sabato 31 luglio 2010

Case extra-lusso dov’era l’asilo delle suore

Case extra-lusso dov’era l’asilo delle suore
30 luglio 2010, IL TIRRENO - LIVORNO

Società livornese compra il complesso del Sacro Cuore per realizzare 14 appartamenti

Della vendita si occupa la Lloyd, prezzi da 360 a 750mila euro

Appartamenti extra-lusso al posto delle scuole gestite dall’associazione religiosa.

In via del Pastore, zona Ardenza terra, nell’edificio che fino a giugno scorso ha ospitato le scuole materne ed elementari che fanno capo alla fondazione Sacro Cuore sorgeranno 14 appartamenti. Proprietaria dell’immobile era la Chiesa, che fino a giugno ha dato in gestione il complesso alla fondazione religiosa. Dopo il Sacro Cuore ha dovuto lasciare l’edificio, che è stato acquistato dalla Formentera srl, società con un capitale sociale di 10.000 euro formata da imprenditori dell’area livornese, che entro due anni ha intenzione di realizzare in via del Pastore 14 appartamenti. Si tratterà di abitazioni di pregio, vista la posizione e la conformazione dell’edificio. Ad occuparsi della commercializzazione sarà la Lloyd immobiliare di Livorno.
«Saranno costruiti 14 appartamenti - dice Juan Carlos Gallo, titolare della Lloyd e imprenditore tra i proprietari della società Formentera - con relativo posto auto. Sei saranno nella villa, ossia il corpo verticale dell’attuale complesso di via del Pastore, e altri 8 nel restante corpo orizzontale».
I prezzi per acquistare questi appartamenti-gioiello? Dipenderà dalla metratura. Il progetto prevede abitazioni dai 75 ai 120 metri quadrati, alcuni dei quali dotati di giardino (quello usato dai bambini che frequentavano le scuole della fondazione Sacro Cuore) oppure di ampie terrazze abitabili. «I prezzi previsti - dice Gallo - vanno dai 360.000 ai 750.000 euro. I lavori dovrebbero partire entro la fine dell’anno, in modo che il nuovo complesso sia pronto all’inizio del 2012. La vendita ancora non è partita, ci sono prenotazioni per due o tre appartamenti nella villa, ma senza la firma di alcun compromesso».
A.C.

«I nostri figli resteranno senza scuola»
Allarmate le mamme: l’associazione religiosa deve ancora cominciare la ristrutturazione del nuovo edificio, come faremo a settembre?

ANNA CECCHINI


LIVORNO. Hanno paura che con la vendita dell’edificio gestito dal Sacro Cuore i loro figli, a settembre prossimo, non abbiano un luogo dove andare a scuola. A lanciare l’allarme una ventina di mamme i cui bambini, fino a metà del giugno scorso, frequentavano la scuola materna di via del Pastore. Bambini che, secondo i piani della fondazione, a settembre dovrebbero essere trasferiti in un nuovo edificio in via Pietro Nenni, ristrutturato appositamante per ospitare le classi di scuola materna.
«A febbario del passato anno scolastico - dicono le mamme - la direzione della scuola ci ha confermato lo spostamento della materna in un’altra struttura già defnita, che però necessitava di alcuni lavori, dato che prima ospitava una scuola di danza. La data di inizio lavori era indicata per marzo 2010, ma l’intervento è ancora da iniziare». Molte mamme, fiduciose nelle rassicurazioni della scuola, hanno evitato di iscrivere i loro bimbi, per precauzione, anche a asili comunali o statali. «Adesso - dicono le mamme - se la scuola non aprirà in tempo, i nostri figli resteranno fuori da tutto. Alla fondazione le bocche sono cucite, ma noi ci chiediamo come faremo a settembre, porteremo i figli con noi al lavoro?».
Dal canto suo la fondazione Sacro Cuore assicura che l’intervento di ristrutturazione del nuovo edificio da destinare a scuola materna è stato avviato: «l’auspicio - dicono alla scuola - è che l’asilo si riesca ad aprire il 15 settembre, con l’avvio dell’anno scolastico».
Sul futuro dei bambini iscritti alla materna del Sacro Cuore, che ospita tre sezioni per un totale di circa ottanta piccoli, interviene anche la dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, Elisa Amato. «Si tratta di una scuola paritaria - dice - la cui sorveglianza è affidata al nostro ufficio. La fondazione ci ha presentato i documento per avviare i lavori, quindi presumiamo che siano partiti, ancora però non abbiamo il certificato igienico sanitario Asl e quello per l’abitabilità rilasciato dal Comune. La fondazione deve presentarceli entro la fine di agosto, insieme al numero di iscritti e sezioni previste, così che noi dell’ufficio possiamo andare a controllare per dare l’ok all’avvio dell’anno scolastico».

domenica 25 luglio 2010

"La Chiesa deve risarcire le vittime dei preti pedofili"

La Repubblica 5.7.10
Bruxelles, appello del ministro della Giustizia Stefaan De Clerck
"La Chiesa deve risarcire le vittime dei preti pedofili"

BRUXELLES - La chiesa belga deve prendere iniziative per incontrare le vittime degli abusi sessuali commessi da preti, e per risarcirle in modo adeguato. È quanto chiede il ministro uscente della Giustizia Stefaan De Clerck. Il risarcimento «potrebbe essere un indenizzo pecuniario, ma la Chiesa dovrebbe studiare caso per caso il modo migliore per dare alle vittime un risarcimento di quanto hanno subito», ha dichiarato De Clerck al quotidiano fiammingo «Het Nieuwsblad». Il ministro riferisce che la grande maggioranza dei 475 dossier sequestrati durante le ultime perquisizioni, il 24 giugno scorso negli uffici della commissione Adriaenssens (creata nell´ambito della chiesa per il trattamento delle vittime di pedofilia) riguarda fatti che risalgono a 30, 40 e 50 anni. Fatti che quindi non possono essere perseguiti dalla giustizia in quanto reati prescritti. Per De Clerck dunque è la Chiesa che dovrebbe assumere l´iniziativa di andare incontro alle vittime: «Se non è possibile applicare la giustizia, la Chiesa deve incontrare le vittime, testimoniare loro rispetto e confessare gli errori commessi», suggerisce De Clerck. Ciò può essere fatto in modi diversi: con la punizione dei preti colpevoli, il loro licenziamento, il versamento di un indennizzo alla vittima. «Gli abusi sessuali su bambini non potranno mai essere cancellati, ma un risarcimento economico - rileva De Clerck - potrà favorire il processo di riparazione».
Una posizione, quella di De Clerck, condivisa da gran parte dei magistrati belgi, molti dei quali sospettano che la Chiesa fiamminga abbia voluto sistematicamente coprire i sacerdoti pedofili. Intanto è stato confermato che il cardinale Godfried Danneels, ex primate del Belgio, sarà presto interrogato. Durante il blitz della polizia del 24 giugno scorso all´arcivescovado di Bruxelles, era stata perquisita infatti anche l´abitazione di Danneels, in carica dal 1979 al 2009. Danneels sarebbe chiamato in causa per il caso di abuso di un minore da parte del vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe.

mercoledì 21 luglio 2010

Preti pedofili negli Usa Primo processo al Vaticano

l’Unità 1.7.10
Preti pedofili negli Usa Primo processo al Vaticano
I vertici vaticani possono essere processati per gli abusi sessuali commessi dai preti negli Usa. Così ha stabilito la Corte Suprema. E subito in California il difensore di una vittima dei preti pedofili denuncia la Santa Sede.
di Gabriel Bertinetto

Il Vaticano può essere processato. La Corte Suprema americana lunedì scorso ha detto sì alla richiesta di un avvocato di Minneapolis, che assiste le vittime di abusi sessuali commessi da preti pedofili. La sentenza riguarda una causa in particolare, intentata da un ex-chierichetto dell’Oregon, molestato negli anni sessanta dal sacerdote irlandese Andrew Ronan. Ma è chiaro che il precedente fissato dal massimo organo di giustizia statunitense potrebbe innescare una reazione a catena.
DURO COLPO
Per la Santa Sede il colpo è duro. I suoi legali avevano chiesto che fosse riconosciuta ai rappresentanti del Vaticano all’estero l’immunità che, secondo la legge degli Usa, sarebbe prerogativa degli Stati sovrani. La Corte Suprema si è rifiutata di applicare questa sorta di privilegio extraterritoriale e ha concesso il nullaosta a procedere. Vuol dire, afferma il presidente
del Tribunale Vaticano, Giuseppe Della Torre, che ci considerano una «corporation, una multinazionale». Ma ogni Chiesa nazionale «ha una sua propria autonomia -afferma Della Torre, secondo il quale «è contradditorio considerare da un lato la Chiesa una corporation, dall’altro intrattenere con la Santa Sede relazioni diplomatiche».
Imbarazzo oltre Tevere. Piena soddisfazione a Los Angeles, dove l’avvocato Jeff Anderson, incassato il successo nella causa dell’Oregon, passa all’attacco e denuncia il Vaticano per un’altra dolorosa storia di violenze sessuali. Protagonista padre Jim, alias Titian Miani, un salesiano di 83 anni, che nel corso della sua attività pastorale, «ha fatto almeno 13 vittime, e malgrado ciò ha continuato a svolgere il suo servizio».
ABUSI INSABBIATI
Anderson accusa i vertici della Santa Sede, i superiori dell’ordine salesiano, e i vescovi responsabili di una scuola a Bellflower, in California, di avere insabbiato il caso. Padre Jim fu arrestato nel 2003 per un caso di pedofilia poi caduto in prescrizione, ma aveva alle spalle altre tre denunce riguardanti fatti avvenuti negli anni quaranta, quando era un seminarista. Sono i ripetuti abusi subiti da un ragazzo di 13 anni, prima durante un ritiro spirituale in Italia, poi in un collegio a Edmonton in Canada, e poi nella diocesi di Stockton, in California, allora diretta dal cardinale Roger Mahoney.
L’avvocato sostiene che «il Vaticano era stato avvertito, ma il Papa e la congregazione per la dottrina della fede non rimossero» il religioso. Anzi a Bellflower fu incaricato dei rapporti con gli studenti senza che né gli allievi né le famiglie fossero avvertiti» delle sue malefatte. In quella scuola abusò di quattro minorenni fra cui un ragazzo di 15 anni e le sue due sorelline.
«Per molti anni -incalza Andersongli ordini religiosi con base a Roma hanno trasferito con impunità all’estero i sacerdoti pedofili per evitare di fare i conti con la giustizia».
La Chiesa rischia di essere condannata a pagare pesanti risarcimenti. Proprio ieri un giudice del Delaware ha aperto alle vittime di preti pedofili un fondo di investimento da 120 milioni di dollari amministrato dalla diocesi di Wilmington in bancarotta. A Boston l'arcidiocesi ha messo in vendita beni ecclesiastici tra cui il palazzo dell'Arcivescovo per pagare gli indennizzi. Nel 2008 la Società salesiana di Los Angeles accettò di pagare 19 milioni e mezzo di dollari per chiudere 17 vertenze.
Ma l’avvocato Anderson sostiene che per il momento, più ancora dei soldi che può ottenere a vantaggio dei suoi assistiti, gli interessa che escano dagli archivi vaticani i nomi dei preti pedofili ancora segreti.

martedì 20 luglio 2010

Documenti inediti sul finanziamento inutile concesso al Vaticano

Documenti inediti sul finanziamento inutile concesso al Vaticano
di Marco Lillo e Marco Occhipinti
“Il Fatto Quotidiano”, 26 giugno 2010

La lettera che inchioda il Vaticano e Arcus porta la data del 16 dicembre del 2005. Monsignor Francesco Di Muzio, allora capo dell’amministrazione di Propaganda Fide, scrive a Francesca Nannelli, responsabile del procedimento per il finanziamento erogato alla Curia dalla società Arcus Spa, di proprietà del Tesoro ma controllata dai ministeri dello Spettacolo e delle Infrastrutture. Il carteggio tra Arcus e Vaticano che Il Fatto Quotidiano pubblica in esclusiva documenta i retroscena inediti e le bugie pubbliche raccontate per giustificare un contributo relativo al palazzo di Piazza di Spagna.

Quello stabile è la sede della Congregazione che oltre a occuparsi dell’evangelizzazione dei popoli nel mondo è dedita anche a una frenetica attività immobiliare nella Capitale. Ora la storia del contributo ha attirato l’attenzione della Procura di Perugia. I magistrati che stanno indagando sulla cricca dei lavori pubblici, hanno iscritto nel registro degli indagati il ministro delle infrastrutture dell’epoca, Piero Lunardi, e l’allora Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, Crescenzio Sepe, per corruzione. L’ipotesi dei pm Sergio Sottani e Alessia Tavernesi è che esista una relazione tra l’acquisto nel 2004 di un palazzo nel centro di Roma per “soli” 3 milioni di euro (ne valeva il doppio) da parte della famiglia Lunardi e il contributo di 2,5 milioni erogato nel 2005 di concerto con il dicastero delle Infrastrutture, retto in quel periodo dallo stesso Lunardi. I magistrati ieri hanno preso contatto con il legale del cardinale Crescenzio Sepe perché vogliono interrogarlo per chiarire il giallo del finanziamento che era stato oggetto di polemiche e servizi televisivi di Rai e Mediaset e poi di un’inchiesta interna della Corte dei Conti. Allora, l’unica voce che si ostinava a denunciare lo scandalo di un finanziamento statale che fino a quel momento sembrava ammontare solo a 2,5 milioni di euro, pagati per un’opera pubblica mai realizzata, era quella del segretario generale della Uil per i beni culturali: Gianfranco Cerasoli. Ora quella tesi coincide con l’ipotesi investigativa dei pm perugini: il contributo sarebbe stato erogato da Arcus nonostante i lavori previsti nella convenzione tra la società del Tesoro e Propaganda Fide non sono mai stati realizzati.

La lettera di monsignor Angelo Di Muzio e il carteggio che pubblichiamo (comprendente anche una missiva firmata dal successore di Sepe, il cardinale Ivan Dias) sembrano confermare la tesi dell’accusa. Nella convenzione del 2005, il finanziamento statale è legato inscindibilmente ai lavori futuri per la realizzazione di una Pinacoteca e di un percorso museale che sarebbe stato fruibile dalla cittadinanza italiana. Mentre nelle lettere riservate tra Vaticano e Arcus il medesimo finanziamento è finalizzato a coprire le spese già sostenute da Propaganda Fide per un restauro che nulla ha a che vedere con la Pinacoteca. Monsignor Di Muzio, un personaggio legato all’Opus Dei e molto influente nella Curia, ex braccio destro dell’attuale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe e ben inserito anche nei ministeri grazie anche ad Angelo Balducci, scrive ad Arcus: “restituisco la bozza della convenzione con apportate piccole modifiche. In particolare segnalo che sarebbe opportuno che il finanziamento venga erogato secondo le scadenze indicate in bozza, in considerazione del notevole esborso sino ad ora sostenuto dalla Congregazione per l’avanzato stato dei lavori”. La lettera è anomala per tre elementi. Non è normale che il soggetto finanziato da una società pubblica (solo formalmente privata come è la Spa Arcus) si permetta di dettare i tempi e le scadenze dei pagamenti al finanziatore. Inoltre Propaganda Fide non fa mistero di avere bisogno di un ingente pagamento in tempi brevi perché c’è stato “un notevole esborso per l’avanzato stato dei lavori”. La terza anomalia è che il soggetto che dovrebbe sorvegliare il corretto uso dei soldi pubblici è inquilino del sorvegliato. Infatti Francesca Nannelli abita in uno dei palazzi più belli di Propaganda Fide, in via del Governo vecchio, a due passi da Piazza Navona. Il nome della signora Nannelli era già emerso nelle cronache quando si era scoperto che l’appartamento (nel quale convive con il subcommissario della ricostruzione in Abruzzo, Luciano Marchetti) era stato ristrutturato da Diego Anemone e figurava nella sua lista. A parte l’innegabile conflitto di interessi, anche i tempi non tornano: il decreto ministeriale che approva il programma di Arcus con il finanziamento di Propaganda Fide viene firmato dal ministro Buttiglione e dal collega Lunardi il 20 luglio del 2005. Il 29 novembre 2005 il consiglio di Arcus approva e appena 16 giorni dopo Propaganda Fide già parla di “avanzato stato lavori” e chiede un pagamento immediato per “l’esborso notevole già sostenuto”. Ancor prima che il contratto tra Arcus e Vaticano sia firmato. Nella sua mail, Di Muzio chiedeva all’inquilina di Propaganda Fide un’accelerazione dei pagamenti. Nella convenzione firmata il 23 dicembre del 2005 tra il direttore generale di Arcus Ettore Pietrabissa e il cardinale Sepe, Propaganda Fide ottiene un trattamento di lusso: un milione e mezzo di euro entro 30 giorni dalla firma, solo “previa comunicazione dell’effettivo avvio delle attività”; altri 500 mila euro entro 90 giorni salvo un generico “monitoraggio” di Arcus. Solo il restante mezzo milione di euro è legato alla “verifica dell’effettiva conclusione positiva delle attività connesse al progetto”.

Nell’articolo 6 della convenzione tra Arcus e Propaganda Fide, che Il Fatto Quotidiano ha ottenuto in copia, è previsto come termine del progetto il 31 dicembre del 2006. L’articolo 8 prevede che il finanziamento sia revocato in caso di utilizzo “per finalità diverse” oppure qualora il contraente “non completi il progetto nei termini”. Ancora oggi, quattro anni dopo i termini della convenzione, la Pinacoteca aperta al pubblico, prevista come ragione del finanziamento con i soldi dei contribuenti italiani, non esiste. Nel 2009 la trasmissione Presa diretta di Rai tre mostrò l’inadempimento di Propaganda Fide con le sue telecamere. Immediatamente Arcus pubblicò un comunicato nel quale si sosteneva che del “finanziamento complessivo di euro 2,5 milioni a oggi sono stati condotti e terminati i lavori pari a euro 2 milioni regolarmente rendi-contati. Fanno eccezione le sole attività relative alla Pinacoteca che non hanno ancora visto l’avvio. Il relativo finanziamento”, sosteneva Arcus nel settembre del 2009, “di euro 500 mila (a saldo dell’intero finanziamento di 2,5 milioni) verrà erogato solo a seguito della positiva conclusione dei lavori”. Il comunicato di Arcus presenta due incongruenze importanti e sembra nascondere la verità per annullare l’impatto negativo delle inchieste televisive. Innanzitutto il finanziamento previsto nella convenzione del dicembre 2005 era stato erogato interamente, come provato da un documento in possesso del Fatto Quotidiano: una lettera firmata dal cardinale Ivan Dias, nella quale il prefetto di Propaganda Fide e successore di Sepe, scrive al direttore generale di Arcus Ettore Pietrabissa: “mi pregio di comunicarLe che questa Congregazione ha ricevuto l’importo di 2,5 milioni di euro quale contributo relativo al primo finanziamento”. Tutto il contributo, quindi. Ed ecco la seconda incongruenza: al contrario di quanto sostenuto allora ufficialmente da Arcus e Propaganda Fide, il contributo complessivo era di 5 milioni di euro, spalmati in due anni: 2005 e 2006. Anche perché la novità del doppio contributo (con una seconda convenzione stipulata nel 2007) è stata rivelata da Arcus solo pochi giorni fa. E i sospetti aumentano. Perché quando le tv si occuparono della Pinacoteca fantasma, Arcus e Propaganda Fide sostenevano la tesi del “finanziamento complessivo di 2,5 milioni erogato solo in parte”? Forse perché questa tesi era l’unica che non imponeva una seconda domanda: perché - se Propaganda Fide non aveva rispettato la prima convenzione - era stata pagata interamente e finanziata per altri 2,5 milioni di euro nel 2007? A queste domande risponderanno i pm di Perugia. Intanto il segretario dei radicali Mario Staderini chiede al ministero e alla Corte dei Conti di agire per l’integrale restituzione del finanziamento a causa dell’inadempimento contrattuale.

domenica 18 luglio 2010

Arcus preme sulla Curia per la consegna dei lavori

Arcus preme sulla Curia per la consegna dei lavori
di Marco Lillo e Marco Occhipinti
“Il Fatto Quotidiano”, 1° lug. 2010

DOPO LA MOSSA DELLA CORTE DEI CONTI CHE CHIEDE INDIETRO I 5 MILIONI STANZIATI PER PROPAGANDA FIDE

Forse è la volta buona? La pinacoteca nel palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, pagata con i soldi degli italiani, sarà davvero realizzata e aperta al pubblico? Ettore Pietrabissa, il direttore generale di Arcus, la società di proprietà pubblica che finanzia l’arte, giura di sì. E stavolta ha un interesse personale a mantenere la promessa. Lunedì 21 giugno Pietrabissa si era presentato negli uffici di piazza di Spagna della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e, dopo aver fatto un giro con monsignor Ermes Viale, responsabile amministrativo di Propaganda Fide, ha detto al prelato: “Stavolta la Congregazione deve rispettare i tempi e consegnare tutto entro il 31 ottobre del 2010 perché questa cosa mi sta esplodendo addosso”. Pietrabissa è stato un buon profeta: la Corte dei Conti gli ha appena spedito una contestazione per quel contributo. Così, dopo la procura di Perugia e dopo le inchieste giornalistiche del Fatto Quotidiano, anche la magistratura contabile ha scoperto che qualcosa non va nel finanziamento di 4,5 milioni di euro già incassato da Propaganda Fide per la “pinacoteca fantasma” di piazza di Spagna. Il viceprocuratore di Roma Bruno Tridico ha firmato l'invito a dedurre (mediante il quale si formalizzano le accuse nel giudizio contabile) e ha chiesto ai funzionari di Arcus di motivare i loro atti oppure di restituire i soldi elargiti con tanta generosità alla Curia. Il finanziamento era già finito nel mirino dei pm di Perugia Alessia Tavernesi e Sergio Sottani che hanno iscritto nel registro degli indagati il cardinale Crescenzio Sepe, allora prefetto della congregazione, e l’ex ministro Pietro Lunardi. Ora la Corte dei Conti punta a recuperare i soldi chiedendoli direttamente a chi doveva controllarne il buon utilizzo.

La storia è nota: nel 2005 il ministero dei beni culturali e quello delle infrastrutture allora guidato proprio da Lunardi stanziano 5 milioni di euro per restaurare la sede della Congregazione e aprirne una al pubblico realizzando una pinacoteca. Il finanziamento è diviso in due tranche uguali. L'intero contributo del 2005 e ben due milioni sui 2,5 milioni del 2006 sono stati pagati dalla società pubblica Arcus senza battere ciglio nonostante della pinacoteca aperta al pubblico non vi fosse l'ombra. “L'unica colpa che ammetto è quella di avere permesso un ritardo a Propaganda Fide senza revocare il contributo”, spiega Ettore Pietrabissa, il direttore generale di Arcus al Fatto, “ma ero di fronte a un bivio: se avessi revocato il finanziamento, ne sarebbe nata una vertenza e addio pinacoteca. Avevo spiegato tutto il 9 giugno al procuratore Tridico e pensavo di averlo convinto. Evidentemente non è così. Mi sento come Alberto Sordi in 'detenuto in attesa di giudizio' ma spero di riuscire a dimostrare di avere operato nel giusto”.

Due settimane fa il procuratore Tridico ha firmato l'invito a dedurre contro Pietrabissa e contro il direttore amministrativo Gianluca Colabove e la responsabile del progetto Francesca Nannelli, della quale Il Fatto Quotidiano si era già occupato svelando che era ed è inquilina di Propaganda Fide. Pietrabissa la difende: “paga 1700 euro, non mi pare possibile ipotizzare uno scambio tra queste due situazioni anche perché sono io che decidevo tutto. La pratica è finita a lei per puro caso”. La procura di Perugia si concentra su Lunardi e il cardinale Sepe. L'ipotesi dei pm perugini è che l'elargizione del contributo a Propaganda Fide sia collegata alla svendita di un palazzo alla famiglia del ministro Lunardi per soli 3 milioni di euro mentre lo stabile, ubicato nel centro storico di Roma, ne valeva più del doppio. Ora si muove addirittura la Procura contabile che ritiene illegittima la concessione del finanziamento, rafforzando così l'ipotesi di accusa dei pm umbri.

Per dare un senso all'elargizione dei fondi pubblici di Arcus a uno Stato estero, il contributo fu collegato nel decreto interministeriale del luglio 2005 all'apertura al pubblico di una pinacoteca che sarebbe stata costruita da Propaganda Fide. In tal modo si giustificava anche l'intervento di Arcus, una società nata per promuovere la cultura degli italiani e non per ristrutturare le fondamenta dei palazzi Vaticani. Ora, con qualche anno di ritardo, la Corte dei Conti si sveglia e scopre il giochino: Arcus secondo il procuratore Tridico si sarebbe accollata «lavori che in realtà erano già stati effettuati». Non solo: come già avevamo spiegato negli articoli dei giorni scorsi su Il Fatto Quotidiano, la società pubblica (che pure era tenuta a fare il monitoraggio e a revocare il finanziamento in caso di inadempimento) non ha preteso secondo la Procura della Corte dei Conti «il rispetto dei termini».
Il punto di contatto tra l'inchiesta della Procura della Corte dei Conti e quella dei pm di Perugia è il ruolo di Lunardi. Secondo i magistrati contabili, «con nota del 21 ottobre 2005 il capo di gabinetto del ministro Lunardi segnalava per un esame prioritario in vista dell’imminente riunione del Cda di Arcus alcuni progetti, tra i quali quello in questione. E il direttore generale di Arcus, in sede di audizione personale, evidenzia la non frequente prassi seguita nell’occasione dal ministero. Tra gli atti c’è anche un’altra nota del 31 gennaio 2006 del direttore centrale Carolina Botti dalla quale si evince l’interessamento diretto del ministro Lunardi alle convenzioni firmate, tra le quali quelle in esame».

Arcus preme sulla Curia per la consegna dei lavori

Arcus preme sulla Curia per la consegna dei lavori
di Marco Lillo e Marco Occhipinti
“Il Fatto Quotidiano”, 1° lug. 2010

DOPO LA MOSSA DELLA CORTE DEI CONTI CHE CHIEDE INDIETRO I 5 MILIONI STANZIATI PER PROPAGANDA FIDE

Forse è la volta buona? La pinacoteca nel palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, pagata con i soldi degli italiani, sarà davvero realizzata e aperta al pubblico? Ettore Pietrabissa, il direttore generale di Arcus, la società di proprietà pubblica che finanzia l’arte, giura di sì. E stavolta ha un interesse personale a mantenere la promessa. Lunedì 21 giugno Pietrabissa si era presentato negli uffici di piazza di Spagna della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e, dopo aver fatto un giro con monsignor Ermes Viale, responsabile amministrativo di Propaganda Fide, ha detto al prelato: “Stavolta la Congregazione deve rispettare i tempi e consegnare tutto entro il 31 ottobre del 2010 perché questa cosa mi sta esplodendo addosso”. Pietrabissa è stato un buon profeta: la Corte dei Conti gli ha appena spedito una contestazione per quel contributo. Così, dopo la procura di Perugia e dopo le inchieste giornalistiche del Fatto Quotidiano, anche la magistratura contabile ha scoperto che qualcosa non va nel finanziamento di 4,5 milioni di euro già incassato da Propaganda Fide per la “pinacoteca fantasma” di piazza di Spagna. Il viceprocuratore di Roma Bruno Tridico ha firmato l'invito a dedurre (mediante il quale si formalizzano le accuse nel giudizio contabile) e ha chiesto ai funzionari di Arcus di motivare i loro atti oppure di restituire i soldi elargiti con tanta generosità alla Curia. Il finanziamento era già finito nel mirino dei pm di Perugia Alessia Tavernesi e Sergio Sottani che hanno iscritto nel registro degli indagati il cardinale Crescenzio Sepe, allora prefetto della congregazione, e l’ex ministro Pietro Lunardi. Ora la Corte dei Conti punta a recuperare i soldi chiedendoli direttamente a chi doveva controllarne il buon utilizzo.

La storia è nota: nel 2005 il ministero dei beni culturali e quello delle infrastrutture allora guidato proprio da Lunardi stanziano 5 milioni di euro per restaurare la sede della Congregazione e aprirne una al pubblico realizzando una pinacoteca. Il finanziamento è diviso in due tranche uguali. L'intero contributo del 2005 e ben due milioni sui 2,5 milioni del 2006 sono stati pagati dalla società pubblica Arcus senza battere ciglio nonostante della pinacoteca aperta al pubblico non vi fosse l'ombra. “L'unica colpa che ammetto è quella di avere permesso un ritardo a Propaganda Fide senza revocare il contributo”, spiega Ettore Pietrabissa, il direttore generale di Arcus al Fatto, “ma ero di fronte a un bivio: se avessi revocato il finanziamento, ne sarebbe nata una vertenza e addio pinacoteca. Avevo spiegato tutto il 9 giugno al procuratore Tridico e pensavo di averlo convinto. Evidentemente non è così. Mi sento come Alberto Sordi in 'detenuto in attesa di giudizio' ma spero di riuscire a dimostrare di avere operato nel giusto”.

Due settimane fa il procuratore Tridico ha firmato l'invito a dedurre contro Pietrabissa e contro il direttore amministrativo Gianluca Colabove e la responsabile del progetto Francesca Nannelli, della quale Il Fatto Quotidiano si era già occupato svelando che era ed è inquilina di Propaganda Fide. Pietrabissa la difende: “paga 1700 euro, non mi pare possibile ipotizzare uno scambio tra queste due situazioni anche perché sono io che decidevo tutto. La pratica è finita a lei per puro caso”. La procura di Perugia si concentra su Lunardi e il cardinale Sepe. L'ipotesi dei pm perugini è che l'elargizione del contributo a Propaganda Fide sia collegata alla svendita di un palazzo alla famiglia del ministro Lunardi per soli 3 milioni di euro mentre lo stabile, ubicato nel centro storico di Roma, ne valeva più del doppio. Ora si muove addirittura la Procura contabile che ritiene illegittima la concessione del finanziamento, rafforzando così l'ipotesi di accusa dei pm umbri.

Per dare un senso all'elargizione dei fondi pubblici di Arcus a uno Stato estero, il contributo fu collegato nel decreto interministeriale del luglio 2005 all'apertura al pubblico di una pinacoteca che sarebbe stata costruita da Propaganda Fide. In tal modo si giustificava anche l'intervento di Arcus, una società nata per promuovere la cultura degli italiani e non per ristrutturare le fondamenta dei palazzi Vaticani. Ora, con qualche anno di ritardo, la Corte dei Conti si sveglia e scopre il giochino: Arcus secondo il procuratore Tridico si sarebbe accollata «lavori che in realtà erano già stati effettuati». Non solo: come già avevamo spiegato negli articoli dei giorni scorsi su Il Fatto Quotidiano, la società pubblica (che pure era tenuta a fare il monitoraggio e a revocare il finanziamento in caso di inadempimento) non ha preteso secondo la Procura della Corte dei Conti «il rispetto dei termini».
Il punto di contatto tra l'inchiesta della Procura della Corte dei Conti e quella dei pm di Perugia è il ruolo di Lunardi. Secondo i magistrati contabili, «con nota del 21 ottobre 2005 il capo di gabinetto del ministro Lunardi segnalava per un esame prioritario in vista dell’imminente riunione del Cda di Arcus alcuni progetti, tra i quali quello in questione. E il direttore generale di Arcus, in sede di audizione personale, evidenzia la non frequente prassi seguita nell’occasione dal ministero. Tra gli atti c’è anche un’altra nota del 31 gennaio 2006 del direttore centrale Carolina Botti dalla quale si evince l’interessamento diretto del ministro Lunardi alle convenzioni firmate, tra le quali quelle in esame».

giovedì 15 luglio 2010

La lobby del mattone benedetta dal Vaticano

La lobby del mattone benedetta dal Vaticano
CORRADO ZUNINO
LUNEDÌ, 28 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA
ROMA - Quattro imprese edili gradite al Vaticano e approdate, sulla scorta degli stretti rapporti con la Santa Sede, sopra gli appalti della Protezione civile. È l´ultimo filone d´inchiesta individuato dalla procura di Firenze, dalla quale è partita l´inchiesta G8. In quattro casi gli inquirenti hanno certificato un percorso inverso rispetto alla "Anemone costruzioni": grazie alla saldatura di un´amicizia con i vertici del mattone pubblico, il gentiluomo del Papa Angelo Balducci in particolare, Anemone nel tempo era diventato uomo di fiducia del Vaticano e di Propaganda Fide.
Per accedere agli uffici pontifici, hanno accertato in procura, bisognava essere presentati, quindi passare un esame fiduciario. La famiglia Navarra ne è un esempio. Certifica un´attività edilizia dalla fine dell´Ottocento e dal 1975, attraverso la Italiana costruzioni, si è consolidata sui cantieri pubblici più vari - la terza corsia del Grande raccordo anulare di Roma, il nuovo centro di Roma, Maxxi per le arti contemporanee, Palazzo Ducale a Genova, due caserme a Milano e Lecco - trovando parallelamente ascolto in Vaticano. I tecnici del Governatorato, con la supervisione del direttore dei Musei vaticani Antonio Paolucci, hanno scelto infatti di affidare ai Navarra il restauro del colonnato del Bernini di piazza San Pietro, commessa da 20 milioni da portare a termine nel 2015. L´azienda romana, che vanta tecniche di restauro sofisticate, nel corso del Giubileo prese il restauro delle otto cupole lignee, della biblioteca e della penitenzieria della basilica di Sant´Antonio da Padova. Nel 2003 ottenne dal provveditorato alle Opere pubbliche del Lazio (guidato da Balducci) il cantiere per la nuova sede della Corte d´appello di Roma: Navarra affidò la progettazione all´architetto Paolo Cuccioletta, già alto funzionario pubblico e amico di Fabio De Santis. Nel 2005, ancora, la Italiana costruzioni si è aggiudicata la ristrutturazione del famoso palazzo di Propaganda Fide in piazza di Spagna, 15 milioni, cinque dei quali finanziati dai ministeri dei Beni culturali e delle Infrastrutture (è la partita che ha garantito l´avviso di garanzia per corruzione all´ex ministro Lunardi e all´arcivescovo Sepe). Vicini a Balducci, ma anche a Bertolaso, i Navarra nel 2008 hanno fatto man bassa degli appalti dei Mondiali di ciclismo di Varese: 54 milioni di commesse sui 75 disponibili. La "Varese 2008 scarl", controllata, realizzò perlopiù tangenziali. C´è un´inchiesta aperta.
Un altro riferimento edile di Balducci era la Pessina Costruzioni, colosso lombardo-piemontese oggi impegnato in "Malpensa 2000", alla nuova sede della Regione Lombardia e al Teatro delle Vittorie a Roma. Ha lavorato nel post-terremoto aquilano e in una lunga serie di partite vaticane e cattoliche: ristrutturazione di immobili in via della Conciliazione a Roma e nell´oratorio di Santa Marta presso la basilica vaticana, per la realizzazione di un parcheggio interrato nella Città del Vaticano e per il nuovo atrio di accesso della Pontificia Università Lateranense. Ancora, la Pessina ha messo mano al restauro del monastero di Assisi, all´ampliamento dell´ospedale di Treviso e della casa di cura di Brescia, rette entrambe dall´Istituto Figlie di San Camillo.
A cavallo tra la Santa sede e i ministeri è la Dromos restauri dell´ingegner Cosima Arcieri, società vicina all´ex direttore dei Beni culturali nel Lazio, Luciano Marchetti, oggi vice-commissario in Abruzzo, nonché affittuario di una casa di Propaganda Fide. Dromos si è aggiudicata i lavori nella Pontificia Università Gregoriana di piazza della Pilotta, finanziati per 1,8 milioni dallo Stato, e ha realizzato restauri in dodici chiese romane. In questo crogiolo di scambi edili prende corpo un interessante filone di rapporti che, passando per l´architetto Federica Galloni, successore di Marchetti alla direzione dei Beni culturali nel Lazio, porta a Paolo Berlusconi e ancora al Vaticano. Anello di congiunzione sono i fratelli Facchini, professionisti con studio a Roma, autori di un intervento sul palazzo dell´ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Uno dei due fratelli ha disegnato la trasformazione in albergo dell´ex ospedale militare della Maddalena, mai aperto. In una telefonata intercettata l´architetto fiorentino Marco Casamonti (indagato per truffa ai danni dello Stato) dice: «Pare che l´abbia progettato un certo Facchini, dice che è una cosa orrenda... Sarà l´uomo di Balducci». E l´architetto Tito Boeri: «No, peggio, lui è l´architetto del Papa, il fratello è uno degli architetti di Berlusca... Della Giovampaola mi ha detto che sono dei cani, però non li possiamo mandare via perché uno lavora per Berlusconi e uno per il Vaticano». Il giorno dopo Valerio Carducci dell´azienda Giafi (truffa ai danni dello Stato) rivela a Casamonti: «Sono andato alla riunione con questo architetto Facchini e nella stanza c´era il fratello del presidente».

Nella scuola dei tagli aumentano i prof di religione

La Repubblica 2.7.10
Più 1,5% rispetto al 2009 unico dato in controtendenza
Nella scuola dei tagli aumentano i prof di religione
di Salvo Intravaia

È l´unico dato in controtendenza. Per il resto meno cattedre e classi, e precari espulsi
In 12 mesi gli insegnanti di ruolo sono diminuiti del 4%, i bidelli e i tecnici del 6%

ROMA - Per la scuola italiana travolta dai tagli, l´unico segno più è per gli insegnanti di Religione. Il ministero dell´Istruzione ha appena pubblicato l´annuale dossier dal titolo "La scuola statale – sintesi dei dati, anno scolastico 2009/2010": il corposo volume di 342 pagine che contiene tutti i numeri dell´anno appena trascorso. Una pubblicazione di routine, che quest´anno però riserva una sorpresa: in mezzo a tanti segni meno, rispetto al 2008/2009 una delle poche voci che cresce è quella dei docenti di Religione. È lo stesso ministero a certificarlo. Il confronto con un anno fa consegna un quadro della scuola italiana con sacrifici per tutti, dagli alunni disabili ai precari, tranne che per gli insegnanti di Religione. Un dato che appare in netta controtendenza col taglio delle classi e con il lento ma graduale spopolamento delle aule quando sale in cattedra il docente individuato dal vescovo. Quella dei docenti che impartiscono l´unica ora di lezione facoltativa prevista dall´ordinamento scolastico italiano è questione che ha destato sempre polemiche.
Quando nel 2004 l´allora ministro dell´Istruzione, Letizia Moratti, pensò di stabilizzarli attraverso due distinti concorsi il mondo politico-sindacale si spaccò in due. Anche perché tra i titoli necessari per accedere al concorso, riservato a coloro che avevano prestato servizio per almeno 4 anni negli ultimi dieci (dal 1993/1994 al 2002/2003), occorreva essere in possesso dell´idoneità rilasciata dall´ordinario diocesano. Ma il secondo governo Berlusconi non si curò troppo delle polemiche e bandì ugualmente il concorso, che nel settembre 2005 consentì per la prima volta nella storia dello Stato italiano l´immissione in ruolo dei primi 9167 docenti di Religione. Da allora il loro numero è sempre cresciuto, fino alla cifra record (26.326 unità) dell´anno scolastico appena archiviato. I quasi 14 mila prof di ruolo, in leggera flessione rispetto a 12 mesi fa, sono stati abbondantemente compensati dai colleghi precari: 12.446 in tutto. Nel frattempo, la scuola italiana è stata oggetto di tagli senza precedenti. Nel triennio 2009/2012 spariranno 133 mila cattedre per un totale di 8 miliardi di euro. Ma non solo: l´incremento degli alunni disabili (da 175.778 a 181.177 unità) è stato fronteggiato con un taglio netto di oltre 300 cattedre di sostegno. Quasi 37 mila alunni in più sono stati stipati in 4 mila classi in meno. E sono diminuiti persino i plessi scolastici: 92 in meno. È toccato al personale della scuola pagare il prezzo più alto al risanamento dei conti pubblici. In un solo anno gli insegnanti di ruolo sono calati del 4%, senza nessun recupero da parte dei precari che hanno dovuto salutare quasi 14 mila incarichi con relativo stipendio. Per non parlare del personale di segreteria, dei bidelli e dei tecnici di laboratorio: meno 6% in 12 mesi. L´anno appena trascorso ha visto anche il varo della riforma Gelmini per il primo ciclo (scuola elementare e media), col calo delle ore di lezione e del tempo prolungato alla scuola media. Ma è stato anche l´anno delle proteste dei dirigenti scolastici per il taglio ai fondi d´istituto e del congelamento per un triennio (dal 2011 al 2013) degli stipendi degli insegnanti.

lunedì 12 luglio 2010

Ospedale del Giubileo, condannato Balducci - La sentenza della Corte dei Conti sulla ristrutturazione de Santo Spirito

Ospedale del Giubileo, condannato Balducci - La sentenza della Corte dei Conti sulla ristrutturazione del Santo Spirito
RORY CAPPELLI
29 GIUGNO 2010, LA REPUBBLICA - ROMA

Le sale operatorie della struttura vicino a San Pietro vennero rifatte quattro volte

Angelo Balducci è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire alla Asl RME. Assieme ad altri tecnici dovrà rimborsare 229 mila euro. I fatti risalgono agli anni del Giubileo, quando l´ingegnere era componente della commissione collaudo tecnico amministrativo delle sale operatorie dell´ospedale Santo Spirito. La commissione, infatti non rilevò, «nel corso del collaudo nessuna anomalia, omettendo di evidenziare che le difformità nella realizzazione del blocco operatorio attenevano alle caratteristiche strutturali dell´opera, nonché ai materiali impiegati, diversi da quelli concordati, e a gravi difformità rispetto a quanto previsto nel progetto originario». Quelle sale operatorie che avrebbero dovuto essere il fiore all´occhiello della chirurgia capitolina, nel corso degli anni, a partire da un´inchiesta denuncia di Repubblica, sono state infatti chiuse, nuovamente ristrutturate, chiuse di nuovo, inaugurate un´altra volta (questa volta alla presenza dell´ex governatore della regione Lazio, Francesco Storace) e poi ancora smantellate come se fossero, raccontavano i dipendenti, «il set di un film»: ci pioveva dentro, c´erano infiltrazioni, c´erano le zanzare, i «controsoffitti e gli spazi sottotetto» erano in «condizioni di insufficiente isolamento, c´erano fessure sul pavimento, l´aria condizionata era pericolosa, le plafoniere avevano fori che permettevano il passaggio di polvere e germi». Fino allo smantellamento finale. La sentenza della Corte dei Conti condanna dunque Angelo Balducci per quello spreco di denaro pubblico (somme che negli anni sono arrivate a superare i 12 milioni di euro) e per quel costante disservizio. «Al collaudo finale dei lavori» si legge infatti nella sentenza «aveva provveduto apposita Commissione, composta dagli ingegneri Angelo Balducci e Tullio Russo e dall´architetto Massimo Giorgi», commissione che nella relazione finale «attesta la corretta esecuzione delle opere realizzate, comprese le sale operatorie». Un collaudo smentito dai fatti. Non solo per i materiali scadenti ma anche per il fatto di aver dovuto abolire «il reparto oncologico che fu infelicemente progettato, strutturato e posizionato in immediata adiacenza alle camere mortuarie».

Ecco come il Cardinale Sepe accollò ai contribuenti italiani il restauro della sede in Piazza di Spagna

Ecco come il Cardinale Sepe accollò ai contribuenti italiani il restauro della sede in Piazza di Spagna
di Marco Lillo e Marco Occhipinti
“Il Fatto Quotidiano”, 29 giu. 2010

Nel giorno in cui il Vaticano scende in campo per difendere la buona fama di Propaganda Fide, nuove carte dimostrano che la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, al fine di giustificare un finanziamento pubblico da 2,5 milioni elargito nel 2005 ha ripetutamente omesso di raccontare la verità agli italiani. Il Vaticano dichiarò che avrebbe usato i soldi pubblici per lavori finalizzati alla “apertura al pubblico di ambienti di grande rilievo artistico come la Cappella dei Re Magi e la biblioteca lignea del Borromini”. In realtà questi documenti svelano che lo scopo della Curia era accollare ai contribuenti il rifacimento di un palazzo nel quale era vietato l’ingresso. Altro che museo pubblico nelle stanze vaticane: il restauro faraonico per un importo di 12 milioni di euro era stato deciso anni prima a prescindere dalla “pinacoteca fantasma”. Il Fatto Quotidiano è entrato in possesso delle schede di monitoraggio del progetto finanziario del contributo elargito dalla società pubblica Arcus, vigilata dai ministeri dello spettacolo e delle infrastrutture. La scheda è controfirmata di pugno dal cardinale Crescenzio Sepe, allora Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Il finanziamento era stato accordato da Arcus sulla base di una convenzione del 23 dicembre del 2005. Ma Sepe, che aveva firmato quell’accordo, invia ad Arcus per giustificare le spese sostenute due fatture precedenti alla stipula della convenzione stessa. In calce alla scheda Sepe dichiara: “Tutte le spese relative ai documenti contabili suindicati sono state impiegate per supportare il fabbisogno finanziario del Progetto”. In realtà la prima fattura, relativa al quarto avanzamento lavori, risale al 6 ottobre del 2005, due mesi e mezzo prima della firma della convenzione per il “Progetto”, e ammonta a 310 mila e 915 euro. La seconda fattura è datata 15 dicembre 2005, otto giorni prima della stipula con Arcus, e ammonta a 305 mila e 250 euro.

Le due fatture sono state respinte al mittente con una nota manoscritta, probabilmente da un impiegato di Arcus, nella quale si legge: “Monitoraggio non andato a buon fine per quarto e quinto stato avanzamento lavori”. Nonostante il suo fallimento, il tentativo di Sepe, sembra dimostrare l’intenzione dell’ex Prefetto di coprire ex post una parte del restauro della sede della Congregazione in piazza di Spagna, considerata zona extra-territoriale. La convenzione del 23 dicembre 2005 prevedeva che i lavori, finalizzati alla realizzazione di una pinacoteca aperta al pubblico, sarebbero dovuti terminare entro il dicembre 2006. Altrimenti il contributo sarebbe stato revocato. Anche perché l’unica ragione del finanziamento di questi lavori, che interessavano solo il Vaticano, era proprio l’apertura agli italiani di una pinacoteca, della quale a distanza di 4 anni e mezzo non si vede traccia. Per comprendere quanto Propaganda Fide fosse entusiasta di aprire le sue stanze alla cittadinanza italiana è sufficiente vedere come fu trattata la Iena Filippo Roma nel febbraio scorso. Pochi giorni prima dell’esplosione dello scandalo Cricca, l’inviato osò chiedere alla Congregazione di fare un giro nella Pinacoteca realizzata con 2,5 milioni di euro dei cittadini italiani. La Iena fu allontanata in malo modo e - solo dopo un estenuante assedio - fu raggiunta (sul territorio italiano, fuori dal palazzo) dal legale della Curia. Di fronte alle telecamere l’avvocato di Propaganda Fide sostenne che non c’era nessun inadempimento perché il finanziamento ammontava a 2,5 milioni e la pinacoteca sarebbe stata aperta entro ottobre del 2010, prima del pagamento dell’ultima tranche pari a 500 mila euro. Peccato che dai documenti in nostro possesso risulta chiaramente che all’epoca la Curia aveva già percepito non due ma ben 4,5 milioni di euro. Il contributo infatti ammontava a 5 milioni, divise in due tranche uguali. La prima parte, approvata nel 2005, cioè quella che la Iena contestava al legale del Vaticano, era stata erogata completamente già nel 2007, nonostante l’assenza della Pinacoteca. Propaganda Fide e Arcus in questi anni hanno giocato sull’equivoco e nelle loro risposte pubbliche hanno sempre evitato di dire che il finanziamento pagato solo in parte (2 milioni) era la seconda tranche approvata con una seconda convenzione nel 2007. Dalla documentazione in possesso del Fatto (e ieri acquisita dalla Procura di Perugia) risulta chiaramente che il restauro dello stabile è stato avviato molto prima di entrambe le convenzioni: il 15 novembre del 2004 con la firma di un contratto da 11 milioni e 780 mila euro tra Propaganda Fide e la società Italiana Costruzioni. Quindi, prima dell’intervento di Arcus, la Curia aveva già speso 2,2 milioni di euro. Il treno del restauro è partito già da un anno quando Arcus decide di salirci sopra. E il biglietto è molto salato. Nella mail che sabato scorso abbiamo pubblicato (acquisita ieri dalla Procura di Perugia, insieme a tutto il carteggio tra Arcus e Curia) il responsabile amministrativo di Propaganda Fide, monsignor Francesco Di Muzio, indica alla responsabile del progetto di Arcus, Francesca Nannelli, le scadenze dei pagamenti in considerazione “del notevole esborso sino ad ora sostenuto dalla Congregazione per l’avanzato stato dei lavori”. La Santa Sede ieri ha emanato una nota per resistere “alle notizie che da tempo si continuano a diffondere sul conto della Congregazione”. Nel documento, infarcito di informazioni su alunni, seminaristi e missioni sparse per il mondo, il Vaticano ammette che “la valorizzazione del patrimonio può essere esposto a errori di valutazione e alle fluttuazioni del mercato internazionale”. Oltretevere si prende finalmente atto della svendita a beneficio della famiglia Lunardi di uno stabile di tre piani a due passi dal Parlamento. Il comunicato ricorda il versetto di Marco “andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo” ma non spiega per quale ragione - a causa della svendita ai Lunardi - mancano diversi milioni di euro nelle casse della Congregazione che pure avrebbero agevolato quella missione. Se c’è un legame tra i milioni spesi da Arcus e quelli risparmiati dai Lunardi, sarà la magistratura a stabilirlo.

domenica 11 luglio 2010

BELGIO, DENUNCIATI ALTRI 300 CASI DI PEDOFILIA

BELGIO, DENUNCIATI ALTRI 300 CASI DI PEDOFILIA

Il Giornale del 5 luglio 2010

Bruxelles Sulla Chiesa «sgretolata» dai casi di pedofilia continua a scatenarsi la bufera. E così mentre la magistratura si prepara a interrogare il cardinale Godfried Danneels, ex primate del Belgio, il ministro della giustizia belga Stefaan De Clerck, chiede ora, (come hanno fatto anche gli americani) che a risarcire le vittime sia il Vaticano. «La chiesa belga deve prendere iniziative per incontrare le vittime degli abusi sessuali commessi da preti e per risarcirle in modo adeguato, pagando essa stessa compensazioni economiche», ha detto De Clerck. Il risarcimento «potrebbe essere un indennizzo pecuniario, ma la Chiesa dovrebbe studiare caso per caso il modo migliore per fare ottenere alle vittime una compensazione», ha spiegato il Guardasigilli al quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad. Il ministro ha spiegato che la grande maggioranza dei 475 dossier sequestrati durante le perquisizioni compiute il 24 giugno scorso negli uffici della commissione Adriaenssens, creata nell'ambito della Chiesa per indagare sui casi di violenze, riguarda fatti che risalgono a 30, 40 e anche 50 anni fa e che quindi non possono essere perseguiti dalla giustizia in quanto reati prescritti. Secondo De Clerck è la Chiesa che dovrebbe assumere l'iniziativa di andare incontro alle vittime: «Se non è possibile applicare la giustizia, la Chiesa deve allora riconoscere le vittime, testimoniare loro rispetto e confessare gli errori commessi», suggerisce. «Ciò può essere fatto in modi diversi: con la punizione dei preti colpevoli, il loro licenziamento, il versamento di una indennità alla vittima. Ogni caso deve essere studiato per trovare la forma migliore di compensazione», afferma il ministro. «Gli abusi sessuali su bambini non potranno mai essere risarciti, ma un'indennità rileva De Clerck - potrà favorire il processo di riparazione» per il danno subito. Durante il blitz della polizia belga del 24 giugno scorso all'arcivescovado di Bruxelles e Malines fu perquisita anche l'abitazione del cardinale Danneels. All'ex primate della Chiesa belga fu sequestrato il computer che è ancora al vaglio dei periti informatici. Danneels sarebbe chiamato in causa soprattutto per il caso di abuso di un minore da parte del vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe. Alla guida della Chiesa del Belgio dal 1979 al 2009, il cardinale ha sempre smentito di essere stato al corrente delle violenze commesse negli anni'90 da Vangheluwe, dimessosi poi in aprile dopo avere ammesso le proprie colpe. A incolpare Danneels di «complicità e omertà» è pero un prete fiammingo oggi in pensione, il curato di Buizingen, Rik Devillè, uno dei promotori in Belgio del «Gruppo di lavoro sui diritti dell'uomo nella Chiesa». Secondo Devillè - che chiede di istituire una commissione d'inchiesta nazionale e indipendente sullo scandalo pedofilia nella chiesa belga - tra il 1992 e il 1998 circa 300 denunce di abusi sessuali commessi da preti sarebbero state inviate all'arcivescovado, ma di queste solo una quindicina hanno avuto un seguito, quasi mai giudiziario. Secondo Devillè, non solo i preti coinvolti non sono stati sanzionati ma le vittime sono state costrette a subire processi per calunnia e diffamazione. Tra le denunce ignorate, secondo lui, c'erano anche quelle riguardanti Vangheluwe. Il portavoce del cardinale Danneels ha dichiarato nelle scorse settimane che l'ex primate «non si ricorda affatto di queste denunce» e che «sarebbe certamente intervenuto» se avesse ricevuto denunce riguardanti Vangheluwe. Ultima notizia. Tanto per rimanere nel torbido adesso sono arrivate anche minacce di morte a testimoni e a magistrati coinvolti nell'inchiesta.

Residence, cliniche e tv il Vaticano di via Aurelia

Residence, cliniche e tv il Vaticano di via Aurelia
CLAUDIO RENDINA
DOMENICA, 11 LUGLIO 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Emblematico di certi immobili è il Grand Hotel Palazzo Carpegna, a fronte della Villa Carpegna, nato negli anni Cinquanta
Si estende alle spalle della Città Leonina sul territorio collinare che si apre da viale Vaticano

Un altro Vaticano si estende alle spalle della Città del Vaticano. E´ proteso sul territorio collinare che si apre dal viale Vaticano alla via Aurelia e alle vie della Madonna del Riposo e di Torre Rossa a fronte della Villa Carpegna, per distendersi lungo le vie di Selva Candida, Boccea e circonvallazione Cornelia fino alla via della Villa Sacchetti. Un complesso edilizio enorme, solo apparentemente rivolto ad una finalità religiosa, perché tutte le case dei religiosi esistenti sono utilizzate proprio come residence per «esercizi spirituali, convegnistica, turismo e accoglienza pellegrini», nonché come alberghi a quattro stelle destinati al turismo legato alla fede, con una ospitalità che vale 40 milioni di presenze l´anno, e ancora come case di cura; tutti luoghi sfruttati per fini assolutamente commerciali.
Tutto inizia dal viale Vaticano a fronte delle Mura Vaticane, sul quale sono dislocati 7 istituti di suore in un susseguirsi di conventi con finalità turistiche, per i quali c´è solo l´imbarazzo della scelta, limitandosi a citare le più singolari. Dal civico 94 con le Piccole Suore della Sacra Famiglia al 73 della Casa per Ferie Villa Rachele e al 54 dell´Istituto Suore del Getsemani. Così di seguito ecco la via Aurelia con altri istituti in un misto di sacro e profano, con quest´ultimo assetto predominante nella finalità alberghiera che li caratterizza. A cominciare dal civico 208 con la Casa Bonus Pastor, all´insegna dell´extraterritorialità, gestita dal Vicariato e decantata in internet come "casa per congressi e pellegrinaggi" e "da considerarsi a tutti gli effetti un ottimo hotel di 3 stelle". Sorge alle spalle del Palazzo del Seminario Romano Minore, costruito sull´area della ex Villa Staderini nello spazio urbano prospiciente il tratto finale del viale Vaticano, con tanto di abuso edilizio attuato in una sopraelevazione.
I residence proseguono al civico 218 con il convento delle suore Orsoline, che è in realtà l´albergo Domus Aurelia, e al civico 269 con il Monastero dei Missionari d´Africa, dichiaratamente votati all´ospitalità dei pellegrini, ovviamente tutti a pagamento. Al civico 275 sorge un´eccezione a certe finalità turistiche, l´Ospedale San Carlo di Nancy, dal 1998 proprietà della Congregazione dei Figli dell´Immacolata Concezione, una delle realtà ospedaliere del Vaticano, inserita nel servizio sanitario regionale. La congregazione è anche proprietaria dell´Idi (Istituto Dermopatico dell´Immacolata), che dista dall´ospedale meno di un chilometro, in via dei Monti di Creta 104.
E a fronte dell´ospedale, al civico 278, apre la Casa di cura E. Morelli, che è una clinica privata all´insegna dell´extraterritorialità, ovviamente a pagamento. L´affianca la Villa Fatima delle Suore Oblate del SS. mo Redentore, presentata in internet come «ambiente sereno ed ospitale con amore fraterno», ma con la precisazione che occorre un « «pagamento in contanti». E ancora la malcelata finalità alberghiera torna al civico 290 nella Casa Generalizia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, al 294 nelle Suore Mariste e al 325 con l´Istituto Piccole Ancelle di Cristo Re. La Casa San Juan de Ribera delle Operaie della Croce al civico 337, con ospitalità a pagamento per i pellegrini, macchia ignobilmente il santuario della Madonna del Riposo, a ridosso del quale sorge con una elegante palazzina.
Ma non finisce qui la gestione alberghiera delle case dei religiosi. Che si diramano dalla via Aurelia nelle strade adiacenti, non nascondendo minimamente le proprie finalità turistico-commerciali. Così i Dehoniani Sacerdoti del Sacro Cuore gestiscono la Villa Aurelia in via Leone XIII 459, ad angolo con piazza Pio XI, al centro di via Gregorio XII, una parallela della via Aurelia: vanta 160 posti letto, sala convegni, parco, terrazza con vista su San Pietro e, naturalmente, cappella privata. Ma emblematico di certi immobili è il Grand Hotel Palazzo Carpegna, a fronte della Villa Carpegna, nato negli anni Cinquanta come casa di accoglienza religiosa all´insegna di Domus Mariae e nel 2002 trasformato in residence a 4 stelle con la gestione di una società, ma nel rispetto della struttura originale, che si esalta in una imponente chiesa a tre navate al suo interno; questa mette l´albergo al sicuro sull´inesistenza di «fini di lucro». Ma i prezzi «a partire da 178 euro» non sono d´impronta mistica.
Questo albergo è d´introduzione all´isola edilizia della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, insediata in via Aurelia 468, mentre uffici e servizi pastorali sono alla circonvallazione Aurelia 50, ambedue al centro del complesso territoriale a fronte del quartiere Aurelio e della zona di Boccea. La Cei ha un suo giornale, "L´Avvenire" e un´agenzia di comunicati all´insegna di Comunicazione e Promozione, che pubblica il periodico mensile "Cei Magazine". Alla Cei risale anche la Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc), che è il punto di riferimento di 155 diffusi su gran parte del territorio nazionale. Per iniziativa della Fisc è nata nel 1988 l´agenzia Sir, ovvero il Servizio Informazione Religiosa, insediato nello stesso complesso edilizio della Cei. Nella Cei rientra inoltre l´Ufficio Nazionale per l´Educazione, che sovrintende alle scuole paritarie della Santa Sede, e l´Ufficio Pastorale Assistenza Sociale dell´Ispettorato dei Cappellani delle Carceri, che fa capo al Dipartimento dell´Amministrazione Penitenziale del Dipartimento della Giustizia Minorile dello Stato Italiano, del quale fanno parte 5 cappellani e un ispettore, eletti su proposta dell´autorità ecclesiastica e stipendiati dallo Stato italiano. L´ispettorato cura il periodico "La pastorale del Penitenziario".
Alla Cei fanno capo gli insegnanti di religione nelle scuole statali; vengono designati dal vescovo e assunti dallo Stato italiano in base alla legge 186 del 2003, diventando così dipendenti statali con stato giuridico e trattamento economico equivalente agli altri insegnanti laici della scuola italiana. Dalla Cei dipendono anche gli Assistenti Religiosi Ospedalieri, ecclesiastici assunti come assistenti dalle strutture ospedaliere dello Stato italiano per la cura religiosa dei ricoverati. E nella Cei è insediato a via Aurelia 796 anche l´Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero, l´ufficio amministrativo che provvede all´assegnazione dello stipendio di vescovi e sacerdoti.
La Cei detiene inoltre il centro di produzione televisivo nazionale Sat2000, sorto nel 1998, in via Aurelia 796; qui sono la redazione, gli uffici di produzione e gli studi televisivi. Ha peraltro una propria stazione televisiva, in funzione dal 1998 con il nome di Sat 2000, nome riferito al fatto che la trasmissione era esclusivamente via satellite, grazie al canale satellitare preso in affitto dalla Rai alla irrisoria cifra di 1 miliardo e 200 milioni di lire nel 1998. Ad ottobre 2009 il nome è cambiato in TV2000; ed ora la televisione della Cei trasmette 24 ore su 24 tramite diverse tecnologie, ed è visibile in Europa e in parte dell´Africa, dell´Asia e del Medio Oriente gratuitamente sulla piattaforma Sky al canale 801 e sul Satellite Ht Bird2, pacchetto modulante sul trasponder 54, frequenza 11804 Mhz. TV2000 può contare su un ricco apporto di pubblicità commerciale, gestita dalla Sipra, nonché sulle numerose «comunicazioni sociali» delle associazioni umanitarie, qualificate «a fini di lucro». Esemplare lo slogan dal sapore commerciale e spirituale insieme, «TV2000, la tv che ti accende».
Sul versante che dalla via Aurelia volge verso la Villa Sacchetti, a fronte del Parco regionale del Pineto, si sviluppa il complesso universitario e ospedaliero del Vaticano. Che fa capo alla Università Cattolica del Sacro Cuore, sorta su un terreno di 37 ettari acquistato da Pio XI nel 1934 a fronte dell´attuale Parco Regionale del Pineto e inaugurata il 5 novembre 1961 come sede della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Ma solo tre anni dopo, il 10 luglio 1964, è iniziata l´attività del Policlinico Agostino Gemelli, che si è affermato come ospedale di alta specializzazione, così da essere inserito nel Servizio Sanitario Nazionale. In prossimità del policlinico sorge la Clinica Columbus, nella via Giuseppe Moscati, toponimo che rievoca l´originaria denominazione della clinica. Che è nata appunto come "Clinica Giuseppe Moscati", frutto delle prime costruzioni romane della vaticana Generale Immobiliare, e oggi appartenente alla Association Columbus, diramazione sommersa dello Ior, come espressione diretta dell´Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, fondate da santa Francesca Saverio Cabrini.

HOTEL RELIGIOSI, UN AFFARE A 5 STELLE

HOTEL RELIGIOSI, UN AFFARE A 5 STELLE

La Repubblica ? cronaca di Roma del 7 luglio 2010

Rory Cappelli

Diecimila posti letto, circa cento strutture. E l’affare a cinque stelle degli hotel religiosi, strutture di ospitalità "della Chiesa" che comprendono case di ferie, alberghi e bed&breakfast e che godono di particolari privilegi, tra cui il l’esenzione dell’Ici e il dimezzamento dell’Ires. «Sono equiparati agli enti di beneficienza» denuncia Mario Staderini, segretario nazionale del partito Radicale. E il presidente romano di Federalberghi Giuseppe Roscioli aggiunge: «Fanno concorrenza sleale e non rispettano neanche le norme di sicurezza imposte alle strutture alberghiere italiane».

LA SANTA IGNORANZA

LA SANTA IGNORANZA

Left Avvenimenti settimanale dell'Altritalia del 9 luglio 2010

di s.m.

Spigolature fra gli ipse dixit vaticani. Scherzando ma non troppo
La vita. Il diritto alla vita per la vita è fra i principi non negoziabili per la Chiesa. «La vita deve essere difesa da credenti e non credenti» dice papa Ratzinger. Anche quella delle galline? chiese qualcuno opportunamente.
Sessualità. «La vita umana, dono di Dio, è da accogliere nell'intimità amorosa del matrimonio». Indi, per la Chiesa la sessualità umana come affetti, confronto di identità, dialettica fra diversi non esiste. Dovremmo solo procreare come gli animali.
Embrione. «Dio ama l'embrione, l'informe è già uomo», dice sempre il papa. Ora, la scienza dice che è un agglomerato di cellule. Ovvero un organismo solo biologico che prima di 24 o 25 settimane non ha possibilità di vita autonoma fuori dall'utero materno. Dunque, con Pannella, potremmo un Aborto per la Chiesa «è assassinio». Come ha ribadito l'Evangelium vitae di Wojtyla. Con il cardinale Crescenzio Sepe che anni fa pubblicava un dossier anti aborto che parlava di «strage degli innocenti». Mentre su un sito web sedicenti psicologi farneticavano di «sindrome del boia», destino di ogni donna che abortisce. Dunque la legge 194 in Italia e tutte quelle che nell'Occidente moderno tanto caro a Ratzinger hanno legalizzato l'aborto? Ru486. «Kill pill», «pesticida umano» secondo la sottosegretaria Roccella convertita sulla via di Damasco cella convertita sulla via di Damasco. «Le controversie sulla pillola hanno influito in modo immorale sul suo uso in Italia - dice l'accademico delle scienze Etienne Baulieu, padre della Ru486 - milioni di donne se ne servono e l'esperienza è positiva ovunque». E poi aggiunge opponendo alla morale cattolica la deontologia scientifica: «I medici sono tenuti a far soffrire i pazienti il meno possibile e non è morale che si impedisca l'uso dei farmaci che migliorano la salute della donna».
Pillola del giorno dopo. Il capo di Stato vaticano, come sempre fa, interviene a gamba tesa nelle questioni dello Stato italiano e raccomanda ai farmacisti l'obiezione di coscienza. Berlusconi arma la Roccella che antiscientificamente ne parla come di un farmaco abortivo. Ma se il governo davvero vuole evitare gli aborti, perché non ne fa un farmaco da banco? Ricerca. «La scienza non minacci l'umanità», dice Ratzinger. La medicina sarebbe artificio e dunque "male", la natura, di per sé "bene". Ma anche i tumori esistono in natura. Lui, nel caso, non si curerebbe? Eugenetica. Selezionare embrioni prima dell'impianto per avere figli liberi da malattie incurabili, per Benedetto XVI sarebbe eugenetica. Qualcuno gli spieghi che è per avere figli sani e non per il miglioramento della razza tanto agognato dai nazisti che frequentava in gioventù.
Deliri di reconquista. Facendo sempre meno presa sull'opinione pubblica, alle soglie del nuovo millennio la Chiesa decide di lanciarsi nella «reconquista». E in un progetto di «ricristianizzazione dell'Europa». Partendo dall'Italia. Come si legge nel pamphlet Contro Ratzinger (Isbn), il Vaticano convocò «un gruppo di intellettuali italiani terrorizzati dai tempi e convinti, heideggerianamente, che soltanto un dio potesse salvarli. L'idea era semplice. Per sottrarre l'Europa alla decadenza occorreva stabilire per via democratica il suo fondamento divino». Ma cascano male. E per lanciare il suo «progetto culturale» il cardinal Ruini deve affidarsi a Marcello Pera. Così le radici cristiane dell'Europa sono andate, opportunamente, a farsi benedire. To be continued... su creazionismo, disegno intelligente, rinnovati roghi di Bruno e retroattivi per Darwin, fine vita, alienazione religiosa...

La Chiesa belga in rivolta: «Nessun legame con Dutroux»

l’Unità 8.7.10
Pedofilia. Dopo il sequestro di due cd-rom sul mostro di Marcinelle Interrogato per 10 ore il cardinale Danneels
La Chiesa belga in rivolta: «Nessun legame con Dutroux»
di Marco Mongiello

La Chiesa belga al contrattacco dopo la diffusione della notizia che tra il materiale sequestrato all’arcivescovado ci sarebbero state le foto dei cadaveri delle vittime del mostro di Marcinelle: nessun legame con Dutroux.

La chiesa belga non ha nessun legame con il caso Dutroux, il mostro di Marcinelle arrestato nel 1996 dopo aver rapito e violentato sei ragazzine, uccidendone quattro.
Ieri la conferenza episcopale del Paese ha reagito con una nota indignata alla notizia, divulgata dal quotidiano fiammingo Het Laatste Nieuws, secondo cui tra il materiale sequestrato all’arcivescovado lo scorso 24 giugno ci sarebbero anche le foto dei cadaveri mutilati di Julie e Melissa, le due piccole vittime del pedofilo.
In realtà, ha spiegato il comunicato, si tratta di due cd-rom contenti il materiale del processo Dutroux, già in possesso di giornalisti, politici e altre personalità del Belgio e inviati alla chiesa da una fonte nota ma non rivelata. La stampa locale ha comunque ricostruito che la fonte sarebbe il mensile satirico britannico The Sprout, che nel 2004 avrebbe inviato una copia dei cd-rom all’arcivescovado di Bruxelles per ottenere un com-
mento su una teoria infondata che legherebbe le gerarchie ecclesiastiche al caso del mostro di Marcinelle.
La chiesa belga, dopo essere stata per una giornata al centro delle polemiche e dei sospetti più atroci, ieri è passata al contrattacco puntando il dito contro l’uso strumentale delle rivelazioni alla stampa.
«Sarebbe veramente disdicevole si legge nella nota se un’informazione, che è sotto il segreto professionale e sotto quello dell’istruttoria, fosse stata volontariamente comunicata alla stampa da una persona coinvolta nell’inchiesta allo scopo di creare sensazionalismi». Una decisione che «non contribuirebbe alla serenità dell’inchiesta», hanno aggiunto i vescovi del Belgio, ribadendo la loro disponibilità a «collaborare con la giustizia», ma di voler rispondere «agli inquirenti piuttosto che agli articoli di stampa».
LA POLEMICA
L’avvocato dell’arcivescovado, Fernand Keuleneer, ha inoltre inviato una lettera alla Giustizia chiedendo se le informazioni comparse ieri sul giornale fiammingo provengono «da persone incaricate dell’inchiesta», il «perché sono state rese pubbliche» e «come» i documenti siano finiti negli archivi ecclesiastici.
Anche se smentito il caso ha comunque ripiombato il Belgio negli incubi del passato, riaprendo vecchie ferite e creando un legame tra gli eventi di quindici anni fa e l’attuale scandalo pedofilia della chiesa cattolica.
«Per 24 ore si è creduto che tra i due casi ci fosse una relazione e questo deve essere stato molto doloroso per i genitori delle vittime», ha commentato all’Unità Dirk Depover, direttore della comunicazione dell’associazione antipedofilia «Child Focus», creata nel 1998 dal padre di una delle vittime di Dutroux, la piccola Julie Lejeune. Anche se, ha aggiunto Depover, è «proprio con il caso Dutroux che in Belgio sono cambiate molte cose riguardo alla pedofilia, sono state aggiornate le leggi e si è creata una nuova sensibilità».
Non è un caso che proprio qui sia stata lanciata l’inchiesta per pedofilia più vasta e più severa contro la chiesa che ha fatto infuriare il Vaticano.
Martedì la polizia giudiziaria di Bruxelles ha interrogato per oltre 10 ore l’ex primate del Belgio, il cardinale Godfried Danneels. Dal momento che l’ecclesiastico ha 77 anni all’interrogatorio ha partecipato anche un medico legale, ha riferito ieri il portavoce della procura di Bruxelles, Jos Colpin, smentendo le voci secondo cui l’ex capo della chiesa belga si sarebbe sentito male. Gli inquirenti hanno anche fatto sapere che per il momento il cardinale non è iscritto nel registro degli indagati, ma potrebbe essere riascoltato dai magistrati «alla fine della fase istruttoria». L’inchiesta però non è che all’inizio, ha fatto capire il portavoce. Dopo il sequestro del materiale dell’arcivescovado e dei 475 dossier contenenti le denunce delle vittime alla commissione della conferenza episcopale sugli abusi, ha spiegato Colpin, «ci vorrebbero delle settimane o addirittura mesi per analizzare l’insieme dei documenti».

sabato 10 luglio 2010

L´Aquila, gli affari immobiliari del vescovo "Una srl della Curia per ricostruire"

L´Aquila, gli affari immobiliari del vescovo "Una srl della Curia per ricostruire"
ANTONELLO CAPORALE
29 GIUGNO 2010, LA REPUBBLICA

Monsignor D´Ercole: "Ma ora lascio la presidenza, non voglio grane"

Al lavoro una task force di ingegneri, e architetti. "Basta piangersi addosso, i soldi ci sono"
La nota dopo la bufera giudiziaria Ristrutturazione in vista per evitare nuovi scandali

L´AQUILA - «Aspettano i soldi, ma se non c´è il seme...». Il seme. Un´idea, un piano di rinascita, un progetto di ricostruzione. La classe politica aquilana non ce l´ha, la Chiesa sì. Idee chiare, cioè un master plan, e strumenti innovativi per un vescovo: una società privata, una srl, con il compito di costruire e vendere, chiedere finanziamenti e concederne. Lottizzare, espropriare, partecipare ad affari con altre società, ricevere naturalmente contributi statali, anche utilizzando l´istituto della concessione, e - insomma - erogare servizi di "global service".
Nata tre giorni prima di Natale dell´anno scorso "Aquilakalo´s srl" ha un capitale sociale di diecimila euro, la sede presso la Curia arcivescovile e un presidente del consiglio di amministrazione che è il vescovo ausiliare della città: Giovanni D´Ercole. Nel consiglio un giovane sacerdote e un imprenditore locale. D´Ercole è il rappresentante del Vaticano inviato a L´Aquila per garantire alla Chiesa la presenza attiva nella ricostruzione della città, opera che non è stata ritenuta alla portata dell´arcivescovo titolare, l´anziano Giuseppe Molinari.
E D´Ercole ci sta riuscendo. Ogni giorno i suoi uffici sfornano progetti e piani di investimento. Indicano aree su cui costruire, terreni da preservare. È un vescovo del fare: «Ho ancora tredici milioni da spendere, sono soldi della Caritas, e il municipio non mi spiega, non indica dove, non mi dà la possibilità di investirli per il bene della comunità. Ho dato un ultimatum: entro giugno devono darmi le autorizzazioni, altrimenti li rimando via». Nel master plan che la Curia sotto la sua direzione ha prodotto (Piano strategico di restauro e rifunzionalizzazione del centro storico) le idee fondanti della rinascita sono stese attorno ad assi strategici e gli interessi ecclesiastici delineati con chiarezza. «Quasi tutto il patrimonio artistico è nostro». Chiese e monumenti, ma anche negozi, e case, e terreni. Dunque e perciò: lottizzazioni e investimenti.
D´Ercole è giovane, a suo agio con la tv (ha condotto per anni in Rai un programma religioso) e le pubbliche relazioni. Ora il grande passo: l´attività immobiliare complessiva, un´attività quasi commissariale in una città ancora stordita. Le carriole a testimoniare la protesta dei residenti per l´inerzia della classe politica, i puntellamenti a fotografare uno stallo incomprensibile. È questo il clima che consiglia alla Curia di far da sola, avanzare anziché attendere. Una srl con cui prendere le misure dei progetti e tenerli nelle proprie mani. La società del vescovo. «Non è così, mi sono dimesso». Dimesso? Dalla visura camerale non risulta, fino a tre giorni fa era lei il presidente. «Da domani non lo sarò più». Domani vedremo. «Solo tre mesi sono stato alla guida (sei, secondo le visure, ndr) e non ho intenzione di ritrovarmi impelagato tra due o tre anni in qualche cosa».
La Curia adesso ha sede in un´area industriale, come una linda fabbrichetta della periferia abruzzese. Al pian terreno si opera per il bene comune. È un open space: «Venga, le mostro il nostro grande ufficio tecnico». Geometri, ingegneri, architetti. Sviluppo edilizio, piani di recupero, restauri, ma anche valorizzazioni fondiarie, piani urbanistici. Preghiere e mattoni. Al primo piano c´è lui, D´Ercole: «Sa quanta gente è passata in questa stanza offrendomi sponsorizzazioni?». Si riferisce a imprenditori che si proponevano alla chiesa per prendersi cura, gratuitamente, dei suoi edifici di culto? «Uno scambio: io ti offro questo e tu un domani mi dai quest´altro. Ma non si può fare. Ci sono le gare d´appalto, massima legalità e trasparenza. Così ci siamo dotati di questa società di servizi, consigliati da persone competenti. Anche altre diocesi lo fanno». Non s´era mai visto un vescovo a presiedere una srl. «Io mi dimetto, lascio». Lascia a chi? «A un sacerdote. È chiaro che il controllo resta qui dentro. Adesso ci stiamo specializzando nella diagnostica ingegneristica».
Idee avanzate. «Tre miliardi e mezzo, ed è una cifra sottostimata, la valutazione dei nostri beni da ricostruire. È una bella cifra a cui noi dobbiamo rispondere con efficienza e puntualità». Profilo da imprenditore: «Oggi L´Aquila è una città conosciuta in tutto il mondo. È un´occasione pubblica che dovremmo raccogliere al volo invece di piangerci addosso. Stiamo divenendo antipatici con la richiesta quotidiana di aiuti, i soldi ci sono ma servono prima le idee".
I semi della Curia sono raccolti in cento pagine. E il sindaco dell´Aquila? «Fa troppe cose: la maggioranza e l´opposizione. L´uno e il suo doppio. Dovrà scegliere: o di là o di qua». Fin troppo chiaro. La Chiesa corre, il vescovo prega e promette opere di bene. Si prenderà cura delle anime e anche del resto. Per l´appunto, un global service.

venerdì 9 luglio 2010

Quando Cesare vuole giudicare Dio

La Repubblica 4.7.10
Quando Cesare vuole giudicare Dio
di Agostino Paravicini Bagliani

I rapporti tra la Chiesa e la giustizia, che accompagnano la storia del cristianesimo fin dalla sua affermazione storica sotto l´imperatore Costantino († 337), hanno conosciuto da sempre oscillazioni e situazioni conflittuali. Pur considerando il cristianesimo religione di stato, Costantino ordinò che le cause dottrinali dei donatisti fossero portate davanti al giudice imperiale. L´imperatore Giustiniano intervenne in modo ancor più incisivo nella vita interna della Chiesa, garantendo sì protezione ma anche il rispetto di sanzioni in caso di violazione della legge. Il suo Codice (533) regolava in modo dettagliato i problemi disciplinari anche di preti e diaconi. L´imperatore permise persino a ciascuno di denunciare all´imperatore contravvenzioni alla legge.
Costantino aveva però anche concesso ai vescovi di poter giudicare le cause civili riguardanti i semplici chierici, e così si comporteranno i concili fin dal Quarto secolo. Il Concilio di Ippona (393), di cui Agostino era il vescovo, minacciò di deporre il chierico che avesse sottomesso una causa, civile o criminale, al giudice secolare. Nacque dunque già nel Quarto secolo quello che i giuristi del Medioevo e dell´età moderna chiameranno il «privilegio del foro». Anche Carlomagno legiferò con i suoi numerosi "capitolari" sulla disciplina del clero, pur concedendo ai vescovi ampi spazi giurisdizionali. La situazione cambiò radicalmente nell´Undicesimo secolo, in seguito alla volontà del papato romano di liberarsi dalla tutela dei grandi signori laici. Uno dei punti fermi della lotta contro le investiture fu proprio la "libertà della Chiesa" anche in termini giurisdizionali. Papi come Alessandro III (1159-1181) e Innocenzo III (1198-1216) estesero alle autorità ecclesiastiche tutte le cause civili e criminali riguardanti il clero, lasciando alle autorità civili il diritto di giudicare le cause di natura feudale. Nacquero così nuovi gravi conflitti con i poteri laici che tentarono sovente di opporsi, giungendo in molte regioni dell´Europa medievale a una sorta di compromesso. Si distinse infatti tra la deposizione e la degradazione dei chierici colpevoli dei più gravi delitti. La deposizione, che non comportava la perdita dei privilegi, fu riservata alla giustizia ecclesiastica. Con la deposizione si sanzionavano crimini come la lussuria. La degradazione, ancora più severa, veniva invece decisa anche da giudici laici. Il rituale prevedeva che con un coltello o un vetro si raschiasse la pelle delle dita del chierico (che servono a consacrare l´Eucarestia) e si scalfisse con delle forbici la tonsura (simbolo della sua dignità). L´esecuzione della sanzione finale (generalmente il rogo) spettava all´autorità civile.
Come ebbe ad affermare Gregorio VII (1075-1084), «il papa non poteva essere giudicato da nessuno» (Dictatus pape). Soltanto in caso di eresia, poteva però essere deposto da un concilio. Ed è proprio per farlo deporre da un concilio che Guglielmo di Nogaret, in compagnia di Sciarra Colonna, catturò ad Anagni (settembre 1303) papa Bonifacio VIII (1294-1303) cui aveva rivolto fin dal 1302 gravissime accuse, come quella di adorare gli idoli, di essersi dato a pratiche magiche e quant´altro. Accuse storicamente insostenibili ma che avrebbero permesso al re di Francia di trasformare il concilio parigino in un vero e proprio tribunale. L´affermarsi del diritto canonico medievale, e poi il Concilio di Trento, confermarono l´eccezionalità delle prerogative giurisdizionali ecclesiastiche, dovendo però sempre fare i conti con forti resistenze e tradizioni locali. Del resto, anche il Codice di diritto canonico del 1917 prevedeva la possibilità di deroghe locali che tra Otto e Novecento furono sovente oggetto di negoziati concordatari.

giovedì 8 luglio 2010

L’ammissione del Vaticano «Errori da Propaganda Fide»

L’ammissione del Vaticano «Errori da Propaganda Fide»
Gian Guido Vecchi
29 giu 2010 Corriere Della Sera

Lunga nota a difesa dell’istituto coinvolto nell’inchiesta Grandi eventi
«In passato valutazioni sbagliate. Ma tante opere di carità»

CITTÀ DEL VATICANO — Propaganda Fide sostiene missioni e opere di carità nelle zone più povere della Terra, e tra l’altro lo fa «con costi di gestione di gran lunga inferiori a qualsiasi organizzazione internazionale impegnata nel campo della cooperazione». Per questo deve far fruttare il suo patrimonio, un compito «impegnativo e complesso» che «si deve avvalere della consulenza di persone esperte sotto diversi profili professionali» e che «come tutte le operazioni finanziarie, può essere esposto anche ad errori di valutazione e alle fluttuazioni del mercato internazionale».
Indagato Il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe è accusato di corruzione per il periodo in cui era a capo di Propaganda Fide. Nega ogni addebito

Il linguaggio è studiato ma il concetto è chiaro: in una lunga nota ufficiale, la Santa Sede è intervenuta a difendere il buon nome della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli dopo l’avviso di garanzia per corruzione inviato al cardinale Crescenzio Sepe, che guidò il dicastero dal 2001 al 2006, per l’inchiesta sulla «cricca» degli appalti. E a «tutela della buona fama» di Propaganda Fide ha ammesso che sì, ci possono essere stati «errori di valutazione» commessi però da singole persone: purché sia chiaro che, «a testimonianza dello sforzo per una corretta gestione amministrativa e della crescente generosità dei cattolici, il patrimonio ha continuato ad incrementarsi». Il dicastero, come insistevano fin dall’inizio Oltretevere, non sperpera insomma le sue risorse né «fa affari», e le «eventuali responsabilità sono personali».

La Santa Sede non dice, ovviamente, se gli «errori di valutazione» possano essere quelli dei consulenti o di chi li ha scelti. Il cardinale Sepe non è nominato, il Vaticano gli ha già espresso «stima e solidarietà» e insieme ne ha accolto con gelo l’autodifesa che sembrava rimandare la questione Oltretevere, parlando di bilanci «puntualmente approvati». Comunque sia, per il Vaticano l’essenziale è tenere fuori Propaganda Fide, anche perché ne va delle offerte dei fedeli: «Essa ha meritato e merita il sostegno di tutti i cattolici e di quanti hanno a cuore il bene dell’uomo», si dice. Così ora è una nota ufficiale, voluta da Benedetto XVI, a mettere in chiaro le cose. L’interrogatorio di Sepe sembrava imminente e ancora non c’è stato, i tempi della giustizia sono quelli che sono, e invece si trattava di risolvere la faccenda al più presto. Spiegare che il dicastero sostiene oltre un terzo delle diocesi e circoscrizioni della Terra (1.077 su 2883) e quindi missioni, università e collegi, scuole e corsi di «alfabetizzazione», ospedali e varie strutture sanitarie «in particolare a favore dell’infanzia» e «in regioni tra le più povere della Terra», dall’Africa all’Asia.

Il tutto sostenuto dalla «colletta per la giornata missionaria mondiale» e «dai redditi del proprio patrimonio finanziario e immobiliare» che si è formato, a sua volta, grazie a «numerose donazioni di benefattori di ogni ceto». Ma non basta: la Santa Sede, chiarito che il patrimonio «ha continuato a incrementarsi», aggiunge che «nel corso degli ultimi anni si è progressivamente fatta strada la consapevolez zadimigliorarnela redditività». E quindi «sono state istituite strutture e procedure tese a garantire una gestione professionale e in linea con gli standard più avanzati». Il cardinale Tarcisio Bertone, del resto, ha voluto in queste settimane vedere tutte le carte, il Papa e il suo segretario di Stato vogliono controlli sempre maggiori. Una garanzia, anzitutto, per i fedeli. La posta in gioco è enorme: «Si intende richiamare a tutti l’identità, il valore e il profondo significato di un’istituzione vitale per la Santa Sede e per l’intera Chiesa cattolica».

Pedofilia in Belgio il Grande Inquisitore tra i Cardinali

La Repubblica 4.7.10
Pedofilia in Belgio il Grande Inquisitore tra i Cardinali
Angeli e demoni
di Andrea Bonanni

Una cattedrale, una cripta, due tombe violate alla ricerca di prove. Blitz della polizia, dossier confiscati. Anatemi del Vaticano e lettere del Papa. Nel Belgio cattolico e laico, fiammingo e vallone, una storia che sembra scritta da Dan Brown. Protagonista, un uomo misterioso: il sostituto procuratore che mette sotto inchiesta la chiesa per pedofilia
Di Wim De Troy si sa poco o nulla Si è occupato con successo di tratta di esseri umani
In passato ha fatto arrestare un collega accusato di passare informazioni alla malavita

Le tombe di due eminentissimi cardinali, Jozef-Ernest Van Roey e Leon-Joseph Suenens, defunti arcivescovi di Mechelen-Bruxelles, perquisite nella cripta della cattedrale di Saint-Rombaut. Cinquecento dossier riservati sui casi di pedofilia nella Chiesa confiscati. L´intera conferenza episcopale sequestrata per nove ore dalle forze dell´ordine durante una perquisizione nella sede dell´arcivescovado. I vescovi che si vedono requisire il telefonino. Il nunzio apostolico che viene rilasciato solo dopo aver invocato l´immunità diplomatica di rappresentante dello Stato Vaticano. Il computer dell´ex primate del Belgio, cardinal Danneels, sequestrato e sottoposto a perizia per ricostruire i file rimossi. Gli anatemi del segretario di Stato vaticano e le accorate lettere del Papa. Un uomo, un solo uomo dietro tutto questo. Un magistrato, un sostituto procuratore del re, una versione laica e secolare di grande inquisitore. Si chiama Wim De Troy.
C´è un po´ di romanzo gotico d´appendice e molto di Dan Brown nella vicenda dei preti pedofili in Belgio, degenerata in una spirale di sospetti velenosi. Il giornale fiammingo De Morgen scrive che i magistrati sospettano la Chiesa belga di aver volutamente e sistematicamente coperto i sacerdoti accusati di pedofilia e ipotizzano contro i vertici religiosi nazionali una incriminazione per associazione a delinquere. Il quotidiano cattolico La Libre Belgique parla apertamente di un complotto della massoneria «che avrebbe per obiettivo la distruzione della Chiesa» e di cui il sostituto procuratore a capo dell´inchiesta sarebbe un esponente.
Le gerarchie ecclesiastiche e gli esponenti politici cercano di mantenere il sangue freddo. Ma in un Paese che, oltre alla tradizionale divisione tra fiamminghi e valloni, è anche attraversato da una profonda spaccatura tra una cultura cattolica molto radicata e un laicismo duro, dai toni risorgimentali, la tensione innescata dall´inchiesta della magistratura è difficile da controllare. «Non bisogna cedere alla tentazione di gridare al complotto - dice a Repubblica padre Eric De Beukelaer, portavoce della Conferenza episcopale belga - Capisco la collera e l´irritazione per il sequestro dei dossier e per la violazione delle tombe dei cardinali. Ma in una situazione come questa occorre che la ragione prenda il sopravvento. Fino a prova contraria dobbiamo avere fiducia nel nostro sistema democratico».
In realtà la chiesa cattolica, nel pieno della bufera per i casi di pedofilia che stanno emergendo un po´ dovunque, dagli Stati Uniti alla Germania, dall´Italia all´Irlanda, per la prima volta si trova di fronte a una giustizia che procede a perseguire i reati senza alcuna considerazione per l´istituzione in seno alla quale sono stati commessi. L´accordo che era stato raggiunto tra i vertici dell´episcopato belga e il ministero della Giustizia, per consentire il lavoro della commissione indipendente creata dai vescovi, è saltato di fronte alla determinazione del sostituto procuratore De Troy.
Di lui si sa poco o nulla. Per nulla incline ai riflettori, tantomeno alle interviste, il giudice che ha distrutto l´aura di intoccabilità della chiesa cattolica, ha fama di uomo integerrimo. In passato non ha esitato a far arrestare un collega accusato di passare informazioni alla malavita sulle inchieste in corso. Perfettamente bilingue, è stato a lungo il portavoce della procura di Bruxelles. Da quando ha assunto l´incarico di magistrato inquirente, quattro anni fa, si è occupato con successo di numerosi casi di droga, di omicidi e di tratta di esseri umani. Nulla trapela della sua vita privata, foto introvabili, niente dichiarazioni, niente di niente. Come se la sua funzione e la sua carica esaurissero da sole la sua figura. Anche la politica ha dovuto piegarsi di fronte all´indipendenza della magistratura perfettamente incarnata da De Troy. «I giudici agiscono in piena autonomia e hanno il dovere di perseguire le indagini sui crimini di cui sono venuti a conoscenza utilizzando tutti i mezzi che ritengono necessari», ha ammesso il ministro della Giustizia Stefaan De Clerck.
Così il grande inquisitore va vanti per la sua strada. Di fronte a lui ci sono due alti prelati che rappresentano i due volti del cattolicesimo belga. L´uomo accusato di aver protetto i pedofili in seno alla Chiesa è il cardinale Godfried Danneels, fiammingo, per trent´anni primate del Belgio ed esponente di spicco dell´ala più progressista dell´episcopato europeo. Le sue posizioni sulla contraccezione, sui preservativi, considerati «un male minore» rispetto al pericolo dell´Aids, lo hanno spesso visto in contrapposizione a Ratzinger. L´anno scorso ha lasciato l´incarico per limiti di età, ma resta comunque una personalità influente nella Chiesa belga e un punto di riferimento per il cattolicesimo progressista.
Il suo successore è monsignor Leonard, di origini francofone, docente di filosofia, perfettamente allineato con la posizioni conservatrici di Benedetto XVI. Considera l´omosessualità un comportamento anormale, frutto di una distorsione dello sviluppo psicologico normale. E Le Soir riporta sue dichiarazioni che definiscono l´epidemia di Aids «una sorta di giustizia immanente» a causa dei comportamenti sessuali devianti. Appena nominato primate del Belgio, Leonard ha fatto sua la nuova politica vaticana di tolleranza zero verso i casi pedofilia in seno alla Chiesa. E subito si è trovato a dover gestire le dimissioni del vescovo di Bruges, reo confesso di aver avuto rapporti con un minore. Di fronte all´esplodere di sempre nuovi casi di abuso in seno al clero, in particolare nelle Fiandre, Leonard non ha esitato a chiedere perdono alle vittime in nome della Chiesa e a criticare «la sottovalutazione» del fenomeno da parte del suo predecessore. Ma certo ora, dopo le perquisizioni e i sequestri e mentre il Vaticano grida alla persecuzione, deve trovare una difficile convivenza con il grande inquisitore che sta perseguitando i crimini di pedofilia senza guardare in faccia nessuno.

mercoledì 7 luglio 2010

LA DIFESA DI BRUXELLES: FALSITÀ CONTRO DI NOI L'AZIONE ERA REGOLARE

LA DIFESA DI BRUXELLES: FALSITÀ CONTRO DI NOI L'AZIONE ERA REGOLARE

Corriere della Sera del 28 giugno 2010

L. Off.

La parola «bugiardi», naturalmente, non c’è. Ma c’è, appena velato, il concetto: «E’ falso che i vescovi
non abbiano ricevuto da mangiare o da bere durante la perquisizione: al contrario, sono stati trattati del tutto normalmente». Lo afferma il ministro della Giustizia Stefaan De Clerck, commentando le dure critiche rivolte dal cardinale Tarcisio Bertone ai metodi usati dalla magistratura belga: e così, un nuovo fronte si apre nello scontro politico-diplomatico acceso dall’inchiesta sulla pedofilia. De Clerck è il ministro uscente di un governo dimissionario. Ma parla dagli schermi della televisione di Stato, nell’ora di massimo ascolto (prima però che arrivi da Roma l’eco della parole del Papa), ed è pur sempre uno dei leader del partito cristiano-democratico fiammingo: perciò sono commenti che pesano, i suoi, anche quando bolla come «esagerata, basata su elementi non corretti», la reazione del segretario di Stato vaticano che aveva paragonato il sistema giudiziario del Belgio a quello dei vecchi Paesi comunisti; «e non è certo il caso - aggiunge poi il ministro - di farne un incidente diplomatico». Sproporzionati l’ampiezza e il clamore dell’indagine, come hanno sostenuto i vertici della Chiesa di Bruxelles? «Questo sarà valutato a posteriori», commenta sibillino De Clerck: per ora, si limita ad aggiungere, si è agito entro i limiti della legge, e la giustizia penale «ha preso le cose nelle sue mani, poiché le accuse sugli abusi compiuti a danno di minori sono di sua competenza». Lo scontro non è si è certo placato, anzi.
Anche se non vi sono conferme ufficiali, pare certo che la conferenza episcopale belga abbia già avviato una serie di consultazioni con alcuni studi legali, per decidere sull’opportunità di una citazione in giudizio, a carico dei vertici della polizia e forse anche della Procura del re. Sul tavolo, davanti a ecclesiastici ed avvocati, vi sarebbe un’ipotesi di citazione per danni materiali (ieri avrebbero dovuto essere pagati gli stipendi ai dipendenti dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles, e non è stato possibile perché formulari e documenti vari sono custoditi nei computer sequestrati); ma soprattutto, si discute sull’ampiezza del danno d’immagine eventualmente subito dalla Chiesa, e sulla possibile violazione di alcune garanzie costituzionali. La Procura del re ha comunque assicurato che entro oggi verranno restituiti i computer, o almeno quei «files» e programmi necessari all’ordinaria amministrazione diocesana.