l’Unità 22.11.10
Nell’83 la ragazza potrebbe essere stata rapita per assecondare un capriccio di un prelato
Le pressioni I banditi avrebbero poi utlizzato l’arma del ricatto contro Marcinkus e lo Ior
La «Magliana» e un movente sessuale dietro alla scomparsa di Emanuela
di Angela Camuso
Aveva 15 anni ed era una cittadina vaticana, Emanuela Orlandi sparì a Roma nel giugno del 1983. Da cinque anni l’indagine è stata riaperta e presto si annunciano sviluppi nell’inchiesta curata dai pm romani.
Emanuela Orlandi rapita dalla banda della Magliana per assecondare un capriccio di natura sessuale di un alto prelato. Quindi conseguentemente eliminata, per farla tacere per sempre, da quei criminali, con un delitto che sarebbe diventato un’arma micidiale nelle loro mani per ricattare il Vaticano. I banditi pretendevano la restituzione dei capitali investiti nello Ior di Marcinkus, attraverso le casse del Banco Ambrosiano. E quello era il prezzo da far pagare a chi paventava un enorme scandalo. Questo l’agghiacciante retroscena ipotizzato dagli investigatori che a Roma da tempo lavorano sulla scomparsa della quindicenne cittadina vaticana, figlia del postino personale di papa Woytila sparita il 22 giugno del 1983, dopo essere uscita dal conservatorio vaticano di piazza Sant’Apollinare a Roma, vicino piazza Navona.
La piazza è la stessa dell’omonima basilica che nella sua cripta ospita il corpo di Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi della Magliana assassinato nel ’90 e lì seppellito accanto a personaggi illustri con il nulla osta del cardinale Ugo Poletti, allora capo della Cei, su sollecitazione del reggente della chiesa monumentale. Anche sul mistero di quella sepoltura, che presto potrebbe essere violata con un ordine di riesumazione della salma, c’è qualche novità.
LA SEPOLTURA DI DE PEDIS
«Il vero motivo per cui De Pedis fu seppellito nella basilica è strettamente connesso al mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi», ha dichiarato il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che coordina le indagini sull’Orlandi, durante un incontro pubblico. «E a differenza di quanto la famiglia ha fatto intendere con le sue dichiarazioni rese ad alcuni organi di stampa, non fu De Pedis a chiedere di essere seppellito lì: perché quel bandito alla morte non pensava affatto». Ai cronisti, la moglie di De Pedis aveva raccontato che il marito le aveva espresso quel desiderio il giorno del matrimonio, celebrato nella medesima chiesa dal suo reggente, don Vergari, che in precedenza aveva fatto il cappellano nelle carceri e così di De Pedis era diventato amico. In sede di interrogatorio, invece, la vedova ha riferito di essere stata lei ad aver avuto l’idea di chiedere quella benevolenza al sacerdote, per onorare l’amato defunto. Don Vergari invece, ha fornito ai pm una versione dei fatti sull’argomento identica a quella dichiarata dalla donna precedentemente ai giornali e cioè secondo i magistrati non rispondente a verità.
SESSO, SANGUE E DENARO
Il quadro ipotizzato è un insieme, tassello dopo tassello, degli elementi finora emersi nel corso della delicata indagine: intercettazioni, testimonianze, perquisizioni e soprattutto la scoperta dell’identità dei due telefonisti, cioè il famoso depistatore “Mario”, che chiamò casa Orlandi a pochi giorni dal rapimento e il giovane autore della chiamata in tv a Chi l’ha visto?, che invitò per ottenere la soluzione del mistero a vedere chi fosse seppellito nella basilica. Secondo una perizia collegiale del tribunale i due telefonisti sarebbero Giuseppe e Carlo Alberto De Tomasi, padre e figlio, il primo storico collaboratore di Renatino negli affari finanziari ed entrambi attualmente indagati per usura. I due hanno sempre negato di essere i telefonisti del caso Orlandi ma la procura sospetta che sappiano verità ancora non dette. Non sarebbero, comunque, formalmente indagati, mentre com’è noto sono stati incriminati per il rapimento e l’uccisione della ragazzina quattro persone. Due sono malavitosi romani vicini a De Pedis, Angelo Cassani detto Ciletto e Gianfranco Cerboni detto Giggetto, entrambi a piede libero. Un altro è l’uomo ritenuto l’autista di De Pedis e cioè Sergio Virtù, in carcere per altri reati e la quarta persona è la supertestimone Sabrina Minardi, l’ex amante di Renatino che nel 2005, con le sue deposizioni fece riaprire l’indagine.