lunedì 6 ottobre 2008

La legge. I medici giudicano le norme sull'Ivg a trent'anni dalla loro entrata in vigore

Corriere della Sera 6.10.08
La legge. I medici giudicano le norme sull'Ivg a trent'anni dalla loro entrata in vigore
Le cifre Diminuito il numero degli interventi legali. I tempi di attesa sono sempre più lunghi
194, aumentano gli obiettori «Tanti gli aborti clandestini»
I ginecologi: 15 mila tra le italiane
di Mario Pappagallo

Il 22 maggio del 1978 l'Italia approvava la legge 194. L'interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) diventava legale. Prima della 194 gli aborti clandestini venivano stimati in oltre 250.000 all'anno. Oggi, purtroppo, se ne fanno ancora 15 mila. Perché?
A 30 anni di distanza sono i ginecologi italiani a tracciare il bilancio di come la 194 è applicata. Domani a Torino, durante l'84mo congresso della Sigo (si chiuderà l'8 ottobre) che riunisce tremila specialisti provenienti da tutt'Italia, verrà presentata un'indagine effettuata in 45 centri italiani. Ecco qualche numero. Nel 2007 sono state effettuate 127.038 interruzioni, con un decremento del 3% rispetto al dato definitivo del 2006 (131.018 casi) e un decremento del 45,9% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'aborto (234.801 casi). Nel corso degli anni è andato crescendo il numero degli interventi effettuato da donne straniere, raggiungendo nel 2006 il 31,6% del totale, mentre, nel 1998, tale percentuale era del 10,1%. «Questo fenomeno — dice Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia — nasconde la diminuzione del ricorso all'Ivg in atto tra le donne italiane».
Comunque, nell'applicazione della 194, non mancano gli spunti negativi su cui riflettere: tra i medici aumentano gli obiettori, vi sono ancora aborti clandestini, vanno migliorati i rapporti ospedali-consultori, sono in aumento gli aborti nelle minorenni.
Gli aborti clandestini si fanno ancora nonostante la legge. La stima è di 15.000: il dato riguarda solo le italiane, in quanto non si dispone di stime affidabili per le donne straniere. E il numero potrebbe salire a 30 mila se si conoscesse la situazione delle immigrate, soprattutto clandestine. Sono peraltro cresciuti i procedimenti penali per aborto clandestino: dai 26 del 1995, ai 41 del 2007. Nel 1997, il 37% dei procedimenti penali riguardava medici, dato sceso al 17% nel 2007. Aumenta quindi il numero di aborti fuorilegge praticati da paramedici, «mammane», ecc. «È frutto della forte presa di posizione di noi ginecologi nel condannare le illegalità — commenta Giovanni Monni, presidente dei ginecologi ospedalieri (Aogoi) —. I dati sul ricorso all'aborto fuori dalle strutture sanitarie restano però allarmanti». Ed emerge un fenomeno nuovo: l'aborto «fai da te». Conferma Monni: «Si tratta di Ivg con pillole acquistate su internet o in mercati illegali. Fra le più diffuse le prostaglandine, antiulcera che possono avere un effetto abortivo soprattutto all'inizio della gravidanza, con elevato rischio di emorragie e infezioni».
L'Italia, inoltre, è agli ultimi posti nel mondo occidentale nell'uso di metodi contraccettivi. Motivi? Per scelta (53%), scarsa conoscenza (38%), errato utilizzo (9%). La pillola, che ha rappresentato una svolta culturale ed epocale per la sessualità della donna, è molto poco usata nel nostro Paese. Ancor meno usato il preservativo. Tra gli effetti nefasti, l'aumento degli aborti tra le minorenni. «Cresce fra le minorenni — aggiunge Vittori —. E aumentano quelle con meno di 14 anni che abortiscono: dallo 0,5% del totale nel 1995 all'1,2% nel 2005». La maggior parte di richieste al giudice da parte delle minorenni arriva da 17enni (il 50,2%) e 16enni (30,3%). Ma le 14enni sono il 4,2%. «Complessivamente — spiega Vittori — l'età media è passata dai 17 anni del 1995 ai 16 anni e 9 mesi del 2005».
Nell'applicazione della 194 qualcosa non va anche nelle strutture. «In particolare — commenta Emilio Arisi, responsabile della ricerca Sigo — solo nel 34,2% dei centri viene oggi garantito di poter eseguire l'intervento in anestesia locale. Resta più diffusa l'anestesia generale, più pericolosa e maggiormente dispendiosa. Altra nota dolente è il rapporto diretto fra ospedale e consultorio: i protocolli di collaborazione, esistenti nel 71% dei casi, spesso vivono solo sulla carta. Nel 73% dei casi è la stessa paziente ad effettuare la prenotazione, a fronte di solo il 23% in cui provvede il consultorio».
In aumento anche i tempi di attesa tra il rilascio della certificazione e l'intervento, un dato legato anche all'altissimo numero di obiettori dentro gli ospedali: il 72% dei medici e il 59% dei primari, e solo il 39,5% degli ospedali assicura la presenza di personale non obiettore disponibile per ogni turno. Qualcuno paventa anche che in alcune Regioni «la carriera si giochi a favore di chi obietta». Obiettori in aumento? A livello nazionale, per i ginecologi si è passati negli ultimi anni dal 58,7% al 69,2%; per gli anestesisti dal 45,7% al 50,4%. In alcune Regioni l'aumento è molto rilevante, soprattutto nel Sud. In Campania gli obiettori sono quasi raddoppiati (i ginecologi sono passati dal 44,1% all'83%; gli anestesisti dal 40,4% al 73,7%; il personale non medico dal 50% al 74%). In Sicilia, i ginecologi obiettori sono saliti dal 44,1% all'84,2% e gli anestesisti dal 43,2% al 76,4%. Ma anche al Nord. In Veneto, l'obiezione è superiore al dato nazionale: 79,1% dei ginecologi; 49,7% degli anestesisti; 56,8% del personale non medico. «Anche trent'anni fa, comunque — commenta Mario Campogrande, presidente del Congresso —, erano prevalenti gli obiettori rispetto a chi applica la legge». Certo se aumentano ancora potrebbero esserci problemi organizzativi. Già oggi vi sono migrazioni in centri della stessa città o addirittura in Regioni dove i numeri di operatori sono adeguati. «E l'importante — conclude Vittori — è che non si creino discriminazioni a svantaggio delle donne». Ma c'è chi vede in questi dati una delle concause di tempi d'attesa ben oltre il consentito in certe Regioni del Sud e di quei 15 mila aborti clandestini. Soprattutto le minorenni potrebbero ricorrere alle «mammane» o a Internet per risolvere il «problema». Anche perché la cosiddetta pillola del giorno dopo, che non è quella abortiva, incontra ostacoli nel nostro Paese: non è facilmente reperibile come in buona parte d'Europa.
Riguardo, infine, alla RU-486 (la pillola abortiva) utilizzata in cinque Regioni (Trento, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Puglia), nel 2007 è stata utilizzata per 1.070 aborti (erano stati 1.151 nel 2006). Conseguenze negative per la salute delle donne? Non ne risultano.