sabato 15 agosto 2009

Italia, il Paese dove i Guelfi spopolano e i Ghibellini soffrono di timidezza

Italia, il Paese dove i Guelfi spopolano e i Ghibellini soffrono di timidezza
Mario Ajello
IL Messaggero, 13 agosto 2009

ROMA (13 agosto) - Due guerre a settimana, continuamente, ormai: guelfi contro ghibellini. E’ appena dell’altro giorno lo scontro sulla pillola abortiva, con Gianfranco Fini che ha sostenuto l’incongruità di un dibattito in Parlamento su questa materia, scatenando la ribellione dell’intero Pdl, e ora ci risiamo. Su un altro fronte e con, più o meno, gli stessi protagonisti: guelfi e ghibellini. Appena i secondi mettono il naso fuori dalla loro riserva indiana e battono un colpo - dimostrando di esistere ancora sia pure in misura minoritaria e residuale - vengono subissati, in questo caso sull’ora di religione, dalla strabordante reazione cattolica. Che sente di avere in poppa il vento della neo-modernita nutrita del ”ritorno dei Valori”. «Biechi illuministi!», è il grido dei guelfi contro le sguarnite truppe avversarie. Oppure: «Va fermata la deriva anti-cattolica, relativista e nichilista!». O ancora: «No alla furia del laicismo!».

Una battaglia impari? Osserva uno dei più apprezzati costituzionalisti italiani, Michele Ainis, il cui ultimo libro s’intitola - significativamente - Chiesa padrona (Rizzoli): «Il Vaticano, nei confronti della Repubblica italiana, non sta certo con le mani in mano. Le usa entrambe: una mano aperta, a palma larga, per chiedere quattrini; l’altra mano svolazzante, per suonare ceffoni alla politica». Che se li fa dare.

Dall’esame delle forze in campo, in questa battaglia sulla sentenza relativa ai prof. di religione, emerge chiaramente la super-potenza dei guelfi e la super-debolezza dei ghibellini. Ai quali viene a mancare, soprattutto, il supporto del Pd da sempre diviso sulle materie di fede - al Family Day c’era mezzo partito e l’altro taceva, sui Pacs parlava a favore un quarto di partito e gli altri tre quarti tacevano per paura o aderivano alle posizioni vaticane - e che ieri nel diluvio di dichiarazioni alle agenzie brillava per assenza. Se si escludono le prese di posizioni della teo-dem Binetti, ovviamente anti-Tar, della cattolica Garavaglia, naturalmente al fianco della Cei, dell’anziano Luigi Berlinguer, che cerca invece di dire qualcosa di sinistra, così come Vincenzo Vita.

Ma i due non sono Franceschini né Bersani né Marino - i candidati alle primarie per la segreteria - e l’ultimo dei tre, il chirurgo che basa la sua candidatura su libertà e laicità, ieri stava all’estero e comunque è pronto a prendere la palla al balzo contro i clericali. Anche se ripete spesso: «Quante volte le gerarchie ecclesiastiche mi hanno detto cose molto più coraggiose di quelle che vanno dicendo certi ex Dc». Ovvero, tanti suoi compagni di partito democrat.

E qui siamo, di nuovo, al tema della debolezza dei guelfi e della forza dei ghibellini. I quali quando dicono la loro, come ha fatto ieri Di Pietro, trovano nel proprio partito - e si calcoli che quello dell’ex pm è un partito monocratico in cui vale solo la voce del Capo, su tutti i temi ma evidentemente non su quello religioso - subito una fronda clerical che viene allo scoperto: e nel caso in questione è rappresentata dal parlamentare Pedica, ex democristiano tendenza Folloni (per chi ancora se lo ricorda).

Sul fronte opposto, è plateale la solitudine ghibellina di Fini: dal referendum sulla procreazione assistita al tema di quella che i cattolici chiamano la ”kill pill”, la pastiglia ”omicida” dell’aborto. E se un paladino del presidente della Camera come il siciliano Granata lo segue anche su queste istanze, perfino un suo sodale di ferro come il ministro Ronchi è in queste materie su una linea organica al guelfismo del Pdl e dell’intero governo.

Ieri, mentre il versante laico della politica balbettava o batteva in ritirata, a parte l’indefesso manipolo dei radicali o Beppino Englaro o qualche eretico del centro-destra come Della Vedova o Malan, a contrastare la Cei e l’esercito dei guelfi in tutte le sue tante formazioni - compreso il sindacato dei docenti cattolici e i giuristi cattolici - c’era soltanto l’Anm. Se i magistrati svolgono un ruolo di supplenza della politica anche in materia di religione, verrebbe da dire: non c’è più religione!