La Repubblica 15.9.09
Ora di religione. Quella disputa che divide lo Stato dalla Chiesa
Le decisioni del Tar e del ministro Gelmini hanno riaperto le polemiche sulla laicità della scuola italiana
di Filippo Ceccarelli
Ci sono questioni nel nostro paese che sembrano create apposta per dimostrare l´impossibilità di essere risolte. E che riemergono con inutile regolarità
I ricordi scolastici si affollano: scoperte, discussioni libri letti sotto il banco partite a carte, tante chiacchiere e anche qualche dormitina
Circolari ministeriali, Tar, Consiglio di Stato, protocolli addizionali, vertenze sindacali, vertici di maggioranza, dibattiti in Parlamento, incontri segreti, presidenti e monsignori scarrozzati in giro per l´Italia a bordo dell´aereo – si è poi saputo – di Calisto Tanzi.
Ci sono in Italia questioni che sembrano create apposta per dimostrare non solo l´impossibilità di essere risolte, ma anche destinate a riemergere con vana regolarità in una dimensione misteriosa, senza più confini. Ecco: l´ora di religione, che in questi giorni il governo di centrodestra ha scelto come merce di scambio per farsi perdonare i peccati del premier, è una di queste storie senza fine nelle quali in realtà rifulge, debitamente ammantata di sacri principi, la tignosissima inconcludenza nazionale.
Solita solfa, dunque, e iper-groviglio a più voci. Il classico "relitto concordatario" (Vittorio Messori), imposto alla Repubblica dai negoziatori vaticani per dovere di firma, estremo avamposto dell´ex religione di Stato. E come tale accolto dai governanti italiani, Craxi in testa, con un sovrappiù di furbizia tipo: vedremo poi come aggiustare la faccenda. E si vede, infatti.
Il nuovo Concordato è del 1984. Già nell´estate del 1986 si mosse il Tar del Lazio, terrore di ogni legislatore, precipitando l´ora di religione in pieno marasma. Tra moduli ritirati e fiammate anticlericali, dopo un plebiscito di adesioni (oltre il 90 per cento) si compresero le insidie deposto all´articolo 9 di quel celebratissimo "accordo di libertà": nella loro ambigua nettezza, ce n´era a sufficienza per esercizi di laicismo, scherzi da prete e pretesti per una guerra di religione.
Fin dall´inizio il caos attuativo si articolò su vari livelli d´incandescenza: materia alternativa, orario delle lezioni, destino degli alunni esonerati. Ma sopra tutto divampava – come oggi – la disputa sul carattere obbligatorio e confessionale dell´insegnamento.
Nulla di drammatico, per la verità, a generazioni di italiani aveva comportato la vecchia e cara oretta di religione, prossima per importanza a quella di musica o di ginnastica. Innocui ricordi: scoperte, discussioni, omelie, libri letti sotto il banco, partite a carte, chiacchiere e dormitine, anche. In una loro preistorica canzone, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni raccontano di un amore nato durante l´ora di religione – esito non sai bene se gradito ai cardinali Bagnasco e Bertone.
Anche rispetto agli insegnanti vale il detto: a ciascuno il suo. Ecco dunque una gamma vastissima di figure, autentiche e anche immaginarie, dal sacerdote orbo di Amarcord a don Giussani, che nelle aule del Berchet conquistò il futuro gruppo dirigente di Cl. Pochi libri e niente voti (che l´ineffabile Gelmini vuol riproporre). Condizione scolastica a suo modo proverbiale come dimostra il titolo di quel film di Bellocchio, L´ora di religione appunto, che pure con la materia non c´entra nulla.
E forse le cose vanno meglio quando non ci si pensa troppo. Fatto sta che nell´autunno del 1987 la Santa Sede depositò la sua prima bomba a orologeria. C´entrava l´obbligatorietà e l´ordigno faceva tic-tac sotto il tavolo del povero Goria che tampinando l´allora Segretario di Stato cardinal Casaroli cercò affannosamente di disinnescare la crisi di governo, come si è detto anche grazie alla diplomazia aeronautica della Parmalat.
Dalle cronache vien fuori un rimarchevole cammeo della Prima Repubblica: cardinalizio Spadolini; sfuggente Andreotti; facile profeta Almirante nel prevedere l´ennesimo "pateracchio". L´onorevole Ilona Staller, al secolo Cicciolina, propose un´ora di educazione sessuale alternativa; mentre a gestire l´improvvida matassa alla Pubblica Istruzione c´era il ministro Galloni, per la sua specchiata calvizie detto "la testa più lucida della Dc", invocatissimo in tv da un´attrice satirica travestita da insegnante che con isterico abbandono esplodeva: «Galloooni! Oh Galloooni!».
Sul risultato per così dire finale ci si affida alla caustica penna di Ghino di Tacco, cioè Craxi: «Ho vinto io. No, abbiamo vinto noi. Hanno vinto tutti. Non ha vinto nessuno. È finita pari. È finita pari e dispari. Poi di seguito un crescendo di intrighi, strategie raffinate, storie di scavalcamenti, appiattimenti, confessioni, sconfessioni, revisioni e conversioni. Nel frattempo, nel campo di battaglia invaso dal fumo, è scomparsa proprio la principale materia che ha originato il contendere, e cioè l´ora di religione».
Si fece allora notare per la prima volta un giovane prelato, a nome Camillo Ruini, tanto ambizioso quanto terrorizzato dai processi di secolarizzazione. Dopo di che nella ricostruzione è necessario farsi schematici per evitare la più martellante ripetitività.
Nel 1988 intervenne di nuovo il Tar del Lazio, e poi il governo, e poi il Consiglio di Stato, e poi anche la Corte costituzionale, ogni entità dando sostanzialmente torto a quella che la precedeva in giudizio. Ed era di sicuro una grande questione di principio, ma nel frattempo urgeva l´incerto destino degli insegnanti, nominati dai vescovi e retribuiti dallo Stato; per cui ai già bastevoli contendenti si aggiunse la più abbondante varietà di sindacati, oltre ai presidi, ai provveditorati e alla magistratura che tutelava singoli studenti esonerati che venivano rispediti a casa o tenuti a scuola.
Quindi ancora il Tar, ancora il governo, ancora il Consiglio di Stato e la Corte costituzionale, oltre alla Cei che cominciava anche a preoccuparsi per una lenta erosione.
Non c´era più la Dc, oltretutto: e ciò spinse monsignor Ruini a riaffermare il carattere dell´insegnamento contro "l´ora del nulla". Con il che, anche per battere il nichilismo, nel 1994 l´ora di religione divenne "Insegnamento della religione cattolica", Irc. Come se per salvare la fede e le opere di Santa Romana Chiesa bastasse una sigla – e lo Spirito fosse un optional o un pretesto per attaccare briga (in attesa del prossimo Tar del Lazio).
Ora di religione. Quella disputa che divide lo Stato dalla Chiesa
Le decisioni del Tar e del ministro Gelmini hanno riaperto le polemiche sulla laicità della scuola italiana
di Filippo Ceccarelli
Ci sono questioni nel nostro paese che sembrano create apposta per dimostrare l´impossibilità di essere risolte. E che riemergono con inutile regolarità
I ricordi scolastici si affollano: scoperte, discussioni libri letti sotto il banco partite a carte, tante chiacchiere e anche qualche dormitina
Circolari ministeriali, Tar, Consiglio di Stato, protocolli addizionali, vertenze sindacali, vertici di maggioranza, dibattiti in Parlamento, incontri segreti, presidenti e monsignori scarrozzati in giro per l´Italia a bordo dell´aereo – si è poi saputo – di Calisto Tanzi.
Ci sono in Italia questioni che sembrano create apposta per dimostrare non solo l´impossibilità di essere risolte, ma anche destinate a riemergere con vana regolarità in una dimensione misteriosa, senza più confini. Ecco: l´ora di religione, che in questi giorni il governo di centrodestra ha scelto come merce di scambio per farsi perdonare i peccati del premier, è una di queste storie senza fine nelle quali in realtà rifulge, debitamente ammantata di sacri principi, la tignosissima inconcludenza nazionale.
Solita solfa, dunque, e iper-groviglio a più voci. Il classico "relitto concordatario" (Vittorio Messori), imposto alla Repubblica dai negoziatori vaticani per dovere di firma, estremo avamposto dell´ex religione di Stato. E come tale accolto dai governanti italiani, Craxi in testa, con un sovrappiù di furbizia tipo: vedremo poi come aggiustare la faccenda. E si vede, infatti.
Il nuovo Concordato è del 1984. Già nell´estate del 1986 si mosse il Tar del Lazio, terrore di ogni legislatore, precipitando l´ora di religione in pieno marasma. Tra moduli ritirati e fiammate anticlericali, dopo un plebiscito di adesioni (oltre il 90 per cento) si compresero le insidie deposto all´articolo 9 di quel celebratissimo "accordo di libertà": nella loro ambigua nettezza, ce n´era a sufficienza per esercizi di laicismo, scherzi da prete e pretesti per una guerra di religione.
Fin dall´inizio il caos attuativo si articolò su vari livelli d´incandescenza: materia alternativa, orario delle lezioni, destino degli alunni esonerati. Ma sopra tutto divampava – come oggi – la disputa sul carattere obbligatorio e confessionale dell´insegnamento.
Nulla di drammatico, per la verità, a generazioni di italiani aveva comportato la vecchia e cara oretta di religione, prossima per importanza a quella di musica o di ginnastica. Innocui ricordi: scoperte, discussioni, omelie, libri letti sotto il banco, partite a carte, chiacchiere e dormitine, anche. In una loro preistorica canzone, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni raccontano di un amore nato durante l´ora di religione – esito non sai bene se gradito ai cardinali Bagnasco e Bertone.
Anche rispetto agli insegnanti vale il detto: a ciascuno il suo. Ecco dunque una gamma vastissima di figure, autentiche e anche immaginarie, dal sacerdote orbo di Amarcord a don Giussani, che nelle aule del Berchet conquistò il futuro gruppo dirigente di Cl. Pochi libri e niente voti (che l´ineffabile Gelmini vuol riproporre). Condizione scolastica a suo modo proverbiale come dimostra il titolo di quel film di Bellocchio, L´ora di religione appunto, che pure con la materia non c´entra nulla.
E forse le cose vanno meglio quando non ci si pensa troppo. Fatto sta che nell´autunno del 1987 la Santa Sede depositò la sua prima bomba a orologeria. C´entrava l´obbligatorietà e l´ordigno faceva tic-tac sotto il tavolo del povero Goria che tampinando l´allora Segretario di Stato cardinal Casaroli cercò affannosamente di disinnescare la crisi di governo, come si è detto anche grazie alla diplomazia aeronautica della Parmalat.
Dalle cronache vien fuori un rimarchevole cammeo della Prima Repubblica: cardinalizio Spadolini; sfuggente Andreotti; facile profeta Almirante nel prevedere l´ennesimo "pateracchio". L´onorevole Ilona Staller, al secolo Cicciolina, propose un´ora di educazione sessuale alternativa; mentre a gestire l´improvvida matassa alla Pubblica Istruzione c´era il ministro Galloni, per la sua specchiata calvizie detto "la testa più lucida della Dc", invocatissimo in tv da un´attrice satirica travestita da insegnante che con isterico abbandono esplodeva: «Galloooni! Oh Galloooni!».
Sul risultato per così dire finale ci si affida alla caustica penna di Ghino di Tacco, cioè Craxi: «Ho vinto io. No, abbiamo vinto noi. Hanno vinto tutti. Non ha vinto nessuno. È finita pari. È finita pari e dispari. Poi di seguito un crescendo di intrighi, strategie raffinate, storie di scavalcamenti, appiattimenti, confessioni, sconfessioni, revisioni e conversioni. Nel frattempo, nel campo di battaglia invaso dal fumo, è scomparsa proprio la principale materia che ha originato il contendere, e cioè l´ora di religione».
Si fece allora notare per la prima volta un giovane prelato, a nome Camillo Ruini, tanto ambizioso quanto terrorizzato dai processi di secolarizzazione. Dopo di che nella ricostruzione è necessario farsi schematici per evitare la più martellante ripetitività.
Nel 1988 intervenne di nuovo il Tar del Lazio, e poi il governo, e poi il Consiglio di Stato, e poi anche la Corte costituzionale, ogni entità dando sostanzialmente torto a quella che la precedeva in giudizio. Ed era di sicuro una grande questione di principio, ma nel frattempo urgeva l´incerto destino degli insegnanti, nominati dai vescovi e retribuiti dallo Stato; per cui ai già bastevoli contendenti si aggiunse la più abbondante varietà di sindacati, oltre ai presidi, ai provveditorati e alla magistratura che tutelava singoli studenti esonerati che venivano rispediti a casa o tenuti a scuola.
Quindi ancora il Tar, ancora il governo, ancora il Consiglio di Stato e la Corte costituzionale, oltre alla Cei che cominciava anche a preoccuparsi per una lenta erosione.
Non c´era più la Dc, oltretutto: e ciò spinse monsignor Ruini a riaffermare il carattere dell´insegnamento contro "l´ora del nulla". Con il che, anche per battere il nichilismo, nel 1994 l´ora di religione divenne "Insegnamento della religione cattolica", Irc. Come se per salvare la fede e le opere di Santa Romana Chiesa bastasse una sigla – e lo Spirito fosse un optional o un pretesto per attaccare briga (in attesa del prossimo Tar del Lazio).