l’Unità 14.9.09
Il Vaticano ai farmacisti cattolici: «Non vendete la pillola abortiva»
Il farmacista cattolico sia al servizio della vita e rispetti la morale della Chiesa, non tenga conto solo del business. Dal «ministro» vaticano della Sanità monsignor Zimowski un invito: non distribuite la pillola abortiva Ru 486.
di Roberto Monteforte
CITTÀ DEL VATICANO Obiezione di coscienza e opera di dissuasione. Questa deve essere la scelta dei farmacisti cattolici qualora venissero loro richiesti farmaci che mettono in discussione la vita, come la pillola abortiva Ru 486, gli anticoncezionali o farmaci in grado di favorire di fatto l'eutanasia. Lo ribadisce l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, intervenendo al Congresso Mondiale dei farmacisti cattolici in corso a Poznan, in Polonia e dai microfoni di Radio Vaticana. I farmacisti non devono piegarsi alle logiche del businness. Una cosa, puntualizza, è il giusto guadagno altro è compiere scelte che sarebbero in contraddizione con i principi della morale cristiana. Lo fa rilanciando una presa di posizione del 2007 di papa Ratzinger ed una del suo predecessore, Giovanni Paolo II sul ruolo di servizio alla vita del farmacista cattolico. «Nella distribuzione delle medicine affermava papa Wojtyla il farmacista non può rinunciare alle esigenze della sua coscienza in nome delle leggi del mercato, nè in nome di compiacenti legislazioni. Il guadagno, legittimo e necessario, dev' essere sempre subordinato al rispetto della legge morale e all'adesione al magistero della Chiesa». Quindi ribadiva i punti fermi della Chiesa «sul rispetto della vita e della dignità della persona umana, sin dal suo concepimento fino ai suoi ultimi momenti» che «non può essere sottoposto alle variazioni di opinioni o applicato secondo opzioni fluttuanti». È più esplicita la riproposizione del pensiero di Benedetto XVI che fa riferimento proprio allo smercio di farmaci come la pillola «abortiva» Ru 486. «Non è possibile anestetizzare le coscienze, ad esempio sugli effetti di molecole scriveva nel 2007 che hanno come fine quello di evitare l'annidamento di un embrione o di abbreviare la vita di una persona. Il farmacista deve invitare ciascuno a un sussulto di umanità, affinché ogni essere sia tutelato dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e i farmaci svolgano veramente il ruolo terapeutico». Il
Vaticano rilancia il suo affondo per contrastare lo smercio di farmaci come la pillola abortiva Ru 486 e torna ad ipotizzare l’invito all’obiezione di coscienza dei farmacisti cattolici.
LA RISPOSTA DEGLI OPERATORI
Gli operatori del settore rispondono che per il farmacista questo, a differenza di medici e infermieri, non è consentito. «Il farmacista è tenuto per legge a dispensare un farmaco, o a procurarlo entro il più breve tempo possibile, a fronte della prescrizione del medico» precisa la presidente di Federfarma, l'associazione che riunisce i titolari di farmacie private, Annarosa Racca. E il presidente di Farmindustria, l’associazione dei produttori di farmaci, Sergio Dompé esprime «grande rispetto per il magistero della Chiesa e per il Papa», ma puntualizza«i farmaci sono fatti e pensati per risolvere problemi e aiutare le persone, e se la farmacologia e le aziende del farmaco possono mettere a disposizione soluzioni in tale direzione, è dovere delle aziende e del mondo scientifico farlo». Senza escludere soluzioni a problemi come il fine vita o il concepimento.
Il senatore del Pd, Ignazio Marino, cattolico e medico, osserva: «I farmacisti devono svolgere il loro lavoro obbedendo alle leggi dello stato laico. Se non se la sentono possono rinunciare ad avere una farmacia»
Il Vaticano ai farmacisti cattolici: «Non vendete la pillola abortiva»
Il farmacista cattolico sia al servizio della vita e rispetti la morale della Chiesa, non tenga conto solo del business. Dal «ministro» vaticano della Sanità monsignor Zimowski un invito: non distribuite la pillola abortiva Ru 486.
di Roberto Monteforte
CITTÀ DEL VATICANO Obiezione di coscienza e opera di dissuasione. Questa deve essere la scelta dei farmacisti cattolici qualora venissero loro richiesti farmaci che mettono in discussione la vita, come la pillola abortiva Ru 486, gli anticoncezionali o farmaci in grado di favorire di fatto l'eutanasia. Lo ribadisce l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, intervenendo al Congresso Mondiale dei farmacisti cattolici in corso a Poznan, in Polonia e dai microfoni di Radio Vaticana. I farmacisti non devono piegarsi alle logiche del businness. Una cosa, puntualizza, è il giusto guadagno altro è compiere scelte che sarebbero in contraddizione con i principi della morale cristiana. Lo fa rilanciando una presa di posizione del 2007 di papa Ratzinger ed una del suo predecessore, Giovanni Paolo II sul ruolo di servizio alla vita del farmacista cattolico. «Nella distribuzione delle medicine affermava papa Wojtyla il farmacista non può rinunciare alle esigenze della sua coscienza in nome delle leggi del mercato, nè in nome di compiacenti legislazioni. Il guadagno, legittimo e necessario, dev' essere sempre subordinato al rispetto della legge morale e all'adesione al magistero della Chiesa». Quindi ribadiva i punti fermi della Chiesa «sul rispetto della vita e della dignità della persona umana, sin dal suo concepimento fino ai suoi ultimi momenti» che «non può essere sottoposto alle variazioni di opinioni o applicato secondo opzioni fluttuanti». È più esplicita la riproposizione del pensiero di Benedetto XVI che fa riferimento proprio allo smercio di farmaci come la pillola «abortiva» Ru 486. «Non è possibile anestetizzare le coscienze, ad esempio sugli effetti di molecole scriveva nel 2007 che hanno come fine quello di evitare l'annidamento di un embrione o di abbreviare la vita di una persona. Il farmacista deve invitare ciascuno a un sussulto di umanità, affinché ogni essere sia tutelato dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e i farmaci svolgano veramente il ruolo terapeutico». Il
Vaticano rilancia il suo affondo per contrastare lo smercio di farmaci come la pillola abortiva Ru 486 e torna ad ipotizzare l’invito all’obiezione di coscienza dei farmacisti cattolici.
LA RISPOSTA DEGLI OPERATORI
Gli operatori del settore rispondono che per il farmacista questo, a differenza di medici e infermieri, non è consentito. «Il farmacista è tenuto per legge a dispensare un farmaco, o a procurarlo entro il più breve tempo possibile, a fronte della prescrizione del medico» precisa la presidente di Federfarma, l'associazione che riunisce i titolari di farmacie private, Annarosa Racca. E il presidente di Farmindustria, l’associazione dei produttori di farmaci, Sergio Dompé esprime «grande rispetto per il magistero della Chiesa e per il Papa», ma puntualizza«i farmaci sono fatti e pensati per risolvere problemi e aiutare le persone, e se la farmacologia e le aziende del farmaco possono mettere a disposizione soluzioni in tale direzione, è dovere delle aziende e del mondo scientifico farlo». Senza escludere soluzioni a problemi come il fine vita o il concepimento.
Il senatore del Pd, Ignazio Marino, cattolico e medico, osserva: «I farmacisti devono svolgere il loro lavoro obbedendo alle leggi dello stato laico. Se non se la sentono possono rinunciare ad avere una farmacia»