo scopo della campagna è fornire un «contro-messaggio rassicurante» a chi si sente minacciato dal fervore religioso, ovvero contro predicatori e chiese che ricordano ardentemente ai non-cristiani cosa li aspetta dopo la morte: l´inferno e la dannazione eterna. «La nostra è una protesta ammorbidita da un pizzico di umorismo, ma con un argomento di fondo assai serio», spiega Sherine sul Guardian. «Noi ateisti vogliamo un paese secolarista, un governo secolarista, una scuola secolarista. Il fatto che siamo stati inondati di donazioni rivela quanto sia forte questo sentimento nel nostro paese». Nella somma finora raccolta, oltretutto, non sono incluse le 5 mila sterline donate da Richard Dawkins, il docente della London School of Economics autore di un saggio diventato un best-seller internazionale, pubblicato anche in Italia, da Mondadori, col titolo: L´illusione di Dio - le ragioni per non credere. Dawkins si era detto pronto a finanziare da solo l´iniziativa, donando l´intera somma minima per tappezzare trenta bus di pubblicità per un mese, se la colletta non avesse prodotto i risultati sperati. Ma adesso farà la sua donazione lo stesso.
La Gran Bretagna, bisogna dire, è un paese profondamente laico, in cui anche la Chiesa rispetta una netta separazione tra religione e stato. La conferma viene dalle reazioni delle autorità ecclesiastica alla campagna ateista. La Chiesa Metodista britannica ha accolto favorevolmente l´iniziativa, ringraziando in particolare il professor Dawkins per il suo «continuo interesse in Dio»: il suo libro, afferma un comunicato, incoraggia la gente a pensare al problema dell´esistenza o meno del creatore, e questo è di per sé positivo. Quanto alla Chiesa Anglicana, ha reso noto che essa difende sempre e comunque qualsiasi gruppo che rappresenti una posizione religiosa «o filosofica», promuovendo il proprio punto di vista attraverso canali appropriati. Un portavoce dell´arcivescovo di Westminster si è limitato a precisare: «La fede cristiana non predica la preoccupazione o il divieto di godersi la vita. Al contrario, la nostra fede ci libera dai timori, mettendo la vita nella prospettiva giusta. Sette persone su dieci in questo paese si descrivono come `cristiani´, e conoscono la gioia che la fede può portare».
Senza per questo vietare a chi la pensa diversamente di pubblicizzare le proprie idee: anche su un tram.

mercoledì 22 ottobre 2008

Se la Chiesa ha paura. Perché non piacciono gli studi sul cristianesimo

La Repubblica 22.10.08
Se la Chiesa ha paura. Perché non piacciono gli studi sul cristianesimo
Gesù diviso tra fede e storia
di Marco Politi

Il Sinodo dei vescovi dedicato alla Bibbia si è aperto con una messa in guardia contro le "analisi unilaterali" cioè contro il metodo storico-critico
La parola d´ordine è il ritorno all´interpretazione spirituale che evita nodi irrisolti
L´inchiesta di Corrado Augias e Remo Cacitti è stata sottoposta a feroci attacchi

Città del Vaticano. Il Sinodo dei vescovi, dedicato alla Bibbia e la missione della Chiesa, si è aperto con una messa in guardia. Va rifiutata, ha detto William Levada prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, ogni interpretazione soggettiva o «frutto di un´analisi unilaterale». Un clima di tensione spesso malsano, ha incalzato il relatore ufficiale cardinale Marc Ouellet del Quebec, si è instaurato tra la teologia universitaria e il magistero ecclesiale. Le scoperte storiche, filosofiche e scientifiche, ha soggiunto, hanno attizzato polemiche. Colpa suprema degli studiosi è l´aver «aumentato il divario tra il Gesù della storia e il Cristo della fede».
Dalle battute iniziali del Sinodo in corso si è compreso che il pontificato ratzingeriano è deciso a dare un giro di vite a oltre un secolo di ricerca teologica basata sul metodo storico-critico.
Perché, più proseguono gli studi più cresce il gap tra l´immagine di Gesù dei catechismi tradizionali e la realtà complessa degli eventi relativi alla sua predicazione e alla sua eredità. Lo stesso terremoto ha investito l´Antico Testamento. Si sa ormai che la Terra Promessa non è mai stata conquistata da Giosuè così com´è descritto nella Bibbia né gli ebrei sono stati monoteisti dall´inizio.
La Chiesa ha paura. E´ allarmata che sotto l´influsso dei mass media entrino in circolazione acquisizioni che per decenni sono rimaste limitate ai circoli accademici. Tutti gli addetti ai lavori sanno che la famosa frase, che campeggia sotto la cupola della basilica vaticana «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa», è una frase tardiva e comunque non preannuncia né il papato onnipotente e teocratico come si è strutturato da Gregorio VII e Innocenzo III in poi né tantomeno prefigura la Chiesa-istituzione formatasi secoli dopo la crocifissione. Chi setaccia le opere degli specialisti tutto questo tra le pieghe lo trova, ma un conto è dirlo al riparo di volumi ponderosi un conto è portarlo in pubblico. C´è voluto Giovanni Paolo II per informare ufficialmente i fedeli che Natale non è affatto il giorno di nascita di Gesù, ma nell´antica Roma era il «giorno natale del Sole». E sempre Wojtyla ha spiegato con delicatezza che la tradizione ortodossa della Dormizione di Maria era legittima. Senza bisogno - si può aggiungere - di immaginarsi un´Assunzione come se la Madonna salisse in cielo su un immaginario ascensore.
«La Chiesa si è spaventata degli studi esegetici di carattere storico - commenta il professor Mauro Pesce, che con Corrado Augias ha pubblicato nel 2006 il bestseller Inchiesta su Gesù - e teme che mettano in pericolo la fede della gente». Al Sinodo la parola d´ordine è il ritorno all´interpretazione «spirituale».
Certo un approccio possibile e anche giusto dal punto di vista religioso, ma che non può rimuovere i nodi che la ricerca storica ha portato alla luce. I nodi stanno lì. Aggrovigliati. Difficili a sciogliersi. E sono almeno cinque. Il parto verginale di Maria ha un sapore mitologico: lo sapeva bene Joseph Ratzinger quando era ancora un teologo senza porpora cardinalizia e scriveva nel suo libro Introduzione al cristianesimo (pubblicato in Italia dalla Queriniana nel 1969) che «la dottrina affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand´anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano. No, perché la filiazione divina di cui parla la fede, non è un fatto biologico bensì ontologico». E se i Vangeli riferiscono dei fratelli di Gesù ed è stiracchiato voler piegare la parola a «cugini».
Gesù non ha mai predicato la sua divinità. Si è sentito umano sino in fondo come emerge dal grido disperato sulla croce «Dio mio, perché mi hai abbandonato». Gesù, inserito nel clima apocalittico dell´ebraismo a lui contemporaneo, ha preannunciato un suo «ritorno» imminente che non è avvenuto. La Trinità è un´elaborazione teologica del cristianesimo, inconcepibile per l´ebraismo in cui è nato Cristo. La Chiesa non era sin dall´inizio nella mente di Cristo, ma è il prodotto di trasformazioni storiche. Affascinanti, straordinarie, ma umane.
Tutto ciò che la storia ha portato alla luce, demitizzando, in realtà non incrina quell´impulso indescrivibile che è il rapporto con il Mistero-oltre-l´uomo e oltre la realtà tangibile: chiamiamola fede. Ma può mettere in crisi l´istituzione e le autorità che si ritengono infallibilmente preposte ad annunciare la Verità. Il problema alla fine è l´origine trascendente dell´istituzione ecclesiastica. «Gesù mette in crisi l´assetto della Chiesa attuale, ma succede sempre così quando si va direttamente alla Bibbia», soggiunge lo storico Pesce. Per l´istituzione ecclesiastica è difficile spiegare l´evoluzione da Gesù al cristianesimo antico fino alla Chiesa attuale.
Con lo storico Remo Cacitti, Corrado Augias ha pubblicato recentemente un altro libro Inchiesta sul cristianesimo, sottotitolato provocatoriamente «Come si costruisce una religione». L´Avvenire, il giornale dei vescovi, lo ha criticato.
Ma c´è stato un risvolto curioso. Una prima volta è stata pubblicata una recensione di normale critica. Appena il libro ha avuto successo, l´Avvenire è tornato sull´argomento con una pagina di feroce attacco. Il problema, naturalmente, non è Augias che viene difeso dai lettori che comprano i suoi libri. La questione è la virulenza della reazione, appena una serie di dati storici viene portata in pubblico. «Con papa Ratzinger - ne è convinto lo storico Giovanni Filoramo - stiamo assistendo ad un ritorno alla tradizione, lo si vede anche dal suo discorso su Pio XII. Già prima dell´elezione papale Ratzinger contestava l´esegesi storico-critica. La domanda è se, come ha fatto nel suo libro su Gesù, si limiti a proporre un´interpretazione alternativa o se la sua linea mette in discussione la libertà di coscienza e di ricerca degli studiosi cattolici». Nelle facoltà pontificie, continua Filoramo, si avverte la difficoltà degli esegeti ad esprimersi con piena libertà. Una prima risposta viene direttamente da Benedetto XVI.
Intervenendo a braccio al Sinodo, il Papa ha reso omaggio al metodo storico-critico per i suoi contributi di «altissimo livello», che aiutano a capire che il «testo sacro non è mitologia». Ma poi ha evocato i rischi di un´interpretazione positivista o secolarista, che non offre spazio all´apparizione del divino nella storia. Al Sinodo il pontefice è già stato invitato a scrivere un´enciclica sull´interpretazione biblica. Con gli esiti che si possono immaginare.
«La grande preoccupazione della Chiesa - dice il professor Cacitti - è di mantenere il controllo sulla ricerca scientifica per paura che vi siano esiti difformi dal dogma».
Pesce ricorda un episodio molto istruttivo. «Paolo VI aveva chiesto alla Commissione biblica di fare uno studio per vedere se nelle Scritture c´erano ostacoli al sacerdozio delle donne». La conclusione delle ricerche? «La Commissione affermò che non c´erano argomenti di carattere biblico che facessero da impedimento al sacerdozio femminile. Il testo non fu pubblicato. Paolo VI escluse poi ufficialmente ogni possibilità».
Che vi siano stati dei veri e propri salti nella costruzione della Chiesa lo dimostra la vicenda del grande scrittore cristiano Lattanzio. Prima dell´editto di Costantino Lattanzio è violentemente anti-imperiale e totalmente contrario al servizio militare. Appena il cristianesimo diventa religione ufficiale, cambia linea e scrive che la guerra per la patria romana «bonum est».

martedì 21 ottobre 2008

Psicologia o religione. Un'aporia non una convivenza.

Psicologia o religione. Un'aporia non una convivenza. Una conferenza dello psicoterapeuta Sergio Martella.

Ma in Italia è un rischio scomparso

Ma in Italia è un rischio scomparso

Il Giornale del 20 ottobre 2008, pag. 10

di Giordano Bruno Guerri

Benedetto XVI ha ricordato che il fondatore del Santuario di Pompei fu, prima di convertirsi, «un militante anticlericale» dedito «anche a pratiche spiritistiche e superstiziose». Il Papa ha concluso sostenendo che «purtroppo simili tendenze non mancano nei nostri giorni». Nessuno dubita che la superstizione, deprecata dai razionalisti quanto dalla Chiesa, sia viva e vegeta, e che lo spiritismo sia addirittura in aumento. Quindi nel discorso di Benedetto XVI colpisce soprattutto il riferimento all’anticlericalismo, perché non ne sentivamo più parlare da tanto tempo. Non ne sentivamo più parlare perché l’anticlericalismo in Italia non esiste più, almeno non in quantità e forme tali da preoccupare il Pontefice.
Anzitutto intendiamoci sulla definizione. È anticlericale chi si pone aprioristicamente contro il clero, quali che siano i suoi comportamenti. Quell’anticlericalismo è stato fortissimo in Italia fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e aveva molti padri: a partire da Machiavelli, che – non a torto - considerava il clero colpevole di avere reso gli italiani «sanza religione e malvagi» con i suoi «esempi rei»; l’Illuminismo e la Rivoluzione francese ci aggiunsero del loro, per non dire dell’ostilità vaticana all’Unità d’Italia (in Toscana si dice ancora, come interloquire comune, «Accidenti a pionono!»). L’ultima e definitiva spinta venne dal socialismo ateo, che vedeva nei «preti» il principale alleato del potere economico e politico. A quell’epoca ci fu un fiorire di organizzazioni (come la Giordano Bruno), di giornali (L’Asino) e di personalità (Podrecca, Mussolini, Marinetti ecc. ecc.) carichi di anticlericalismo violento, che però aveva una ragione di essere: in un’Italia analfabeta e ancora credente in modo primitivo, il prete era davvero un’autorità che condizionava le vite delle famiglie e degli individui, che aveva seguito e credito personale, e che dunque era un avversario sociale, politico e ideologico da combattere, meglio ancora da abbattere.
Oggi i sacerdoti non godono più di quel potere, di quel prestigio, di quel credito, per non dire che sono enormemente in numero minore in rapporto alla popolazione. E credo siano pochi, davvero pochi, gli italiani ancora convinti che il basso clero, suore comprese, porti più danni che benefici. Accudiscono le scarse anime che ancora si affidano (almeno a parole) a loro e, in genere, fanno opere di bene. Non si può tacciare sbrigativamente di anticlericalismo chi, come Odifreddi, contesta più la fede che il clero, né chi è più antireligioso che anticlericale. O chi, come Curzio Maltese, fa sacrosantamente le pulci a come viene utilizzato il denaro raccolto dalla Chiesa «per opere di bene». Né chi trova scandalosi – nel senso più puramente evangelico – i preti pedofili e le coperture che hanno avuto dalle gerarchie, specialmente negli Stati Uniti. Io stesso non mi considero parte della categoria. Nei tre libri che avrei scritto «contro la Chiesa» ho analizzato l’effetto del potere politico, spesso nefasto, del Vaticano nella storia d’Italia; il funzionamento a volte discutibile dei processi di canonizzazione; i messaggi dei confessori, non sempre conciliabili con le leggi dello Stato. Ma non per questo credo che «tutti» i preti siano a priori un danno per la società o che le gerarchie ecclesiastiche non abbiano il diritto di dire, a voce forte e chiara, il loro parere sui grandi temi etici. Allo stesso modo mi sembra normale che, nella civiltà della comunicazione, il clero possa dire la sua nei mass media. E ho difeso il diritto di Benedetto XVI di parlare alla Sapienza, senza per questo sentirmi clericale.

Mi auguro però che il Papa non intenda per «anticlericalismo» le critiche che vengono mosse dai laici, come me e tanti altri, a certe posizioni etiche e morali della Chiesa, per esempio quelle sulla contraccezione, sull’eutanasia, sulla biogenetica. Sono critiche che fanno parte di un giusto, necessario e doveroso dibattito tra pensieri diversi, tipico di ogni società libera e civile: un dibattito senza il quale si avrebbe un potere religioso di tipo integralista, inaccettabile nelle società occidentali. Se la Chiesa volesse impedirlo, allora sì che nascerebbe un vero anticlericalismo. E a ragione.

lunedì 20 ottobre 2008

Ennio Montesi: Un cancro di nome religione.

Convegno di Axteismo a Apriola di Mulazzo

riportiamo dal blog della Federazione Pagana link

Convegno di Axteismo a Apriola di Mulazzo
Ho iniziato a caricare in internet i filmati relativi al convegno di Apriola di Mulazzo.
Ho caricato il primo che riguarda l’intervento di Ennio Montesi “Un cancro di nome religione”.
E' il fondatore di Axteismo e uno degli organizzatori del Convegno. Si, lo so che non è un Pagano, ma è interessante sapere che cosa LUI intende per religione e cosa riesce a comprendere di una religione.
In effetti, noi Pagani, siamo un po' perplessi davanti agli atei. Consideriamo i cristiani degli atei perché non riconoscono l'aspetto divino degli oggetti e del mondo che li circonda. Solo che questo è il nostro modo di considerare. Dobbiamo, però, conoscere anche che cosa una persona che si definisce atea che cosa percepisce e come vede le religioni. Cosa coglie di esse e in che cosa consiste il suo ateismo.

L’intervento dura 41 minuti.
E’ stato caricato tutto sulla Televisione Pagana che trasmette in serie 24 ore su 24.
La trovate all’indirizzo:

http://www.mogulus.com/paganesimo

Per non attendere tutto il ciclo di trasmissioni e vedere subito la conferenza di Ennio è sufficiente ciccare su On-Demande e aprire la cartella relativa al convegno di Apriola di Mulazzo.

Ho aperto anche un canale su YouTube in cui mettere estratti di quelle conferenze che per i loro contenuti sono vicini ai Pagani Politeisti.
In questo ho caricato un estratto della Conferenza di Ennio.

Lo trovate all’indirizzo:

http://it.youtube.com/user/ateipaganesimo

Per ora c’è solo quello, ma sto procedendo a preparare ogni intervento della conferenza per caricarli su internet.
Sulla televisione Pagana gli interventi saranno completi, per quello che sono riuscito a filmare, mentre, su YouTube ci saranno delle presentazioni. Le presentazioni saranno messe nel canale ateipaganesimo con l’eccezione della Conferenza della Di Stefano che la metterò nel canale di YouTube di Stregoneriapagana. La Di Stefano ha trattato le vicende dei Catari in un modo tanto importante che merita una considerazione particolare.
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell’Anticristo

Anatema del Papa contro gli scienziati: attratti da facili guadagni

l’Unità 17.10.08
Anatema del Papa contro gli scienziati: attratti da facili guadagni
Ricerca, Ratzinger condanna «l’arroganza di sostituirsi a Dio». E poi mette in guardia sulla «speculazione sfrenata»
di Roberto Monteforte

La scienza non è in grado di elaborare una sua etica. Deve confrontarsi con la filosofia e con la teologia per evitare che «proceda da sola in un sentiero tortuoso e non privo di rischi» e non cadere «nelle sue patologie». Lo afferma Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti al congresso sull’enciclica «Fides e Ratio» organizzato dalla Pontificia università Lateranense. Per il Papa questo non significa affatto limitare la ricerca scientifica o impedire alla tecnica di produrre «strumenti di sviluppo», quanto piuttosto di «mantenere vigile il senso di responsabilità che la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza» e - aggiunge - perché questa «permanga nel solco del suo servizio all’uomo».
Vede pericoli Ratzinger che non crede alla possibilità da parte della comunità scientifica di darsi un suo autonomo codice deontologico. Evoca il rischio che la scienza moderna anziché seguire il benessere dell'umanità, persegua «il facile guadagno o, peggio ancora, l'arroganza di sostituirsi al Creatore». Definisce la tentazione di «produrre» la natura oltre che a studiarne le verità più profonde, «una forma di hybris (arroganza) che «può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità». Parole che suonano come un vero affondo contro l’autonomia della scienza, come sfiducia verso la sua capacità di darsi autonomi riferimenti etici e di resistere alle pressioni del mercato. Una sortita che ha provocato le reazioni di figure eminenti della comunità scientifica. Critica è stata quella dell’astrofisica Margherita Hack per la quale le parole del Papa sono «fuori dal mondo». «Gli scienziati - ha detto - sono persone come tutte le altre. Tra di essi, quindi, c'è chi pensa solo ai soldi e chi invece dedica tutta la sua vita al progresso dell'umanità». «Considerato che la maggior parte degli scienziati, soprattutto quelli italiani, lavorano il più delle volte in condizioni di estrema precarietà, le dichiarazioni del Papa sono davvero fuori dal mondo». «I principi etici - ha aggiunto - non sono solo dei credenti. Il principio etico “non fare agli altri ciò che non vorresti che gli altri facciano a te” riguarda i credenti come i laici e gli atei». Hanno, invece, apprezzato le parole del Papa il fisico Antonino Zichichi e il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Enrico Garaci.
Quello sulla scienza non è stato l’unico richiamo ieri del Papa. Nel suo messaggio inviato alla Fao in occasione della giornata mondiale dell'alimentazione, Benedetto XVI ha lanciato un monito fortissimo contro la «speculazione sfrenata» che tocca i meccanismi dei prezzi e dei consumi e che finisce per colpire gli «ultimi». «Basta agli egoismi degli Stati» ha aggiunto osservando come, malgrado vi siano mezzi e risorse sufficienti per soddisfare le crescenti necessità di tutti, «nel mondo, invece, ci sono sempre più affamati». Nonostante la crisi economica mondiale - questo il suo invito - «occorre promuovere un nuovo modo di intendere la cooperazione internazionale, basato sul rispetto della dignità della persona», perché l'indirizzo economico deve essere orientato «verso la condivisione dei beni, verso il loro uso durevole e la giusta ripartizione dei benefici che ne derivano».

Il Papa a Pompei non parla di camorra ma attacca l´anticlericalismo

La Repubblica 20.10.08
Il Papa a Pompei non parla di camorra ma attacca l´anticlericalismo
di Marco Politi

POMPEI - Difendere il «ruolo fondamentale della famiglia», contrastare l´anticlericalismo attivo anche oggi. Benedetto XVI arriva a Pompei e sembra che atterri in un angolo di cielo azzurro, dove si possano esaltare le buone opere dei cristiani ignorando la criminalità organizzata. Trenta giorni fa, in questa regione, due squadre di otto killer hanno sparato centonovanta proiettili di kalashnikov per massacrare a Baia Verde e a Castelvolturno sette extracomunitari e papa Ratzinger in tre diversi interventi non pronuncia mai a Pompei la parola camorra, assassini, crimine.
Eppure il sindaco Claudio D´Alessio gli ha parlato di una terra «bella e martoriata». Il pontefice lo ringrazia per il «deferente benvenuto» e non entra in argomento. Chissà chi lo consiglia nel palazzo apostolico. C´è qualcosa di scoordinato nel lavoro di quanti in Vaticano hanno in cura i dossier preparatori dei discorsi papali. Come quando a Catania dei tifosi uccisero brutalmente l´agente di polizia Raciti e passò tempo prima che il Papa dicesse una parola.
Così succede a Pompei con la camorra. Certo, Benedetto XVI propone il Rosario come arma spirituale nella «lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società, nel mondo». Ma sono espressioni senza tempo valide a Sidney come a Colonia, a Parigi, Roma o Varsavia. Il vescovo mons. Carlo Liberati non lo aiuta. Nel suo saluto parla di prodigi che «sbocciano come primule, ciclamini e iris», elenca una serie di importanti iniziative sociali cattoliche e poi, come pericolo principale, indica la «famiglia insidiata da ogni dove».
Due ore dopo la messa, celebrata dal Papa sul sagrato del santuario, il Vaticano si rende conto della situazione paradossale. E per stoppare polemiche emana di corsa una dichiarazione. Nell´omelia e nell´Angelus, spiega il portavoce padre Ciro Benedettini, il pontefice «ha escluso di proposito di pronunciare la parola camorra». Le motivazioni? La visita a Pompei sarebbe un pellegrinaggio a dimensione strettamente spirituale. Poi c´è il fatto che la maggioranza dei campani sono persone oneste e non camorristi e quindi il silenzio del Papa va interpretato come una «questione di rispetto». Infine, Benedetto XVI di criminalità organizzata ha già parlato un anno fa a Napoli.
Spiegazioni poco convincenti tanto più che Avvenire pubblica nella pagina di Caserta una drammatica lettera del vescovo mons. Raffaele Nogaro: «La criminalità organizzata sulle nostre terre sembra onnipotente. Nulla sfugge al suo controllo. Compone vere e proprie bande armate. Non meno inquietante è la camorra praticata dai colletti bianchi. Detengono l´autorità per un profitto illecito, usano la pubblica amministrazione per interessi di parte». Dinanzi a questa coraggiosa denuncia impallidiscono le parole papali, che esortano i credenti a essere «fermento sociale e non cedere ai compromessi», combattendo ogni tipo di violenza. Per padre Benedettini, ad ogni modo, «è meglio accendere una candela che maledire l´oscurità». Proverbio cinese. Quasi 50mila fedeli hanno partecipato alla messa con papa Ratzinger. Per lui personalmente è stato anche composto un inno da mons. Baldassarre Cuomo, per lunghi anni personalità guida del santuario. Durante il rito spuntano striscioni che chiedono di fare santo l´anticlericale Bartolo Longo, poi convertitosi, che nell´Ottocento fondò il santuario della Madonna del Rosario. Benedetto XVI nell´omelia elogia Pompei come esempio di fede che rinnova la società, assiste i poveri e riscatta il territorio. «Non è una cattedrale nel deserto». Prima della conversione, spiega il Papa, Bartolo Longo era «influenzato da filosofi immanentisti e positivisti, si era allontanato dalla fede cristiana diventando un militante anticlericale e dandosi anche a pratiche spiritistiche e superstiziose». Simili tendenze, conclude, «non mancano nei nostri giorni».

mercoledì 15 ottobre 2008

Segnalazione Convegno Laico

Salve,
vi inoltro una comunicazione relativa ad un interessante Convegno Laico.
Il fenomeno dell'invadenza delle religioni monoteiste in ogni campo della società è sotto gli occhi di tutti.
Ogni giorno che passa vediamo le religione monoteiste impegnate a produrre e concretizzare nuove sofferenze.
La violenza del monoteismo viene applicata con metodo.
In Italia stiamo assistento all'impegno costante dei cristiani nell'imporre la loro visione del mondo.
I peccati, inventati e generati dalla follia cristiana, rischiano di diventare legge dello stato.
Le persone rischiano di perdere ogni diritto, anche quello sulla loro esistenza.
La sofferenza viene esalta ed imposta, il caso Welby e quello di Eulana sono la dimostrazione di come i cristiani applichino il loro gusto sadico.
La legge sulla fecondazione assistina ci fornisce un'ulteriore prova della considerazione che i cristiani nutrono nei confronti delle donne.
I politici italiani fanno a gara per dimostrarsi i più sottomessi alle richieste vaticane.
AL momento non esiste un nessun "fronte" che rivendichi in maniera costante e pressante i diritti civile delle persone.
C'è da sperare che questo convegno possa rivelarsi com un mutamento della situazione del campo laico.
Come pagano sono ben conscio che nel paganesimo i problemi creati dalle religioni monoteiste non esisterebbero. Il paganesimo non è una visione "religiosa" che ha solo cambiato nome. Nel paganesimo non esistono verità assolute, non vi è rivelazione, non vi sono detentori del sacro. Il paganesimo non ha fede e neanche dogmi.
Relativismo è una parola che non gode di molta simpatia da parte dei figli di Abramo, relativismo è una di quelle parole che posso definire il paganesimo.
Il paganesimo non distinge e non pone pone differenze tra il sacro e il profano. Questa sua caratteristica porta i pagani ad essere sempre attenti alle condizioni politiche e culturali delle società in cui si trovano a vivere. Per un politeista mediterraneo l'esempio del comportamento dei cittadini, di due grandi città cone Roma ed Atene, è il modello della partecipazione del cittadino alla vita della società.
Quanto scritto serve a far comprendere il perchè la Federazione Pagana abbia deciso di essere presente, con una sua delegazione, a questo Convegno.
Io, Claudio Simeoni e Ferdinando ci siamo presi l'incario di essere presenti a tutte e due le giornate di convegno.
Invitiamo tutti i pagani e politeisti ad essere presenti a questo convegno e ad impegnarsi a far conoscere questo incontro. Non è difficile immaginare come un simile convegno non goda di "buona stampa".
Non conosco tutti i relatori del convegno. Solo di alcuni dei relatori ho avuto la possibiltà di ascoltarli.
Alcuni di loro, nel tempo, hanno maturato una interessante critica al monoteismo e/o alla sua variante cristiana.
Ci vediamo al convegno.
Francesco Scanagatta
cell. 349 7554994

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Primo Convegno Laico Promosso da Axteismo


Sabato 18 e Domenica 19 Ottobre 2008 inizio ore 9:00
Arpiola di Mulazzo (Massa Carrara) Palestra Comunale
a disposizione ampio parcheggio gratuito
Ingresso libero

Sabato 18 Ottobre mattina:
A causa delle distanze dei paesi da cui provengono i relatori
la scaletta del programma potrebbe subire variazioni negli orari

Giuseppe Carbotti
assistente sanitario
Contraddizioni nei Testi Sacri

Emilio Salsi
cristologo e autore del libro
“Giovanni il Nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli”
Analisi storico-critica dei vangeli
www.vangeliestoria.eu

Francis Sgambelluri
professore di lettere autore del libro
“L’Indifferenza divina - Il Testamento di Orazio Guglielmini”
Possiamo, oggi, ancora credere all'esistenza di Dio?
www.francis-sgambelluri.it

Gianni Marucelli
professore e presidente Federazione Nazionale Quadri
della formazione scientifica e della ricerca
L’ambiente nell’ottica di una crescita demografica incontrollata

Segue:
Proiezione diapositive su
“Il nostro regno la Terra”

Pausa Pranzo
Sabato 18 Ottobre pomeriggio:

Nunzio Miccoli
professore e autore dei libri “Il metabolismo cristiano”
e “I fratelli siamesi”
Le repubbliche romane del medioevo
www.clerofobia.it

Giorgio Vitali
professore
La corruzione in Italia

Biagio Catalano
professore, autore del libro “Il Dio ignoto”
Storia dell'Inquisizione
www.alexamenos.it

Attilio Vanini
professore, discendente di Giulio Cesare Vanini
Giulio Cesare Vanini (Lucilio)

Segue:
Proiezione sulle torture praticate
dalla Santa Inquisizione

Domenica 19 Ottobre mattina:

Alessio De Angelis
studente di 14 anni, autore del libro “Giovanni il Galileo”
Origine delle religioni
www.ilritornodigesu.it

Ennio Montesi
scrittore e fondatore di Axteismo,
movimento internazionale di libero pensiero
Un cancro di nome religione
http://nochiesa.blogspot.com

Fiorella Di Stefano
dottore in lettere e studiosa in Storia delle religioni
I Catari

Giancarlo Tranfo
avvocato, cristologo, autore di
“La Croce di Spine
Gesù: la storia che non vi è ancora stata raccontata”
I due Messia
www.yeshua.it

Pausa Pranzo
Domenica 19 Ottobre pomeriggio:

Sergio Martella
psicoterapeuta e scrittore, autore di
“Pinocchio Eroe Anticristiano”
“Il furore di Nietzsche - La nascita dell’eroe e della differenza sessuale”
Psicologia o religione.
Una aporia non una convivenza
www.arte-e-psiche.com

Luigi Cascioli
cristologo e autore dei libri denuncia
“La favola di Cristo” e “La morte di Cristo”
La Chiesa, un gigante dai piedi d’argilla
www.luigicascioli.it

Roberto Romanella
Maria Spagna
attori teatrali di Roma
Lettura scenica: “La favola di Cristo”

Come arrivare al congresso
Ferrovia: da Stazione di Pontremoli ad Arpiola di Mulazzo, 6 km
Con mezzo proprio
per raggiungere Arpiola autostrada Parma-La Spezia uscita a Pontremoli

Pausa pranzo presso Ristorante Manhattan tel. 0187439900
adiacente alla Palestra Comunale di Arpiola di Mulazzo
convenzionato a 10 euro a pasto col seguente menù:
primo: pasta asciutta o lasagne, secondo: fettina o cinghiale, contorni vari

Per eventuale pernottamento segnaliamo gli alberghi:
El Caracol - Via Pineta, Mulazzo tel. 0187539707
La Gerla d’Oro - Loc. Montereggio tel. 0187839318
Il Rustichello - Loc. Crocetta tel. 0187439759
Park Hotel La Pineta - Loc. Gravilla di Groppoli tel. 0187850220

Informazioni sul Convegno:
Luigi Cascioli, tel. 0761910283 - info@luigicascioli.it
Axteismo, mobile 3393188116 - axteismo@yahoo.it

martedì 14 ottobre 2008

Le vittime di don Cantini puntano il dito contro chi lo ha protetto in Curia

l’Unità 14.10.08
Le vittime di don Cantini puntano il dito contro chi lo ha protetto in Curia
Papa Ratzinger riduce allo stato laicale l’ex parroco responsabile di abusi
su minori. Il portavoce delle vittime: «Ora si chiarisca il ruolo di Maniago»
di Maria Vittoria Giannotti e Osvaldo Sabato

«SIAMO soddisfatti: le nostre accuse sono state confermate puntualmente ed hanno trovato riscontro» commenta soddisfatto il portavoce delle vittime di don Lelio Cantini. Il giorno dopo la dimissione dallo stato clericale dell’ex parroco della Regina della Pace, decisa da Benedetto XVI, l’attenzione di chi ha subìto gli abusi sessuali si sposta su chi avrebbe coperto per anni nella diocesi fiorentine don Cantini.
«A questo punto mi sembra che siano altri che devono dare delle spiegazioni» aggiunge il portavoce delle vittime, prima di attaccare frontalmente il vescovo ausiliario Claudio Maniago «crediamo che sia ancora inopportuna la sua permanenza in Diocesi». Infatti resta sempre da chiarire il ruolo del vescovo ausiliare Claudio Maniago, uno dei ragazzi della parrocchia della Regina della Pace, chiamato in causa dalle vittime che lo accusano di essere stato messo a conoscenza di quanto era avvenuto e di aver sottostimato il caso. La risposta a queste accuse è arrivata, per la prima volta, ieri pomeriggio quando il vescovo ausiliario ha parlato della vicenda sulle frequenze di Radio Toscana. «Don Cantini ha tradito la fiducia e la stima della comunità ecclesiale e mi hanno sconvolto e sbigottito i fatti che lo hanno riguardato». Queste le sue parole. «I fatti che riguardano don Cantini - spiega il vescovo ausiliario - sono stati per me fonte di sconvolgimento, anzi di interiore sbigottimento». Claudio Maniago risponde anche a chi gli ha contestato il silenzio in questo scandalo «ho voluto mantenere riservatezza non perché ne avessi sottovalutato la gravità, ma perché ho voluto rispettare la discrezione richiesta da un caso così doloroso, sostenendo il delicato lavoro di discernimento che ha impegnato prima il cardinale Antonelli e poi la Santa Sede. La decisione del Papa, così nitida, aiuta a riconoscere il peccato e costituisce per il peccatore un’occasione di espiazione e di richiesta di perdono». Ma quanto dichiarato da Maniago non convince affatto le vittime. Anzi il portavoce rinnova le accuse al vescovo ausiliario «da quanto ci risulta don Cantini ha continuato a vedere la sua perpetua Rosanna Saveri e probabilmente don Claudio Maniago». L’ex parroco, secondo il portavoce delle vittime, nel convitto del Piazzale Michelangelo dove è ospite avrebbe «continuato a fare quello che voleva». Nonostante il divieto di avere contatti con l’esterno imposto a don Cantini dal cardinale Antonelli. Ora dopo il provvedimento del Papa il prete è stato dimesso dallo stato clericale e dimora vigilata: sono le due misure pesanti del Vaticano contro don Cantini. Come pesanti, del resto, sono le accuse a carico del presbitero dell’Arcidiocesi fiorentina, nato a Montespertoli 85 anni fa. La severa sentenza di papa Ratzinger è destinata a porre la parola fine su uno dei capitoli più scottanti di una vicenda senza precedenti nella storia della chiesa fiorentina, cominciata nell’aprile del 2007 con le rivelazioni di alcune parrocchiane, che denunciarono di essere stati vittime di abusi sessuali, quand’erano bambine e poco più che adolescenti. Ora chi è rimasto vittima degli abusi fa appello al nuovo vescovo di Firenze Giuseppe Betori, che a fine ottobre prenderà il posto di Ennio Antonelli, per cambiare realmente pagina. E la sentenza del Papa contro don Cantini è sicuramente un punto fermo. Su questa vicenda sta indagando anche la Procura con i pm Fabio Canessa e Fedele La Terza. Inchiesta che, però, rischia di arenarsi. I fatti risalgono agli anni compresi tra il 1973 e il 1987: i tempi per la prescrizione sono già trascorsi. La Procura è al lavoro su questo fronte. «Bisogna che qualcuno parli, che racconti ai giudici se ha subìto violenze dopo il 1987» è l’appello del portavoce delle vittime..

sabato 11 ottobre 2008

Tutte le classi a messa protesta dei genitori

La Repubblica 11.10.08
A Ronciglione, a 50 chilometri da Roma
Tutte le classi a messa protesta dei genitori

La funzione durante l´orario di lezione. Il preside: i ragazzi esonerati dalla religione? Una esigua minoranza

ROMA - Per festeggiare l´inizio dell´anno scolastico, tutti gli alunni a messa. Non importa se in classe c´è chi è esonerato dalle ore di religione, se ci sono bambini e ragazzi altre fedi e altre culture: la maggioranza ha deciso e i ragazzi dovranno seguire la funzione cattolica. Accade vicino a Roma, all´Istituto Comprensivo Marianna Virgili di Ronciglione, scuola che comprende elementari e medie. Nonostante le proteste di un gruppetto di genitori laici, che avevano chiesto che la messa si svolgesse al di fuori dell´orario scolastico, la preside e il collegio dei docenti hanno affermato che la richiesta di quei genitori rappresentava soltanto «un´esigua minoranza», e pertanto non poteva essere accolta.
Così Beatrice Nardi e Felice Antonelli, genitori di due ragazzi esonerati dall´ora di religione, (e lasciati nei corridoi a giocare), dopo aver protestato (invano) per la scelta degli organi dirigenti di aprire l´anno scolastico con una messa, hanno deciso di rendere pubblica, con una lettera, la vicenda dell´istituto di Ronciglione. «Abbiamo chiesto solamente quello che la legge sancisce - si legge nella lettera - cioè che la messa si svolgesse al di fuori dell´orario scolastico. Con protervia e arroganza ci è stato risposto ufficialmente che i tre organi collegiali (Preside, Collegio dei Docenti, Consiglio di Istituto) avevano deciso all´unanimità la partecipazione alla Funzione e che la nostra richiesta non poteva essere accettata "in quanto rappresentativa di una esigua minoranza"». Ma non era la scuola il luogo dove tutti, anche appunto, le «esigue minoranze» dovevano trovare voce e dignità, così come dice la Costituzione? Altrove forse, ma non all´Istituto Virgili di Ronciglione, dove si decide a maggioranza. «È questo il rispetto che una dirigenza scolastica riserva ai loro studenti? È così che i professori - si chiedono Nardi e Antonelli - difendono i ragazzi che sono stati affidati loro, approvando all´unanimità una proposta che veda discriminati gli alunni perché figli di genitori diversi per cultura o credo religioso?».

Accuse a un altro prete: «Molestava mio figlio»

Messaggero Veneto link

Il religioso chiamato in causa non è lo stesso coinvolto nell’inchiesta partita in marzo e sfociata, in settembre, in una perquisizione all’istituto salesiano di via Don Bosco
Accuse a un altro prete: «Molestava mio figlio»
Una mamma si è rivolta ai carabinieri riferendo episodi che sarebbero accaduti al Bearzi tra il 2005 e il 2007. All’epoca dei fatti il ragazzo aveva 11-12 anni

Una mamma friulana si è presentata dai carabinieri per segnalare presunte attenzioni a sfondo sessuale cui sarebbe stato sottoposto suo figlio mentre si trovava all’istituto salesiano Bearzi. Il religioso cui ha fatto riferimento questa madre non è lo stesso coinvolto nell’inchiesta partita in marzo e sfociata, i primi di settembre, nella perquisizione di un sacerdote sessantenne attualmente in servizio nella struttura. Si tratterebbe, invece, di un altro prete che, negli anni scorsi, ha lavorato anche in via Don Bosco.
Il ragazzo – nel periodo in cui sarebbero avvenuti i fatti denunciati da sua madre – aveva 11-12 anni e gli anni scolastici su cui ora si indaga sono quelli compresi tra il 2005 e il 2007.
Le dichiarazioni della donna giungono dopo quelle di un ventisettenne che, in primavera, aveva fornito agli investigatori elementi che, al termine di una prima fase di indagine, hanno indotto la Procura della Repubblica a disporre una perquisizione al Bearzi. Il destinatario è stato un prete nei confronti del quale è stato ipotizzato il reato di violenza sessuale su minorenne.
La testimonianza della signora è stata raccolta dagli uomini del Nucleo investigativo, il reparto che già da marzo sta svolgendo accertamenti sulla prima denuncia. Il secondo esposto, come detto, è arrivato da pochi giorni, ma sembra aver fornito agli investigatori elementi rilevanti su cui lavorare. Il contenuto delle dichiarazioni della donna, al momento, è coperto dal riserbo, perchè l’indagine è in pieno svolgimento. Da quanto si è potuto apprendere dalla stessa madre, che ha contattato il nostro giornale, la vicenda è emersa quando suo figlio le ha detto di non voler più vedere quel religioso che, fino a poco tempo prima, era stato per lui un importante punto di riferimento. A quel punto il ragazzo è stato tolto dalla scuola.
Intanto, continua il lavoro della Procura di Udine sulla segnalazione di marzo, quando un giovane di 27 anni ha riferito che tra il 1995 e il 1999 (ossia dai suoi 14 anni ai 18) sarebbe stato vittima di atti di carattere sessuale. Il ragazzo era stato affidato alla sezione dell’istituto che si occupa di bambini che, per qualche motivo, non possono essere seguiti dalla famiglia. Le attività di verifica dei carabinieri sono culminate il 4 settembre scorso nella perquisizione dell’alloggio e dello studio del religioso, un sessantenne che da tempo fa parte della comunità salesiana. I militari dell’Arma, coordinati dal tenente Fabio Pasquariello, hanno esaminato anche il computer personale del religioso e tutti i suoi cd. Il sacerdote era presente al momento dei controlli ed è stato assistito dal direttore dell’istituto, don Dino Marcon, indicato come persona di fiducia. Gli esiti della perquisizione non si conoscono, ma i responsabili dell’istituto salesiano hanno voluto precisare che gli inquirenti non hanno trovato nulla di quanto stavano cercando. Il sopralluogo è stato comunque ritenuto interessante dagli investigatori che sono coordinati dai pm Matteo Tripani e Lorenzo Del Giudice.
(10 ottobre 2008)

venerdì 10 ottobre 2008

I prof di religione pagati meglio e sempre più numerosi

I prof di religione pagati meglio e sempre più numerosi

L'Unità del 9 ottobre 2008, pag. 11

di Maristella Iervasi

«Ogni anno scolastico vengo assunto in settembre e licenziato in giugno. Non ne posso più. Il mio stipendio, pur avendo una cattedra a 18 ore come tutti gli insegnanti a tempo indeterminato non cresce di un euro. Resta fermo a 1200 al mese. È un’ingiustizia di parità lavorativa. Uno scandalo». Così l’estate scorsa, Pino La Satta, 35 anni, da 7 anni docente precario di diritto, economia e con una specializzazione anche in sostegno presso un istituto professionale a Campobasso, ha avviato un ricorso. Ha colto al balzo la vertenza sulla conciliazione lavorativa lanciata in tutta Italia dalla Flc-Cgil. E spera di poter procedere davanti al giudice del lavoro per costituire un precedente, in forza di una sentenza della Corte di Giustizia Europea pronunciata sul caso di una lavoratrice spagnola precaria di 12 anni che al momento dell’assunzione ha chiesto il riconoscimento dell’anzianità pregressa.



«Ho fatto i calcoli - sottolinea il professore precario - ho perso finora 4mila euro lordi. Mentre ci sono altri docenti che hanno gli scatti pur essendo precari come me. Sono intoccabili, perfino dai tagli della Gelmini». Il riferimento è agli insegnanti di religione, che vengono pagati dallo Stato e nominati dal Vicariato su organici regionali. Oltre 2Smila prof di fede cattolica privilegiati da sempre: sia che siano supplenti precari che di ruolo. Uno caso che pone la questione della violazione del principio di uguaglianza c sul quale la Commissione Europea ha aperto un dossier. Bruxelles, dopo l’esposto del deputato radicale Maurizio Turco, pretende adesso spiegazioni dal governo Berlusconi. Ma come stanno le cose?



La Gelmini per volontà di Tremonti ha deciso che la scuola deve dimagrire di 87.400 posti docenti, di cui 30mila solo nelle elementari. Ma la mannaia creativa e l’ha dichiarato il ministro stesso a Porta a Porta - non riguarda gli insegnanti di religione. Che restano sempre dei privilegiati. I loro stipendi crescono del 2% circa ogni 2 anni sia da semplici supplenti che di ruolo. Mentre tutti agli altri insegnanti a cui si applica il contratto devono sottostare a tempi più lunghi per l’avanzamento di carriera: 6-7 anni, i cosiddetti gradoni. Mentre i precari di matematica o italiano restano al palo.



Il tutto è frutto della revisione dei Patti Lateranensi sottoscritti nel 1984 dal presidente Bettino Craxi e dal cardinal Agostino Casaroli. A cui seguì una legge, la n.186 del 18 luglio 2003: «Norie sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica negli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado».



E l’accordo Miur-Cei del 23 ottobre 2003, tra l’allora ministro dell’Istruzione Letizia Moratti e il cardinal Camillo Ruini. Prima di allora gli insegnanti di religione erano sì scelti dalle Curie e pagati dallo Stato ma non potevano entrare di ruolo. Ogni anno dovevano essere riconfermati con il placet del vescovo ma rischiavano di restare precari a vita, fermi al primo livello stipendiale. Da qui la scelta di maggiori tutele rispetto agli altri insegnanti: dopo 4 anni consecutivi di lavoro a scuola, il diritto degli scatti biennali. Con la legge del 2003 si prospetta però la loro stabilizzazione. Ma quel privilegio non viene cancellato. Vige tuttora. Le prime assunzioni con Moratti, bel 2005-2006: 9.229 insegnanti su complessivi 24.412 precari. Le assunzioni successive, conce d’intesa con la Chiesa, avvengono gradualmente di 3mila unità nel 2005-2006 e nel 2007-2008, coprendo fino 70%: 15mila posti docente in totale; il 30% è supplente.

Aborto, stop alla Lombardia sulla regola delle 22 settimane

Corriere della Sera 9.10.08
Consiglio di Stato Respinto il ricorso della Regione. La Cgil: splendida giornata
Aborto, stop alla Lombardia sulla regola delle 22 settimane
Formigoni: ma negli ospedali resterà tutto come prima
Otto medici si erano rivolti alla magistratura contro le linee guida. I legali: «Riconosciuta la libertà professionale»
di Rita Querzé

MILANO — Stop del Consiglio di Stato alle linee guida della Regione Lombardia in materia di legge 194. Il ricorso contro le norme regionali sull'aborto era stato avviato da otto medici milanesi supportati dalla Cgil. Nel maggio scorso il Tar ha dato ragione ai camici bianchi e al sindacato. La Regione non si è arresa e ha impugnato il provvedimento davanti al Consiglio di Stato. Speranze deluse: con l'ordinanza 5311 di martedì scorso il massimo organo della giustizia amministrativa ha respinto il ricorso.
Materia del contendere: la settimana entro la quale possono essere praticati gli aborti terapeutici. La legge 194 lascia al medico la possibilità di decidere. Comunque vieta l'aborto dal momento in cui il feto è in grado di sopravvivere in modo autonomo. Di fatto in molti ospedali l'aborto terapeutico è praticato fino alla ventiquattresima settimana. Nel gennaio scorso il cambio di rotta in Regione Lombardia: nuove linee guida hanno autorizzato l'aborto terapeutico solo fino alla ventiduesima settimana e tre giorni. Motivazione: «Nei nostri ospedali, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, i feti possono vivere di vita autonoma già dalla ventiduesima settimana », spiegava la Regione.
Adesso il pronunciamento del Consiglio di Stato soddisfa la Cgil. Il segretario generale della confederazione in Lombardia, Nino Baseotto: «È una splendida giornata per le donne, i loro diritti, la loro libertà di scelta». E ancora: «Siamo di fronte a una sentenza destinata a fare giurisprudenza, ora mi auguro che la Regione voglia riaprire il confronto su questi temi».
Ma le prime dichiarazioni uscite ieri dal Pirellone non parlano di dialogo. Rappresentano piuttosto una Lombardia sempre in trincea sul tema «aborto». In sostanza, secondo la Regione, i medici degli ospedali lombardi hanno già deciso liberamente di fermare gli aborti alla ventiduesima settimana e tre giorni invece che alla ventiquattresima. Il tutto attraverso codici etici interni. E nel pieno rispetto della 194 che lascia, appunto, la decisione ai medici stessi. «L'ideologia si illude di aver vinto contro l'evidenza scientifica, che viene invocata solo quando fa comodo — si scalda il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni —. Quella della Cgil è una vittoria di Pirro perché negli ospedali lombardi niente cambierà».
Dal canto suo la giustizia amministrativa non è mai entrata nel merito dei termini dell'aborto terapeutico. «Il Tar ha ritenuto che le linee guida regionali andassero sospese perché ledevano la libertà professionale del medico. È il medico, infatti, che in base alla 194 deve decidere sui termini in cui l'aborto terapeutico è accettabile», spiega Vittorio Angiolini, l'avvocato che (insieme con Ileana Alesso e Marilisa D'Amico) ha rappresentato le istanze degli otto medici che si sono rivolti al Tar. Per conoscere le motivazioni che hanno ispirato la decisione del Consiglio di Stato bisognerà aspettare ancora qualche ora. Il loro deposito è atteso entro oggi.

Prof di religione, privilegiati di Dio

l’Unità 9.10.08
Prof di religione, privilegiati di Dio
I prof di religione pagati meglio e sempre più numerosi
Per loro non ci sono tagli. E i precari nominati dal Vicariato prendono anche lo scatto biennale di anzianità
di Maristella Iervasi

«OGNI ANNO scolastico vengo assunto in settembre e licenziato in giugno. Non ne posso più. Il mio stipendio, pur avendo una cattedra a 18 ore come tutti gli insegnanti a tempo indeterminato non cresce di un euro. Resta fermo a 1200 al mese. È un’ingiustizia di parità lavorativa. Uno scandalo». Così l’estate scorsa, Pino La Satta, 35 anni, da 7 anni docente precario di diritto, economia e con una specializzazione anche in sostegno presso un istituto professionale a Campobasso, ha avviato un ricorso. Ha colto al balzo la vertenza sulla conciliazione lavorativa lanciata in tutta Italia dalla Flc-Cgil. E spera di poter procedere davanti al giudice del lavoro per costituire un precedente, in forza di una sentenza della Corte di Giustizia Europea pronunciata sul caso di una lavoratrice spagnola precaria di 12 anni che al momento dell’assunzione ha chiesto il riconoscimento dell’anzianità pregressa.
«Ho fatto i calcoli - sottolinea il professore precario - ho perso finora 4mila euro lordi. Mentre ci sono altri docenti che hanno gli scatti pur essendo precari come me. Sono intoccabili, perfino dai tagli della Gelmini». Il riferimento è agli insegnanti di religione, che vengono pagati dallo Stato e nominati dal Vicariato su organici regionali. Oltre 25mila prof di fede cattolica privilegiati da sempre: sia che siano supplenti precari che di ruolo. Uno caso che pone la questione della violazione del principio di uguaglianza e sul quale la Commissione Europea ha aperto un dossier. Bruxelles, dopo l’esposto del deputato radicale Maurizio Turco, pretende adesso spiegazioni dal governo Berlusconi. Ma come stanno le cosè?
La Gelmini per volontà di Tremonti ha deciso che la scuola deve dimagrire di 87.400 posti docenti, di cui 30mila solo nelle elementari. Ma la mannaia creativa - e l’ha dichiarato il ministro stesso a Porta a Porta - non riguarda gli insegnanti di religione. Che restano sempre dei privilegiati. I loro stipendi crescono del 2% circa ogni 2 anni sia da semplici supplenti che di ruolo. Mentre tutti agli altri insegnanti a cui si applica il contratto devono sottostare a tempi più lunghi per l’avanzamento di carriera: 6-7 anni, i cosidetti gradoni. Mentre i precari di matematica o italiano restano al palo.
Il tutto è frutto della revisione dei Patti Lateranensi sottoscritti nel 1984 dal presidente Bettino Craxi e dal cardinal Agostino Casaroli. A cui seguì una legge, la n.186 del 18 luglio 2003: «Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica negli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado». E l’accordo Miur-Cei del 23 ottobre 2003, tra l’allora ministro dell’Istruzione Letizia Moratti e il cardinal Camillo Ruini. Prima di allora gli insegnanti di religione erano sì scelti dalle Curie e pagati dallo Stato ma non potevano entrare di ruolo. Ogni anno dovevano essere riconfermati con il placet del vescovo ma rischiavano di restare precari a vita, fermi al primo livello stipendiale. Da qui la scelta di maggiori tutele rispetto agli altri insegnanti: dopo 4 anni consecutivi di lavoro a scuola, il diritto degli scatti biennali. Con la legge del 2003 si prospetta però la loro stabilizzazione. Ma quel privilegio non viene cancellato. Vige tutt’ora. Le prime assunzioni con Moratti, bel 2005-2006: 9.229 insegnanti su complessivi 24.412 precari. Le assunzioni successive, come d’intesa con la Chiesa, avvengono gradualmente di 3mila unità nel 2005-2006 e nel 2007-2008, coprendo fino 70%: 15mila posti docente in totale; il 30% è supplente.

mercoledì 8 ottobre 2008

Gerusalemme, i monaci litigano e il Santo Sepolcro rischia il crollo

Gerusalemme, i monaci litigano e il Santo Sepolcro rischia il crollo

Il Giornale del 8 ottobre 2008, pag. 16

di Gian Micalessin

«Salvate la basilica del Santo Sepolcro». Il grido d'allarme per uno dei simboli della morte e della resurrezione di Gesù Cristo arriva da Israele. E suona a dir poco devastante. Lo storico monastero di Deir Al Sultan, costruito sopra la tomba più sacra della Cristianità, è ormai pericolante e rischia di travolgere una parte della basilica mettendo a repentaglio le vite dei visitatori. La secolare contesa tra i monaci della chiesa egiziano-copta, che rivendica la proprietà del monastero, e la chiesa ortodossa etiope, che ne occupa da oltre un secolo le due cappelle e le 36 celle, rende impossibile qualsiasi opera di restauro. Dopo anni di stallo e degrado la situazione è così precaria da far temere il peggio.

«Quella costruzione è ormai un pericolo per la vita umana» sancisce il rapporto di un ingegnere mandato a valutare la situazione del complesso religioso. Il resoconto consegnato dalla Milav, la ditta di costruzioni israeliana a cui la Chiesa Etiope s'è rivolta per una consulenza, non è molto diverso. «Il complesso versa in uno stato di evidente rischio - scrivono i tecnici della Milav –, le strutture evidenziano una serie di danni perimetrali e determinano un serio azzardo per la vita dei monaci che ci vivono e per quella dei visitatori. Ci troviamo di fronte ad un'emergenza, soprattutto per il pericolo di un improvviso cedimento in grado di ripercuotersi sulle chiese vicine».

Il vecchio monastero rischia insomma di crollare da un momento all'altro seppellendo monaci e turisti sotto le proprie rovine e quelle del sottostante Santo Sepolcro. Neppure gli appelli e gli interventi del governo israeliano, che sin dal 2004 si offre di pagare i costi del restauro, sono sufficienti a sbloccare una situazione ormai sul punto di precipitare. Nel senso più letterale del termine.

Il nodo della contesa, come tutte quelle legate all'utilizzo del Santo Sepolcro da parte dei diversi ordini religiosi che l'occupano, ha origini antiche. A dar retta ai monaci etiopi tutto inizia nel 1838 quando gli egiziani copti li buttano fuori dalla basilica a colpi di bastone e li costringono a rifugiarsi su una delle terrazze sovrastanti il tetto. Relegati lì sopra, ma decisi a non mollare, gli etiopi iniziano a far la spola tra il nuovo rifugio e la valle di Kidron per far scorta di acqua e argilla e costruirsi quel rifugio di terracotta che prenderà il nome di monastero di Deir Al Sultan.

I monaci copti, non paghi di essersi levati di torno i concorrenti, rivendicano la proprietà di quel fungo di fango costruito sull'ala della basilica sotto il proprio controllo. A complicare ulteriormente la disputa contribuisce il decreto del 1863 con cui il governo ottomano vieta qualsiasi restauro che alteri forma o struttura dei luoghi santi, pena la perdita di ogni diritto di proprietà o controllo per chi ordina o esegue gli ammodernamenti. L'editto, accettato da tutte le Chiese, è ancor oggi fonte d'angoscia. I monaci etiopi, pur riconoscendo e lamentando lo stato di totale degrado del loro monastero, rifiutano di ordinarne il restauro per timore di fornire ai rivali copti la scusa per sloggiarli definitivamente e chiedono al governo di Gerusalemme di assumersi ogni responsabilità.

Esasperato da tante infinite bizantinerie il ministero degli Interni israeliano ha già chiarito la sua posizione, finanzierà tutti restauri necessari, ma non muoverà un dito fino a quando gli antichi rivali non raggiungeranno un accordo e la smetteranno di ballare sull'orlo precipizio.

Discriminante far scegliere i professori dalla Chiesa

La Repubblica 8.10.08
Discriminante far scegliere i professori dalla Chiesa
La Commissione di Bruxelles accoglie un esposto che ritiene violato il principio di uguaglianza
I dubbi della Ue sui docenti di religione "Assunti in base alla fede, l´Italia spieghi"
di Alberto D’Argenio

BRUXELLES - In Italia per diventare insegnante di religione, anche in una scuola pubblica, bisogna ottenere il via libera del vescovo. Una prassi in vigore dai Patti lateranensi del 1929 ma entrata in collisione con le regole europee che vietano qualsiasi forma di discriminazione in ragione del credo religioso di un lavoratore. E per vederci chiaro Bruxelles ha aperto un dossier e inviato una richiesta di informazioni al governo Berlusconi. Il caso nasce da una denuncia alla Commissione europea promossa dal deputato radicale Maurizio Turco, dall´avvocato Alessandro Nucara e dal fiscalista Carlo Pontesilli. Le accuse del pool radicale sono molto precise e si fondano sulle regole cardine dell´Unione europea. Afferma infatti la direttiva comunitaria del 2000 contro la discriminazione che un lavoratore non può essere discriminato per ragioni «fondate sulla religione". Ma c´è di più, visto che la parità di trattamento a prescindere dalla confessione è garantita anche dalla Dichiarazione universale dell´Onu, richiamata dal Trattato di Maastricht, e dalla Convenzione europea sui diritti dell´uomo. E, a quanto sembra, la regola in vigore da ottant´anni e confermata nel 1985 in seguito al rinnovo dei Patti firmato da Bettino Craxi va in un´altra direzione.
L´avallo vescovile, è la tesi radicale, rappresenta infatti una violazione delle regole comunitarie. A non andare è soprattutto la diversità di trattamento tra i professori di religione e quelli delle altre materie: chi vuole insegnare, infatti, deve svolgere un corso di abilitazione di un anno e poi sperare di diventare precario, prima tappa della sua incerta carriera. Chi insegna religione, sottolinea la denuncia recapitata a Bruxelles, invece deve solo ottenere la nomina vescovile (fatti salvi alcuni requisiti professionali) godendo dunque di un trattamento privilegiato vietato dalla Ue. E ovviamente va da sé che un ateo o un non cattolico non può diventare docente di religione, con palese discriminazione rispetto a chi è credente. Ma non finisce qui, visto che c´è anche una disparità di trattamento retributivo tra i circa 23 mila insegnanti di religione e gli altri, con i primi che prendono più soldi dei secondi. Prassi bocciata a luglio dalla giustizia italiana, che ha condannato il ministero dell´istruzione a parificare lo stipendio di un professore che ha fatto ricorso aprendo la strada a nuove singole denunce (in Italia non esiste il ricorso collettivo). Argomentazioni che hanno fatto breccia a Bruxelles, con la direzione generale Affari sociali e pari opportunità della Commissione europea che a cavallo dell´estate ha chiesto una serie di informazioni al governo riservandosi di decidere sul caso solo quando avrà letto la risposta, attesa a breve. Insomma, non si tratta ancora di una procedura formale contro l´Italia, ma l´invio di un questionario significa che la Ue nutre seri dubbi sulla legalità della nostra legge. Esattamente come avvenuto nel 2007, quando Bruxelles ha chiesto una serie di informazioni sui colossali sgravi fiscali accordati alla Chiesa. Un dossier, questo, ancora al vaglio della Commissione che, secondo diversi interlocutori, prende tempo viste le ingombranti pressioni politiche che spingono per un´archiviazione.