Flores all'attacco "questa Chiesa catto-khomeinista"
La Stampa del 2 aprile 2009, pag. 33
Jacopo Iacoboni
E’ sicuro che tutti i cattolici fossero contro Beppino Englaro? Il tratto più caratteristico del nuovo libro di Paolo Flores d’Arcais - A chi appartiene la tua vita?, Ponte alle Grazie - lo si coglie quasi alla fine del primo dei quattro saggi che raccoglie il testo, intitolato polemicamente, quasi un pamphlet, Il partito della tortura. Racconta Flores che fu lo storico cattolico Paolo Prodi a render noto un episodio che compare negli atti della canonizzazione di San Filippo Neri come uno dei suoi miracoli, «una sorta di miracolo della “eutanasia cristiana”». In visita a una nobildonna romana che, afflitta da una malattia incurabile, invocava il passaggio alla vita eterna, il santo l’aveva confortata e poi, salutandola, s’era fermato sulla soglia della stanza, era tornato indietro e le aveva posto le mani sul capo. «Anima ti comando di uscire da questo corpo», disse San Filippo. Dopo queste parole la donna si spense in modo dolce. Flores conclude: «Far morire prematuramente, con un intervento extranaturale, una persona che non considera più la sua vita ma tortura viene qui, vale la pena sottolinearlo, considerato dalla Chiesa un miracolo tale da contribuire alla canonizzazione».
Esistono dunque cattolici e cattolici, ma esistono persino Chiesa e Chiesa, la Chiesa di San Filippo Neri (ma anche di dom Franzoni, che s’è unito alla manifestazione per Eluana Englaro in piazza Farnese assieme a intellettuali come Barbara Spinelli, Umberto Eco, Paolo Veronesi) accanto alla Chiesa di Bagnasco a Ratzinger. Fino a qualche anno fa, prima che una serie drammatica di eventi di cronaca - uniti al mutar del clima politico nel Paese - cambiassero taluni atteggiamenti in certa gerarchia vaticana, la Chiesa amava discutere con i laici. L’allora cardinale Joseph Ratzinger poteva andare a discutere in teatro, per MicroMega, con il direttore Flores, e il patriarca di Venezia Angelo Scola veniva sistematicamente coinvolto in discussioni sul rapporto tra etica cristiana ed «etica senza fede». Ora quella stagione pare finita.
Capita così che la posizione opposta a quella di Flores venga difesa da quelli che lui chiama «catto-khomeinisti», oppure «sanfedisti»: in sostanza, dice, un manipolo di integralisti che hanno costruito un’ideologia della vita, oltretutto sgradita alla maggioranza degli italiani. Nei tre tristi casi di Luca Coscioni, Piergiorgio Welby e infine di Eluana Englaro, s’è assistito a «un’orgia di ipocrisia cui si è abbandonato il partito oscurantista. La volontà di Eluana non è stata accertata, sproloquiavano le Roccella e i Formigoni e i Lupi da tutti i canali tv», osserva Flores. Per concludere che «la libertà di cui parla la legge Calabrò (ossia il progetto del Pdl in discussione in Parlamento) è certamente libertà, ma solo nel senso della libertà del cardinale Tomás de Torquemada: la libertà della Santa Inquisizione». Ossia l’obbligo di considerare nutrizione ciò che, invece, è un accanito insistere sui corpi in stato vegetativo permanente. Ma Fini, ultimo eroe a sinistra, come sapete stopperà quella legge così com’è adesso.
Insomma, né laici contro cattolici, né destra versus sinistra, parrebbe. Una storica come Lucetta Scaraffia, che ha da poco scritto Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Laterza), contesta a Flores ciò che lui contesta ai suoi rivali: «La verità è che nessuno è libero, e la vita non è una proprietà di cui si può disporre. Ognuno è in una rete di condizionamenti fatta da parenti, amici, stati d’animo, situazione economica, ed è dunque un’utopia, quella sì un’ideologia, credere che possiamo essere noi a disporre di noi stessi». Ma il matematico Piergiorgio Odifreddi ritiene che questa pretesa sia «fondamentalismo cattolico», divida ormai anche Oltretevere, e sia frutto di una Chiesa sulla difensiva: «A me Ratzinger pare come il pugile che serra i pugni perché sa che anche il mondo intorno a lui sta cambiando. Lo dice la lettera della settimana scorsa, in cui denuncia di sentirsi poco seguito anche da parte della base ecclesiale...». Si attacca, insomma, per difendersi.
Oggi anche il 55% dei cattolici, secondo Renato Mannheimer, ritiene giusta una legge che consenta di interrompere le cure, di fronte a malati in stato vegetativo permanente. E le terze vie paiono, più di sempre, impervie. Angelo Panebianco sostiene che potrebbe esser cercata in quella «zona grigia» che «rimane al di qua dello spazio pubblico, affidata al silenzio, agli sguardi e alle parole a mezza bocca scambiate fra i medici e gli assistiti o fra i medici e le persone effettivamente vicine agli assistiti». Una morale pratica che s’è già esercitata mille volte, all’italiana, e inviterebbe a non legiferare. Ma così non finiamo per affidare tutto alla lotteria della decisione dei medici, chi incappa nel medico compassionevole e chi no? E cos’è, tra l’altro, compassione?
La Stampa del 2 aprile 2009, pag. 33
Jacopo Iacoboni
E’ sicuro che tutti i cattolici fossero contro Beppino Englaro? Il tratto più caratteristico del nuovo libro di Paolo Flores d’Arcais - A chi appartiene la tua vita?, Ponte alle Grazie - lo si coglie quasi alla fine del primo dei quattro saggi che raccoglie il testo, intitolato polemicamente, quasi un pamphlet, Il partito della tortura. Racconta Flores che fu lo storico cattolico Paolo Prodi a render noto un episodio che compare negli atti della canonizzazione di San Filippo Neri come uno dei suoi miracoli, «una sorta di miracolo della “eutanasia cristiana”». In visita a una nobildonna romana che, afflitta da una malattia incurabile, invocava il passaggio alla vita eterna, il santo l’aveva confortata e poi, salutandola, s’era fermato sulla soglia della stanza, era tornato indietro e le aveva posto le mani sul capo. «Anima ti comando di uscire da questo corpo», disse San Filippo. Dopo queste parole la donna si spense in modo dolce. Flores conclude: «Far morire prematuramente, con un intervento extranaturale, una persona che non considera più la sua vita ma tortura viene qui, vale la pena sottolinearlo, considerato dalla Chiesa un miracolo tale da contribuire alla canonizzazione».
Esistono dunque cattolici e cattolici, ma esistono persino Chiesa e Chiesa, la Chiesa di San Filippo Neri (ma anche di dom Franzoni, che s’è unito alla manifestazione per Eluana Englaro in piazza Farnese assieme a intellettuali come Barbara Spinelli, Umberto Eco, Paolo Veronesi) accanto alla Chiesa di Bagnasco a Ratzinger. Fino a qualche anno fa, prima che una serie drammatica di eventi di cronaca - uniti al mutar del clima politico nel Paese - cambiassero taluni atteggiamenti in certa gerarchia vaticana, la Chiesa amava discutere con i laici. L’allora cardinale Joseph Ratzinger poteva andare a discutere in teatro, per MicroMega, con il direttore Flores, e il patriarca di Venezia Angelo Scola veniva sistematicamente coinvolto in discussioni sul rapporto tra etica cristiana ed «etica senza fede». Ora quella stagione pare finita.
Capita così che la posizione opposta a quella di Flores venga difesa da quelli che lui chiama «catto-khomeinisti», oppure «sanfedisti»: in sostanza, dice, un manipolo di integralisti che hanno costruito un’ideologia della vita, oltretutto sgradita alla maggioranza degli italiani. Nei tre tristi casi di Luca Coscioni, Piergiorgio Welby e infine di Eluana Englaro, s’è assistito a «un’orgia di ipocrisia cui si è abbandonato il partito oscurantista. La volontà di Eluana non è stata accertata, sproloquiavano le Roccella e i Formigoni e i Lupi da tutti i canali tv», osserva Flores. Per concludere che «la libertà di cui parla la legge Calabrò (ossia il progetto del Pdl in discussione in Parlamento) è certamente libertà, ma solo nel senso della libertà del cardinale Tomás de Torquemada: la libertà della Santa Inquisizione». Ossia l’obbligo di considerare nutrizione ciò che, invece, è un accanito insistere sui corpi in stato vegetativo permanente. Ma Fini, ultimo eroe a sinistra, come sapete stopperà quella legge così com’è adesso.
Insomma, né laici contro cattolici, né destra versus sinistra, parrebbe. Una storica come Lucetta Scaraffia, che ha da poco scritto Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Laterza), contesta a Flores ciò che lui contesta ai suoi rivali: «La verità è che nessuno è libero, e la vita non è una proprietà di cui si può disporre. Ognuno è in una rete di condizionamenti fatta da parenti, amici, stati d’animo, situazione economica, ed è dunque un’utopia, quella sì un’ideologia, credere che possiamo essere noi a disporre di noi stessi». Ma il matematico Piergiorgio Odifreddi ritiene che questa pretesa sia «fondamentalismo cattolico», divida ormai anche Oltretevere, e sia frutto di una Chiesa sulla difensiva: «A me Ratzinger pare come il pugile che serra i pugni perché sa che anche il mondo intorno a lui sta cambiando. Lo dice la lettera della settimana scorsa, in cui denuncia di sentirsi poco seguito anche da parte della base ecclesiale...». Si attacca, insomma, per difendersi.
Oggi anche il 55% dei cattolici, secondo Renato Mannheimer, ritiene giusta una legge che consenta di interrompere le cure, di fronte a malati in stato vegetativo permanente. E le terze vie paiono, più di sempre, impervie. Angelo Panebianco sostiene che potrebbe esser cercata in quella «zona grigia» che «rimane al di qua dello spazio pubblico, affidata al silenzio, agli sguardi e alle parole a mezza bocca scambiate fra i medici e gli assistiti o fra i medici e le persone effettivamente vicine agli assistiti». Una morale pratica che s’è già esercitata mille volte, all’italiana, e inviterebbe a non legiferare. Ma così non finiamo per affidare tutto alla lotteria della decisione dei medici, chi incappa nel medico compassionevole e chi no? E cos’è, tra l’altro, compassione?