lunedì 11 agosto 2008

«Ritardi e anestesisti obiettori: la mia Odissea per un aborto terapeutico»

l’Unità 10.8.08
«Ritardi e anestesisti obiettori: la mia Odissea per un aborto terapeutico»
di Gioia Salvatori

La storia di Cinzia: il feto era idrocefalo, la scelta di intervenire. «Se hai un figlio malformato non importa a nessuno»
Martedì le analisi, solo ieri l’operazione dopo giorni di dolori. «La lista dei non-obiettori? A ostetricia non c’è»

VENERDÌ PRIMO agosto, venerdì 8 agosto. La settimana più lunga di Cinzia, nome di fantasia, è iniziata quando in un centro privato del veronese un uomo in camice bianco le ha consegnato l'ecografia morfologica del suo primo figlio, quello che da 20 settimane era nella sua pancia. Idrocefalo e con i reni displastici, «incompatibile con la vita», come si dice in gergo medico. Cinzia e il suo compagno non hanno dubbi: il bambino non sopravviverebbe, portarlo fino al nono mese non ha senso. Optano per l'aborto terapeutico. Il tempo c'è, due settimane, ma i giorni passano tra Verona e Roma in un ordinario calvario di informazioni sbagliate, ferie d'agosto, medici e anestesisti obiettori che non praticano neppure l'aborto terapeutico. Solo ieri all'ora di pranzo, dopo 8 giorni dalla diagnosi e un viaggio da Verona a Roma, Cinzia ha espulso il feto, morto, all'ospedale romano San Camillo-Forlanini. È successo in un reparto di maternità, tra mamme felici, neonati e papà con i mazzi di fiori: il reparto di ginecologia di uno dei più grandi ospedali romani, infatti, è chiuso dal 4 agosto al 7 settembre per mancanza di infermieri. Appena tornata dalla sala parto, dopo tre giorni passati tra contrazioni e vomito, Cinzia si sente serena ma racconta di una settimana dura: «Anche se al San Camillo mi hanno accolto e coccolato per quanto potevano - racconta - ho pensato più volte che se nella pancia hai un figlio malformato, di quel bambino non importa niente a nessuno». L'ordinario calvario di Cinzia è iniziato lunedì al nosocomio veronese Borgo Roma: «Mi hanno prospettato uno scenario devastante: mi hanno detto che, come da prassi, avrei dovuto fare risonanza magnetica al bambino più due visite psichiatriche e che la mia fertilità futura era a rischio. Mi hanno chiesto anche perché avevo fatto la villocentesi». Cinzia, 33enne con un buon lavoro nel terziario e una relazione stabile, quel figlio lo vuole. Ma non per farlo nascere e vederlo morire. Così sfrutta un contatto a Roma, città di cui è originaria, e, passato lo scorso weekend, va dritta al San Camillo. «Martedì ho fatto le analisi, mercoledì pomeriggio hanno iniziato a indurre il parto ma il mio corpo non reagiva e io pensavo di cavarmela in due giorni, volevo cavarmela in due giorni perché ogni ora, quando sei in questo stato, è un'eternità. Quando venerdì mattina mi hanno detto che non c'era l'anestesista non obiettore sono andata in tilt». Così la donna contatta i giornali e i vertici dell'ospedale. Solo alle 21 si trova un anestesista che fa l'epidurale a Cinzia che, nel frattempo, è stata portata in sala parto. «Venerdì mattina non c'erano le condizioni cliniche per fare l'epidurale alla donna - racconta Giovanna Scassellati, medico responsabile del reparto per la 194 del San Camillo - Ciò non toglie che il problema degli anestesisti obiettori (4 su nove anestesisti del reparto ostetricia n.d.r.)ci sia, e non solo durante l'estate ma anche d'inverno. Nel reparto per la 194 mi è capitato di non poter praticare aborti fino a mezzogiorno perché non c’era l’anestesista».
Eppure nell'ospedale ci sono in tutto 152 anestesisti. Però in ostetricia, dove sarà ricoverata fino a domani Cinzia, non hanno la lista dei non obiettori: «Pur avendola richiesta da due anni» - come racconta il primario Claudio Donadio. Non solo obiezione di coscienza, dunque, il calvario di Cinzia è una storia fatta anche di disorganizzazione ospedaliera, di reparti chiusi per ferie e reparti che non comunicano. Eppure l'ordinario calvario di Cinzia si sarebbe potuto evitare se in Italia fosse stata disponibile la pillola abortiva Ru 486: «Induce il parto in 6 ore - spiega la Scassellati - le prostaglandine possono agire anche dopo una settimana. Questa pillola ha passato l'esame della commissione farmaco all'Aifa, quanto dovremo ancora aspettare per poterla usare negli ospedali? Per altro non dà gli effetti collaterali portati dalle prostaglandine, vomito e dolori in primis». Ma questo è un altro capitolo. In attesa che qualcuno si ricordi di scriverlo le donne continueranno ad espellere i loro figli malformati e destinati alla morte dopo tre giorni di contrazioni, dolori e pensieri devastanti. Forse sotto anestesia, sempre che ci sia il medico non obiettore, forse nel reparto giusto, a meno che non sia chiuso per ferie.