Corriere della Sera 9.10.08
Consiglio di Stato Respinto il ricorso della Regione. La Cgil: splendida giornata
Aborto, stop alla Lombardia sulla regola delle 22 settimane
Formigoni: ma negli ospedali resterà tutto come prima
Otto medici si erano rivolti alla magistratura contro le linee guida. I legali: «Riconosciuta la libertà professionale»
di Rita Querzé
MILANO — Stop del Consiglio di Stato alle linee guida della Regione Lombardia in materia di legge 194. Il ricorso contro le norme regionali sull'aborto era stato avviato da otto medici milanesi supportati dalla Cgil. Nel maggio scorso il Tar ha dato ragione ai camici bianchi e al sindacato. La Regione non si è arresa e ha impugnato il provvedimento davanti al Consiglio di Stato. Speranze deluse: con l'ordinanza 5311 di martedì scorso il massimo organo della giustizia amministrativa ha respinto il ricorso.
Materia del contendere: la settimana entro la quale possono essere praticati gli aborti terapeutici. La legge 194 lascia al medico la possibilità di decidere. Comunque vieta l'aborto dal momento in cui il feto è in grado di sopravvivere in modo autonomo. Di fatto in molti ospedali l'aborto terapeutico è praticato fino alla ventiquattresima settimana. Nel gennaio scorso il cambio di rotta in Regione Lombardia: nuove linee guida hanno autorizzato l'aborto terapeutico solo fino alla ventiduesima settimana e tre giorni. Motivazione: «Nei nostri ospedali, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, i feti possono vivere di vita autonoma già dalla ventiduesima settimana », spiegava la Regione.
Adesso il pronunciamento del Consiglio di Stato soddisfa la Cgil. Il segretario generale della confederazione in Lombardia, Nino Baseotto: «È una splendida giornata per le donne, i loro diritti, la loro libertà di scelta». E ancora: «Siamo di fronte a una sentenza destinata a fare giurisprudenza, ora mi auguro che la Regione voglia riaprire il confronto su questi temi».
Ma le prime dichiarazioni uscite ieri dal Pirellone non parlano di dialogo. Rappresentano piuttosto una Lombardia sempre in trincea sul tema «aborto». In sostanza, secondo la Regione, i medici degli ospedali lombardi hanno già deciso liberamente di fermare gli aborti alla ventiduesima settimana e tre giorni invece che alla ventiquattresima. Il tutto attraverso codici etici interni. E nel pieno rispetto della 194 che lascia, appunto, la decisione ai medici stessi. «L'ideologia si illude di aver vinto contro l'evidenza scientifica, che viene invocata solo quando fa comodo — si scalda il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni —. Quella della Cgil è una vittoria di Pirro perché negli ospedali lombardi niente cambierà».
Dal canto suo la giustizia amministrativa non è mai entrata nel merito dei termini dell'aborto terapeutico. «Il Tar ha ritenuto che le linee guida regionali andassero sospese perché ledevano la libertà professionale del medico. È il medico, infatti, che in base alla 194 deve decidere sui termini in cui l'aborto terapeutico è accettabile», spiega Vittorio Angiolini, l'avvocato che (insieme con Ileana Alesso e Marilisa D'Amico) ha rappresentato le istanze degli otto medici che si sono rivolti al Tar. Per conoscere le motivazioni che hanno ispirato la decisione del Consiglio di Stato bisognerà aspettare ancora qualche ora. Il loro deposito è atteso entro oggi.
Consiglio di Stato Respinto il ricorso della Regione. La Cgil: splendida giornata
Aborto, stop alla Lombardia sulla regola delle 22 settimane
Formigoni: ma negli ospedali resterà tutto come prima
Otto medici si erano rivolti alla magistratura contro le linee guida. I legali: «Riconosciuta la libertà professionale»
di Rita Querzé
MILANO — Stop del Consiglio di Stato alle linee guida della Regione Lombardia in materia di legge 194. Il ricorso contro le norme regionali sull'aborto era stato avviato da otto medici milanesi supportati dalla Cgil. Nel maggio scorso il Tar ha dato ragione ai camici bianchi e al sindacato. La Regione non si è arresa e ha impugnato il provvedimento davanti al Consiglio di Stato. Speranze deluse: con l'ordinanza 5311 di martedì scorso il massimo organo della giustizia amministrativa ha respinto il ricorso.
Materia del contendere: la settimana entro la quale possono essere praticati gli aborti terapeutici. La legge 194 lascia al medico la possibilità di decidere. Comunque vieta l'aborto dal momento in cui il feto è in grado di sopravvivere in modo autonomo. Di fatto in molti ospedali l'aborto terapeutico è praticato fino alla ventiquattresima settimana. Nel gennaio scorso il cambio di rotta in Regione Lombardia: nuove linee guida hanno autorizzato l'aborto terapeutico solo fino alla ventiduesima settimana e tre giorni. Motivazione: «Nei nostri ospedali, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, i feti possono vivere di vita autonoma già dalla ventiduesima settimana », spiegava la Regione.
Adesso il pronunciamento del Consiglio di Stato soddisfa la Cgil. Il segretario generale della confederazione in Lombardia, Nino Baseotto: «È una splendida giornata per le donne, i loro diritti, la loro libertà di scelta». E ancora: «Siamo di fronte a una sentenza destinata a fare giurisprudenza, ora mi auguro che la Regione voglia riaprire il confronto su questi temi».
Ma le prime dichiarazioni uscite ieri dal Pirellone non parlano di dialogo. Rappresentano piuttosto una Lombardia sempre in trincea sul tema «aborto». In sostanza, secondo la Regione, i medici degli ospedali lombardi hanno già deciso liberamente di fermare gli aborti alla ventiduesima settimana e tre giorni invece che alla ventiquattresima. Il tutto attraverso codici etici interni. E nel pieno rispetto della 194 che lascia, appunto, la decisione ai medici stessi. «L'ideologia si illude di aver vinto contro l'evidenza scientifica, che viene invocata solo quando fa comodo — si scalda il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni —. Quella della Cgil è una vittoria di Pirro perché negli ospedali lombardi niente cambierà».
Dal canto suo la giustizia amministrativa non è mai entrata nel merito dei termini dell'aborto terapeutico. «Il Tar ha ritenuto che le linee guida regionali andassero sospese perché ledevano la libertà professionale del medico. È il medico, infatti, che in base alla 194 deve decidere sui termini in cui l'aborto terapeutico è accettabile», spiega Vittorio Angiolini, l'avvocato che (insieme con Ileana Alesso e Marilisa D'Amico) ha rappresentato le istanze degli otto medici che si sono rivolti al Tar. Per conoscere le motivazioni che hanno ispirato la decisione del Consiglio di Stato bisognerà aspettare ancora qualche ora. Il loro deposito è atteso entro oggi.