Corriere Fiorentino 8.10.09
L’intervista. Il professor Lombardi Vallauri, ordinario di filosofia del diritto
«Il problema non è la Chiesa ma la politica sottomessa»
intervista di David Allegranti
Luigi Lombardi Vallauri, ordinario di filosofia del diritto all’Università di Firenze, è, fra le tante cose di cui si occupa, un attento studioso di bioetica. Da mesi non legge «cose che riguardano l’Italia e la politica italiana, come misura elementare di igiene mentale». Sollecitato, fa un’eccezione con gli articoli sul registro fiorentino del testamento biologico.
Professore, dopo la nota dell’Arcidiocesi sul voto di lunedì in consiglio comunale, c’è chi ha parlato di nuovo di ingerenza della Chiesa in fatti che non la riguardano. Secondo lei sono legittimi gli attacchi della Curia?
«Penso che la Chiesa, come tutti, abbia diritto di parlare, e chiunque parla è tutelato dalla libertà di manifestazione del pensiero. Quando io dico quello che penso nessuno lo chiama ingerenza, perché a quello che io dico non c’è acquiescenza; una manifestazione di pensiero diventa cioè ingerenza non per colpa di chi parla, ma per colpa di chi segue. Il vero problema non è che la Chiesa manifesti le sue opinioni, ma che ci siano dei politici dipendenti. Ingerenza è sinonimo di dipendenza, e non ci sarebbe ingerenza se ci fosse indipendenza. Gandhi aveva una frase molto bella: dire un tiranno e dire mille vigliacchi è dire esattamente a stessa cosa. In questa fase la Chiesa non potendo più parlare di oggetti dogmatici, trascendenti, si sta riducendo a una strana politica: erogare sensi di colpa per poter erogare presunte vie di giustificazione, erogare perdizione per poter erogare salvezza, erogare peccati per poter vendere assoluzioni. Praticamente la Chiesa è diventata una specie di altoparlante di etica colpevolizzante. Questo mostra che è in profondissimo imbarazzo».
Al di là delle competenze di Comune e Parlamento, di cui pure si è molto discusso, c’è una questione di merito sull’istituzione del registro dei biotestamenti. Lei che ne pensa?
«Prima facie , istituire un registro sembra un atto completamente innocuo, un semplice strumento di pubblicità di atti, la cui validità o non validità giuridica è del tutto indipendente dalla registrazione. Nessuno credo pretende che per il fatto di essere registrati, questi testamenti acquistino efficacia giuridica maggiore, e quindi bisognerà in ogni caso risalire agli atti compiuti presso i notai o altri fiduciari, anche perché, se ho ben capito, il registro non ne riprodurrà il contenuto. Dirà solo che il signor X ha fatto testamento biologico e quindi sarà impossibile conoscere il contenuto di questo testamento, andando a vedere nel registro. Dunque è semplicemente una forma di pubblicità, ripeto, apparentemente innocua, che facilita l’indagine volta al reperimento poi del documento che conta. Ma c’è un livello molto più interessante».
Quale?
«Il problema della legittimità etica e giuridica di questi atti, e cioè del testamento biologico. L’espressione di volontà concernente l’ultima fase della vita: il problema è anzitutto etico e poi giuridico. Eticamente devo dire che se l’etica è universalmente condivisibile, come lo sono la matematica e la fisica, allora il provenire da un’autorità è senza alcun effetto; Dio non ha compiuto rivelazioni matematiche e fisiche, e direi che se l’etica è universale deve essere anch’essa separata da principi di autorità. L’etica non conta per chi la emana, fosse anche Dio — e Dio nella storia ne ha dette eticamente di tutti i colori — ma dipende dagli argomenti a favore delle tesi; essa non può essere quindi che laica, come laica è la matematica».
E quindi?
«Se argomentiamo, ho molta difficoltà a pensare che mentre su tutte le fasi della vita la persona ha il diritto-dovere di decidere, questo diritto-dovere cessi di fronte all’ultima fase. Io simpatizzo molto con la tesi secondo cui l’ultima fase è come tutte le fasi precedenti e quindi la persona ha il diritto-dovere di organizzarsela, anche molto prima che si ponga il problema eutanasia sì, eutanasia no. Io vedo la persona, o il suo fiduciario, come un regista dell’ultima fase di cui il medico è semplicemente un attore. E quindi le dichiarazioni anticipate mi sembrano della stessa natura del testamento normale».
Dunque lei è a favore del testamento biologico? Perché?
«Ritengo che gli argomenti a favore del testamento biologico siano molto più forti di quelli contro, e qui nasce il problema della traduzione dell’etica in termini giuridici; quando si passa al diritto, non è affatto detto che si possa trapiantare di sana pianta l’etica in quanto tale. Il diritto si rivolge in modo coercitivo a collettività nelle quali ci possono essere etiche di coscienza diverse e quindi si pone un problema di consenso e di tutela delle minoranze. Questo problema non può non essere risolto a partire dal principio di libertà. Chiunque limiti la libertà di un cittadino ha su di sé l’onere della prova».
Cioè?
«Deve avere argomenti a favore della limitazione della libertà più forti del valore libertà come tale. Ed è molto difficile trovare argomenti che non consistano nella difesa di altrui libertà minacciate da certi esercizi della mia libertà. Ora in questo caso è ben difficile vedere quali libertà altrui siano minacciate dall’esercizio di questa mia libertà sull’ultima fase della mia vita. Quindi ritengo che una traduzione giuridica esplicita del principio di libertà e cioè una legittimazione giuridica del testamento biologico sia la soluzione più giusta».
L’intervista. Il professor Lombardi Vallauri, ordinario di filosofia del diritto
«Il problema non è la Chiesa ma la politica sottomessa»
intervista di David Allegranti
Luigi Lombardi Vallauri, ordinario di filosofia del diritto all’Università di Firenze, è, fra le tante cose di cui si occupa, un attento studioso di bioetica. Da mesi non legge «cose che riguardano l’Italia e la politica italiana, come misura elementare di igiene mentale». Sollecitato, fa un’eccezione con gli articoli sul registro fiorentino del testamento biologico.
Professore, dopo la nota dell’Arcidiocesi sul voto di lunedì in consiglio comunale, c’è chi ha parlato di nuovo di ingerenza della Chiesa in fatti che non la riguardano. Secondo lei sono legittimi gli attacchi della Curia?
«Penso che la Chiesa, come tutti, abbia diritto di parlare, e chiunque parla è tutelato dalla libertà di manifestazione del pensiero. Quando io dico quello che penso nessuno lo chiama ingerenza, perché a quello che io dico non c’è acquiescenza; una manifestazione di pensiero diventa cioè ingerenza non per colpa di chi parla, ma per colpa di chi segue. Il vero problema non è che la Chiesa manifesti le sue opinioni, ma che ci siano dei politici dipendenti. Ingerenza è sinonimo di dipendenza, e non ci sarebbe ingerenza se ci fosse indipendenza. Gandhi aveva una frase molto bella: dire un tiranno e dire mille vigliacchi è dire esattamente a stessa cosa. In questa fase la Chiesa non potendo più parlare di oggetti dogmatici, trascendenti, si sta riducendo a una strana politica: erogare sensi di colpa per poter erogare presunte vie di giustificazione, erogare perdizione per poter erogare salvezza, erogare peccati per poter vendere assoluzioni. Praticamente la Chiesa è diventata una specie di altoparlante di etica colpevolizzante. Questo mostra che è in profondissimo imbarazzo».
Al di là delle competenze di Comune e Parlamento, di cui pure si è molto discusso, c’è una questione di merito sull’istituzione del registro dei biotestamenti. Lei che ne pensa?
«Prima facie , istituire un registro sembra un atto completamente innocuo, un semplice strumento di pubblicità di atti, la cui validità o non validità giuridica è del tutto indipendente dalla registrazione. Nessuno credo pretende che per il fatto di essere registrati, questi testamenti acquistino efficacia giuridica maggiore, e quindi bisognerà in ogni caso risalire agli atti compiuti presso i notai o altri fiduciari, anche perché, se ho ben capito, il registro non ne riprodurrà il contenuto. Dirà solo che il signor X ha fatto testamento biologico e quindi sarà impossibile conoscere il contenuto di questo testamento, andando a vedere nel registro. Dunque è semplicemente una forma di pubblicità, ripeto, apparentemente innocua, che facilita l’indagine volta al reperimento poi del documento che conta. Ma c’è un livello molto più interessante».
Quale?
«Il problema della legittimità etica e giuridica di questi atti, e cioè del testamento biologico. L’espressione di volontà concernente l’ultima fase della vita: il problema è anzitutto etico e poi giuridico. Eticamente devo dire che se l’etica è universalmente condivisibile, come lo sono la matematica e la fisica, allora il provenire da un’autorità è senza alcun effetto; Dio non ha compiuto rivelazioni matematiche e fisiche, e direi che se l’etica è universale deve essere anch’essa separata da principi di autorità. L’etica non conta per chi la emana, fosse anche Dio — e Dio nella storia ne ha dette eticamente di tutti i colori — ma dipende dagli argomenti a favore delle tesi; essa non può essere quindi che laica, come laica è la matematica».
E quindi?
«Se argomentiamo, ho molta difficoltà a pensare che mentre su tutte le fasi della vita la persona ha il diritto-dovere di decidere, questo diritto-dovere cessi di fronte all’ultima fase. Io simpatizzo molto con la tesi secondo cui l’ultima fase è come tutte le fasi precedenti e quindi la persona ha il diritto-dovere di organizzarsela, anche molto prima che si ponga il problema eutanasia sì, eutanasia no. Io vedo la persona, o il suo fiduciario, come un regista dell’ultima fase di cui il medico è semplicemente un attore. E quindi le dichiarazioni anticipate mi sembrano della stessa natura del testamento normale».
Dunque lei è a favore del testamento biologico? Perché?
«Ritengo che gli argomenti a favore del testamento biologico siano molto più forti di quelli contro, e qui nasce il problema della traduzione dell’etica in termini giuridici; quando si passa al diritto, non è affatto detto che si possa trapiantare di sana pianta l’etica in quanto tale. Il diritto si rivolge in modo coercitivo a collettività nelle quali ci possono essere etiche di coscienza diverse e quindi si pone un problema di consenso e di tutela delle minoranze. Questo problema non può non essere risolto a partire dal principio di libertà. Chiunque limiti la libertà di un cittadino ha su di sé l’onere della prova».
Cioè?
«Deve avere argomenti a favore della limitazione della libertà più forti del valore libertà come tale. Ed è molto difficile trovare argomenti che non consistano nella difesa di altrui libertà minacciate da certi esercizi della mia libertà. Ora in questo caso è ben difficile vedere quali libertà altrui siano minacciate dall’esercizio di questa mia libertà sull’ultima fase della mia vita. Quindi ritengo che una traduzione giuridica esplicita del principio di libertà e cioè una legittimazione giuridica del testamento biologico sia la soluzione più giusta».