La Repubblica 21.10.10
Fondi Ior, si indaga per riciclaggio confermato il sequestro di 23 milioni
Spunta una pista sul sacerdote "cassiere" di Anemone
di Carlo Bonini
Il portavoce vaticano: stupore E il presidente della banca si dice "un po´ depresso"
Gli inquirenti: la vicenda di quei trasferimenti non è un incidente di percorso
ROMA - L´opacità di centinaia di operazioni per contanti disposte negli ultimi tre anni dallo Ior, la banca Vaticana, attraverso una dozzina almeno dei principali istituti bancari italiani, e buon ultimo il sequestro di 23 milioni su un conto del Credito Artigiano, non sono né «un equivoco», né una storia da niente di cavillosa burocrazia bancaria. L´indagine della Procura di Roma sulla cassaforte della Santa Sede coltiva un´ipotesi di reato che si chiama e si scrive «riciclaggio». Che oggi incrocia, solo per dirne una, l´inchiesta di Perugia sui Grandi Appalti e i conti di don Evaldo Biasini, "don Bancomat", e dunque le rimesse del costruttore Diego Anemone, di cui il reverendo era la "tasca", e di Angelo Balducci nella filiale della "Banca Marche" di Roma dove il missionario, economo della "Congregazione del Preziosissimo sangue", era cliente proprio insieme a Balducci e Anemone.
Che sia questa la sostanza dell´inchiesta sullo Ior, ora si ha certezza documentale. Nel giorno in cui il Tribunale del Riesame stabilisce infatti che i 23 milioni di euro congelati tre settimane fa dalla Procura di Roma su un conto della banca Vaticana presso la filiale del Credito Artigiano restino sotto sequestro preventivo per «omessa e incompleta comunicazione alle autorità di vigilanza della natura dell´operazione» cui erano destinati (due bonifici di 20 e 3 milioni alla Jp Morgan di Francoforte e alla Banca del Fucino), la notizia sono le ragioni per le quali quel denaro non può essere restituito. Con una parziale ma assai significativa "discovery" di parte del materiale istruttorio raccolto nella loro inchiesta "madre" sui conti dello Ior, il procuratore aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Rocco Fava annichiliscono l´insistita difesa di Oltre Tevere. Documentano perché la vicenda dei 23 milioni del "Credito Artigiano" non è né un incidente di percorso, né un inciampo in una condotta altrimenti virtuosa.
Non a caso, forse, mentre ancora ieri mattina, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, comunicava lo «stupore» con cui la Santa Sede aveva appreso la decisione del Tribunale del Riesame, «ritenendo che la vicenda altro non presenti che un problema interpretativo e formale», già a sera il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, confidava alle agenzie di stampa di sentirsi improvvisamente «un po´ depresso». E con buone ragioni. Nel sostenere di fronte al Tribunale del Riesame le ragioni del sequestro preventivo dei 23 milioni di euro al "Credito Artigiano", la Procura deposita infatti atti che svelano, a campione e a titolo di esempio, almeno tre operazioni condotte dallo Ior nel corso del 2009 che hanno l´odore del "riciclaggio" e le stimmate di "segnalazione di operazione sospetta" della Banca d´Italia. E, in ogni caso, che non hanno rispettato uno solo dei canoni di trasparenza "rinforzata" che, dal 2007, una legge dello Stato impone alla banca Vaticana.
Si scopre così che, nel novembre dello scorso anno, da un conto acceso in una filiale della banca Intesa-san Paolo, vengono prelevati, su disposizione dei vertici dello Ior (il presidente Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale, Paolo Cipriani), 600 mila euro in contanti per un´operazione di cui non viene comunicata né la natura, né i beneficiari. Per giunta, in perfetta sintonia con una prassi del "silenzio" che vede lo Ior movimentare su quello stesso conto, nel solo 2009, la somma complessiva di 140 milioni di euro. E ancora: si scopre che, sempre in quel 2009, vengono bonificati da una banca di san Marino 300 mila euro su un conto Unicredit intestato a un monsignore. É una somma importante di cui, anche tenendo conto della provenienza geografica, il reverendo non offre giustificazione. Ma, soprattutto, è una somma il cui reale beneficiario non è il prelato ma un imprenditore e una signora, tale Maria Rossi, entrambi cittadini italiani. A richiesta delle autorità di vigilanza, su entrambi, lo Ior fornisce risposte evasive E, a una prima verifica, false. Maria Rossi è infatti un nome di fantasia. E non risponde al vero la circostanza, come pure sostiene lo Ior, che sia la madre dell´imprenditore che risulta aver negoziato il denaro arrivato da san Marino.
C´è di più. Nel 2009, su un conto Ior di Banca Intesa versa due assegni, per un importo che non arriva a 50 mila euro, don Evaldo Biasini, la "tasca" di Diego Anemone. Ebbene, quei due assegni sono tratti da un altro conto che lo stesso Biasini ha acceso presso la "Banca Marche" di via Romagna 17. In quella stessa filiale è cliente di riguardo Angelo Balducci, il cui conto (dalla liquidità importante) è gestito direttamente dal suo commercialista Stefano Gazzani. Ma quel che più importa, appunto, è che in quella filiale siano clienti il costruttore Diego Anemone e, soprattutto, le sue società consortili che si sono aggiudicate gli appalti di cui Balducci è stato il "dominus". La "Imatec", la "Maddalena" e l´"Arsenale" (G8 della Maddalena), la "Cosport" e "Musport" (Mondiali di nuoto 2009), la "Consortile sant´Egidio" (aeroporto di Perugia). É solo una coincidenza? O don Evaldo, grazie allo speciale regime del "silenzio" dello Ior, e come farebbero sospettare anche quei due assegni, ha fatto da spallone del denaro di Anemone tra le due sponde del Tevere?