Ru486, i talebani abitano al Senato
Gli Altri del 27 novembre 2009
Beatrice Busi
L’ennesima puntata della saga nazionalpopolare sulla Ru486 è andata in onda ieri mattina al Senato. La commissione Igiene e Sanità ha concluso i lavori dell’indagine conoscitiva sulla pillola abortiva approvando il documento presentato dal presidente, il senatore del Pdl Antonio Tomassini, con 14 voti a favore e 8 contrari. Una relazione di ventitrè pagine che sembra redatta dall’azzeccagarbugli, dalla quale si evince chiaramente che le venti sedute della commissione dedicate all’indagine e le relative audizioni anziché occuparsi di due decenni di letteratura scientifica e delle esperienze dei numerosi paesi europei nei quali le donne possono ricorrere all’aborto medico da anni, sono state impiegate nella disperata ricerca di espedienti che potessero giustificare l’accanimento politico di questo governo contro la Ru486. Tre le proposte formulate dal documento: sospendere la procedura di commercializzazione per acquisire il parere del Ministero, «consentendo, ove si ritenga necessario, di riavviare la procedura dall’inizio»; stabilire che l’intera procedura abortiva, nelle sue diverse fasi, sia effettuata in regime di ricovero ordinario; presentare una richiesta di arbitrato affinché l’Emea, l’Agenzia europea per i medicinali, avvii una nuova istruttoria sulla Ru486. Peccato che questo documento tecnicamente non sia vincolante per nessuno e che il Ministero competente avrebbe potuto esprimere prima il suo parere sulla compatibilità tra aborto medico e 194 sull’interruzione di gravidanza, evitando la farsa dell’indagine conoscitiva e altri due mesi di ritardo. Peccato che non ci siano dati scientifici in grado di suffragare l’ipotesi di arbitrato - sulla quale ieri il quotidiano dei vescovi Avvenire concentrava le proprie speranze -, nonostante gli sforzi interpretativi esibiti nel corso della sua audizione in commissione dalla professoressa Assuntina Morresi, da sempre sodale della sottosegretaria Roccella nella crociata contro la Ru486. Peccato che le dichiarazioni della stessa Roccella e di Sacconi lascino intendere che l’opzione di riavviare la procedura di autorizzazione alla commercializzazione della Ru486 non esiste e che l’unico obiettivo realistico ancora in piedi è quello di rendere obbligatorio il ricovero ospedaliero, escludendo la possibilità di ricorrere all’aborto medico in regime di day hospital. Su questo, nonostante le dichiarazioni indignate di ieri dell’opposizione, il "compromesso" bipartisan in Commissione è già stato raggiunto: anche il documento presentato dal Pd alla commissione come "alternativa" al documento di Tomassini chiedeva al Governo di emanare delle linee guida che prevedessero il ricovero ordinario per l’intera durata dell’intervento abortivo. Ma come ha ricordato la senatrice radicale del Pd, Donatella Poretti - che proprio per questo motivo non ha sottoscritto il documento del suo gruppo -, «un atto medico sanitario non può che essere organizzato e gestito dai medici a seconda delle condizioni cliniche e sanitarie della donna » e la parola finale sul regolamento spetterà comunque alla Conferenza Stato Regioni. Del resto, che l’unico intento dell’indagine fosse principalmente quello di prendere tempo per fare un altro bel po’ di vuota propaganda ideologica antiabortista, era apparso subito evidente. Lo stesso Tommassini, alla fine di settembre, prima ancora che arrivasse l’autorizzazione del Senato all’indagine, aveva inviato una lettera al presidente dell’Agenzia italiana del farmaco - unico organismo tecnico preposto ad autorizzare o meno la commercializzazione dei farmaci nel nostro paese -, chiedendo la sospensione della procedura fino alla conclusione dei lavori della Commissione. A metà ottobre, il cda dell’Agenzia aveva comunque deliberato la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’autorizzazione all’immissione in commercio della Ru486. Un atto formale dovuto che l’indagine è servita solo a rallentare e che la nuova riunione del Cda dell’Alfa richiesta da Sacconi e Roccella non potrà far altro che confermare. Intanto, la saga della Ru486 continua ad ulteriore riprova - se ce ne ancora fosse bisogno -, dell"‘uso improprio delle istituzioni" che caratterizza questo governo, come ha sintetizzato efficacemente la Poretti.
Gli Altri del 27 novembre 2009
Beatrice Busi
L’ennesima puntata della saga nazionalpopolare sulla Ru486 è andata in onda ieri mattina al Senato. La commissione Igiene e Sanità ha concluso i lavori dell’indagine conoscitiva sulla pillola abortiva approvando il documento presentato dal presidente, il senatore del Pdl Antonio Tomassini, con 14 voti a favore e 8 contrari. Una relazione di ventitrè pagine che sembra redatta dall’azzeccagarbugli, dalla quale si evince chiaramente che le venti sedute della commissione dedicate all’indagine e le relative audizioni anziché occuparsi di due decenni di letteratura scientifica e delle esperienze dei numerosi paesi europei nei quali le donne possono ricorrere all’aborto medico da anni, sono state impiegate nella disperata ricerca di espedienti che potessero giustificare l’accanimento politico di questo governo contro la Ru486. Tre le proposte formulate dal documento: sospendere la procedura di commercializzazione per acquisire il parere del Ministero, «consentendo, ove si ritenga necessario, di riavviare la procedura dall’inizio»; stabilire che l’intera procedura abortiva, nelle sue diverse fasi, sia effettuata in regime di ricovero ordinario; presentare una richiesta di arbitrato affinché l’Emea, l’Agenzia europea per i medicinali, avvii una nuova istruttoria sulla Ru486. Peccato che questo documento tecnicamente non sia vincolante per nessuno e che il Ministero competente avrebbe potuto esprimere prima il suo parere sulla compatibilità tra aborto medico e 194 sull’interruzione di gravidanza, evitando la farsa dell’indagine conoscitiva e altri due mesi di ritardo. Peccato che non ci siano dati scientifici in grado di suffragare l’ipotesi di arbitrato - sulla quale ieri il quotidiano dei vescovi Avvenire concentrava le proprie speranze -, nonostante gli sforzi interpretativi esibiti nel corso della sua audizione in commissione dalla professoressa Assuntina Morresi, da sempre sodale della sottosegretaria Roccella nella crociata contro la Ru486. Peccato che le dichiarazioni della stessa Roccella e di Sacconi lascino intendere che l’opzione di riavviare la procedura di autorizzazione alla commercializzazione della Ru486 non esiste e che l’unico obiettivo realistico ancora in piedi è quello di rendere obbligatorio il ricovero ospedaliero, escludendo la possibilità di ricorrere all’aborto medico in regime di day hospital. Su questo, nonostante le dichiarazioni indignate di ieri dell’opposizione, il "compromesso" bipartisan in Commissione è già stato raggiunto: anche il documento presentato dal Pd alla commissione come "alternativa" al documento di Tomassini chiedeva al Governo di emanare delle linee guida che prevedessero il ricovero ordinario per l’intera durata dell’intervento abortivo. Ma come ha ricordato la senatrice radicale del Pd, Donatella Poretti - che proprio per questo motivo non ha sottoscritto il documento del suo gruppo -, «un atto medico sanitario non può che essere organizzato e gestito dai medici a seconda delle condizioni cliniche e sanitarie della donna » e la parola finale sul regolamento spetterà comunque alla Conferenza Stato Regioni. Del resto, che l’unico intento dell’indagine fosse principalmente quello di prendere tempo per fare un altro bel po’ di vuota propaganda ideologica antiabortista, era apparso subito evidente. Lo stesso Tommassini, alla fine di settembre, prima ancora che arrivasse l’autorizzazione del Senato all’indagine, aveva inviato una lettera al presidente dell’Agenzia italiana del farmaco - unico organismo tecnico preposto ad autorizzare o meno la commercializzazione dei farmaci nel nostro paese -, chiedendo la sospensione della procedura fino alla conclusione dei lavori della Commissione. A metà ottobre, il cda dell’Agenzia aveva comunque deliberato la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’autorizzazione all’immissione in commercio della Ru486. Un atto formale dovuto che l’indagine è servita solo a rallentare e che la nuova riunione del Cda dell’Alfa richiesta da Sacconi e Roccella non potrà far altro che confermare. Intanto, la saga della Ru486 continua ad ulteriore riprova - se ce ne ancora fosse bisogno -, dell"‘uso improprio delle istituzioni" che caratterizza questo governo, come ha sintetizzato efficacemente la Poretti.