Preti pedofili, gli orrori dell'Istituto Provolo
Liberazione del 23 gennaio 2009, pag. 10
di Vittorio Bonanni
Un vero e proprio girone dell'inferno. Stiamo parlando dell'Istituto Provolo di Verona. Un simbolo della carità clericale per oltre un secolo. Un rifugio per i figli delle famiglie più povere del nord-est veneto, quando ancora doveva arrivare il boom economico degli anni '60. Ma dietro le mura grigie e tetre dell'edificio di Chievo, il cui aspetto evocava più il carcere che una centro di accoglienza, avveniva in realtà di tutto. Almeno fino al 1984 decine e decine di bambini ed adolescenti sordomuti sono stati violentati, molestati e picchiati per decenni. Ma solo ora le vittime di quella violenza efferata, che troppo spesso trova cittadinanza nella casa di Dio, sono riuscite a confessare i loro tormenti incancellabili dalla memoria. La notizia è stata diffusa ieri da Repubblica on line che, a sua volta, ha anticipato uno scoop de l'Espresso , in edicola oggi. Incoraggiati dalle recenti affermazioni di papa Benedetto XVII contro i sacerdoti pedofili, oltre sessanta persone hanno denunciato quei fatti, dichiarando di aver «superato la nostra paura e la nostra reticenza». Gli abusi si sarebbero protratti per almeno trent'anni e proprio per questo questi reati sono ormai prescritti. Ma l'obiettivo di questa loro denuncia è un altro: evitare il ripetersi di episodi del genere. Per questa ragione quindici di loro si sono rivolti a L'espresso , oltre che al vescovo di Verona e agli attuali vertici dello stesso istituto. Molti dei religiosi coinvolti, in tutto venticinque, sono ancora in servizio non solo nello stesso luogo ma anche nelle sedi di Verona e Chievo. Ecco il testo di una delle ultime lettere inviata il 20 novembre scorso a monsignor Giampietro Mazzoni, vicario giudiziale, ovvero il magistrato del Tribunale ecclesiastico: «I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell'Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave). I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all'Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna. Come se non bastasse, i bambini e i ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza». Nella lista delle persone coinvolte in questa drammatica vicenda c'è anche un alto prelato veronese, sul cui nome c'è ancora riserbo.
Liberazione del 23 gennaio 2009, pag. 10
di Vittorio Bonanni
Un vero e proprio girone dell'inferno. Stiamo parlando dell'Istituto Provolo di Verona. Un simbolo della carità clericale per oltre un secolo. Un rifugio per i figli delle famiglie più povere del nord-est veneto, quando ancora doveva arrivare il boom economico degli anni '60. Ma dietro le mura grigie e tetre dell'edificio di Chievo, il cui aspetto evocava più il carcere che una centro di accoglienza, avveniva in realtà di tutto. Almeno fino al 1984 decine e decine di bambini ed adolescenti sordomuti sono stati violentati, molestati e picchiati per decenni. Ma solo ora le vittime di quella violenza efferata, che troppo spesso trova cittadinanza nella casa di Dio, sono riuscite a confessare i loro tormenti incancellabili dalla memoria. La notizia è stata diffusa ieri da Repubblica on line che, a sua volta, ha anticipato uno scoop de l'Espresso , in edicola oggi. Incoraggiati dalle recenti affermazioni di papa Benedetto XVII contro i sacerdoti pedofili, oltre sessanta persone hanno denunciato quei fatti, dichiarando di aver «superato la nostra paura e la nostra reticenza». Gli abusi si sarebbero protratti per almeno trent'anni e proprio per questo questi reati sono ormai prescritti. Ma l'obiettivo di questa loro denuncia è un altro: evitare il ripetersi di episodi del genere. Per questa ragione quindici di loro si sono rivolti a L'espresso , oltre che al vescovo di Verona e agli attuali vertici dello stesso istituto. Molti dei religiosi coinvolti, in tutto venticinque, sono ancora in servizio non solo nello stesso luogo ma anche nelle sedi di Verona e Chievo. Ecco il testo di una delle ultime lettere inviata il 20 novembre scorso a monsignor Giampietro Mazzoni, vicario giudiziale, ovvero il magistrato del Tribunale ecclesiastico: «I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell'Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave). I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all'Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna. Come se non bastasse, i bambini e i ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza». Nella lista delle persone coinvolte in questa drammatica vicenda c'è anche un alto prelato veronese, sul cui nome c'è ancora riserbo.