Aborto negato, denuncia da Napoli
da Roma del 9 gennaio 2009, pag. 7
Un aborto terapeutico negato a Padova, la disperata corsa a Napoli, l’intervento effettuato al Policlinico, la rabbia di dover cercare una struttura disponibile dopo aver incassato il no di tanti medici "obiettori".
La storia, fortunatamente a lieto fine, di una coppia di napoletani alle prese con le difficoltà di applicazione della legge sull’interruzione di gravidanza è diventata oggetto di un’interrogazione parlamentare del gruppo dei Radicali alla Camera, prima firmataria Maria Antonietta Coscioni. Nell’interrogazione al ministro della Salute si ripropone il racconto, uscito nella rubrica delle lettere del quotidiano II Mattino, fatto da Vincenzo Cacace, il padre di uno dei componenti della coppia.
«Mio figlio Giorgio, che lavora e convive con la propria compagna di nome Marta a Bassano del Grappa, ha avuto un non facile problema. Sia dal proprio ginecologo di Cittadella (Padova) sia dall’esame "dual" che dalla villocentesi ha saputo che il feto era affetto da gravi malformazioni. Il ginecologo li indirizza presso allo specialista genetico che purtroppo conferma la diagnosi e rilascia apposito certificato per l’aborto terapeutico, indicando l’ospedale di Padova abilitato all’interruzione della gravidanza», è scritto nella lettera. E fin qui tutto bene.
Ma all’ospedale di Padova arriva la doccia fredda: «I medici sono restii a compiere l’intervento, lo osteggiano, la coppia si sente a disagio e intanto il tempo passa. Noi genitori di Giorgio - racconta il signor Cacace - ci attiviamo per cercare una soluzione, contattiamo un ginecologo della nostra città. Avvisiamo i ragazzi ed insieme a loro prenotiamo una visita. Il ginecologo appare disponibile, serio, preparato. Ci indica tutta la trafila da fare e i vari adempimenti che la legge prevede per i casi di aborto terapeutico e cioè l’articolo 4 che consiste in una semplice aspirazione entro i tre mesi e l’articolo 6 se si supera questo termine, come il caso che ci preoccupa (4 mesi). Fatto tutto questo ci si reca all’ospedale indicato per il ricovero. Qui, senza troppi problemi, dopo i relativi esami, avviene l’interruzione di gravidanza prevista dalla legge. I ragazzi, con una sensazione mista di sollievo - per aver evitato un calvario eterno per loro stessi ed il nascituro - e di dolore che sempre si vive quando capita un’esperienza di questo genere, ritornano a Bassano».
La conclusione del signor Cacace è amara: «Quello che viene fuori da quanto raccontato è che esiste - per legge - l’aborto terapeutico ma ci sono medici che lo praticano (non obiettori) e quelli che non lo praticano (obiettori). All’ospedale di Padova, evidentemente, ci sono più obiettori che non, rendendo difficile una cosa già di per sé non facile».
L’onorevole Coscioni, dunque, interroga il ministro per chiedere quali siano le sue valutazioni e i suoi intendimenti in ordine a quanto denunciato nella lettera, se non si ritenga di dover promuovere un’inchiesta amministrativa per accertare le responsabilità «per una simile, incredibile e inqualificabile situazione».
da Roma del 9 gennaio 2009, pag. 7
Un aborto terapeutico negato a Padova, la disperata corsa a Napoli, l’intervento effettuato al Policlinico, la rabbia di dover cercare una struttura disponibile dopo aver incassato il no di tanti medici "obiettori".
La storia, fortunatamente a lieto fine, di una coppia di napoletani alle prese con le difficoltà di applicazione della legge sull’interruzione di gravidanza è diventata oggetto di un’interrogazione parlamentare del gruppo dei Radicali alla Camera, prima firmataria Maria Antonietta Coscioni. Nell’interrogazione al ministro della Salute si ripropone il racconto, uscito nella rubrica delle lettere del quotidiano II Mattino, fatto da Vincenzo Cacace, il padre di uno dei componenti della coppia.
«Mio figlio Giorgio, che lavora e convive con la propria compagna di nome Marta a Bassano del Grappa, ha avuto un non facile problema. Sia dal proprio ginecologo di Cittadella (Padova) sia dall’esame "dual" che dalla villocentesi ha saputo che il feto era affetto da gravi malformazioni. Il ginecologo li indirizza presso allo specialista genetico che purtroppo conferma la diagnosi e rilascia apposito certificato per l’aborto terapeutico, indicando l’ospedale di Padova abilitato all’interruzione della gravidanza», è scritto nella lettera. E fin qui tutto bene.
Ma all’ospedale di Padova arriva la doccia fredda: «I medici sono restii a compiere l’intervento, lo osteggiano, la coppia si sente a disagio e intanto il tempo passa. Noi genitori di Giorgio - racconta il signor Cacace - ci attiviamo per cercare una soluzione, contattiamo un ginecologo della nostra città. Avvisiamo i ragazzi ed insieme a loro prenotiamo una visita. Il ginecologo appare disponibile, serio, preparato. Ci indica tutta la trafila da fare e i vari adempimenti che la legge prevede per i casi di aborto terapeutico e cioè l’articolo 4 che consiste in una semplice aspirazione entro i tre mesi e l’articolo 6 se si supera questo termine, come il caso che ci preoccupa (4 mesi). Fatto tutto questo ci si reca all’ospedale indicato per il ricovero. Qui, senza troppi problemi, dopo i relativi esami, avviene l’interruzione di gravidanza prevista dalla legge. I ragazzi, con una sensazione mista di sollievo - per aver evitato un calvario eterno per loro stessi ed il nascituro - e di dolore che sempre si vive quando capita un’esperienza di questo genere, ritornano a Bassano».
La conclusione del signor Cacace è amara: «Quello che viene fuori da quanto raccontato è che esiste - per legge - l’aborto terapeutico ma ci sono medici che lo praticano (non obiettori) e quelli che non lo praticano (obiettori). All’ospedale di Padova, evidentemente, ci sono più obiettori che non, rendendo difficile una cosa già di per sé non facile».
L’onorevole Coscioni, dunque, interroga il ministro per chiedere quali siano le sue valutazioni e i suoi intendimenti in ordine a quanto denunciato nella lettera, se non si ritenga di dover promuovere un’inchiesta amministrativa per accertare le responsabilità «per una simile, incredibile e inqualificabile situazione».