L'opinione, 06-11-2008
Il caso Binetti
La laicità impossibile
di Alessandro Litta Modignani
Sul piano del metodo, il fatto che la parlamentare ultra-cattolica Paola Binetti sia stata denunciata di fronte alla cosiddetta “Commissione di garanzia” del Pd, è istintivamente inaccettabile per qualsiasi spirito liberale. Secondo Costituzione, i parlamentari esercitano la loro funzione “senza vincolo di mandato”. Inoltre, la libertà di associazione, prevista all’art. 49, implica che la vita interna ai partiti e alle formazioni politiche sia regolata per legge, proprio per garantire il diritto del cittadino di “concorrere liberamente” alla vita pubblica, evitando qualsiasi abuso da parte di burocrazie e oligarchie. E poi, che sarà mai questa “commissione di garanzia”? Nella cultura comunista c’era il tribunale del popolo, durante la partitocrazia il collegio dei probiviri, ma entrambi non hanno lasciato buoni ricordi. Sono stati quasi sempre strumenti di potere, quasi mai di rispetto delle regole. Se qualcuno si sente diffamato dalle parole della Binetti (a ragione, a nostro avviso, ma questo non c’entra) si rivolga pure alla magistratura: tanto non otterrà nulla, poiché costei gode dell’immunità parlamentare. Il problema è politico, come si diceva una volta, e non disciplinare. Veltroni non può fare finta di non accorgersene.
Quando la Binetti, artefice dell’astensione al referendum sulla legge 40, annunciò la sua candidatura nell’Ulivo, Daniele Capezzone (all’epoca segretario dei Radicali) disse che il Vaticano aveva lanciato un’Opa sul 100% della politica italiana. Sembrava un’iperbole, invece neppure Capezzone immaginava quanto fosse vicina alla realtà. Nel 2006 Paola Binetti si è mossa verso la sinistra italiana con autentico spirito missionario. E’ stata inviata dall’Opus Dei letteralmente “in partibus infidelium”, emissario infiltrato nei territori occupati dal nemico. Forte della sua fede, armata di rosario e cilicio, gomito a gomito con il gay Franco Grillini, e l’ateo militante Piergiorgio Odifreddi, quello che ricorda la comune radice dei termini “cristiano” e “cretino”. Al Senato i numeri la rendono determinante. Le catto-comuniste Bindi e Pollastrini propongono i Dico e lei li affonda. Vota contro le norme sull’omofobia (preveggenza divina?) e blocca il testamento biologico. Svolge con tale efficacia il ruolo di guastatrice, che quest’anno viene promossa alla Camera. Il Papa è subissato dalle critiche e lei gli fa scudo con il corpo: se l’omosessualità è fortemente radicata può scatenare la pedofilia, conferma convintamente.
E se invece un prete palpa una bambina, onorevole Binetti, tutto bene? Non sarebbe piuttosto il caso di mettere in discussione il celibato, la mortificazione del corpo, la paura della felicità? Nel Pd sale la protesta e la vorrebbero addirittura processare, Veltroni crede di cavarsela dicendo che “non ci sono reati d’opinione”. Non saranno reati, ma le opinioni in politica contano, caro Veltroni. Non conoscevate forse quelle della Binetti? Nel Pd c’è posto per tutti, per gli omosessuali “ma anche” per gli omofobi? Se davvero il Pd volesse uscire dall’ambiguità, dovrebbe lanciare la sua sfida al PdL e tentare la strada di una laicità autenticamente liberale. Dovrebbe pretendere vere riforme, e non controriforme, in tema di unioni civili, divorzio breve, testamento biologico. I laici del centro-destra allora potrebbero venire allo scoperto e accorgersi che non sono poi così pochi. In tal caso, sarebbe la Binetti ad andarsene, senza bisogno di essere cacciata. Non avrebbe neppure l’onta di cambiare schieramento, poiché Buttiglione e Volonté l’aspettano a braccia aperte. Ma non illudiamoci: non accadrà nulla di tutto questo, né a destra né a sinistra.
Il caso Binetti
La laicità impossibile
di Alessandro Litta Modignani
Sul piano del metodo, il fatto che la parlamentare ultra-cattolica Paola Binetti sia stata denunciata di fronte alla cosiddetta “Commissione di garanzia” del Pd, è istintivamente inaccettabile per qualsiasi spirito liberale. Secondo Costituzione, i parlamentari esercitano la loro funzione “senza vincolo di mandato”. Inoltre, la libertà di associazione, prevista all’art. 49, implica che la vita interna ai partiti e alle formazioni politiche sia regolata per legge, proprio per garantire il diritto del cittadino di “concorrere liberamente” alla vita pubblica, evitando qualsiasi abuso da parte di burocrazie e oligarchie. E poi, che sarà mai questa “commissione di garanzia”? Nella cultura comunista c’era il tribunale del popolo, durante la partitocrazia il collegio dei probiviri, ma entrambi non hanno lasciato buoni ricordi. Sono stati quasi sempre strumenti di potere, quasi mai di rispetto delle regole. Se qualcuno si sente diffamato dalle parole della Binetti (a ragione, a nostro avviso, ma questo non c’entra) si rivolga pure alla magistratura: tanto non otterrà nulla, poiché costei gode dell’immunità parlamentare. Il problema è politico, come si diceva una volta, e non disciplinare. Veltroni non può fare finta di non accorgersene.
Quando la Binetti, artefice dell’astensione al referendum sulla legge 40, annunciò la sua candidatura nell’Ulivo, Daniele Capezzone (all’epoca segretario dei Radicali) disse che il Vaticano aveva lanciato un’Opa sul 100% della politica italiana. Sembrava un’iperbole, invece neppure Capezzone immaginava quanto fosse vicina alla realtà. Nel 2006 Paola Binetti si è mossa verso la sinistra italiana con autentico spirito missionario. E’ stata inviata dall’Opus Dei letteralmente “in partibus infidelium”, emissario infiltrato nei territori occupati dal nemico. Forte della sua fede, armata di rosario e cilicio, gomito a gomito con il gay Franco Grillini, e l’ateo militante Piergiorgio Odifreddi, quello che ricorda la comune radice dei termini “cristiano” e “cretino”. Al Senato i numeri la rendono determinante. Le catto-comuniste Bindi e Pollastrini propongono i Dico e lei li affonda. Vota contro le norme sull’omofobia (preveggenza divina?) e blocca il testamento biologico. Svolge con tale efficacia il ruolo di guastatrice, che quest’anno viene promossa alla Camera. Il Papa è subissato dalle critiche e lei gli fa scudo con il corpo: se l’omosessualità è fortemente radicata può scatenare la pedofilia, conferma convintamente.
E se invece un prete palpa una bambina, onorevole Binetti, tutto bene? Non sarebbe piuttosto il caso di mettere in discussione il celibato, la mortificazione del corpo, la paura della felicità? Nel Pd sale la protesta e la vorrebbero addirittura processare, Veltroni crede di cavarsela dicendo che “non ci sono reati d’opinione”. Non saranno reati, ma le opinioni in politica contano, caro Veltroni. Non conoscevate forse quelle della Binetti? Nel Pd c’è posto per tutti, per gli omosessuali “ma anche” per gli omofobi? Se davvero il Pd volesse uscire dall’ambiguità, dovrebbe lanciare la sua sfida al PdL e tentare la strada di una laicità autenticamente liberale. Dovrebbe pretendere vere riforme, e non controriforme, in tema di unioni civili, divorzio breve, testamento biologico. I laici del centro-destra allora potrebbero venire allo scoperto e accorgersi che non sono poi così pochi. In tal caso, sarebbe la Binetti ad andarsene, senza bisogno di essere cacciata. Non avrebbe neppure l’onta di cambiare schieramento, poiché Buttiglione e Volonté l’aspettano a braccia aperte. Ma non illudiamoci: non accadrà nulla di tutto questo, né a destra né a sinistra.