mercoledì 21 settembre 2011

Breccia vaticana

il Fatto 18.9.11
Breccia vaticana
A Porta Pia il corteo per far pagare l’Ici alla Chiesa I Radicali: “Ripartiamo dalla legge finanziaria”
di Silvia D’Onghia

Camilla ha 10 anni e una lunga coda di cavallo. Al collo ha appeso un manifesto contro il Vaticano. “Noi dobbiamo pagare per loro, ma loro non pagano per noi”, risponde ai cronisti che le chiedono se conosca il senso di quella scritta. “Ma sai cos’è il Vaticano?”. “Una città”.
Sergio Stanzani di anni ne ha 88, arriva a Porta Pia in sedia a rotelle. È il presidente del Partito radicale transnazionale, è stato eletto dieci anni fa, al tempo dell’ultimo congresso. Lui sa bene cos’è il Vaticano. “I cattolici dicono di volersi conquistare il paradiso, e anche se non ci credo li rispetto, ma mi devono spiegare perché vogliono conquistare anche il paradiso terrestre. Perché finora lo hanno potuto fare indisturbati? Bè, non a caso la chiesa cattolica è universale”.
Non c’è tanta gente al corteo organizzato dai Radicali a Porta Pia, a tre giorni dal 141esimo anniversario della Breccia, ma la manifestazione può dirsi comunque riuscita. Sventolano le bandiere di “Democrazia Atea” e dell’Uaar (Unione degli atei e agnostici razionalisti), c’è lo striscione dell’associazione nazionale del Libero pensiero “Giordano Bruno”, c’è l’enorme vignetta col cardinale intento a divorare un piatto di pasta, c’è il trampoliere porporato e c’è persino Marco Cappato vestito da guardia svizzera. Il corteo si snoda da Porta Pia al ministero dell’Economia, in via XX Settembre: un tragitto breve, contornato da decine di poliziotti e carabinieri. Obiettivo, ancora una volta, i privilegi di cui gode il Vaticano, dal mancato pagamento dell’Ici sugli immobili ecclesiastici all’8 per mille, giudicato “una truffa”.
“NELL’ULTIMO mese ci hanno dato dei bugiardi e dei massoni – spiega il segretario dei Radicali, Mario Staderini –, ma c’è un video (consultabile sul sito dei Radicali, ndr) che dimostra che a mentire erano loro. A forza di proteste e manifestazioni, siamo riusciti ad aprire una breccia sul ‘tabù vaticano’. Ne hanno parlato i giornali, persino il Sole 24 Ore, Libero e il Giornale“. Non solo: la Camera, durante il voto finale alla manovra economica lo scorso mercoledì, ha approvato un ordine del giorno presentato dal deputato di Fli Enzo Raisi che richiede di far pagare l’Ici sugli immobili della Chiesa destinati a “attività commerciali, anche se esercitate non in via esclusiva”. Esenzione confermata, invece, solo per gli immobili destinati ad attività commerciali accessorie fino a un fatturato massimo di diecimila euro annui. Certo, è solo un ordine del giorno, ma per i Radicali è un inizio. “Ora aspettiamo la legge finanziaria – prosegue Staderini –. Stiamo calcolando l’impatto della tassa vaticana sul debito pubblico italiano: posso dire senza timore di essere smentito che non siamo lontani dal 5 per cento sui duemila miliardi accumulati negli ultimi 20 anni”.
“HO LASCIATO a casa il mio nipotino di 11 anni – racconta un’insegnante in pensione –, voleva venire anche lui, ma poi si è fermato a casa col fratello a discutere di come cambiare l’Italia. Sa, io ho combattuto 40 anni in difesa della scuola pubblica e della laicità dello Stato. Non è cambiato nulla, ma non ci possiamo arrendere”. Un uomo mostra il suo tesserino da disabile: “Perché l’ho portato? Perché il Comune di Roma ha un credito di 30 milioni di euro nei confronti del Vaticano e non ha i soldi per garantire i servizi essenziali per noi disabili. Però 4 milioni di euro per la beatificazione di Giovanni Paolo II li hanno trovati. I soldi per la Chiesa non mancano mai”.
Al corteo c’erano anche molti non radicali, richiamati dal tam tam della rete. Su Facebook il gruppo “Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria” “piace” a quasi 150 mila persone. “Segno che bastava abbattere il muro dell’omertà”, commenta Staderini, mentre abbatte il muro di cartone costruito, simbolicamente, davanti al ministero dell’Economia.

domenica 18 settembre 2011

se il papa è andato via



Triumvirato Romano, 1849. "Se il papa è andato via". Tratto da "in nome del popolo sovrano"

Sul Triumvirato romano:
"Una piccola repubblica nel cuore dell'Italia divisa, nata mettendo in fuga il sovrano per diritto divino per eccellenza, il Papa. Che diede il suffragio universale, il matrimonio civile e si dotò di una Costituzione che per i romantici e i sognatori ancora oggi fa vibrare il cuore con articoli come: "Il regime democratico ha per regola l'eguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta". Che, nonostante quei richiami ai principi della rivoluzione francese, proprio dalla Francia repubblicana, venuta a difendere il cattolicesimo e i parenti del Regno di Napoli, sarà abbattuta. Perché troppo avanti, troppo scomoda, troppo impossibile e utopica per essere reale".
di D.Olivero (Repubblica, 10/04/08)

sabato 17 settembre 2011

“Subii gli abusi di un prete risarcito con soli 5000 euro”

La Stampa 14.9.11
“L’ho fatto perché poteva fermarli invece ha taciuto”
“Subii gli abusi di un prete risarcito con soli 5000 euro”
di Alessandro Alviani

Wilfried Fesselmann ha 43 anni ed è una delle vittime di abusi che ieri hanno depositato alla Corte dell’Aja il ricorso contro il Papa. Nel 1979, quando aveva 11 anni, venne abusato da Padre Hullermann, che l’anno dopo fu trasferito dalla diocesi di Essen all’arcidiocesi di Monaco e Frisinga allora guidata dall’arcivescovo Joseph Ratzinger per sottoporsi a una terapia psichiatrica. In seguito Hullermann ha abusato di altri ragazzini. È stato sospeso soltanto l'anno scorso, quando il caso di Fesselmann è diventato pubblico.
Perché ha denunciato il Papa?
«Perché è il capo della Chiesa mondiale e ha la responsabilità di tutti i sacerdoti. Il problema sta nel fatto che i preti colpevoli di abusi vengono trasferiti da una diocesi all’altra. Le vittime di padre Hullermann sono almeno 17. Anche il suo successore, che iniziò a lavorare a Essen come lui, abusò di alcuni ragazzini e venne trasferito da Essen a Münster. La strategia è sempre la stessa. Ogni volta le diocesi rispondono: “Sei la prima vittima, non abbiamo mai sentito nulla del genere”. E intanto i sacerdoti pedofili vengono spostati da una città all’altra. Vogliamo metter fine a questa strategia».
Che cosa si aspetta concretamente da Benedetto XVI?
«Delle scuse. Dovrebbe prendere finalmente posizione su questo tema e ammettere che sono stati commessi errori. Inoltre dovrebbe bloccare i preti pedofili ancora attivi. Nell’atto d'accusa che abbiamo depositato all'Aja ci sono i nomi di circa 300 preti pedofili in Germania, alcuni dei quali svolgono ancora oggi le loro funzioni. Il Papa dovrebbe allontanarli e rivelare i loro nomi. Sarei poi contento se il Papa decidesse di incontrarmi a Berlino durante la sua visita della prossima settimana, visto che è stato direttamente coinvolto nel mio caso, in quanto accolse Hullermann a Monaco. Ho già scritto a diverse istituzioni, tra cui la Conferenza episcopale tedesca e il Vaticano, ma non ha nessun interesse a incontrarmi, cosa che non riesco a capire. Andrò a Berlino per partecipare alle proteste contro la sua visita».
Che cosa gli direbbe se potesse incontrarlo?
«Gli chiederei perché ha fatto questo a me e agli altri. Se avesse bloccato Hullermann nel 1979 non ci sarebbero state altre vittime oltre a me».
Ha presentato ricorso proprio ora a causa della prossima visita in Germania?
«No, si tratta di un processo molto lungo e complesso, stavamo raccogliendo documenti da marzo».
Vuole raggiungere altri obiettivi col ricorso?
«Siamo arrabbiati per il modo in cui è stata gestita la questione dei risarcimenti. In Germania questi reati sono già caduti in prescrizione. Le vittime però hanno bisogno anche di 20-25 anni per parlare di quello che è successo. Io ne ho impiegati oltre 25. Inoltre in media noi vittime tedesche siamo state risarcite con 5.000 euro. Padre Hullermann vive a Monaco, ha un appartamento che gli viene pagato e una governante, in più continua a incassare il suo stipendio dall’arcidiocesi, come se non fosse successo niente. Non è possibile che lui guadagni in tutto 5.300 euro al mese, mentre le vittime hanno avuto un risarcimento unico di 5.000 euro. È troppo poco».
Che cosa fa oggi?
«Da 10 anni mi sono stati diagnosticati attacchi di panico legati agli abusi. Da allora non posso più lavorare».
Che cosa succederà ora col ricorso?
«La Corte dovrà anzitutto visionare il materiale: tre cd più diverse scatole piene di documenti. Per farlo ci vorranno almeno tre settimane».

venerdì 16 settembre 2011

"Chi non vorrebbe mettere le mani sugli archivi della Chiesa? Le gerarchie ecclesiastiche sopravviverebbero?"

La Repubblica 16.9.11
Mr WikiLeaks: "Continuiamo le nostre ricerche L´obiettivo: i segreti del Vaticano e degli Anni di piombo"
"Così sveleremo l’Assurdistan-Italia”
"Chi non vorrebbe mettere le mani sugli archivi della Chiesa? Le gerarchie ecclesiastiche sopravviverebbero?"
di Julian Assange

"Se ci accadesse qualcosa, diffonderemmo una serie di documenti criptati"
"Non abbiamo la bacchetta magica ma lavoriamo per concretizzare un sogno"

Il testo che segue è tratto dalla prefazione al libro "Dossier WikiLeaks. Segreti italiani" di Stefania Maurizi, giornalista del settimanale "L´Espresso"

Niente sembrava poter scalfire il muro di segreti che nasconde gli affaracci di banche e multinazionali, i crimini di eserciti che uccidono senza rendere conto a nessuno, il potere di sette religiose capaci di plagiare milioni di persone.
Molti pensano a noi come al prodotto di una rivoluzione tecnologica. È vero. Senza Internet, non esisteremmo neppure. Ma l´essenza di WikiLeaks è qualcosa di profondamente connaturato nell´uomo: è il desiderio di arrivare a scoprire la verità e di obbligare chi ha il potere a risponderne, senza potersi nascondere dietro il segreto. Noi siamo convinti che non ci sia democrazia laddove ci sono archivi pieni di verità inconfessabili.
Negli ultimi cinque anni abbiamo subito attacchi micidiali. Per proteggere il nostro staff e le nostre infrastrutture, abbiamo rilasciato una serie di file criptati che sono la nostra assicurazione. Se dovesse accaderci qualcosa di veramente grave, tale da compromettere la capacità di pubblicare i documenti che abbiamo in mano, diffonderemo le password necessarie per aprire quei file. Abbiamo sentito opinionisti di destra della Fox di Rupert Murdoch invitare gli ascoltatori dal grilletto facile - che, purtroppo, in America non mancano - «a sparare a quel figlio di puttana [di Assange]», ma abbiamo anche sentito intellettuali liberal liquidarci come degli estremisti irresponsabili. Quella che ad oggi risulta non pervenuta è una forte presa di posizione da parte dei media e delle élite colte contro la dilagante segretezza in cui stanno affondando le democrazie occidentali. Secondo l´Information Security Oversight Office, che supervisiona le politiche di secretazione e desecretazione nel governo e nell´industria Usa, nel 2010 i costi del segreto di stato in America hanno raggiunto i 10,17 miliardi di dollari, una cifra che non include le spese per le agenzie di intelligence (Cia, Nsa, Nga, ecc.), che nessuno conosce perché sono riservate.
Neppure la pubblicazione di Collateral Murder è stata una sveglia per quei liberal che ci accusano di avere un´agenda irresponsabile. In quel video si vedeva un elicottero americano Apache che a Bagdad sterminava civili innocenti, tra cui due giornalisti dell´agenzia internazionale Reuters. Fin dal giorno dell´attacco, Reuters aveva cercato di ottenere una copia di quel documento, ma, nonostante tutti i mezzi e i contatti, non c´era riuscita. Non è un´esagerazione dire che, senza il coraggio della fonte che ci ha fatto filtrare quel video, sarebbe stato impossibile scoprire la verità su quella strage in tempi ragionevoli.
Oggi la nostra lista dei desideri continua a essere lunghissima. E c´è anche l´Italia. Chi non vorrebbe mettere le mani sugli archivi del Vaticano? Duemila anni di segreti di una monarchia assoluta di ottocento abitanti, che influenza le vite di un miliardo e trecento milioni di persone nel mondo. Immaginiamo di poter riversare l´intero archivio in un database elettronico ricercabile per parole chiave: le gerarchie ecclesiastiche sopravviverebbero a questo "megaleak"?
Sull´Italia, una delle prime "soffiate" che abbiamo ricevuto è stato un file audio che ricostruiva il presunto ruolo dei servizi segreti nella crisi dei rifiuti di Napoli. Era un documento che rivelava dettagli inquietanti su uno scandalo che aveva fatto il giro del mondo. Per questo nell´agosto del 2009 lo consegnammo a Stefania Maurizi de l´Espresso, che alcuni mesi prima aveva iniziato a interessarsi al nostro lavoro. Poi la collaborazione è andata avanti e anche i cablo della diplomazia americana hanno fatto emergere storie importanti. In uno dei cablogrammi, l´ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, mette nero su bianco il suo giudizio sul controverso premier, Silvio Berlusconi. «Ha danneggiato la reputazione dell´Italia in Europa», scrive il diplomatico al Segretario di Stato, Hillary Clinton, «e ha dato un tono disgraziatamente comico alla reputazione del Paese in molti settori del governo americano». Eppure Washington continua a supportarlo, perché l´Italia di Berlusconi «rimane un posto eccellente per fare i nostri affari politici e militari», mentre all´estero è sempre più percepita come un Assurdistan.
Negli ultimi mesi ci siamo resi conto di avere un forte supporto anche in Italia, dove il Quarto Potere sembra essere messo molto male. Secondo la classifica della Freedom House, nel 2011 perfino la Serbia e il Benin hanno superato Roma in materia di libertà di stampa e, insieme con la Bulgaria e la Romania, l´Italia rimane l´unica nazione europea ad avere una stampa solo "parzialmente libera".
Lavorando con Stefania Maurizi, abbiamo saputo che tra gli Anni ´60 e ´90 il paese si è ritrovato al centro di trame oscure, che hanno ordinato stragi in cui hanno perso la vita centinaia di cittadini italiani. Quaranta anni dopo, quei massacri restano avvolti nel mistero, perché i documenti segreti sono ancora off limits. Non è difficile immaginare i ricatti e gli scambi inconfessabili fioriti all´ombra di quegli archivi, che hanno seriamente minato la democrazia italiana.
Molti dei nostri sostenitori guardano a WikiLeaks come a una sorta di deus ex machina, che può far piazza pulita della segretezza che minaccia le democrazie e ingrassa i regimi. Non abbiamo la bacchetta magica. Ma lavoriamo per concretizzare un sogno. E quando si fa quello che si predica, altre persone si aggregano e supportano la lotta. Molti condividono i nostri valori e ci hanno aiutato. Il coraggio è contagioso. Anche nell´Assurdistan.

mercoledì 14 settembre 2011

Benedetto XVI e tre cardinali accusati di «tollerare gli abusi sessuali»

l’Unità 14.9.11
Benedetto XVI e tre cardinali accusati di «tollerare gli abusi sessuali»
Vittime Usa dei preti pedofili denunciano il Papa all’Aja
Il ricorso alla Corte internazionale dell’Aja riguarda oltre al Papa, i cardinali Bertone, Sodano e Levada. No comment della Santa Sede. L’iniziativa promossa da un gruppo di vittime dei preti pedofili, lo Snap.
di Roberto Arduini

Non si è ancora spenta l'eco delle polemiche con l'Irlanda per le omissioni sulla pedofilia che un'altra tegola si abbatte sul Vaticano. E sempre da questo stesso fronte. Un gruppo di associazioni delle vittime di abusi sessuali e di atti di pedofilia da parte di sacerdoti ha depositato presso la Corte penale internazionale dell'Aja un ricorso in cui accusa il Papa e tre alti prelati di crimini contro l'umanità. L’americano Survivors Network of those Abused by Priests (Snap), accompagnato dagli avvocati del Centre for Constitutional Rights, un'organizzazione per i diritti umani, hanno fornito ai giudici un fascicolo di 80 pagine in cui si accusa il Vaticano di «tollerare» abusi sui minori in tutto il mondo e di «proteggere i 20mila preti ancora in carica», secondo le stime. Nella denuncia si chiede alla Corte penale internazionale di «incriminare il Papa» per la sua «diretta e superiore responsabilità per i crimini contro l'umanità degli stupri e altre violenze sessuali commesse nel mondo». Il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, e il prefetto della Congregazione della dottrina della fede, cardinale William Levada, sono denunciati per la loro responsabilità oggettiva data dal «ruolo di comando» e per quella diretta nella «copertura dei crimini». La Snap ha reso noto di aver allegato «rapporti, documenti e prove dei crimini perpetrati dal clero cattolico contro bambini e adulti vulnerabili». Si tratterebbe di «decine di migliaia di vittime»: «In questo caso, davvero tutte le strade portano a Roma», ha detto l'avvocato del Centre for Constitutional Rights, Pam Spees. I responsabili, ha aggiunto, «dovrebbero essere processati come qualunque altro dirigente colpevole di crimini contro l'umanità». Il presidente della Snap, Barbara Blaine, ha spiegato di aver deciso questo «storico passo» per proteggere «tutti i bambini innocenti e gli adulti vulnerabili».
«L'iniziativa ha poche chance di essere accolta dalla Corte», sostiene Herman Van Der Wilt, professore di legge internazionale presso l'università di Amsterdam. «Prima di tutto», ha detto, «perché il pre-requisito per i crimini contro l’umanità è che siano stati perpetrati da uno Stato o un’organizzazione assimilabile a uno Stato. Secondo, perché il tribunale internazionale non può indagare su nessun crimine commesso prima del 1 luglio del 2002, anno in cui è iniziato il suo mandato in base allo statuto di fondazione».
Gli attivisti, però, non la pensano così e nei prossimi giorni lanceranno un tour in Europa per illustrare le loro accuse e sostenere la denuncia al Cpi. Nel giro di otto giorni, a partire da oggi, faranno tappa in 10 città (Berlino, Bruxelles, Parigi, Vienna, Londra, Dublino, Varsavia, Madrid), per arrivare il 20 settembre a Roma.
TOUR IN EUROPA
L'iniziativa punta a incoraggiare chi è stato vittima di molestie a farsi avanti e a stimolare i cattolici ad aprire una discussione sul problema. «Vogliamo far sì che ogni singola persona che ha subito abusi, sappia di non essere sola, che richiudere quella ferita è possibile e che può aiutare altri ragazzi che hanno vissuto un trauma simile», ha spiegato Blaine. «Vogliamo anche che i cattolici coinvolti ha aggiunto abbiano un posto sicuro in cui poter parlare del proprio caso e capire quanto possono aiutare a creare una chiesa e una società più sicure». In ogni città sarà organizzata una conferenza stampa e una riunione di supporto riservata alle vittime di abusi e ai loro familiari.
La Santa Sede non ha voluto commentare il ricorso all’Aja. «È una cosa «molto triste», secondo il portavoce della comunità di Sant' Egidio Mario Marazziti. Il tribunale dell'Aja «deve occuparsi di cose molto serie».

venerdì 2 settembre 2011

L’impero immobiliare della Santa Sede nuovamente soitto i riflettori

il Fatto 30.8.11
34 anni dopo è ancora Vaticano Spa
L’impero immobiliare della Santa Sede nuovamente soitto i riflettori
di Eduardo Di Blasi

Nel gennaio del 1977 Paolo Ojetti, con l’aiuto di Pierluigi Franz, pubblicò su l’Europeo un’inchiesta di quelle che restano nella memoria del giornalismo. In prima pagina, sopra una foto notturna della cupola di San Pietro, compariva il titolo: “Vaticano Spa”. Era la ricostruzione minuziosa dell’immenso patrimonio che congregazioni, collegi, case sante, istituti ecclesiastici, rettorati, pie società, capitoli, abbazie e una serie infinita di enti e ordini monastici, possedevano nella sola città di Roma: un quarto del patrimonio immobiliare era proprietà della Chiesa.
QUELL’ARTICOLO, assieme a un altro paio di scoop, costò la poltrona di direttore a Gianluigi Melega che era arrivato alla testa del periodico Rizzoli soltanto nell’estate precedente. “Quando Rizzoli decise di sollevarmi dall’incarico – ricorda Melega – mi disse che facevamo un gran bel giornale ma che lui non poteva permetterselo”.
Oggi, a distranza di 34 anni, mentre imperversa una furibonda campagna sulla tassazione dei beni ecclesiastici non utilizzati per “finalità di culto”, è incredibile annotare come non esistano banche dati in grado di fornirci il dato ufficiale di queste società. Di più: lo Stato italiano non sa quantificare la cifra che, tra sovvenzioni ed esenzioni, il Vaticano ottiene annualmente dalle casse del bilancio italiano. Le richieste dei soli Radicali, seppure sostenute da una parte della pubblica opinione, non sono riuscite a ottenere risposte.
Stefano Livadiotti, sull’Espresso, ha messo in fila diversi di questi “privilegi”: alcuni certi, come la pratica ormai invalsa nella distribuzione dell’8 per mille, che premia oltremodo la Cei a dispetto delle altre confessioni religiose che hanno sottoscritto l’intesa con lo Stato o lo sconto che dal 2006 il Comune di Roma pratica per le auto vaticane che devono passare per la zona a traffico limitato del centro. Altre solo ipotizzabili, come il mistero dell’Ici, la tassa sugli immobili di proprietà. I Comuni hanno valutato con una “prudentissima analisi” un mancato introito “compreso tra i 400 e i 700 milioni di euro l’anno”. Il matematico Piergiorgio Odifreddi, da sempre rappresentato come “anticlericale” ha stimata la cifra di 6 miliardi di euro. Anche i dati ufficiali, forniti dall’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica e risalenti a un lustro fa (il 2006), non sembrano rigorosissimi . A conti fatti il rendimento dei palazzi di proprietà sarebbe quattro volte maggiore di quello che incamerano gli enti di previdenza italiani. Vale a dire che o le proprietà ecclesiastiche ottengono affitti da capogiro o che si è rivisto al ribasso il valore del patrimonio di partenza (stimato per l’appunto nel 2006 a 430 milioni di euro).
Ojetti, autore dell’inchiesta che in quell’inizio d’anno del ‘77 fu stroncata dall’Osservatore Romano spiega: “In 34 anni nulla sembra essere cambiato. Anche allora ci chiedevamo perché questo enorme patrimonio non venisse tassato”.
MELEGA ricorda: “Dagli anni ‘50, con la costruzione dell’Hilton a Monte Mario e l’inchiesta dell’Espresso su ‘Capitale corrotta, nazione infetta’ ci colpiva il fatto che il Vaticano si occupasse di immobili. Pensavamo detenesse un patrimonio di latifondo, invece dai Parioli a Gregorio VII stava edificando in tutta Roma”.
Non fu, come detto, l’unica inchiesta che fece traballare la direzione Melega a l’Europeo. Le altre due parlavano di massoneria (“Tassan Din, l’uomo di mano di Rizzoli che fino ad allora non avevo mai visto, mi venne a incontrare e mi suggerì un pezzo sulla massoneria ‘buona’. Lo misi alla porta”. Poi un’inchiesta su Seveso mise in contatto il presidente del Consiglio Giulio Andreotti e un monsignore romano, Angelini, deus ex machina della sanità romana. Era il 1977. C’erano il terrorismo, l’Urss e la Guerra fredda, ma sembra oggi. Melega allarga le braccia: “È incredibile, ma è così”.

giovedì 1 settembre 2011

Ville e convitti, un impero esentasse

Ville e convitti, un impero esentasse
VENERDÌ, 26 AGOSTO 2011 LA REPUBBLICA Firenze

Senza gli sgravi gli immobili della Chiesa porterebbero a Palazzo Vecchio 600 mila euro di imposte: ma la stima è del 2006

UN impero, ma in parte esentasse. Fatto non solo di chiese, conventi, monasteri, case di preti e perpetue o strutture per anziani, bisognosi e diseredati. Ma anche e soprattutto di appartamenti, ville come La Quiete e Lorenzi, terreni, coloniche, uffici, fondi, garage, foresterie, residence, ostelli e alberghi in Oltrarno, alle Cure e a Careggi, scuole enormi come quelle pie degli Scolopi e dei Salesiani, giardini. Che di fatto godono di un paradiso fiscale: non sempre pagano l´Ici, la tassa comunale sugli immobili sfruttando la norma di legge che consente l´esenzione agli edifici di proprietà della Chiesa - e di decine di enti, istituti, congregazioni e confraternite - che non siano ad «esclusiva» destinazione commerciale.
Un albergo «tout court» come villa Morghen a Settignano, di proprietà della Fondazione Beato Bernardo Tolomei, paga: 3 mila euro l´anno, abbastanza poco, perché è un palazzo classificato come «storico» (è tutelato dalla Soprintendenza) e può godere delle agevolazioni ad hoc, che prescindono da quelle per i beni del clero. Paga pure la pensione delle suore francescane di piazza del Carmine, 21 di proprietà del Collegio missionario femminile San Francesco D´Assisi, immobile-convento che però offre camere doppie a 70 euro con prima colazione: 12mila euro l´anno. Paga l´Ici anche l´istituto diocesano per il sostentamento del clero che a Firenze possiede qualcosa come 1.800 case in gran parte tra San Niccolò e San Frediano: tra Ici e Irap quasi un milione l´anno. Pagano gli Scolopi (120mila euro l´anno per tutte le strutture intestate ai padri). Ma esistono decine di palazzi che godono totalmente di esenzione Ici nonostante ospitino almeno in parte attività ricettive, commerciali, scolastiche o di residenze sanitarie per anziani.
Andando a creare una «zona grigia», un «sommerso» che, su un gettito Ici totale che per Firenze sfiora i 90 milioni di euro, è difficilmente stimabile: l´ultima indagine dettagliata fatta dal Comune nel 2006 parla di circa 600mila euro che si potrebbero recuperare se le esenzioni cadessero per tutti gli edifici della Chiesa, fatti comunque salvi quelli ad esclusivo uso istituzionale, cioè per il culto (le chiese compresi gli annessi come canoniche, chiostri e sagrati) e i servizi sociali in convenzione (mense, centri di assistenza e volontariato). Ma la mappa andrebbe aggiornata, perché le variazioni catastali sono all´ordine del giorno. E nemmeno Palazzo Vecchio è oggi a conoscenza dell´uso esatto che delle singole strutture della Chiesa viene fatto: le mappe non lo dicono, il piano regolatore non sempre è aggiornato, verifiche in loco non se ne fanno. Per ogni immobile, per sapere se paga o no e quanto, anche ai tecnici del Comune occorre una ricerca caso per caso nel data base del catasto. Così ad esempio viene fuori che per l´ex convitto della Calza, ristrutturato coi soldi del Giubileo del 2000 e ora diventato un affermato hotel e centro congressi, l´Ente Arcidiocesi paga circa 9 mila euro l´anno di Ici: cifra bassissima considerata l´ampiezza dell´immobile e la posizione. Ma possibile grazie al fatto che il palazzo è «storico». Per tutti i beni di sua diretta proprietà, l´Ente Arcidiocesi presieduta da monsignor Betori paga circa 30 mila euro l´anno (Calza compresa) al Comune. Tanto, poco? La consistenza del patrimonio è enorme: come probabilmente la quota di esenzioni di cui gode. (e. f.)