LA DIFESA DI BRUXELLES: FALSITÀ CONTRO DI NOI L'AZIONE ERA REGOLARE
Corriere della Sera del 28 giugno 2010
L. Off.
La parola «bugiardi», naturalmente, non c’è. Ma c’è, appena velato, il concetto: «E’ falso che i vescovi
non abbiano ricevuto da mangiare o da bere durante la perquisizione: al contrario, sono stati trattati del tutto normalmente». Lo afferma il ministro della Giustizia Stefaan De Clerck, commentando le dure critiche rivolte dal cardinale Tarcisio Bertone ai metodi usati dalla magistratura belga: e così, un nuovo fronte si apre nello scontro politico-diplomatico acceso dall’inchiesta sulla pedofilia. De Clerck è il ministro uscente di un governo dimissionario. Ma parla dagli schermi della televisione di Stato, nell’ora di massimo ascolto (prima però che arrivi da Roma l’eco della parole del Papa), ed è pur sempre uno dei leader del partito cristiano-democratico fiammingo: perciò sono commenti che pesano, i suoi, anche quando bolla come «esagerata, basata su elementi non corretti», la reazione del segretario di Stato vaticano che aveva paragonato il sistema giudiziario del Belgio a quello dei vecchi Paesi comunisti; «e non è certo il caso - aggiunge poi il ministro - di farne un incidente diplomatico». Sproporzionati l’ampiezza e il clamore dell’indagine, come hanno sostenuto i vertici della Chiesa di Bruxelles? «Questo sarà valutato a posteriori», commenta sibillino De Clerck: per ora, si limita ad aggiungere, si è agito entro i limiti della legge, e la giustizia penale «ha preso le cose nelle sue mani, poiché le accuse sugli abusi compiuti a danno di minori sono di sua competenza». Lo scontro non è si è certo placato, anzi.
Anche se non vi sono conferme ufficiali, pare certo che la conferenza episcopale belga abbia già avviato una serie di consultazioni con alcuni studi legali, per decidere sull’opportunità di una citazione in giudizio, a carico dei vertici della polizia e forse anche della Procura del re. Sul tavolo, davanti a ecclesiastici ed avvocati, vi sarebbe un’ipotesi di citazione per danni materiali (ieri avrebbero dovuto essere pagati gli stipendi ai dipendenti dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles, e non è stato possibile perché formulari e documenti vari sono custoditi nei computer sequestrati); ma soprattutto, si discute sull’ampiezza del danno d’immagine eventualmente subito dalla Chiesa, e sulla possibile violazione di alcune garanzie costituzionali. La Procura del re ha comunque assicurato che entro oggi verranno restituiti i computer, o almeno quei «files» e programmi necessari all’ordinaria amministrazione diocesana.