Corriere della Sera 2.06.11
Test di verginità e futuro Egitto. Il silenzio dei fratelli musulmani
Roberto Tottoli
I test di verginità condotti in Egitto sulle donne arrestate nel marzo scorso e ancor di più le parole usate per giustificarli pongono più di una questione. L’equiparazione tra la non verginità e la prostituzione, l’affermazione che quelle ragazze che protestavano, giorno e notte, dormendo accanto a uomini, non potevano essere come le «nostre mogli» e le «nostre figlie» ricordano una ben nota concezione tradizionale. Una concezione comune e diffusa ovunque, assorbita e regolata dall’islam, che ascrive alla verginità l’onore e la rispettabilità della donna. In Egitto, come in molte società islamiche e non islamiche, l’enunciato della prescrizione religiosa e la pratica sociale hanno raramente coinciso, e oggi ancor di più. Le pratiche nei rapporti tra i sessi sono diverse e in evoluzione, tra realtà rurale e metropoli, tra gioventù e generazioni precedenti, tra comunità di emigrazione e ritorni nelle terre di origine con costumi occidentali. Con il risultato di trovare formalismi tradizionali, a volte di facciata, che convivono con consuetudini di segno opposto. Tutto ciò ha determinato finora, spesso, l’ipocrita necessità di salvare forma e realtà dei fatti, e da qui il successo e la diffusione dei test di verginità nei Paesi musulmani, oppure il ricorso alla chirurgia per ricostruire una verginità formale. Un modo di risolvere i contrasti salvando l’apparenza. Ma in questi mesi, la gioventù araba in rivolta non ha salvato né sostanza né apparenza, e rivendica, con quelle donne arrestate, il diritto alla propria intimità. La sfida pare più difficile di quella politica. Il silenzio delle forze che costruiranno l’Egitto del futuro, Fratelli musulmani in testa, è quanto mai significativo. È dettato da opportunismo in primo luogo, ma anche, soprattutto da parte dei gruppi religiosi, dalla difficoltà di coniugare libertà civili, mai conosciute, con quel tradizionalismo religioso nei costumi e nella vita sociale che è sempre stato la loro bandiera. Il futuro di un Egitto democratico passa soprattutto da qui, ancor più che da elezioni libere.