domenica 10 gennaio 2010

«Ho battuto la Chiesa in Europa per la libertà»

l’Unità Firenze 7.1.10
«Ho battuto la Chiesa in Europa per la libertà»
Intervista a Luigi Lombardi Vallauri
di Valentina Grazzini

Il risarcimento Nel ‘98 il filosofo fu sospeso dalla Cattolica di Milano per tesi considerate eterodosse. La Corte europea gli ha dato ragione

Non nomina il premier Berlusconi, parlando di lui come «l’omunculus bandana» e nitrendo ogni qualvolta lo sente nominare (come accade ai cavalli al nome di Frau Blücher in Frankestein Junior di Mel Brooks), perché dice di aver fatto voto di non turpiloquio. È vegetariano convinto, veganiano, visto che «una delle più grandi esigenze dell’etica contemporanea, forse la numero uno, è occuparsi dei diritti degli animali». È un misto di dottrina e spirito caustico Luigi Lombardi Vallauri, studioso piemontese ordinario di filo-
sofia del diritto all’Ateneo di Firenze. Un personaggio coraggioso e controcorrente, che difficilmente lascia una causa a metà. La sua ultima vittoria, la più grande, l’ha festeggiata poche settimane fa, quando la Corte dei diritti umani di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano a risarcirlo con 10mila euro, a conclusione di una delle vicende più esemplari in materia di libertà di insegnamento (e di pensiero) degli ultimi decenni. Ce la racconta. Professore, ci parli dell’«Affaire Lombardi Vallauri c. Italie», come recita la sentenza...
«Nel ‘98 fui sospeso dall’attività didattica dell’Università Cattolica di Milano, dove insegnavo da 21 anni, a causa della mia dottrina sull’Inferno: come filosofo del diritto osservavo che il peccato originale è contrario al principio della responsabilità personale della pena. Una pena eterna è sproporzionata a qualunque delitto uno possa aver compiuto. Questo fu considerato eterodosso e il cardinale Pio Laghi, prefetto per l’educazione cattolica, avviò il processo. Non vi fu né quel che si dice “giusto processo” né dibattito intellettuale. Il Tar Lazio rigettò il ricorso, il Consiglio di Stato anche. Nel 2005 facemmo ricorso alla Corte europea, che con i suoi 47 rappresentanti di altrettanti Stati dell’Unione, considero la cattedra giuridica dell’umanità. Ho vinto 6 a 1, un ottimo punteggio tennistico che ho preferito all’unanimità: è più trasparente».
Guardando indietro qual è la cosa che le ha fatto più male e quella che le ha dato al contrario maggior gioia in tutta la vicenda?
«Sul piano psicologico ha fatto male l’atteggiamento di indifferenza in Cattolica: non certo di Pio Laghi, nunzio dei colonnelli argentini, citato in giudizio dalle madri di Plaza de Maio e soprannominato in Argentina Pio Lager: esser processato da lui è stato un onore. Quanto da parte dei colleghi, il preside, il rettore: hanno dimostrato di non capire che il problema della mia libertà era anche il loro, che l’Università Cattolica, prima di essere cattolica è un’università, che non si può essere dipendenti dal Vaticano. La più bella? Le testimonianze intorno a me, soprattutto di credenti, che mi hanno dato la precisa sensazione di aver distribuito gioia. La vittoria di Strasburgo me l’hanno comunicata i miei studenti, al Polo di Novoli, accogliendomi festanti. L’avevano saputo dalla rete ancor prima dei miei avvocati».
Ha festeggiato?
«Facendo voto di dilapidazione: ho deciso che neanche un euro della cifra (faccio conto di averla, anche se
non è così, ci sono tre mesi di comporto nel corso dei quali potrebbe esserci un improbabile ricorso dello Stato alla Grande Charmbre della Corte) dovrà essere spesa per riparare un rubinetto. Ho prediletto lo champagne francese, per omaggio alla corte francofona, intonando “Tanti auguri a te, tanti auguri diritto, tanti auguri a te...”. Il pensiero che a pagare sia Tremonti mi dà piacere».
Cosa ne pensa della vicenda fiorentina di Don Santoro, allontanato dalla sua comunità per aver celebrato l’unione tra un uomo e una donna, “rea” di aver cambiato sesso? «Abbiamo qualcosa in comune, siamo entrambi privati di qualcosa dalla Chiesa... Il problema è che esiste una mancanza di dialogo, se non un’ostilità, tra la gerarchia cardinalizia e le comunità di base: io simpatizzo per le seconde, che realizzano la religione civile dei diritti dell’uomo, ma trovo che sul piano teorico non hanno tutta la probità intellettuale necessaria. Come esiste il «wishful thinking» (quei tipi di ragionamenti in cui cui si inferisce che qualcosa è vera perché vorremmo che fosse tale, ndr), le comunità creano un «wishful Jesus», insomma ognuno si plasma il Gesù che vuole, facendogli ignorare troppi problemi, per esempio l’esistenza dell’Inferno. Per semplificare, si tratta di un esempio di come la Chiesa pretenda di gestire i nostri corpi, e non riguarda solo i gay. Di questo paternalismo etico del tutto inaccettabile parlo nel mio saggio pubblicato da Le Lettere Nera Luce».
E l’arcivescovo Betori che condanna l’idea di Renzi di allargare le facilitazioni sui mutui alle coppie gay? «Mi viene in mente una vignetta del Male, dove si presentavano ad un tavolo di fronte ad un funzionario comunale varie coppie di postulanti diversamente assortite: lui e lei, lui e lui, alla fine un uomo solo. Che dice: «Io faccio tutto da solo, posso avere un monolocale?».
Torniamo seri: nuove frontiere del suo pensiero? «Far dichiarare incostituzionali gli articoli 7 e 8 della Costituzione, perché riservano agli enti religiosi alcuni privilegi come l’8 per 1.000. Sono contrari al principio supremo di laicità dello Stato. E se io lo volessi elargire l’8 per 1.000 ad un Club Med o all’Uaar (l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti)?» Lasciamoci parlando di animali... «Papa Pio XII tranquillizzò gli operai dei mattatoi dicendo loro di “non doversi considerare i gemiti degli animali diversi dai clangori dei metalli nelle officine”. Gli animali sono 60 miliardi di vittime l’anno, l’etica ci impone di occuparci di loro».